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La Leggenda di Sai Gita II

Post n°68 pubblicato il 26 Gennaio 2008 da safira2012
 



Sai Gita amava i giorni di festa e non perchè il suo corpo veniva strigliato e decorato ma perchè il suo cuore straboccava di gioia al pensiero che avrebbe potuto stare vicina a Swami. È solo per l'amore perfetto che Sai Gita custodiva nel proprio cuore che Swami si occupava sempre di lei. Una volta, quando aveva quindici anni, venne costretta a letto dalla febbre e dalla sofferenza e Swami chiamò un veterinario, ma quando le cure del medico non apportarono alcun miglioramento Swami disse: " Si alzerà, starà meglio." Sai Gita si riprese e tornò ad essere se stessa, vispa e gioiosa come sempre. In tutti quei mesi in tutte le processioni che vennero fatte in occasione delle feste non ci fu alcun elefante. Swami non permise che un altro pachiderma la sostituisse mentre era malata. Nel 1996 un occhio di Sai Gita divenne rosso senza apparente motivo ed il suo affezionatissimo guardiano, Sri Pedda Reddy, era molto preoccupato.
"Ebbi molta paura" ricorda Sri Reddy. "La portai subito all'Auditorium del Purnachandra, dove Swami a quel tempo abitava. Swami chiese al Dipartimento di Patologia dell'Ospedale ad Alta Specializzazione di fare accurati esami. Era terribile vederla in quello stato. Non riuscivo a mantenermi, piangevo davanti a Swami ed Egli mi consolava continuamente: "Non piangere", mi diceva. Alla fine un oculista le prescrisse delle gocce ma non dettero alcun esito immediato. Allora Swami ordinò che si smettesse di darle medicine. Disse: "Starà bene". Immediatamente Sai Gita guarì! Riuscì subito a vedere chiaramente con entrambi gli occhi." Le cure di Swami per Sai Gita erano sempre accurate e complete. Negli anni in cui la cibava al mattino e al pomeriggio Egli permetteva ai devoti di darle solo banane. Solo Swami le poteva dare altre varietà di cibo, come riso e chakrapongal (un dolce di riso e succo di canna) che veniva cotto nella sua cucina. Sai Gita voleva sempre che Swami le mettesse il cibo direttamente in bocca mentre dagli altri lo accettava solo con la proboscide. E questo è stato possibile vederlo anche l'anno scorso durante le festività di Dasara. Sai Charan, uno studente dell'università di Swami, rammenta: "Ricordo bene quel giorno. Era il giorno di Vijaya Dasami, l'ultimo giorno di Dasara. Ebbi l'opportunità di accompagnare Sai Gita nel Mandir accanto a Sri Pedda Reddy. Non appena entrammo nella Sai Kulwant Hall gli occhi di Sai Gita rimasero costantemente fissi sulla casa di Swami. Quando finalmente Egli uscì le si avvicinò sulla sua poltroncina per darle un po'di frutta, notai che della saliva le sgocciolava dalla bocca. Presi subito due fazzoletti bianchi e coprii i piedi e la veste di Swami. Ma non avevo neppure finito di farlo che Swami mi ingiunse di levarli. Non appena ubbidii la proboscide di Sai Gita si protese fino a toccare gentilmente i piedi di Swami. La saliva che le sgocciolava dalla bocca non infastiva Swami neanche un po'. Era palpabile: Sai Gita voleva solo il Suo Amore. Dopo Swami prese in mano dei frutti e glieli porse, affinché li prendesse con la proboscide, dato che Egli si trovava sulla poltrona, ma Sai Gita li rifiutò più volte. Swami allora mi guardò e disse: "Li prenderà solo se glieli metto in bocca."
Cosí dicendo si alzò! Sai Gita era in estasi, sventolava quelle lunghe orecchie per l'eccitazione ed i suoi occhi erano sopraffatti dall'emozione quando Swami si mise in piedi accanto a lei e cominciò a metterle in bocca mele e banane, proprio come una madre farebbe con il suo figlioletto adorato. Era una perfetta relazione madre-figlia." Quello che è esistito fra loro è un Amore che non ha eguali. Swami l'ha allevata da quando era un cucciolo quasi appena nato fino a quando è diventata un essere forte e maestoso. Sri N. Siva Kumar, assistente all'Università di Swami ed ex-studente, ricorda che, anni fa, due elefanti-professionisti del circo vennero portati a Prasanthi Nilayam in occasione dell'Incontro Annuale dello Sport. In confronto a Sai Gita erano proprio miseri e lei appariva così maestosa accanto ad essi. Sri Pedda Reddy, che ha servito la più cara devota di Swami per più di vent'anni, dice: "Non era l'animale domestico di Swami; era indubbiamente una grande anima, venuta solo per godere della vicinanza del Divino." Come si potrebbe spiegare diversamente il fatto che Sai Gita attendesse ansiosamente che Pedda Reddy le applicasse il Thripundraka, le tre linee orizzontali che vengono disegnate applicando Vibhuti sulla fronte, pratica dei devoti del Signore Shiva? "Non solo! Quando finivo di applicarle la Vibhuti sulla fronte Sai Gita apriva la bocca e non la chiudeva più finché non le davo una grandissima porzione di Vibhuti.
Nessun elefante 'normale' mangia cenere, ma per lei la Vibhuti era estremamente preziosa. Un'altra cosa che la contraddistingueva non solo dagli altri elefanti ma anche da tutti gli altri devoti era che prediligeva ed amava il silenzio sopra ogni altra cosa. "Voleva sempre che la zona in cui abitava fosse silenziosa come un Ashram. Se i sevadal che aspettavano al cancello facevano rumore Sai Gita prendeva con la proboscide piccoli pezzi di legno e glieli tirava addosso, chiedendo loro a modo suo di far silenzio. Era lei a tenere la disciplina in quella zona," ricorda Sri Pedda Reddy, "Anche durante le processioni era molto disciplinata, mai frettolosa e non disturbava nessuno. Non ha mai pestato inavvertitamente nessuno, neppure per errore. Si eccitava solo quando vedeva Swami ma persino in occasioni formali si comportava sempre in modo intelligente. I suoi occhi cercavano solo Swami mentre camminava tutta addobbata." Era questa purezza della sua personalità che le conferiva tutta quella bellezza e riversava su tutti coloro che le stavano vicini pace e gioia. La Signora Susan Hardwick, una devota inglese, dice: "Nel 1998 portai mia figlia Charlotte, che allora aveva diciassette anni, a far visita a Swami. Era la sua prima volta a Prasanthi Nilayam. Charlotte trascorse un periodo magico in quanto, sebbene cieca, fu consapevole ad ogni istante della presenza di Swami ovunque si trovasse. La portai anche a far visita a Sai Gita e Charlotte fu sopraffatta dall'amore di Sai Gita per Swami e dall'amore di Swami per lei. Ci fu permesso di entrare e Charlotte dette del cibo a Sai Gita, che lo prese che estrema delicatezza e poi accarezzò Charlotte con la proboscide. Questa azione dolcissima fece venire le lacrime agli occhi a mia figlia, che non ha dimenticato e mai dimenticherà quell'esperienza." La Signora Mira James, un'altra devota di Londra, dice: "Durante un mio breve viaggio a Prasanthi Nilayam nell'Agosto del 2006, che feci in memoria della mia bambina di otto anni che era morta inaspettatamente, solevo fare delle passeggiate con Sai Gita all'incirca ogni due giorni. Non essendo riuscita a rassegnarmi per l'improvvisa tragedia, quelle passeggiate mi aiutavano in un periodo in cui cercavo di trovare delle risposte sulla sua morte improvvisa. In effetti le passeggiate con Sai Gita furono una delle cose più importanti di quel soggiorno a Prasanthi Nilayam e le serberò come tesori nel mio cuore per sempre." Qualche anno fa un nuovo guardiano venne ad aiutare Sri Pedda Reddy nel servizio a Sai Gita, che rifiutò di accettare le sue cure fino a quando Swami benedì personalmente la nuova persona nel Mandir. Sebbene non si fosse trovata là mentre Swami creava della Vibhuti per darla al nuovo assistente, Sai Gita in qualche modo seppe che Swami lo aveva benedetto e subito dopo lo accettò. Proprio come Hanuman, che non volle neppure una perla della meravigliosa collana che Madre Sita gli aveva donato perché nessuna di esse vibrava del Nome del Signore, anche Sai Gita voleva che a toccarla fossero solo le cose colme della Benedizione di Sai. Era così sintonizzata sul Signore ad ogni istante che 'sentiva' l'arrivo di Swami molto prima di chiunque altro. "Una volta che Swami si trovava a Bangalore ed era in procinto di tornare a Puttaparthi, non appena il motore della Sua macchina venne avviato Sai Gita seppe immediatamente che il suo Amato stava per intraprendere il viaggio di ritorno," dice Pedda Reddy. Sai Gita non era solo l'animale domestico di Swami', né una normale devota di Swami. Sai Gita era un'anima illuminata. Sai Gita predisse la propria morte la sera precedente e lo disse a Sri Pedda Reddy. Swami stesso lo ha confermato in un Suo recente Discorso. Il 21 sera comunicò a Sri Pedda Reddy che intendeva 'andarsene'. Egli afferma: "Sai Gita era una jnani - un essere dalla saggezza onnisciente - che quasi sempre sapeva che cosa stava per succedere. "Mentre, il 26 Aprile, Swami stava partendo per Kodaikanal, Sai Gita fermò la Sua auto, come non aveva mai fatto prima. Swami la benedisse profusamente ma la sua felicità durò poco. Non appena la macchina di Swami cominciò nuovamente a muoversi Sai Gita barrì tre o quattro volte, lamentosamente: sapeva che Swami stava partendo per Kodaikanal e che non l'avrebbe rivisto per settimane. Fu estremamente difficile per me sollevarla da quella depressione. Prima di partire Swami l'aveva benedetta profusamente e gioiosamente, tuttavia quando tornò da Kodaikanal, il 18 marzo, Egli non sorrideva affatto. La fissò a lungo con uno sguardo preoccupato e Sai Gita ne rimase soggiogata. Fu una cosa molto strana, e sul momento non ne capii il motivo. Durante l'inaugurazione della bella stalla in cemento, con intarsi e magnifici colori, avvenuta pochi giorni prima del compleanno di Swami nel 2006, Sai Gita non volle entrarci, neppure qundo Swami ci si sedette dentro. Questa era una cosa molto insolita. Ci entrò solo quando ce la spinsi. Nei mesi successivi non volle mai entrare nella nuova casa. Si potrebbe pensare che non le piacesse il cemento e preferisse stare invece nella paglia e nell'erba ma la verità è che era completamente conscia di quanto sarebbe accaduto in un prossimo futuro e non si sentiva a suo agio in quella struttura, perché sapeva che presto sarebbe diventata la sua tomba. "Sai Gita riusciva a comunicarmi tutti i suoi sentimenti" dice Sri Pedda Reddy. Lo faceva soltanto con lui e con nessun altro. Con gli estranei si comportava come un elefante comune ma quando era sola con la persona che prediligeva e che trattava come suo padre Sai Gita gli apriva il suo cuore. Se l'assistente la trattava male lei aspettava che Pedda Reddy fosse solo e poi si recava da lui a 'raccontargli' l'episodio. "Allora io chiedevo che cosa era successo e loro confessavano di averla percossa. Sai Gita era fuori dal mondo, un'anima molto elevata, appartenente ad un piano più alto", dice Pedda Reddy. "Nei quindici giorni prima che morisse era come se avesse fatto un voto: non toccava cibo e mi voleva sempre vicino a sé e due giorni prima del trapasso, il venti di maggio, durante la notte ruppe la catena che aveva ai piedi per andare in giardino a giocare sulla sabbia. L'indomani io saldai la catena e gliela misi nuovamente ai piedi per la notte, come d'abitudine, ma lei si liberò di nuovo. Stavolta però erano le cinque e mezza del mattino e forse era tutta la notte che cercava di uscire. Quando arrivai alle otto, la trovai sulla sabbia come il giorno prima. Era una cosa molto insolita, che non aveva mai fatto prima. Sai Gita usciva a giocare soltanto se avevo dimenticato di applicarle la catena. Inoltre era debole, avendo praticamente digiunato per quasi due settimane, se si eccettua l'assunzione di alcune palle di ragi (miglio) che ero riuscito a farle ingerire dopo un' insistente persuasione. Era anche reduce da cinque mesi di disturbi di stomaco che non le permettevano di nutrirsi bene. Numerosi veterinari di grande esperienza tentarono il tutto per tutto, anche somministrandole degli antibiotici. Furono spese più di cinquantamila rupie ma il suo problema rimase e, man mano che i giorni passavano, mangiava sempre meno e nell' ultima settimana non accettò quasi niente. Il giorno precedente il trapasso mi resi conto che la zampa anteriore sinistra le doleva perché zoppicava, non trovava pace, non rimaneva ferma in un posto come gli altri giorni. Io pensai che qualche sasso o ramoscello si fosse incastrato sotto la zampa e le provocasse dolore. Il 22 maggio, fatale ultimo giorno, arrivai alle otto e mezza e la portai a fare un bagno; a vederla sembrava normale ed io non pensai più al sasso nella zampa dato che non sembrava accusare alcun disagio ma, all'improvviso, mentre le versavo dell'acqua addosso, alzò la zampa come ad esprimere il proprio dolore ed io le chiesi di sollevarla. Di solito era capace di tenere la zampa alzata per un po'’ ma quel giorno non ce la faceva e la rimise subito giù. Ansioso di eliminare la causa del dolore al piede, le chiesi di nuovo di tirare su la zampa. Sai Gita cercò di ubbidire ma non ce la fece e la zampa le ricadde subito a terra. Rinnovai ancora una volta la richiesta ma quando cercò di alzarla di nuovo senza risultato si sedette con un lamento. Ora almeno potevo guardare sotto la zampa ma non vidi niente di anormale; non c'erano sassi o stecchi o, comunque, segni di ferite. Pensai che si trattasse di un dolore interno. Per un anno e mezzo, Sai Gita non si era mai seduta, era sempre stata in piedi. Anche di notte dormiva in piedi o, a volte, appoggiata al muro. Con queste premesse, quando si sedette dopo diciotto mesi, le membra si rifiutarono di cooperare e non riuscì più ad alzarsi. Mandai a chiedere una gru per aiutarla ma, sfortunatamente, là vicino non ce n' era nessuna e passò un po' di tempo prima che il carro attrezzi arrivasse. Le passammo una corda sotto il corpo ma la macchina non riuscì a sollevare l'elefante. Sai Gita pesava sei tonnellate mentre il carro attrezzi poteva sollevarne solo due. La gru più vicina era a cento chilometri ma telefonammo comunque per chiedere di farla partire subito. Purtroppo la cosa non fu possibile per problemi tecnici. Chiedemmo quindi una gru a Bangalore ma questa ebbe un guasto per strada e per la riparazione fu perso del tempo. Come se non bastasse dopo gli si forò anche una gomma per cui, quando arrivarono, era molto tardi. Di primo acchito ci si potrebbe chiedere perché il Divino non sia intervenuto. Perché tanti ostacoli per la Sua cara devota? Ma chi è saggio sa che in effetti ogni cosa accade secondo il disegno Divino anche se in un particolare frangente è difficile da capire ed accettare. Più tardi, però, quando ci si ripensa a mente calma, tutto appare chiaro e questo è anche ciò che è accaduto con Sai Gita. Fino alle dodici e mezza lei cercò di alzarsi ed a quel punto era esausta. Le zampe, che non erano state piegate per più di un anno e mezzo, le facevano molto male ed io potevo vedere quanta sofferenza stava sopportando in silenzio: non voleva lamentarsi, ma nei suoi occhi si vedevano chiaramente delle lacrime. Cominciammo a darle delle iniezioni di calcio e dei sali ma dieci o dodici bottiglie di soluzione fisiologica non furono di aiuto. Poi cominciò a reclinare la testa, che era diventata troppo pesante. Non riusciva più neanche a muoverla ed il respiro si affievolì. Rimase così per circa un'ora ed attorno alle sei se ne andò serenamente. Swami fu informato subito. Non sappiamo come il Signore abbia reagito, quando quella sera ricevette fisicamente la notizia, ma ciò che sappiamo è che, circa alle otto di sera, Egli inviò a Sri Pedda Reddy una palla di paysam (una pietanza dolce) appositamente preparata nella Sua cucina disponendo che venisse data da mangiare a Sai Gita. Il guardiano aveva più di sessantacinque anni e non aveva mai disobbedito a Swami in tutta la vita ma ora si trovava in un grosso dilemma: come nutrire un elefante morto? Il dottore aveva confermato che la pulsazione era assente. Con una preghiera sulle labbra e nessun'altra soluzione possibile, egli le versò il prasadam in bocca e le coprì di nuovo delicatamente il volto con il drappo bianco. Come il cibo semisolido sia entrato rimane per lui un mistero a tutt'oggi. Fino alla mattina dopo non ci fu segno che esso fosse scivolato in terra. Dietro istruzioni di Swami, tutta la notte fu impiegata a scavare una grande buca in mezzo all'edificio che Egli aveva fatto costruire per lei sei mesi prima. Gru ed escavatori lavorarono di continuo e al mattino presto la grande buca fu pronta.
Quando Swami arrivò, alle sette e trenta, io non potei trattenermi dal piangere. Swami abbassò il finestrino e mi prese la mano. Anche Lui era commosso; era come se provassimo la stessa forte emozione. Poi mi disse di aprirGli la portiera; la Sua sedia si abbassò ed Egli andò più vicino possibile a Sai Gita.
Prese della Vibhuti e gliela sparse su tutta la testa. Per un paio di minuti rimase lì passandole la mano sulla testa, accarezzandola e cospargendole la proboscide ed il volto con la Vibhuti dopodiché le passò le dita sugli occhi e mi chiese di aprirglieli, cosa che io feci.
Nonostante fossero passate quindici ore da quando era morta 'clinicamente', il suo corpo era ancora morbido e flessibile, come se stesse dormendo. Normalmente, due ore dopo che la vita se n'è andata, un corpo diventa rigido, ma quella mattina Sai Gita non presentava alcuna rigidità, il busto si piegava con facilità e gli occhi sembravano guardare Swami. Infatti Swami confermò questo nel Suo discorso agli studenti alcuni giorni dopo dicendo: "L'altro ieri Sai Gita ha abbandonato il corpo ma Io le ho detto Gita, guarda, Io sto costruendo un mandir per te. Lei ha aperto gli occhi e mi ha visto ma era molto debole. Che cosa poteva fare? Ha soltanto pianto. Alla fine, mentre se ne stava andando, le ho detto: "Così stai andando. Vai serena ed in pace". A questo punto non si possono non ricordare gli ultimi momenti della madre adottiva di Swami, la Signora Subbamma. Sebbene fosse stata dichiarata morta dal punto di vista medico, una strana luminosità sul suo volto rendeva tutti incerti se metterla o meno sulla pira ed il Saggio di Bukkapatnam disse "L'uccello non è ancora volato via!". Quando Swami tornò da Dirupati, dove di trovava per una funzione, e venne al suo letto di morte erano passati tre giorni pieni dall'annuncio della sua morte ma nel momento in cui Egli chiamò soltanto due volte "Subbamma, Subbamma!" ella aprì gli occhi e la sua mano prese ad accarezzare amorevolmente quella di Swami. Egli le toccò le labbra con le dita facendole aprire un poco la bocca dopodiché, con le mani a coppa, le fece bere dell'acqua santa e lei si unì alla schiera dei liberati! La fusione di Sai Gita non fu diversa anche se il tutto non apparì evidente agli occhi dell'osservatore comune. Dopo che Sai Gita fu soddisfatta completamente e Swami le ebbe dato il Suo viatico finale, Egli si volse verso l'enorme buca scavata dentro il nuovo edificio eretto per lei. Egli guardò la fossa e poi mi chiese di seguirLo nel Mandir a prendere il vestito di Sai Gita. Mi istruì anche su come dovevo metterle addosso la coperta coi lustrini e mi elencò le cose che dovevo adagiare nella buca prima di adagiarvi il corpo. Seguendo le Sue istruzioni il fondo della buca fu dapprima coperto di sabbia e poi di foglie di cocco, foglie di banano, altre piccole piante che lei gradiva ed infine di erba verde e fresca, che lei amava. Era un grande letto a strati con tutto ciò che Sai Gita preferiva e non è tutto: per ultimo vi furono versati molti pacchi di riso seguito da fiori, curcuma e polvere rossa di kumkum. Quando tutto fu pronto secondo le Sue direttive Divine, Sri Pedda Reddy tornò al Mandir e Swami gli chiese di aprire i cofani contenenti i gioielli di Sai Gita, che Egli custodiva nella Sua residenza. Insieme alla veste, Swami scelse alcuni dei gioielli e li consegnò a Pedda Reddy affinché glieli mettesse adornandola per la sepoltura. Poi gli porse due vesti di seta dicendo: "Fai una doccia, indossa queste vesti nuove e tieniti pronto, Io vengo tra poco". Come aveva promesso, Swami arrivò alle 10.45. Con l'aiuto di una gru si stava cercando di sollevare le sei tonnellate del corpo di Sai Gita per portarlo nel fabbricato in cui era stata scavata la buca. Egli seguì tutte le operazioni dalla macchina ma la gru era grande e non poté entrare. Era già un'ora che Swami era arrivato ed il caldo estivo stava esaurendo le energie di tutti per cui Sri Pedda Reddy Gli disse "Swami, qui fa molto caldo e la cosa va per le lunghe. Ti prego, torna nel Mandir". Egli rispose immediatamente: "No, rimarrò fino alla fine". Dopo un'ora e mezza di difficili manovre Sai Gita fu finalmente posta sul letto appositamente preparato per lei e Swami, che aveva gli occhi lucidi perché vedeva per l'ultima volta la Sua devota più preziosa, la benedisse di nuovo. Ancora curcuma e kumkum furono offerti insieme a molte ghirlande di fiori. Fra tutte spiccava una ghirlanda più grande, che i membri anziani del Trust le misero addosso dietro richiesta di Swami. Alla fine Sai Gita fu coperta di terra e soltanto allora Swami tornò alla Sua residenza.
Verso la fine del Suo discorso agli studenti Swami disse: "Se vi ricorderete dell'amore profondo che Sai Gita aveva per Swami, se rifletterete su di esso e svilupperete pensieri nobili e sacri come i suoi, Io vi accoglierò vicino al Mio cuore. Non dovete fare nient'altro." Ogni opera di Swami (ospedale, progetto acqua potabile o Istituto che sia) è un modello per il mondo intero. La leggenda di Sai Gita è la narrazione di un'altra possente e profonda missione, manifestata dalla Volontà del Divino al fine di aiutare e guidare il genere umano a scalare le beate altezze del regno spirituale, sicuramente raggiungibili, ed a scoprire il paradiso della pace, della gioia e della felicità eterne.


(Fine Seconda Parte e Fine)

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[Tratto da 'Heart2Heart', il giornale elettronico di RadioSai]

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