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Un uomo che si rispetti non ha patria (6)

Post n°364 pubblicato il 11 Febbraio 2015 da lab79
 

 

Ma come si fa a riconoscere la propria patria, se non si è mai conosciuto quella degli altri?

Allora agli uomini di oggi tocca intraprendere un lungo viaggio a ritroso in quello che è rimasto del mondo, sui passi che abbiamo percorso prima ancora che avessimo memoria. Memoria e coscienza della nostra esistenza, che forse sono nate così: camminando per il mondo, stranieri in una terra estranea, alla ricerca di un luogo da poter chiamare casa. E inseguendo quel sogno, e che chissà dove l'abbiamo visto (Tra le stelle fisse nel cielo, forse, immaginandole scritte da un dio inclemente), abbiamo finito per abitare la terra intera.

Forse è solo camminando da stranieri in un mondo estraneo, che riconosci gli altri uomini come fratelli, perché a tutti sono date le stesse sofferenze, le stesse angosce, la stessa sete. Forse è solo riconoscendo se stessi come stranieri fra gli estranei che ritorniamo al cuore della nostra esistenza, che è fame, che è privazione, che è dolore, che è morte.

E un uomo folle abbastanza per farlo c'è, ed è lì che cammina intanto che io scrivo, e al quale il mio cuore di bambino è vicino. Quel cuore che sognava il Kontiki tra le onde del Pacifico con la vela tesa verso ovest, e l'Amazzonia crudele dove il tempo marciva e non avanzava più di un passo, la Ciènaga Grande di cui parlava Gabriel Garcia Marquez e che, secondo i gitani, non aveva confini. E le cime lontane a nord di Kahtmandu, e l'Asia sconfinata in cui una volta cavalcarono gli uomini del Temujin, i soldati del Gengis Khan. E l'Africa ancestrale in cui uomini mitologici vivevano come da sempre gli uomini avevano vissuto, e come da sempre dovevano vivere, e la Mezza Luna Fertile in cui si custodivano, perdendole, le chiavi delle porte della Gerusalemme Celeste, lasciandovi dio chiuso dentro, a rimirare se stesso nelle sue stanze.

Ed è a quell'uomo, straniero fra tutti gli stranieri del mondo, che io dico: Buon Viaggio.

 

 

Long Road - Eddie Vedder Neil Young and Mike McCready (Live)
[Pearl Jam released in 1995 on the EP Merkin Ball]

 

 
Rispondi al commento:
lab79
lab79 il 14/02/15 alle 03:49 via WEB
(Credo di interpretare i tuoi due commenti come un unico discorso, quindi rispondo unitariamente qui) Sono d'accordo con le tue osservazioni: E' un mio discorso personale, che data la natura del mio blog mi sono sentito di affrontare qui, davanti a chi ha voglia di fermarsi a leggere. Certo, questo dipende da un mio percorso di vita (Ne ho accennato nei post precedenti, se volessi andare a rileggerli), ma è anche un fatto che il mio caso non sia eccezionale, bensì uno dei tanti che negli ultimi anni stanno andando a far parte del corpus dei cittadini italiani. Mai nella storia recente ci è stata una tale massa di umanità divenuta migrante, vuoi per via dell'aumento della popolazione mondiale, vuoi per la maggiori possibilità di trasporto, anche a lunga distanza. Questo mette sempre più persone nelle condizioni di affrontare percorsi simili al mio, e forse a porsi domande simili alle mie. L'unico punto su cui non sono in accordo con te (Anche se tu ne hai solo accennato, magari approfondendo potrei capire meglio cosa intendi dire) è quel qualcosa di duraturo di cui parli, tanto da resistere persino per migliaia di anni. La mia obiezione sta nella convinzione che le organizzazioni sociali non siano stabili, ma si evolvano col passare del tempo, lentamente e il più delle volte in modo violento. Guerre, colassi sociali di origine demografica o invasioni di civiltà emergenti: tutte le organizzazioni sociali (regni, imperi, nazioni) finiscono col soccombere per diventare altro, non senza portarsi i segni di quel che sono state, ma anche i segni degli avvenimenti che ne hanno decretato la trasformazione. Persino i popoli (astrazione concettuale con la quale definiamo gruppi sociali accomunati da più elementi culturali) si dissolvono e si mescolano per diventare altro. Paesi come la Germania e l'Italia ne sono tra gli esempi più complessi di come questo rimescolarsi possa portare a livelli tali da spingere la storia in direzioni imprevedibili.
 
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