« Dov'è andato il tempo? | Con queste mani » |
Ho lavorato cinquanta ore in cinque giorni, quasi quattro. Partendo da sabato alle 23, fino a giovedì (fra poco meno di un'ora e mezza) alle sette. Il tutto intervallato da sprazzi di sonno, pause non più lunghe di quattro, cinque ore. Non è nemmeno una rarità, ma ora che ormai intravedo la fine di questo turno, pur tra la nebbia leggera che si posa in ghiaccio sui parabrezza delle macchine parcheggiate fuori, ecco, ora mi sento stanco.
Di una stanchezza disorientante, ma che mi lascia la coscienza lieve come la nebbia, e quasi senza desideri.
E allora rallento ogni pensiero, lascio che le mie dita scivolino sulla tastiera quasi senza supervisione, e per un ultima volta, prima di dormire, provo a respingere il sonno che a ondate gentili mi sommerge.
Chissà che per una volta non dorma un sonno senza sogni.
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