Creato da lab79 il 05/02/2010

TheNesT

a place called home

 

Messaggi di Marzo 2016

Senso

Post n°419 pubblicato il 14 Marzo 2016 da lab79

Nel buio sfoglio svogliatamente le pagine del giornale di ieri. Tutto tace, ancora per qualche decina di minuti, e nulla si muoverà fino ad allora. Ma questo è soltanto ora, solamente qui: nel culmine della notte. Sotto questo tetto trovano rifugio le inquietudini delle persone che conosco, quelle che non riescono a tenere a freno durante il giorno il proprio risentimento, che si riversano qui e ovunque possono condannando, segnalando, decretando l'indegnità di ogni dubbio che non corrisponda al loro pensiero. Ora dormono, si accocolano nei loro sogni e vi trovano rifugio.

 

Io lascio liberi i miei dubbi, e questi camminano silenziosi tra i corridoi sulle loro zampe arcuate. Troppo ingombranti per poterli mostrare in pubblico, troppo indefiniti per poterli  ancora comprendere. Rileggo le pagine dei giornali e non riesco a non pensare che le guerre si assomigliano tutte, e non sembrano avere un confine tra loro: nessuna linea a delimitarne l'inizio, tantomeno la fine. Quando è iniziato tutto questo? Nella mia memoria è un susseguirsi di massacri, e se hanno un filo rosso a unirli l'uno con l'altro, allora ne hanno mille e in mille direzioni diverse si ramificano. Eppure tutto questo ha un senso: sotto la spinta dell'avidità, dietro la guida del desiderio di potere, spinto dalla rabbia per un'ingiustizia subìta, oppure nel disprezzo per la dignità altrui. Da qualche parte fra tutto questo, un senso che motiva e alimenta tutto questo, c'è. E per quanto insensato ai nostri occhi morali, questo senso va capito e in qualche modo soddisfatto, perché reprimerlo con la forza è semplicemente vano.

Intanto il mondo scorre sulla linea del tempo, ruota su se stesso e non ha tregua; il sovverchiante stridore del suo cammino risulta ancora impossibile da percepire con le nostre orecchie.

 

 
 
 

Macchine da traduzione

Post n°418 pubblicato il 10 Marzo 2016 da lab79

Zittisco per qualche ora l'eco delle mie nevrosi, e rinchiudo i miei solipsismi nel luogo cui appartengono, e in cui dovrebbero stare: nel ripostiglio delle scope. Mi immergo con innecessaria dedizione alla traduzione di un articolo di giornale, che da tempo giace stampato nell'armadieto delle cose lasciate a metà, insieme ai desideri più venali che ho. Non sono sicuro di farne quel che avevo in mente, ma intanto le ore passano e non ho quasi pensieri. Trascrivo a scarabbocchi illeggibili parole che scopro dimenticate, lasciate a impolverarsi sulle mensole della mia memoria, inutilizzate. Chissà che alla fine non si riveli almeno un buon modo di rimettere in esercizio la testa, quel che basta per dimostrare di avere ancora qualche competenza funzionante, da poter vantare nel mio curriculum.

E l'alba fa capolino dall'altro lato della strada, e nel cuore si scaldano parole che sembrano nuove, alleggerite dalla ruggine che il tempo ha depositato minerale tra gli intersizi dei loro significati. Ma si scaldano piano, al fuoco lento dell'alambicco in cui riposano, ed io dall'altro lato del vetro nelle vesti dell'alchimista le osservo riprendere vita.

Ci vorrà ancora un po' di tempo.

 
 
 

Scomparso

Post n°417 pubblicato il 08 Marzo 2016 da lab79

No, non ancora. Fosse solo per convincermi di non essermi appiattito del tutto sul mondo, che voglio tenermi un pezzettino del mondo per me, e per me soltanto.

Ma non so se basta. E forse neanche mi interessa.

Intanto busso al vetro della finestra e la notte mi risponde: un gatto complice porta un messaggio da un mondo verso un altro, ma in questo mondo è solo di passaggio. Cammina a passi felpati come se sfiorasse appena l'erba bagnata, e sparisce tra i cumuli di neve rimasta ai lati del parcheggio.

Mi risiedo, torno qui e scrivo, e intanto il tempo rimasto si assottiglia, e le mie dita diventano lente, troppo lente per i miei pensieri. Come le gambe dei vecchi non seguono più gli aneliti dei loro cuori, così anche le mie mani alla fine si siedono, si arrendono e smettono di scrivere.

 

 

 

 
 
 

Marzo

Post n°416 pubblicato il 01 Marzo 2016 da lab79

Soffia una brezza tiepida attraverso l'aria fresca, quasi odorante di neve, che scende dalle montagne che oggi riesco a vedere in lontananza. Non meno di un centinaio di km, da qui fino alle cime innevate a cavallo del confine. Ma è una vista distratta, meravigliosamente distratta da mio figlio che gioca ad attraversare la penultima pozzanghera rimasta sul cemento, in cui si riflette il cielo, portandosi via una sottile scia con le ruote del monopattino. Sogna ad occhi aperti, forse di come gli aerei attraversano le nuvole e se ne portano appresso un pezzetto, come fossero nuvole di zucchero filato. Io lo guardo sfrecciare e cerco di non disturbarlo: una parola di incoraggiamento, a volte. Oppure un rimprovero a prestare più attenzione. Ma fatto con voce condiscendente, che infatti rimane inascoltata. Forse lo faccio più per me stesso, per non permettere ai miei di sogni ad occhi aperti di distrarmi da lui.

Che cos'è, oggi? Una ricompensa ai tanti pensieri notturni che occupano abusivi la mia mente? Oppure una pausa, una tregua, nient'altro. Un giorno di marzo che si sveglia in primavera, un giorno in cui mi sento stanco, dolorante, e più vecchio di come ricordavo. 

Il mondo là sotto, in riva al lago, fa a malapena rumore. La città lontana, chiassosa e indiffirente, che mi manca. Le ore che mi separano dal mio quotidiano notturno che si assottigliano. Ed io che scrivo, mio figlio nel suo lettino che protesta, perché non vuole dormire. Già, perché dormire? C'è così tanta vita da vivere, che basta a malapena una vita intera.

 
 
 

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