Rubra domus

In dispari

In dispari...

Rosa pallido

Sono una donna.

E sono radicalmente contraria alle quote rosa.

La sconfitta dei pellerossa americani fu stigmatizzata dalla nascita delle riserve indiane: territori sterili e improduttivi che relegavano gli indiani d'America al ruolo marginale che i vincitori avevano loro assegnato. Sono del parere che una democrazia sarà veramente compiuta quando non avrà più senso parlare di riserve; le riserve sono un pretesto per sancire una condizione "di fatto" non paritaria.

Il secondo motivo che mi spinge a rifiutare con decisione le quote rosa è che esse presuppongono liste bloccate.

E le liste bloccate presuppongono una rappresentanza parlamentare che non sia il frutto di una scelta dal basso, ma che sia la risultante di alchimie di partito ove l'aderenza alla linea dominante viene premiata a dispetto di altri criteri che potrebbero essere la competenza, la preparazione, lo spessore culturale e morale.

Perché dovrei sentirmi rappresentata da una Bocchi, da una Prestigiacomo, da una Madia, da una Lorenzin, più che da altri esponentti, di sesso maschile, dei medesimi schieramenti politici?

Perché mai? Solo per il fatto che sono donne?

Mi spiace, ritengo che l'appartenenza al genere femminile non sia una condizione sufficiente a garantire che la prescelta di turno ponga effettivamente in atto, nella quotidiana prassi politica, la questione dei diritti delle donne.

A mio parere, d'altronde, non esiste la questione dei diritti delle donne.

Esite la questione dei diritti.

Se il dettato costituzionale, il prezioso dettato costituzionale posto in essere dall'articolo tre della Costituzione italiana, costituisse autenticamente un faro verso cui volgere la rotta delle scelte politiche ed istituzionali del Parlamento e del Governo, non avrebbe senso parlare dei diritti delle donne, o dei diritti dei disabili, o dei diritti delle minoranze etniche, o dei diritti dell'infanzia.

Se il prezioso articolo tre della Costituzione italiana fosse autenticamente un faro verso cui orientare la rotta delle scelte politiche e istituzionali, si opererebbe in vista della tutela della reale uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla Legge, a prescindere dai privilegi acqusiti in virtù della nascita, del sesso, o del grado di ricchezza.

Nei fatti, le scelte e l'agire politico dei governi degli ultimi anni non hanno operato in direzione di un ampliamento della tutela dei diritti fondamentali che garantiscano per tutti i cittadini pari opportunità, a prescindere dal sesso, dal grado di ricchezza, dal colore della pelle, dalla professione religiosa o dal colore politico.

Al contrario, nell'ultimo ventennio si è osservato senza ombra di dubbio un progressivo ridursi de diritti fondamentali della popolazione a fronte di un aumento dei privilegi che una piccola parte della popolazione si è autoconcessa in virtù della propria appartenenza a una casta (una delle innumerevoli caste) che gestiscono, in Italia, il potere politico ed economico.

A mio parere l'imposizione di liste bloccate nella passata e forse nella futura legge elettorale non agisce certo quale fattore di arricchimento della Democrazia in Italia.

E il fatto che le liste bloccate prevedano, o meno, quote rosa, è un fattore che non garantisce affatto che le scelte dei futuri parlamentari, solo perché di sesso femminile, si orientino a favore di una maggiore tutela dei diritti fondamentali, e dunque anche dei diritti delle donne.

La legge di riforma del sistema pensionstico, d'altronde, porta il nome di una donna, e non ha certo migliorato la condizione delle donne, dal momento che ha implicato, con il differimento dell'età pensionistica, un sostanzioso peggioramento della qualità della vita di molte donne, sulle quali ricade di fatto il peso non solo del lavoro, ma anche della tutela della casa, dei figli, degli anziani e dei disabili, che non sono in altro modo tutelati da quei servizi che dovrebbero essere (e non lo sono) posti in atto dalle concrete scelte delle politiche di governo.

La medesima legge di riforma del sistema pensionistico ha praticamente negato a una intera generazione di giovani, uomini e donne, il diritto di affacciarsi in via non precaria al mondo del lavoro, e, di riflesso, il diritto a formarsi una famiglia e a operare una scelta ponderata di maternità e paternità.

E' sufficiente essere donne a garantire una politica di tutela dei diritti fondamentali (delle donne e degli uomini, dei cittadini tutti)? Non credo.

Operino con la medesima lena, le parlamentari che tanto si stanno affannando per l'ottenimento delle quote rosa, in vista della promozione di leggi che tutelino il lavoro (dopo, ovviamente, aver promosso leggi che dei posti di lavoro non provvisori garantiscano la sopravvivenza, anzi, l'aumento), che operino in vista della promozione di leggi che tutelino la salute e l'istruzione di tutti i cittadini (la prevenzione alla violenza sulle donne è , prima di tutto, un fatto di crescita culturale della popolazione), che garantiscano l'aumento di scuole, asili nido, ospedali, che garantiscano la presenza capillare, sul territorio, di servizi di assistenza agli anziani e ai disabili.

Che si occupino con la medesima solerzia di questo, le parlamentari che oggi tanto si affannano per la difesa delle quote rosa, e senza meno, alla luce dei risultati ottenuti, avranno il favore degli elettori.

A prescindere, ovviamente, dalle liste bloccate.