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Un giocattolo fuori posto

Post n°526 pubblicato il 30 Gennaio 2018 da lab79

Mi scaldo la schiena al sole, col senso di colpa di chi sa che dovrebbe fare altro e la consapevolezza di poter perdere tempo soltanto per un po', perché già gli  appuntamenti del mondo mi vengono incontro, e oggi..beh. Oggi non ne avevo proprio voglia.

Ascolto e siedo, mi alzo e cammino. Rilassati, mi dico. E allora alzo la musica, canticchio i pochi versi che conosco a memoria, alzo gli occhi e guardo fuori dalla finestra. Non c'è nessuno. E perché mai dovrebbe? Oggi è martedì, sono tutti affaccendati nei propri mestieri, nelle proprie vite. Io non ho granché voglia di viverla, la mia.

E uno sguardo nei giornali mi convince di non aver voglia di vivere nemmeno quella degli altri.

Mi perdo allora in fantasticherie infantili, da cui mi sveglio scuotendo rabbioso la testa, intanto che mi preparo un caffé. E dire che mi dicevano fosse proprio quello il mio inutile talento: ascoltare le persone e mettermi nei loro panni. Forse perché nei miei panni invece non ci so stare. 

Il caffé borbotta e scende nella tazzina. Mi guardo intorno e vedo il cumulo delle cose che negli anni si sono aggiunti fino a diventare casa: le mie foto appese ai muri, i libri che ho letto, la musica che ho ascoltato. I film che mi hanno commosso, quelli che mi hanno fatto ridere e quelli che mi hanno annoiato. Un giocattolo fuori posto. E nel mio cuore nascosto celebro l'ennesima sconfitta, forse consapevole finalmente che sia arrivata l'ora di cantare un'ultima ninna nanna alla mia felicità.

 
Rispondi al commento:
anastomosidisabbia
anastomosidisabbia il 01/02/18 alle 10:44 via WEB
Ciao Lab. Quando sono arrivata all'ultima riga di questo post m'è venuta la voglia di mollarti un pugno sul naso: hai quasi vent'anni meno di me, non puoi scrivere una cosa del genere. Senz'altro c'è una legge universale che lo vieta... Ieri sera sono stata ad ascoltare una psicoterapeuta e un medico di base che parlavano di insonnia, ansia e crisi di panico. Dai tempi del liceo (quindi a partire dal mio paleolitico) soffro di insonnia, ho imparato a conviverci; ma mi sveglio di frequente, anche cinque o sei volte per notte. Ho trovato una strategia che mi consente di superare la notte: vado in bagno e mi riaddormento; ma questo comporta che faccio fatica a sognare. Quando riesco a dormire "bene" mi sembra di essere andata in vacanza e quando sogno per davvero mi sembra di essere andata al cinema. La psicoterapeuta diceva che per dormire è necessario abbandonarsi al sonno, non si tratta di afferrarlo e catturare i sogni. C'è una differenza di fondo: è come se alcuni di noi temessero di essere indifesi durante il sonno, che non ci fosse nessuno a vegliare su di loro e che i sogni potessero portarsi via la ragione, che fossero in grado di interrompere irreversibilmente il contatto con la realtà... Ma, se una realtà univoca non esiste, mi chiedo se sarebbe poi un gran guaio se davvero perdessimo il filo della realtà che ci siamo costruiti finora. Quanta paura abbiamo di perdere quel filo pur non essendone soddisfatti? Abbiamo paura di smarrire noi stessi e che non ci sia niente o nessuno a farci memoria di chi siamo e quanto valiamo? ... Parrebbe che non ci fosse via d'uscita: per me quella sensazione di essere abbandonata a me stessa e di non avere nessun supporto dai tempi del liceo, quando al mattino presto dovevo aspettare il pullman al freddo e al buio, non troverà mai una compensazione? ... Un criterio sembrerebbe individuabile nella definizione dell'indice di QOL dell'OMS: la qualità della vita dipende dalla percezione globale che ne abbiamo relativamente al nostro benessere fisico, psichico, economico, relazionale, culturale... Non è possibile modificare e migliorare simultaneamente tutti i parametri: sarebbe disumano e fonte di frustrazione perché irrealizzabile. Ragionevole è porsi un obiettivo alla volta, un obiettivo realizzabile, sensatamente, entro un tempo relativamente breve per poterne verificare i risultati... Sembra umiliante: avevamo grandi speranze e dobbiamo accontentarci di obbiettivi anziché di scopi?
 
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