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"Com'è che ti avanza tutto questo tempo per scrivere?"
E' che la notte dicono tutti non passi mai, ma poi passa. Te ne accorgi le notti in cui il lavoro aumenta un poco; abbassi la testa e pigi i tasti il più velocemente possibile, intanto che pensi ad altro. La notte ti permette questo ed altro. Poi sollevi lo sguardo e già presto, tanto presto che non lo diresti vero, vedi il giorno sorgere pigramente. Ma non è sempre così. Le notti d'inverno, quando nessuno si azzarda ad uscire dalle coperte, e le strade silenziose ti restituiscono quasi intatto il rumore dei tuoi passi, allora quelle notti davvero non passano mai. Ti prepari un caffè cattivo per tenerti sveglio, ma nella mente diventa impossibile tenere i pensieri in ordine. Si sentono liberi di svolazzare disordinati, come uno stormo di piccioni spaventati dai cani. I pensieri sanno che è notte, e si radunano in piccoli gruppi disomogenei, nella speranza che, una volta divenuti fantasie, possano da un momento all'altro evolversi in sogni. Ma non posso lasciarli fare. Sognare di notte mentre si è svegli porterebbe ad uno stato di stordimento dolce, e il placido lago del proprio Io si allargherebbe a dismisura, fino a rendere impossibile distinguere il mondo da se stessi. E' così che si aprono le porte della schizofrenia. Non posso lasciarli fare. E allora scrivo le poche parole che conosco e con queste tesso un filo: ne viene fuori una rete morbida, dalle maglie larghe, tanto da farci passare i pensieri più piccoli che ho. Ma va bene anche così. Inseguo i miei pensieri a passi lenti, per non spaventarli e farli scappare per davvero, e ogni tanto, con la mano più leggera che mi riesce, lancio la rete come una volta i pescatori sul mare, per cogliere i più grandi e lenti nella fuga. Il resto del tempo lo passo a districarli dalle maglie con delicatezza, perchè non si sgualciscano e muoiano inutilmente.
I mestieri della notti sono così. Nascosti nella sera svolgono le proprie funzioni al ritmo dei sogni del mondo intorno che intanto dorme: vigilano. I mestieri della notte ti danno occhi che non hai visto mai, gentilezze nate da un cameratismo complice, e un cuore diffidente ma sereno, come quello dei gufi.
Qualche volta, quando la notte è ancora nera e profonda, rompo una maglia della rete, e prendo un pensiero: quello che mi sembra più sano e forte, e per il quale magari nutro qualche speranza di un futuro migliore. E lo libero nel mare. Ma soltanto se sono sicuro che nessuno, tantomeno dio, mi possa vedere. E spero soltanto che un giorno quel pensiero, se sarà diventato grande, si ricordi di me.
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