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Messaggi del 06/09/2016

Della Satira

Post n°447 pubblicato il 06 Settembre 2016 da lab79

 

« È quella manifestazione di pensiero talora di altissimo livello che nei tempi si è addossata il compito di castigare ridendo mores, ovvero di indicare alla pubblica opinione aspetti criticabili o esecrabili di persone, al fine di ottenere, mediante il riso suscitato, un esito finale di carattere etico, correttivo cioè verso il bene. »

(Prima sezione penale della Corte di Cassazione, sentenza n. 9246/2006)

"La satira è una forma di comicità che esprime un giudizio. Ed è il motivo per cui alcuni spettatori non ridono a battute satiriche su temi per loro sensibili, temi cioè che riguardano la struttura del loro mondo di valori; ma questa è la grande lezione di Lenny Bruce, che diceva: «La realtà è ciò che è, non ciò che dovrebbe essere». Le ideologie, le religioni vertono su quello che dovrebbe essere; la satira si occupa invece di ciò che è."

Daniele Luttazzi

La satira fa male, sempre.

Questo è un dato di fatto. E fa male quando colpisce noi, le nostre meschinità, le nostre insulsaggini. Ma ha dei limiti, la satira? Beh, si: ma non sono legati ai suoi contenuti, bensì alla qualità: cioè alla sua capacità di comunicare un'opinione. Quando questa capacità viene meno, viene meno anche la satira, che diventa solo cattiveria. Questa premessa la faccio perché voglio far capire come io, in questa sede, esprimerò a mia volta dei giudizi su questo fatto di cronaca:

Questa vignetta del noto giornale "Charlie Hebdo" (e la replica alle critiche, riprodotta qui a destra) sono il corpo del reato attorno al quale tutti, me compreso, come avvoltoi ci stiamo dibattendo, alla ricerca del nostro piccolo brandello di opinione da mostrare agli altri, per provare che anche noi eravamo presenti al succulento banchetto. Avevano il diritto di fare questa vignetta? Beh, si. Il diritto di satira è parte fondante di una società libera. Ma davvero si ha il diritto di ridere dei morti? Ovviamente no, ed è qui che entra in gioco la grammatica della satira. Perché a differenza della comicità, per capire la satira bisogna saperla leggere. (Alla stessa maniera, per fare della satira bisogna saperla scrivere, ça va sans dire.) Per fare un esempio di cosa sto parlando, vado a citare alcune battute estrapolate dal noto sito Spinoza, che si incarica di fare questo lavoro nella blogosfera italiana.

Mario Monicelli, 95 anni, sfugge alla morte buttandosi dalla finestra.

(Relativa al suicidio di Mario Monicelli, regista cinematografico)

Camera ardente a casa Andreotti. Stanno bruciando i documenti.
Lo Stato non organizzerà i funerali di Andreotti. Ne ha già fatti troppi per lui.

(Pubblicate in occasione della morte di Giulio Andreotti)

Davanti ai soccorritori uno scenario di devastazione e morte. Poi gli hanno spiegato che è così dal 1980.

(Riferito al tragico incidente di un autobus caduto da un cavalcavia in Irpinia, il 28 luglio 2013)

Noterete che per cogliere appieno il significato delle battute, occorre conoscere innanzitutto la premessa: che sia un fatto di cronaca, oppure alcune caratteristiche tipiche del personaggio di cui parliamo. Nel caso di Monicelli, noto per il suo umorismo tagliente e per certi versi paradossale (Vi sia di esempio il dialogo di uno dei suoi film:" Rubare è un mestiere impegnativo, ci vuole gente seria, mica come voi! Voi, al massimo... potete andare a lavorare!" da "I soliti Ignoti") , si tratta proprio del paradosso per il quale per evitare la morte scelse di morire: ma scelse di farlo come voleva lui, non perché costretto ad andare via dalla Morte. D'altronde, lui stesso diceva: "Solo gli stronzi muoiono."

Un discorso simile per quanto riguarda le battute sulla morte di Andreotti, dove si allude e di concerto si critica l'operato di un uomo che in Italia ha rappresentato il potere e i suoi lati oscuri per decenni. Sono j'accuse irresponsabili e senza prove, perché prove per dimostrare le mostruosità che il potere è costretto a mettere in atto per conservare se stesso, non ce ne sono. Ma il satirico non se ne cura, lui pensa che sia così. Lui sa, e lo dice mettendo quel pizzico di ridicolo nel momento più sacro della vita di un uomo.

L'ultimo esempio invece, è quello più calzante alle cronache contemporanee. Perché si usa un evento tragico e le i suoi morti innocenti per criticare un altro aspetto della realtà, disgiunto dal fatto di cronaca se non per il luogo in cui sono entrambi avvenuti: ossia il terremoto dell'Irpinia del 23 novembre 1980, e le enormi ruberie e conseguente mancata ricostruzione dopo un lasso di tempo equivalente ad una generazione. Si cita una disgrazia per evidenziare una colpa

Ma conoscere le premesse non basta. Per scrivere satira bisogna spesso lasciare da parte il buon gusto, ma non l'estetica. Nella satira infatti si può (anzi, si deve) parlare di tutto: politica, sesso, religione, morte. Ma è l'armonia tra gli elementi di una battuta quella che la rende elegante, e ne rende chiaro il significato. Un battuta di satira (ma vale per tutta la comicità) si basa spesso sulla costruzione di un significato e del suo successivo ribaltamento di senso. Per esempio, la battuta "La Sardegna colpita da una tragedia inaspettata. Del resto chi poteva immaginare che fosse abitata anche d'inverno. " non parla del fatto che in novembre del 2013 ci sia stata una strage causata dal maltempo, cosa che si suppone il lettore sappia già, bBensì della nostra disattenzione nei confronti dell'isola se non in occasione delle nostre vacanze.

Qual'è quindi la grande colpa della vignetta pubblicata dal giornale satirico? A mio personale giudizio, quella di non essersi spiegata. Cioè di non aver reso chiaro che le persone viste come piatti di pasta, pronti da mangiare, non sono la visione del vignettista, bensì quella che il vignettista assegna a tutto il sottobosco "mafioso" che si nutrirà di questa disgrazia. L'altro errore è invece dettato da non aver avuto cura di evitare i più banali luoghi comuni: le figure dei piatti di pasta, e un generico riferimento alla mafia denotano un pregiudizio nei confronti degli italiani caricaturale, infantile. Non tanto diverso da quello che spinge gli antisemiti ad attribuire agli ebrei il ruolo degli spilorci, così come i razzisti danno dei ladri a tutti quelli che vengono dall'est Europa. Insomma, un pregiudizio*.

 

*(Sulla bontà dei pregiudizi mi riservo di scriverne un'altra volta) 

 

 

 
 
 

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