Creato da thefairyround il 30/12/2005

The Fairy Round

Il diario di una rapsodica psico-musicista

 

 

Chiuso per musica

Post n°188 pubblicato il 05 Agosto 2007 da thefairyround

Ci siamo!

Domani parto alla volta del ridente paesino dove passerò un 6 giorni a far poco altro se non suonare, mangiare (!!) e dormire (spero)!

Pensatemi... ci si risente tra una settimana!

Un abbraccio

B.

 
 
 

Persone

Post n°187 pubblicato il 04 Agosto 2007 da thefairyround

Gli inviti dell’Evaso sono sempre irrinunciabili… Così eccomi qui a parlare delle persone che in un modo o nell’altro hanno lasciato un qualcosa nella mia vita di giovane fanciulletta.

Mino: un marinaio. Di quelli veri. Odorava sempre di sambuca e fino a 7 anni rimasi fermamente convinta che fosse il profumo del suo dopobarba. Ero solo stupita dal fatto che sfoggiasse un bel barbone che avrebbe fatto invidia a capitan Findus. Poi mi spiegarono che la sambuca preferiva berla che usarla come dopobarba. Lo adoravo perché avevamo un amico immaginario in comune. La volpe Camerita, che lui medesimo mi aveva presentato. Era una volpe furbissima che faceva scherzi simpaticissimi alla gente della “terraferma”. La volpe Camerita è scomparsa quando sono cresciuta, Mino si è risposato a 60 anni con una donna affascinante campionessa di ballo liscio, e poi ne ho perse le tracce. Spero che stia bene però….



Carmela
: la portinaia della casa dei miei. Devo premettere che i miei genitori, per quanto giovanissimi, cercavano sempre di stare il più possibile con me, quindi non ho mai avuto baby sitter fisse. Ma quando capitava che dovessero proprio uscire senza portarmi con loro, chiamavano la Carmela. Napoletana, con gli occhi azzurrissimi, i capelli neri, e sempre tanti proverbi pronti per ogni occasione. E una passione smodata per le telenovelas. Che mi faceva sempre guardare quando veniva a “darmi un occhio”. Se devo essere sincera non mi orientavo molto nella vota complicatissima di quei poveri disgraziati delle telenovelas, ma mi affascinava molto stare ad ascoltare lei che cercava di riassumermi la storia in poche parole, seguendo contemporaneamente quello che succedeva sullo schermo. I risultati non erano mai dei migliori, ma io mi divertivo molto. La Carmela (che nel tempo libero fa anche la sarta) è stata anche colei che mi ha insegnato a rammendare, attaccare i bottoni, ecc. Ero l’unica in classe alle elementari a saperlo fare e ne sono sempre stata orgogliosa. In compenso non ho mai imparato ad allacciare bene le scarpe (ero assente all’asilo quando l’hanno spiegato), ma questa è un’altra storia. Carmela continua a fare la portinaia e la sarta nella casa dove abita il babbo. Nonostante l’età i capelli sono ancora abbastanza neri, gli occhi sempre azzurri. Uno di questi gironi magari passo a chiederle aggiornamenti su qualche soap opera…..



Sig.na Emma: la mia maestra delle elementari. Conoscendola si capiscono tante cose del mio attuale animo rapsodico e irrequieto. Era molto simpatica, anche se con tendenze melanconiche quando raccontava del suo fidanzato morto in guerra (a causa di tale lutto non si era mai sposata – anche se ricordo chiaramente il babbo sostenere a più riprese che forse il fatto che assomigliasse a un fox terrier avesse avuto un ruolo altrettanto importante). Però aveva senz’altro un animo avventuroso. Intanto non amava insegnare le cose curriculari (ad oggi le tabellone mi imbarazzano, e la geografia italiana mi risulta misteriosa tanto quanto la fisica nucleare, o quasi…), però organizzava feste in classe, e ci portava in giro. Il tutto con sottofondo la sua provata cleptomania. I genitori le davano i soldi per pagarci i biglietti dell’autobus? E lei li intascava i soldi e non prendeva i biglietti. Poi i controllori ci beccavano in pieno e lei piangeva miseria. I genitori erano disperati. Noi felicissimi. Avventure migliori di quelle dei libri! E quando organizzava le feste e le mamme preparavano torte o panini, lei si portava le cibarie a casa e noi giocavamo al caffè letterario. Ecco qui ci divertivamo già meno… Ricordo dei biscotti al cioccolato fatti da mia madre che non potei neanche assaggiare. L’avventura è bella, ma richiede sacrifici. So che è morta anni fa. Pare fosse sola. E questo mi è spiaciuto. Forse oggi sarebbe stata considerata inadeguata, ma noi le avevamo voluto bene. E anche lei – ne sono convinta. 



Romeo: il vicino di casa della casa in campagna dei nonni. Era lì da anni, eravamo separati solo da un po’ di giardino e dai rispettivi cancelli. Ma io non l’avevo mai conosciuto. Poi arrivò Romeo. Romeo il gatto. Un randagio che avevamo adottato e che io adoravo. Era però un gatto molto autonomo e quindi a volte scompariva anche per giorni. E io disperata giravo urlando con tutto il mio fiato “Romeo!!! Romeo!!!”. E un pomeriggio dal cancello invece del gatto fece capolino questo signore dall’aria simpatica, che mi chiese gentilmente se avevo bisogno di qualcosa. Chiarito il caso di omonimia con il gatto nacque una grande amicizia. Andavo spesso a fare merenda da lui, chiacchieravamo della vita, e lui mi insegnava a giocare a bocce. Ero anche gravina per essere (come diceva lui) una femmina e per di più (come dicevo io per avere solo 7 anni. Romeo è morto un inverno di tanti anni fa. Ero ancora giovane, alle medie forse, e davo ancora per scontata l’immutabilità delle cose. Così l’estate precedente l’avevo salutato velocemente convinta di rivederlo la primavera dopo. Lo rimpiango ancora. E devo confessare che ogni tanto quando vedo un campo da bocce mi siedo lì al bordo, penso alla vita e a Romeo, che era saggio e buono, e mi mancano i nostri pomeriggi di estate.



La nonna Noemi. Era la mamma della mia nonna materna. A dire il vero non l’ho mai conosciuta. Ma era il mio eroe personale. Girava voce per tutto il paesino dell’appennino toscano dove era nata, vissuta e morta (purtroppo in giovane età) che era talmente bella che venivano da tutta la toscana a vederla. Grande lavoratrice, sempre una risposta pronta, cuoca insuperabile. E musicista. L’avevano mandata a Pistoia a studiare il violino da un Maestro famoso. Poi però aveva smesso – gestire prima una pasticceria e poi un ristorante-albergo lasciava poco tempo (specie ai suoi tempi tra due guerre) per suonare il violino.  La storie sulla nonna Noemi non erano mai finite. Ma ricordo che la sera, quando ero piccola e cercavo dei pensieri cui aggrapparmi prima di addormentarmi pensavo sempre alla stessa cosa… Che fine avesse fatto il violino della nonna Noemi… Per la cronaca non l’ho mai saputo. Però una delle mie viole si chiama Noemi….



Passo con curiosità il testimone alla zia Ody, a Lilith_0404, 1020, out4ever e SunnySmiling (quando tornerà dalle vacenze....)

 
 
 

Quel caro vecchio Gastoldi (Giovanni Giacomo)

Post n°186 pubblicato il 31 Luglio 2007 da thefairyround

Strano periodo quello estivo.
Be’… forse per chi fa lavori più “ordinati” del mio o, per meglio dire, chi ha una vita più ordinata della mia (non che ci voglia molto) il periodo estivo è associato al caldo, magari alle ferie, cose così insomma.
Io lo sto associando prepotentemente agli spostamenti – non sempre agevoli a dirla tutta.
Il fine settimana in genere raggiungo il babbo al mare, per un po’ di sole e di nuoto (che fanno bene alla spalla).
Naturalmente con viola a seguito (segua che vuol, ché sempre il vuol seguir…[sto studiando a tutte le ore e in tutte le salse i balletti di Gastoldi, Giovanni Giacomo, e ormai mi escono da tutte le parti, è più forte di me!]). Naturalmente in treno.
È un’esperienza fantastica, da provare. Davvero.

Dicono che a girare con la viola si rimorchi alla grande.
Qualcuno vuole rimorchiare?! Nessun problema… Voi mi trasportate (con attenzione e massima cura se no vi uccido) la viola laddove io devo andare e io ve la presto più che volentieri come appiglio per romantiche conquiste (Dimmi ch’è del mio core, ch’è del mio cor ninfa gentil…).
Vi fornisco anche uno snello manualetto di frasi “gambistiche” per fare bella figura in società e rendere più credibile il vostro coinvolgimento con detta viola e quindi più probabile la conquista.
E io viaggio leggera e felice, tranquilla e beata….
(Viver lieto voglio, senza alcun cordoglio, la la la…)

E questo è ancora nulla.
Dal 6 agosto dovrei partecipare a un fantastico corso/masterclass/laboratorio (non so bene come chiamarlo) di musica antica (e per il quale come detto sopra mi sto amabilmente intrattenendo, tra gli altri, con il caro Giovanni Giacomo).
Occasione che naturalmente aspetto con ansia a trepidazione.
E dove l’avranno mai organizzato questo bellissimo C/M/L?
Naturalmente, per coerenza, in un pittoresco borgo medievale in cima a qualche cocuzzolo nelle marche.

Un posto talmente bello e incontaminato che con i mezzi non ci si arriva.
Ordunque, siccome se non ricordo male l’ultima volta che ho preso la macchina prima di accenderla ho detto ad alta voce: “I pedali sono in ordine alfabetico da destra a sinistra, quindi non posso sbagliarmi” e ho visto il babbo sbiancare… ho anche pensato bene che andare da sola in macchina fino al ridente paesino non era forse il modo migliore per arrivare sana e godermi il corso.
Siccome però si era iscritta al corso anche la mia collega/Amica liutista siciliana, ci eravamo organizzate in modo che lei venisse in aereo a Milano, si suonasse un po’ insieme e poi si andasse felici e beate in macchina, con lei alla guida.
Solo che ieri la suddetta liutista mi ha detto che molto probabilmente non potrà venire al corso.
Terrore. Disperazione.
E ora come cavolo ci arrivo al ridente paesino?!
Dopo lo sconforto ho cercato di assumere un approccio strategico, illuminata dalle sempre sagge parole del caro vecchio buon Giovanni Giacomo “Non morirò crudel, no no”…
E la mia speranza non stata, infatti, vana.
Ho assistito a una vera mobilitazione di risorse…
In particolare mi hanno stupito gli amici condomini del mare.
Entrambe le squadre (Fiorentini e Resto-del-mondo, per i dettagli si veda il post 183) hanno deciso che dopo le ore che avevo dedicato all’ascolto delle loro magagne, e soprattutto dopo le ore che loro avevano dedicato all’ascolto di Abel (loro hanno un altro eroe, Karl Friedrich Abel, appunto) di cui ormai, come mi hanno fatto notare, conoscono ogni nota, ogni abbellimento….

Era inconcepibile che io rischiassi di non andare al corso per problemi di trasporto…. Così hanno unito le risorse e hanno detto che qualora davvero la liutista non venisse, si organizzano e qualcuno mi porta e qualcun altro mi viene a prendere.
Sonatemi un balletto col mio amor voglio danzar…

Ero incredula, felice e commossa.
Due squadre antagoniste che uniscono le risorse per permettere alla musica antica di trionfare (e alla “Musicista” di mettere a frutto le ore di studio di cui sono stati più o meno felicemente partecipi….) mica è cosa da poco, vi pare?  

[Giovanni Giacomo...]

 
 
 

Essenze, pioggia e Ermione

Post n°185 pubblicato il 20 Luglio 2007 da thefairyround

La giornata di ieri non era cominciata bene.
Diciamocelo.
Reduce da due ore di faticosissima discussione da cui ho imparato che spesso contro la stupidità umana c’è poco da fare, che arrabbiarsi non serve a nulla, e farsi il sangue amaro ancora meno, vagavo per riprendermi per il centro – chiedendomi cosa ci vengono a fare i turisti a Milano.
Colta da improvvisa ispirazione ho ricordato un post della zia Ody. Profumi. Storie di vita. Sfumature, essenze di vita.
E ho deciso che era il momento giusto per un profumo nuovo.
Qualcosa che dicesse di me - oggi.
Di come mi sento. Di come mi vedo quando provo a guardarmi vivere.
Credo fossero almeno 7 o 8 anni che non provavo a comprare un profumo.
E soprattutto mai da sola. C’era sempre un’aura protettiva con me – quasi uno schermo… la mamma, le amiche, una volta perfino un fidanzato criticone (e infatti quel profumo credo di non averlo mai usato alla fin fine).
Con titubanza ho puntato quello che visivamente mi sembrava affine. Essenza di Provenza… cose naturali, fiorite…
La signorina ha iniziato a parlarmi di un profumo al gelsomino e caprifoglio, ispirato a un temporale estivo. Di quelli che ti sorprendono di prima mattina, che donano colori, profumi e prospettive nuove. Freschezza, sorpresa, quasi una rinascita.
L’ho provato.
E devo dire che il feeling c’è stato.
Ed eccomi con un nuovo profumo…

Tornando a casa (molto soddisfatta, non neghiamolo) ho pensato che questo periodo tra le varie peculiarità si caratterizza per una curiosa coincidenza.
Mi sono trovata a vedermi assegnare 3 nomi diversi. Beatrice (… sempre la zia…), Camilla (ma questo è ironico) e l’ultimo… Ermione.
Non come quella di Harry Potter (che peraltro si scrive Hermione). Ma come quella di D’Annunzio – la pioggia nel pineto.

A rileggere con attenzione la poesia, e a pensare a quanto ho vissuto (e scritto) non ho potuto non notare coincidenze…
E anche sentirmi ancora più soddisfatta per la scelta del nuovo profumo.
Gelsomino e caprifoglio. La pioggia d’estate. La mattina.
Wow.

Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove sui pini
scagliosi ed irti,
piove sui mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
sui ginestri folti
di coccole aulenti,
piove sui nostri volti
silvani,
piove sulle nostre mani
ignude,
sui nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
l'illuse, che oggi m'illude,
o Ermione
Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitio che dura
e varia nell'aria
secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
nè il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancora, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immersi
noi siam nello spirto
silvestre,
d'arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come un foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.
Ascolta, ascolta. L'accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall'umida ombra remota.
più sordo e più fioco
s'allenta, si spegne.
Sola una nota
ancora trema, si spegne,
risorge, treme, si spegne.
Non s'ode voce del mare.
Or s'ode su tutta la fronda
crosciare
l'argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell'aria
è muta; ma la figlia
del limo lontane,
la rana,
canta nell'ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.
Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le palpebre gli occhi
son come polle tra l'erbe,
i denti negli alveoli
son come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i malleoli
c'intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri volti
silvani,
piove sulle nostre mani
ignude,
sui nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
o Ermione.

 
 
 

Piccola fuga

Post n°184 pubblicato il 17 Luglio 2007 da thefairyround

Sono fuggita per qualche giorno.
E sono stata in un angolo di paradiso più o meno simile a quello della foto qui sopra.
Momenti incantati.
Sere a guardare le stelle.
A raccontare dei pirati.
A parlare toscano.
A mangiare la pasta al sugo alla casa del popolo.
A passeggiare lungo stradine perfette sognando una vita diversa.
Raccontando progetti, sogni.
Aneddoti divertenti ma anche i momenti bui.
Sogni. Sorrisi. Emozioni.
Allora è vero che le favole esistono.

 
 
 

Soprannomi e alleanze

Post n°183 pubblicato il 12 Luglio 2007 da thefairyround

La spalla non va tanto bene. Ma lasciamo stare. Passerà.

Il medico mi aveva suggerito di stare (se possibile) al sole.
Così lo scorso fine settimana mi sono trasferita armi e bagagli al mare dal babbo.
Lì si passa in una dimensione parallela rispetto a Milano.
Lì ci si saluta quando ci si incontra.
Ci si sorride.
Si organizzano le cene di condominio.
Si va perfino a ballare il liscio (!!) tutti insieme.

Ma questo fine settimana ho fatto scoperte davvero interessanti.
Già sapevo che nel condominio c’erano due macro squadre: Fiorentini contro resto-del-mondo.
Io per nascita appartengo ovviamente alla squadra resto-del-mondo, ma altrettanto ovviamente fraternizzo con quelli della squadra avversa (fece scandalo un merenda a salame e chianti lo scorso agosto…), quindi ero guardata con un certo sospetto.
Secondo me se Shakespeare fosse un contemporaneo avrebbe potuto ispirarsi per Montecchi e Capuleti. Peccato che non ci fosse nessun Romeo (neanche quello degli aristogatti) tra i fiorentini della squadra avversa.
Oppure ci si potrebbe ambientare un musical… invece di West Side Story… Manzoni Street story.
E la trama verrebbe carina.
Perché ci sono personaggi incredibili. Buffi, simpatici, teneri, goliardici…

Si dorme bene da quella parte.
Uccellini, frusciare di foglie e tutto il resto.
Così quando mi sono svegliata la prima mattina ho capito subito che qualcosa non andava.
Qualcuno urlava. In fiorentino pure.
Che strano. Pareva quasi in casa.
Dopo neanche 5 minuti il babbo bussava selvaggiamente alla porta.
Lui (il babbo) non capisce il fiorentino. Uno della squadra avversa (ovviamente ben a conoscenza di questo dettaglio linguistico) era sulla porta che ne diceva di ogni.
Dopo aver smesso di ridere, ho capito che in sintesi il problema era dato dal fatto che c’era una perdita nelle condutture di casa, perdita che sfocava nell’appartamento del fiorentino urlante. Quando noi usavamo l’acqua…. Essa finiva modello allegra cascatella nell’appartamento di detto signore.
Il quale ci invitava pertanto caldamente a non usare l’acqua per 2 o 3 giorni.
Semplice no?
Davanti alla mia faccia perplessa ci ha suggerito di andare a fare la doccia, lavare i denti… da lui.
(Immaginavo la scena)
Per mangiare ci sono i ristoranti.
E in effetti io ho sempre sognato di fare il bucato nel fiume sotto casa.
Secondo me la melma sgrassa da dio.

Risolta con una tregua (e una telefonata all’amministratrice) la questione si è deciso anche (siccome la perdita riguardava una conduttura centrale (lo so che non è il termine giusto…) che coinvolgeva mezzo condominio, di organizzare una mega cena sul terrazzo. Invitati: tutta (o quasi) la squadra resto-del-mondo.

Che serata.
Avendo dato qualche consiglio qua e là, e avendo dimostrato di conseguenza che non ero così inaffidabile sono stata messa al corrente dei più inenarrabili segreti della squadra.
Ad esempio che tutti hanno un soprannome nel condominio.
Per me assegnato con genialità.C’è il lupo solitario: abbandonato dalla moglie 7 anni fa da allora sta chiuso in casa con un gatto nevrotico e ogni tanto pare ululi.
Liala: aspetta il principe azzurro su cavallo bianco. Le ho spiegato che uno che va in giro per Parma su un cavallo e un cappello azzurro con la piuma qualche problema deve avercelo, ma non mi ha ascoltata.
L’albero maestro: il mio babbo. Alto alto e magro magro. Sempre in barca. E sempre pronto a dare indicazioni e consigli a tutti. Perfetto (il soprannome, non il babbo).
Il vinaiolo: parla sempre solo e soltanto del vino che produce e imbottiglia da sé (mentre di lavoro fa tutt’alto). Pare che il vino in sé faccia schifo ma nessuno ha ancora avuto il coraggio di dirglielo.
Richard Gere: be’…. Non servono spiegazioni in questo caso.
ER: signora tendenzialmente ipocondriaca che tira tutti scemi con i suoi innumerevoli e gravissimi sintomi.
Il sarcofago: signora di una certa età, piuttosto rigidina nei movimenti e poco propensa a uscire di casa
Il fiorentino: ecco in questo caso mi sfugge perché con tutti quelli che ci sono proprio lui abbia guadagnato questo titolo. Veramente PIP (Primus Inter Pares).
AA: signore con spiccata preferenza per il vino buono (in grandi quantità possibilmente) che di tanto in tanto non disdegna grappa, whisky, ecc
Ce ne sono poi un paio che non posso riportare… diciamo che lo spirito goliardico non difetta…. 

Naturalmente anche io ho un soprannome…
La musicista.
E sospetto che non sia precisamente un complimento.
Quando sono lì mi piazzo in genere davanti alla finestra aperta del balcone (vista sul collina, alberi, fiori…) e suono anche 4 ore di seguito. Tutti i giorni.
Colgo una nota ironica in questo “musicista”… Voi no?!

 
 
 

Bottegari al parco (con divazioni su Tweety)

Post n°182 pubblicato il 05 Luglio 2007 da thefairyround

Ieri pomeriggio a un certo punto non ce la facevo più a stare in casa a lavorare e a pensare.
Tanto non combinavo nulla.
Così ho deciso che era meglio andare al parco, camminare e pensare. Almeno vedevo qualcosa di verde.

Dicono che il verde tranquillizzi. O, almeno, lo diceva sempre mio nonno che ha sempre voluto mangiare seduto in modo da vedere gli alberi e le colline fuori dalla finestra.

Intanto ascoltavo “L’inverno quando fiocca” – di Cosimo Bottegari.
Non che c’entri molto. Ma parla di crudeltà, del passare del tempo, le stagioni. Ma il sentire non cambia.
Saggio che era Bottegari.

Dopo la prima mezz’ora di Bottegari, alberi e camminata a casaccio ho iniziato a essere un po’ più coerente.
Ho deciso che era meglio sfogarmi con Bottegari e con gli ippocastani, perché tanto non ci crederebbe nessuno.

Mi sono fatta di nuovo male alla spalla. Legamenti stirati e usciti di sede.
(Commento del medico: “certo che per combinare un simile casino bisogna mettersi d’impegno”… eh sì non per vantarmi ma sto accumulando una bella pratica)
Stendiamo un velo pietoso sulla dinamica dell’”incidente”.

Ho 20.000 cose da fare, e non so COME farle.
Ho persone di cui prendermi cura, e non so COME fare.
In alcuni casi neanche me lo lasciano fare. Anche se è imprescindibile.

Ogni volta che suona il telefono salta fuori un problema.
Mi hanno detto: “ma è il tuo lavoro”.
Col cavolo che è il mio lavoro.
Mica voglio salvare il mondo io.
I deliri di onnipotenza non li ho.

Qualcuno che mi chiami per dirmi: “Tutto bene. Sono proprio contento/a” mai?!Così ieri camminavo e dicevo queste cose a Bottegari.
Che poi aveva la sgradevole abitudine di ripetere “donna crudel” qua e là.
Fortuna che non ho la coda di paglia.

Ora devo capire come organizzarmi con un braccio molto probabilmente fuori uso.
Con una marea di brani da studiare per l’inizio di agosto.
E con la spesa da fare, il lavoro da portare avanti.
E tutte le cose di cui sopra.
(Si capiscono le mie priorità?!)

Leggevo in un post di no.snob che a seguito di un attacco di shoping compulsivosi è comprata un top bianco con nastro amaranto e infradito da bimba..
Io (che detesto fare shopping….)  un bikini ispirato a Tweety e una magliettina con su Snoopy e scritto in grande “Joe Cool”.
Vogliamo parlarne?!

 
 
 

Punti di riferimento

Post n°181 pubblicato il 29 Giugno 2007 da thefairyround

Oggi mentre mi destreggiavo tra il ritmo alla lombarda e il ritmo alla francese, tra quarti, ottavi, pause e sedicesimi mi sono trovata improvvisamente a chiedermi: "Ma dove si troveranno i punti di riferimento?!"

Non credo sulle pagine gialle.

Peccato.

Perché ne avrei bisogno, non tantoper il solfeggio...
La musica in un certo senso quando è lì sul pentagramma trasmette quasi un senso di sicurezza. Le certezze della vita.
Quanto vale un punto? Si sa.
La relativa minore della scala in fa maggiore. Si sa.
Si-mi-la-re-sol-do-fa. Si imapra a memoria e basta. Non ci piove.

Ma nella vita non è così purtroppo.
E a volte qualche punto di riferimento farebbe maledettamente comodo.

Va be'.. A dire il vero al momento mi accontenterei anche di un liutista (più o meno confuso non importa)... Ci sono volontari?

 
 
 

Film...

Post n°180 pubblicato il 25 Giugno 2007 da thefairyround

OK.
Forse ci voleva l’invito dell’Evaso per farmi uscire da questa fase di blog-silenzio.

E quindi… che film sia! (Silenzio, si gira) (O quel che preferite).

Inizio con qualcosa di scontato, visto il tema del blog: “Tutte le mattine del mondo”.
Lo so che NESSUNo l’avrà visto, ma è bellino fidatevi.
Si parla di viola da gamba, gambisti famosi, ma anche di vita, di passioni, di morte, di sogni.
Intenso. Da allora associo sempre l’aggettivo “bastardo” a Marais… ma non fateci caso: come musicista era davvero bravo. Se poi come uomo era un bastardo (almeno dal film appare così)… nessuno è perfetto.
Anche la colonna sonora è molto bella – curata da J. Savall, tanto per dire.

Poi, facendo un salto temporale all’indietro… un film che andai a vedere ai tempi dell’università.
E che mi portò a giro per Vienna di notte, ricercando sfumature, e i suoni della parole.
Prima dell’alba”.

Qualcosa di Woody Allen non può mancare.
Io e Annie” direi.
Perché ho passato un pomeriggio di giugno a parlarne sul divano. Un pomeriggio di quelli che speri di non dimenticare mai, perché hanno davvero cambiato qualcosa.
Perché quando mi chiedono come guido posso sempre citare questo film e tutti si fanno subito un’idea.
Perché i dialoghi sono impagabili.
Perché da allora ho capito che (forse) cucinare le aragoste non fa per me.

Goodbye Lenin”.
Perché mi ha fatto ridere, mi ha commossa. Mi ha fatta pensare.
Perché anche io vorrei potermi costruire i telegiornali e credere che si possa cambiare il mondo.
Perché mi manca un eroe.

Il cielo sopra Berlino”.
Perché una volta in stazione centrale ho rincorso un ragazzo che aveva dimenticato il biglietto nella biglietteria automatica. E lui mi ha scambiata per un angelo.
Ridevo.
Lui era serio.
E mi ha detto che dovevo vedere “il cielo sopra Berlino”.
Perché da allora ogni tanto lo guardo il cielo.


Passaggio di testimone: la zia Ody, Ilike06, Lilith_0404 e Ale (anche se lo so che non scrivi sul blog in questo periodo.. ma come non passare il testimone a TE questo argomento?!)

 
 
 

Concerto e pensieri

Post n°179 pubblicato il 15 Giugno 2007 da thefairyround

Lo so che non ho detto nulla.
Ma sabato e domenica appena passati…. Concerto.

Liuto, voce, viola da gamba e percussioni. Musica rinascimentale.
In costume.
Agata e Enrico (liuto/voce e percussioni - rispettivamente) erano vestiti in verde e oro – da nobili.
Io… da locandiera (o qualcosa di simile).
Ma credo fosse molto appropriato.
Mi ci sono trovata a mio agio in quel vestito (salvo un paio di tentativi di caduta causa gonna troppo lunga….).
E’ andata molto bene.
Nonostante le poche prove.
Il tamburo recuperato fortunosamente all’ultimo (Grazie Ra!), le corse, i mille imprevisti, e la grande stanchezza.
Sono arrivata sul luogo del concerto talmente cotta (due giorni di lezioni a un master che mi agitava molto perché temevo di non essere “abbastanza” [invece è andato bene!] , un po’ di emozioni forti, mille e mille pensieri) da non essere neanche troppo agitata.
Pensavo a Chopin – al parco di prima mattina – alla fortuna di aver potuto condividere la passione per la musica anche sul lavoro – alle scarpe rotte che fanno ridere – le insalate speciali – la voglia di sorrisi.

E poi mi sono ritrovata in questo posto splendido.
Un castello tutto affrescato.
Con gente fantastica.
Luminosa.
Sorridente.
Gente che è felice di essere lì con te, e te lo comunica, anche solo con uno sguardo.
Che bello suonare lì.
Che bello correre su è giù dagli scaloni, sbirciare il pubblico dalla finestra, ridere e scherzare.

Ci hanno applaudito tantissimo.
E ci rivogliono.
(Ma davvero!!!! Non ci credo ma è così!)
Bello...
Non tanto per gli applausi in sé (che fanno piacere ci mancherebbe).
Ma per l’idea di poter ancora far parte di quell’atmosfera magica.
Come entrare in un quadro.
Lì i problemi, i pensieri, le paure… tutto tace per qualche ora.
Ci sei tu. E la musica.
E va tutto bene.


Vorrei che potesse essere sempre così.
Perché diciamocelo. Non è che sia un bel periodo. Troppa stanchezza, troppi pensieri.
Come diceva Ligabue. “A sbagliare sono bravissimo da me”. Io di più. Io di più.

 
 
 

Incipit

Post n°178 pubblicato il 02 Giugno 2007 da thefairyround

Con un po’ di ritardo rispondo al graditissimo invito della zia Ody, della dolcissima Lilith_0404 e della mia cantante preferita (Ilike06) e penso un po’ ai libri che hanno seganto la mia storia.
E’ stato bellissimo perché ho tirato giù dagli scaffali della libreria (e della mente) tanti libri, libri che puntualmente ogni tanto rileggo, libri che da tanto non riprendevo in mano.
E sono tornati suoni, profumi, colori.
Personaggi che avevano qualcosa di me. Amici, quasi.
Atmosfere che mi hanno conquistata e fatta sognare, piangere, ridere.
Che magari mi hanno anche insegnato qualcosa.
Scegliere non è stato facile.

Ci ho provato…con la consapevolezza che andrò a comporre un quadro non certo completo.

Il primo libro che mi è venuto in mente è stato “Una musica costante” di Vikram Seth.
Musica. Passione e vita.
I rami sono nudi, il cielo stasera di un viola lattiginoso. Qui non c’è silenzio, ma pace sì. Il vento increspa l’acqua nera verso di me. Non c’è nessuno in giro. Non si vedono uccelli. Il traffico taglia a metà Hyde Park. Mi arriva alle orecchie come rumore bianco. Passo una mano sulla panchina ma non mi siedo. Come ieri, come l’altro ieri, resto in piedi finché non ho più pensieri. Guardo l’acqua della Serpentine”.

Ma avevo già incontrato Vikram Seth attraverso il corrispettivo indiano dei promessi sposi (che però è molto più divertente), “Il ragazzo giusto”. Nessuno ci crede quando confesso di aver letto almeno 4 volte un libro di 1595 pagine, ma è proprio così. Quale che sia la fase che sto attraversando questo romanzo trova sempre il modo di arricchirmi.
Sposerai anche tu un ragazzo scelto da me” disse con fermezza la signora Rupa Mehra alla figlia minore. Lata eluse l’imperativo materno guardandosi attorno nel grande giardino di Prem Nivas, rischiarato dalle lampade. Gli invitati alle nozze erano riuniti sul prato. “Hmm” mugolò. Quella reazione rinfocolò l’irritazione della madre”.

Pensando ai libri che hanno in certo senso dato il via o caratterizzato quello che sono ora…
Riporto (con dedica e pensierino dolce per L’Evaso, la zia Ody e no_snob, e il mitico romaiolo) l’incipit de “L’arte di mangiar bene – Manuale pratico per le famiglie” di P. Artusi (nella 21esima edizione del 1919 [è quella della mia bisnonna, con tanto di annotazioni autografe])
La cucina è una brinconcella; spesso e volentieri fa disperare, ma dà anche piacere, perché quelle volte che riuscite o che avete superata una difficoltà, provate compiacimento e cantate vittoria”.

E, anche se forse non è uno di quei libri che si leggono la notte sotto le coperte con una lampadina tascabile) “Psicologia” di G. Lindzey, R.F. Thompson e B. Sping. Il mio manuale di psicologia generale. Dopo questo esame ho iniziato ad avere seri sospetti sul fatto che “da grande” (invece di salvare il mondo, fare la scrittrice, la cuoca, la ballerina, l’investigatrice privata, la spia, la musicista, ecc) forse avrei fatto qualcosa di simile alla psicologa. E infatti faccio qualcosa di simile. Sort of.
Lo studente che si prepara ad affrontare lo studio di questo testo di psicologia desidera trovare una risposta a molte domande: i fattori genetici influiscono sulla crescita e sul deterioramento delle capacità intellettuali ed esiste un metodo per affinarle? Quali abilità possiedo? Ad esempio qual è il mio QI e fino a qual punto è importante? Perché alcuni dei miei insegnanti ritengono che io sia “dotato” e altri mi considerano “nella media”? Come è possibile controllare le ansie e le emozioni che a volte interferiscono negativamente con l’espressione delle proprie potenzialità?”

Tornando indietro alla mia adolescenza ricordo un libro letto davvero di notte sotto le coperte. E le telefonate interminabili per leggere all’amica del cuore i passaggi migliori. E le infinite discussioni esistenziali sui personaggi e sulle loro scelte.- “Due di due”. Andrea de Carlo.
La prima volta che ho visto Guido La remi eravamo tutti e due così magri e perplessi, così provvisori nelle nostre vite da stare a guardare come spettatori mentre quello che ci succedeva entrava a far parte del passato, schiacciandolo senza la minima prospettiva”.

E andando ancor più indietro… Il mio primo amore. Ai tempi in cui le amiche svenivano dietro gli occhini dolci di qualche attore, io mi perdevo dietro ad Archie Goodwin, l’assistente di Nero Wolfe. Nessuno è perfetto.
Li ho letti tutti (e più volte) i gialli di Rex Stout… Scegliere un incip non è stato facile. Ma siccome ho ricollegato tutto alla mia cotta per Archie, perché non questo, dove lui parla (ironicamente come suo solito) di donne?! [comunque se conoscete qualcuno che assomigli ad Archie… presentatemelo!!!]. Da “Dollari matti” di R. Stout.
Ho una regola che cerco di rispettare sempre e comunque: non essere mai maleducato con nessuno, a meno che non sia seriamente necessario. Ma quando al vidi attraverso lo spioncino, là davanti alla porta, mi sentii urtato nei miei sentimenti più intimi. Dovete sapere che io, per le donne, ho un debole particolare. Mi rendo conto che non possono restare giovani e belle per sempre, e che gli anni, prima o poi, lasciano il segno; ma da questo ad andarsene in giro coi capelli grigi scarmigliati che ricadono a ciocche sulla fronte, con un cappotto cui manca un bottone, e la faccia da lavare, ce ne corre. E siccome la donna che vidi attraverso lo spioncino era colpevole dei tre delitti sopra elencati, mi sentii ferito nel più profondo di me stesso”.

E ora il passaggio di testimone…
All’arme all’arme! Alla guerra alla guerra!
Richiamo Sunnysmiling, Evasoxcaso, No_snob, Sax2002 e 1020...

B.

 
 
 

Nel brano ci sono note alte e note basse….

Post n°177 pubblicato il 29 Maggio 2007 da thefairyround

In questi giorni sto correggendo gli elaborati finali del corso (laurea specialistica) di psicologia della musica.
Devo dire che molto spesso si trovano inaspettate perle di saggezza (sto ancora riflettendo sulla proposta di uno studente di utilizzare le canzoni di Jovanotti come spunto per riflessioni teologico/morali).
In particolare ieri leggevo questa profonda constatazione: “Il brano si caratterizza per l’impiego di molte note: alcune alte, e altre basse”.
(Non capita MAI nei brani musicali: questo studente è veramente acuto).
Dopo aver finito di ridere, ho realizzato che è un po’ quello che sta succedendo a me in questo periodo.
Note alte e note basse. Allegretto. Ritmo ternario. Largo. Vivace. Ieri sono scivolata su un’emiola. 

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Una cena alle 11 di sera, a mangiare pesce al forno con funghi e patate, bevendo vino siciliano e parlando di tutto e di niente, perché è l’essere seduti lì, in quella stanza, dopo tanto che non ci si vede che conta. Il senso di complicità, i sorrisi condivisi – senza parole. Perché tanto non ce n’è bisogno (A proposito si dice romaiolo o ramaiolo? … Firenze e Pistoia paiono non concordare….?

In treno alle 7 di mattina per andare a Bologna al convegno. Ipotizzando ricerche nuove. Sono i omenti del mio lavoro capaci di catturarmi l’animo.
Avevo un sonno della malora, ma che importa? Nuove strade, nuove domande, e la musica.
Allevi, la coca cola, il sociale, i giovani diplomati al conservatorio, le aree cerebrali, musica e immagini… mettete tutto insieme su un Milano-Bologna e oltre a suscitare l’indiscussa curiosità dei vicini, passerete un viaggio ottimo.

Il convegno.
Tanti stimoli. Ricerche che fanno risuonare delle corde dentro. Idee buttate giù in fretta su un foglio di carta.
E anche ricerche che ti fanno sorridere (ma a cosa serve far cantare gli aminoacidi?!).
E un senso di amaro in bocca nel rendersi conto di come la maggior parte degli studiosi presenti non è lì per confrontarsi e per costruire. E’ lì per farsi vedere, mostrare che è più bravo, più bello, più “scientifico” (era pieno di genetisti che guardano noi psicologi come se fossimo usciti dalla giungla…) di te…
Gran bell’esempio… Fantastico! Questa è a strada giusta per concludere qualcosa!
Complimenti al mondo scientifico!

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Ma anche i panini mangiati parlando di progetti musicali condivisi (qualcuno che voleva confrontarsi c’era….), una mezz’ora in libreria a parlare di Woody Allen con la commessa.
La cena in una trattoria imboscatissima, a raccontare la storia della famiglia ai due fratelli proprietari, dell’età dei miei nonni, partendo dagli ottimi tortellini in brodo.

E poi il vedersi sommersa da lavori che non si sa bene da dove vengono, distribuiti in maniera non corretta.
Le lacrime – di stanchezza e di rabbia.
Urlare al telefono (con qualcuno che non c’entra nulla, ma ti ha sentito giù e ha chiamato): “Io non sono una lavatrice!!!!!
E le risate – tra le lacrime – sentendosi rispondere: “In effetti avresti un design quanto meno alternativo per una lavatrice”.

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E poi un week-end di musica.
Suonare per ore. Finché le dita non ti fanno male.
Ridendo. Spettegolando.
La soddisfazione di venire a capo di qualche passaggio ostico.
Il mettere insieme liuto, voce e viola…

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Abbiamo un concertino io e Agata, il 9 e il 10 giugno.
(In costume…).
Trovo che fare le prove sia bellissimo.
Soprattutto quando ci si scambiano gli strumenti...

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Quando io (che ne so pochino di basso continuo) mi metto a urlare (del tutto a caso): “Mi settima!!!" e Agata mi prende sul serio – prima di capire che tiro a caso e passare alla fase “ora ti ammazzo”.
Cambiare il testo alle canzoni di Frescobaldi – ridendo come delle matte nel canticchiare la versione moderna e estremamente personalizzata di “Così mi disprezzate….”.

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Il concentrarsi sulle note, il sentire la musica intorno a te, dentro di te.
Cavoli pure con l’emiola andavo a tempo! Ma davvero!
I miracoli esistono.

B.

PS [aggiunto dopo qualche ora]. E' vero. Si dice emiolia e non emiola. Ma fa nulla. A me piaceva il suono... E lo scherzarci un po' sopra... Si sa che sono rapsodica (e - troppo? - ironica) ... ;-)

 
 
 

Il piacere di viaggiare...

Post n°176 pubblicato il 18 Maggio 2007 da thefairyround

Sono tornata questa mattina preso da una breve trasferta lavorativa in Abruzzo.

Posti davvero splendidi… ma il viaggio…

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Già ero partita di malavoglia… 5 ore di treno – più 1,30 di autobus (e questa era solo l’andata!) per andare a fare 3 ore di lezione non è che mi facesse ballare il tip tap dalla gioia per casa.
Alzataccia alle 5… stazione… treno… sembrava tutto a posto.
Arriviamo a Imola e il treno si ferma.
Che strano – fermata non prevista.
Nulla di grave, avranno deciso di inserire qualche variazione nel percorso, continuo  lavoricchiare.
A un certo punto avverto una certa agitazione tra i compagni di carrozza.
Il treno non riparte.
Dopo mezz’ora di fermata a Imola è anche lecito chiedersi perché. E tutti lo stanno facendo – molto rumorosamente.
Serpeggiano le ipotesi più fantasiose… (“Il treno ha forato”).
Alla fine passa un omino verde delle FS e ci comunica che si è rotto il locomotore.
Non è che sia proprio una bella notizia…
Quando ci siamo avvicinati all’ora di sosta ad Imola ho iniziato ad avvertire qualcosa che assomigliava in maniera decisamente preoccupante all’agitazione.
Arrivata a Pescara avevo solo un paio di pulman possibili per non arrivare a destinazione senza ritardi di cui vergognarsi più di tanto.
Ho chiamato uno dei miei referenti.
Lui non ha iniziato ad avvertire qualcosa di simile all’agitazione.
E’ proprio andato nel panico.
Mi ha messo giù il telefono e mentre ad Imola venivamo fatti scendere dal treno (con l’idea di salire su un altro che però non è mai arrivati) e fatti quindi risalire su quello di partenza che è poi partito (dopo qualcosa come 2 ore) lui deve aver mobilitato mezzo Abruzzo.
Poi ho iniziato a ricevere telefonate.
La prima: “Ma è proprio sicuro il suo ritardo?”

Guardi siamo stati fermi 2 ore… secondo lei quante possibilità ci sono che recuperi?”
Aspetti se controllo su internet se è vero
Se è vero cosa?! Se è vero che il treno si è fermato oppure se io faccio esperimenti con LSD e ho le allucinazioni?!
Seconda telefonata.
Sa che è proprio vero?!”
Ma non me lo dica!
E tra me pensavo: “E meno male! Pensi se ci avessero fatto credere che il treno si era fermato e invece marciava felice per l’Italia…”.
Su internet dicono che avete 139 minuti di ritardo…”
Sì… vedrà che la prossima comunicazione le dicono anche il numero dei secondi
Ma come fate voi psicologi? Trovate sempre il alto comico della situazione!
(Forse perché abbiamo a che fare con persone che controllano su internet se un treno è vero che un treno è fermo perché non si fidano della parola di chi ci sta viaggiando sopra?!).
Terza telefonata.
Allora la vengo a prendere io in macchina
Grazie!
Ci vediamo in stazione: mi raccomando stia lontana dalle scale!
Non ho osato chiedere perché… Magari sono scale come quelle de castello di Harry Potter… si spostano da sole…

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Comunque ci siamo trovati.
Vuole mangiare qualcosa? [ero in piedi dalle 5] Ma no, vero?
“…”
Ma avrei voluto rispondere. “No, no! E’ un’abitudine tanto infantile… sto proprio cercando di smettere…”.
Ero onestamente commossa dal gesto di questo preside che si era fatto un’ora di macchina per venirmi a prendere e ne avrebbe fatta subito un’altra per portarmi a fare lezione.
Ma anche questa seconda parte del viaggio è stata turbolenta. Il gentile e simpatico signore guidava come un pilota di formula uno, tranne poi inchiodare improvvisamente per evitare incidenti fatali.

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Sono quindi entrata nell’aula dove avrei dovuto tenere lezione – quasi puntuale – ma con l’aria di una reduce del Titanic.
Senza pranzo, in piedi dalle 5 (e la sera prima ero andata a letto all’1,30), con i Sali e scendi dal treno a Imola, e dopo aver visto per un’ora la morte in faccia….
Ma si vede che questi atteggiamenti fanno bene… perché il corso ha ottenuto un grande successo.
Nota personale. Al termine del corso – mentre mettevo a posto le mie cose e mi preparavo per la prima parte del viaggio di ritorno (prospettiva allarmante) mi si avvicina uno dei corsisti che mi squadra con attenzione.
Sta lì e mi fissa.
Sorrido.
Mi fissa.
Allora… che mi dice del corso?
E mi fissa.
Poi mi dice con aria da cospiratore.
Io ti conosco!”
Oddio!
So di non avere gravi delitti sulla coscienza ma il tono mi ha fatto venire il dubbio di aver dimenticato qualcosa di fondamentale.
E sapete chi era?
Il commissario esterno alla mia maturità…
Come abbia fatto a ricordarsi di me dopo tutti questi anni devo ancora capirlo…
Ma un qualche test sul pensiero visivo glielo farei volentieri…
Salutato l’ex commissario… dico a tutti che preferisco DAVVERO prendere l’autobus per tornare a Pescara. Ma davvero davvero. Non voglio creare problemi.
Così vengo accompagnata alla fermata degli autobus. Individuo quello giusto, ci salgo sopra e aspetto tranquilla la partenza.
Voglio dire: non le regalano le patenti degli autobus! Saprà ben guidare l’autista, no?!
Sì… sapeva guidare…. Ma secondo me si credeva Goldrake in missione per salvare la terra.
Sulle stradine della campagna abruzzese, sorpassava le macchine in curva, non rallentava mai… neanche nei tornati… Quando passava davanti a case abitate da gente conosciuta strombazzava come un pazzo, lasciava il volante e salutava allegramente.
Quando sono scesa viva da quel pulman volevo baciare la terra.
Non so bene come ma sono arrivata all’albergo.

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Entro piuttosto sfatta dalla giornata. Il tipo dietro al bancone mi guarda. Si illumina. Sorride. Mi viene incontro dicendo: “Benvenuta! Benvenuta! Benvenuta!”.
Dopo l’incontro con il commissario della maturità, una parte di me sospetta che fosse il vicino di ombrellone di quando avevo 4 anni.
Si vede che avevo una faccia perplessa perché ha aggiunto. “L’accoglienza calorosa dei clienti è la politica del nostro albergo”.
…mi pareva!
Salgo in camera.
Sesto piano con il terrazzo vista mare. Sono stata lì  perdermi nelle tonalità di blue e azzurro per un po’…).
Respiravo.
E pensavo solo ai colori belli della giornata.
I papaveri sotto gli ulivi.
Le colline. Dolci.
I giochi di luce e di verde.
Le domande interessate.
Gli occhi partecipi delle persone con cui lavoravo.
E ancora i muri di mattoni coperti di bouganvilee.

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Poi sono andata a cena.
L’albergo aveva un ristorante, e io ero troppo distrutta per andare ad esplorare.
C’erano solo due tavoli occupati – di cui uno era il mio.
E c’era un cameriere. Molto… solerte.
Stava lì – in piedi – e mi fissava.
Dopo i primi 10 minuti ho iniziato a sentirmi a disagio.
Anche perché aveva l’aria di pensare “Ne so più io di te…!”.
Ordino i tagliolini con le vongole.
Arrivano.
Il cameriere me li mette davanti. E sta lì. Fermo.
Io gli sorrido.
Grazie!!!” dico.
E lui: “Non le cambio la forchetta – dandole quella da pesce che come saprà (!!!!) è leggermente più piccola (???) perché nel caso delle linguine questa è più consigliabile”.
Eh già” ho risposto con aria – temo – poco convinta.
Avevo una fame nera. Non mangiavo nulla dalle 5 della mattina.
Attacco le linguine.
Dopo 30 secondi ricompare il cameriere.
Ha già iniziato?!”
Io guardo con aria colpevole la forchettata di linguine che ho in mano.
Negare è arduo.
Devo sostituirle il coltello e darle quello più adatto ad aprire le vongole”.
Ah.”
Non ho più osato alzare troppo lo sguardo… metti che mi cambiava il piatto a metà del pasto….. perché quando nelle linguine ci sono i pomodorini è opportuno fare così….

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Il viaggio di ritorno è stato più tranquillo.
Ma domenica mattina parto per Bologna – convegno di psicologia della musica.

Spero in un viaggio meno avventuroso.

B.

 
 
 

Ma la statistica fa ridere?!

Post n°175 pubblicato il 12 Maggio 2007 da thefairyround

Un annetto fa ero a un corso con una cara amica/collega (ti ricordi Roby?!) la quale pronunciò una frase entrata subito a pieno diritto nella leggenda: “C’è una linea sottile che separa la psicologia dal cabaret”.
Credo sia vero, per quanto strano possa sembrare, anche per le lezioni di statistica che hanno impegnato i miei venerdì e i miei sabati (sob) negli ultimi mesi.

Settimana prossima ci sono gli esami.
Riporto qualche chicca delle ultime due lezioni.

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Gli Statistici Estetici (Ricordate? Post 167): “Prof ma non possiamo organizzare l’esame come se fossimo da Gerry Scotty?”
Io: “…!!!”
S.E.: “Per l’aiuto del pubblico ci si alza e si urla ‘ voi che fate alla domanda 5?’ e si sentono le risposte… Il 50% è un po’ una fregatura però… Si però andiamo alla grande con l’aiuto da casa… perché chiamiamo lei prof!!!!”
Io: “Ma io sono qui non a casa!”
S.E.: “Ma la casa è dove sta il cuore prof!”
[Come no?!]

Mentre lavorano viene fuori che tornerò in aereo dall’Abruzzo il giorno stesso del loro esame, per arrivare in tempo.
S.E.: “Ma prof., facciamoci le corna, ma se cadesse l’aereo e lei sfortunatamente morisse (!!!)… noi non faremmo l’esame no?!”
Io [con vocina sconvolta – ma il ragionamento mi faceva ridere!]. “Ma come?! Vi augurate la mia morte per evitare l’esame?! E’ bello vedere che mi volete bene!”
S.E.: “Ma no prof.! E’ che saremmo addolorati e sconvolti… e come segno di rispetto… dovremmo celebrare il lutto in qualche modo, no?!”
Io. “Sì con i giochi funebri come facevano i Greci invece degli esami….”
S.E.  [tutti felici] :“Ottima idea prof! Si vede che è una grande!” 

Io: “Però guardate che se vi becco a copiare sono guai!!!”
S.E.. “Se copiano tra di noi intende?”
Io: “E certo! Se leggete Topolino durante l’esame sono scelte vostre!”
S.E.: “Ma allora se ci passa lei le soluzioni siamo a posto!”
Io: “Come no… ve le fotocopio insieme alle domande…”
S.E. “No prof… meglio se le porta su chiavetta che si fa prima!”

L’ansia da esame poi si fa sentire portando a fare errori ingenui… calcolare la media tra città (ma cosa viene se sommo Pavia, Cremona, Bergamo e Milano e divido per 4?!?) oppure ipotizzare che non sia tanto il livello scolastico ad influire sulle risposte di un questionario che valuta lle strategie di pensiero degli studenti, ma che possa avvenire anche il contrario. “Dimmi come pensi e ti dirò in che classe sei!” Anzi… ti cambio proprio classe…..

Ma il top l’ho raggiunto io questa mattina.
Rispondevo alle domande.
Ora,… la statistica è senz’altro una scienza molto scientifica… ma volte il software fa cose strane e ti mette in crisi… (a me almeno capita così….).
Sicché davanti a una domanda ardua io ho cercato, per darmi un tono, di assumere l’aria della statistica espertissima , che mai si turba, che mai si sorprende, che ha sempre una risposta logica (ah ah ah magari!!!) e, per rendere meglio l’idea, mentre cercavo di rispondere, mi sono appoggiata con aria ganza a quello che credevo fosse il muro di fondo dell’aula.
Era una porta con maniglione antipanico.
Porta che ho quindi aperto con la mia posa da super-statistica, scomparendo quindi alla vista degli studenti.

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Per qualche micro secondo ho cercato di mantenere un’aria dignitosa – del tipo: “No, non sembra, ma sapevo benissimo quello che stavo facendo… è tutto calcolato”.
Ma non ho resistito… e sono scoppiata a ridere insieme agli studenti.

Mi ci sono affezionata a questi studenti statistici….

B.

PS Questa sera cena tra cugini (miracolo: non ci vediamo mai!) ho preparato una mega torta al cioccolato con crema molto cremosa (sempre al cioccolato). Promette bene….

 
 
 

Apprendimento scolastico ed extrascolastico

Post n°174 pubblicato il 10 Maggio 2007 da thefairyround

Due giornate pienissime ieri e oggi.
Ma di quelle giornate che ti portano a sorridere senza un perché mentre cammini per strada (scoprendo che i passanti ti guardano con sospetto….).

Non solo ho guadagnato tanti sorrisi (che è una gran bella cosa, nonostante il sospetto dei passanti sospettosi), ma ho anche imparato tanto.
Ho imparato tanto oggi andando a lavorare tutta la mattina con degli splendidi bambini di prima media. Forse più di quanto hanno (forse) imparato loro da me.

E ho imparato anche di più ieri, camminando, osservando, chiacchierando, ridendo insieme a persone davvero “belle”.
E poi c’è che mi dice che non si impara nulla se non dai libri…
Ma va là…

E la colonna sonora adeguata è senz’altro questa… Che vedo come filo conduttore un po di ’ tutto e tutti… (Ed è pure stata citata nella fase "chiacchiere")

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Rabbia

Post n°173 pubblicato il 05 Maggio 2007 da thefairyround

Mi arrabbio difficilmente.
Di solito penso che non ne vale la pena… che si vive meglio standosene tranquilli.

Ma a volte capita che qualcuno superi davvero ogni limite e mi faccia uscire dalla divina grazia.
E allora divento (quasi) pericolosa.

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Le persone sono strane. Sanno essere cattive a volte.
E allora ti aggrovigliano tutto dentro.
Ora mi sento così….

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Cancellature, strappi… ho perso il tempo…
Qualche nota è stata cancellata - da quel male dentro a cui non sai neanche dare bene un nome.

Ci sono momenti come questo in cui vorrei davvero spaccare qualcosa. Urlare.
Correre fino a non avere più fiato.
Poi prendo la viola e suono.

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E quella cosa dentro inizia a fare meno male.
Le urla diventano suoni, note.
Perfino io, con il mio animo rapsodico, trovo un ordine, un tempo. A cui aggrapparmi.
I suoni sono forti, profondi, vibranti.
Lo strumento è la mia voce, il mio dolore, la mia rabbia.
La musica diventa rosso scuso, quasi nero.
E va bene così.

 
 
 

Matrimoni e risate....

Post n°172 pubblicato il 02 Maggio 2007 da thefairyround

Mia cugina si è sposata una decina di giorni fa.
Temevo e tremavo.
I matrimoni in sé non mi piacciono. Di solito sono noiosamente interminabili.
Quelli dei famigliari, poi, sono ancora peggio.
Incontri persone che non vedi da anni.
Che fanno finta di volerti tanto bene, quando magari non si ricordano neanche come ti chiami.
La mia famiglia, si sa, è piuttosto evanescente – quindi temevo il peggio. immagine

Ma forse aveva ragione la mia nonna.
Quando ero piccola ogni tanto, quando eravamo in campagna tutti insieme, facevo un salto in cucina, dove tra i vetri appannati dal cibo in preparazione, e la pasta stesa sul tavolo di marmo, c’era sempre una regola d’oro che veniva elargita dalla nonna – una specie di massima aurea seguendo la quale tutto sarebbe andato bene.
Bello vivere così, no?
Per un po’ mi sono aggrappata a queste regole d’oro, salvo poi scoprire che alcune erano un po’ troppo soggettive per essere affidabili (ad esempio il fatto di considerare come poco affidabili o comunque dotati di difetti terribilissimi quanti non provenivano dallo stesso paesino di mia nonna era effettivamente un assunto un po’ forte…).

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Ma una la ricordo ancora.
Diceva che quando si va da qualche parte senza nessuna voglia di andarci poi ci si diverte tantissimo.
Ed è stato proprio così per il matrimonio di mia cugina.

La giornata era iniziata abbastanza di fretta.
La mattina 4 ore di lezione di statistica... Poi di corsa a casa a cambiarmi e partenza alla volta della chiesa.
Aspettavo il babbo sulla strada sotto casa mia quando passa un signore sugli 80 – con gli occhi azzurri azzurri.
Mi guarda e inizia ad attaccare discorso.
Mi dice che era nato in questa zona e spesso tornava a farci un giro. Non in macchina perché non gli avevano rinnovato la patente, ma con i mezzi.
Poi mi dice. “Sa signorina, se avessi 20 anni in meno (sì... 80 meno 20 fa 60... diciamo anche 40 in meno va là)... Farei di tutto per rivederla....”
Io (un po’ imbarazzata): “Grazie...”
Lui, tutto azzurro e sorridente. “Sì, perché si vede subito che lei è una persona semplice
Lo fisso con gli occhi a pesce palla.
Una persona semplice?! Sabato, ore 14, vestito di seta bianco crema e nero, scollato, scarpe con il tacco, truccata... Se pensa che io vada in giro così di solito, e mi giudica “semplice”...
Una risonanza magnetica funzionale ci starebbe anche bene.... 
 Lui non nota il mio sguardo e continua, sempre più sorridente e con gli occhini sempre più azzurri. “Sì perché sa.... io ero un ferroviere... e i ferrovieri sono sempre piaciuti... l’avrei conquistata...”.
Terrò presente... Viaggio talmente tanto in treno che di ferrovieri ne vedo a chili... vedi mai che ho avuto da anni l’uomo della mia vita sotto mano, magari sulla Milano-Venezia, e non me ne sono mai accorta?!
E’ poi arrivato il babbo a recuperarmi, e quindi al fascinoso ex-ferroviere ottantenne azzurro non è rimasto che guardarmi andare via...
Però gli occhi erano dolci....

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Arriviamo nel paese dove sarà celebrato il matrimonio e il babbo punta una chiesa diroccata, con un muro cadente, gli altri invasi dai rampicanti, senza vetri, e con strada impraticabile.
Per me è quella!” (serio).
Io: “Come no? Mi pare una scelta decisamente originale....
Lui. “Ma guarda com’è suggestiva...!!!

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Suggestiva lo era. Originale pure. Ma non era la chiesa giusta.
Quando mio padre se ne è reso conto abbiamo perfino trovata quella giusta (che aveva perfino tutti i vetri al loro posto) in un tempo decente.
Siamo arrivati pure in anticipo.
Così ci siamo beccate le prove dei cantori, che si sentivano forti e chiare fin dal piazzale.
Io ho subito pensato che fossero dei simpaticoni i musici e i cantanti.
E che stessero giocando a fare cretinate, visto che la chitarra era scordata e le cantanti prendevano le note intonate tra di loro con la stessa frequenza con cui esce lo zero alla roulette.
Invece purtroppo non scherzavano.
Ho passato metà della cerimonia con gli occhi semichiusi, chiedendo a mio padre. “Ma secondo te li hanno pure pagati?!!!
Con lui che mi diceva: “Ma lo sai che sei una rompipalle?! Ma lasciali stonare in pace poveretti! [e un po' aveva ragione mi sa!]

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Siamo sopravvissuti ai cantori stonatissimi ed è poi iniziata la fase sociale.
Che in primis non prometteva benissimo.
Parenti che fanno le domande più inopportune... Io che mi contengo per non dare risposte ironiche.
Mia zia che mi continuava a ripetere con aria stupita e quasi sconvolta: “Ma sei bellissima!!”, probabilmente dispiaciuta di non potermi ripetere: “...Per fortuna che sei intelligente!”.
(Questo lo diceva anche quando avevo 7 anni, e non credo che si potesse dire molto sulla mia intelligenza).

Il meglio è iniziato sul luogo del rinfresco...
Sono stata l’unica parente degli sposi ad essere messa a un tavolo senza nessun parente (forse avevano paura di quello che avrei potuto rispondere dopo un bicchiere o due di vino...). Ero al tavolo con un gruppo di veneti simpaticissimi.
Con i quali abbiamo iniziato a trovare modalità alternative per ravvivare la serata.
Eravamo quasi riusciti a far credere ad anziani sconosciuti che in realtà eravamo infiltrati al matrimonio. Che lo facevamo da tempo, avevamo una tecnica invincibile... e recuperavamo un sacco di pranzi e cene gratis.
Peccato che sul più bello, quando li avevamo convinti ad aiutarci, dicendoci come si chiamavano gli sposi, è arrivato mio zio (il padre della sposa) a salutarmi calorosamente.... così non solo lo scherzo è crollato, ma i signori si sono pure offesi.
Avevamo poi costruito tutta una storia intorno a uno dei camerieri, che avea l’aria un po’ minacciosa.
Avevamo detto a delle ragazze al nostro tavolo (meno goliardiche di noi) che era un pericoloso killer. Che se appena ti distraevi ti faceva sparire per sempre.
L’atteggiamento misterioso e truce del cameriere in questione rendeva tutto credibilissimo.
Quando poi a metà pranzo noi siamo fuggiti tutti in giardino, tornando solo dopo un’oretta.... la faccia delle commensali era strana... per me un sospetto che fossi mo stati eliminati dal killer ce l’avevano anche avuto.... 

Quando sono andata a casa i famigliari mi guardavano con sospetto...
Ma io ero felice e molto divertita!
B.

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Persone

Post n°171 pubblicato il 21 Aprile 2007 da thefairyround

Periodo intenso e molto di corsa questo…
Per non pensare al troppo lavoro, penso agli incontri… buffi, simpatici, strani, m spesso capaci di strapparti un sorriso anche quando vorresti prendere il mondo a calci.

L’intervistatore

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Lunedì sera. Ero cotta, e avevo davanti una settimana da incubo (questa) con troppe poche ore, e troppo lavoro.
Ma avevo deciso di concedermi una serata rilassante: cena con la Raf, per due chiacchiere grulle tra amiche.
Quando sono stressata posso fare due cose per rilassarmi: o suono o cucino.
Avendo un’amica a cena è consigliabile la seconda, che garantisce un gradimento maggiore da parte dell’ospite. Una buona cena mette più di buon umore di Telemann, anche se lo suonate in maniera impeccabile (e si sa, io sono rapsodica, non impeccabile).
E se in una settimana da incubo decido di rilassarmi lo faccio come si deve.
Petto di anatra al forno con patate aromatizzate al rosmarino. Vino francese di origine spagnola.
Stavo giusto dedicandomi alla mia opera culinaria quando suona il telefono.
Volevano intervistarmi per raccogliere informazioni sui miei comportamenti di fruizione televisiva.
Avverto che io la televisione la guardo poco o niente.
L’intervistatore se ne frega a inizia comunque a farmi le domande.
Io rispondo e intanto cucino (grande invenzione i telefoni portatili).
Inizia a nominarmi tutti i canali di un’emittente satellitare e io devo dirgli se li conosco oppure no.
Ci sono nomi assurdi, sigle lunghissime, e altri veramente buffi.
Mancano solo “tele-bigné al cioccolato” e “Videovioladagamba_forever”.
Rispondo ai primi 47 canali circa poi non resisto più e chiedo all’intervistatore: “Scusi… ma esistono davvero tutti o ci sono le domande trabocchetto?!
E lui, con aria molto seria: “Se sono nella lista esistono sicuramente”.
Io: “Ah! Allora non li conosce neanche lei! Meno male!
Lui: “In effetti….
Io: “No perché sa ci potrebbe stare… magari vogliono vedere se la gente risponde seriamente oppure sulla base di vage conoscenze… Ad esempio, se lei nomina, che ne so, “tele-Kandinskij”, io non so se esiste o meno, però conosco Kandinskij e allora per familiarità con il nome dico di conoscerlo”.
Lui. “Cavoli! E’ vero! Non ci avevo pensato! Ma sarebbe una cosa profonda!”.
Insinuato il dubbio il processo è stato inarrestabile. Ora anche lui dubita dell’esistenza di certi canali.
Così io cucino, lui chiede e insieme ridiamo.
A un certo punto mi fa: “Ma lei sta cucinando?”.
Be’… gli ho raccontato il menù, ho saputo tutto sui suoi turni lavorativi, e lui ha saputo della nonna toscana con il ristorante.
Ancora un po’ e lo invitavo a cena.
Non credo che mi chiameranno più (sarò stata classificata come dissidente per aver fatto nascere dubbi nella testa dell’intervistatore), ma io mi sono davvero divertita….
(L’anatra è venuta molto buona).

Le signore siciliane

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Mercoledì sono andata in treno in val Camonica. Tre ore di lezione e 8 di treno. Che bello.
Il viaggio di andata è stato però rallegrato per metà dalla condivisione dello scompartimento con un gruppo di 5 signore siciliane che andavano in gita sul lago di Garda.
Nell’ordine:
-
si sono offerte di aiutare il ragazzo che girava con il carrello del mini bar
-  si sono offerte di aiutare il controllore (entrambi hanno declinato fuggendo poi di corsa, e io ho imparato una cosa: se viaggiate senza biglietto, invece di cercate scuse, andate diretti dal controllore e offritevi di aiutarlo: non vi controllerà neanche il biglietto – sarà troppo impegnato a scappare)
-
 hanno fatto morire un certo Antonio che tentava di leggere il giornale riponendo la famosa pubblicità “Antò…. Fa caldo….” (e come gli veniva bene….!)
- si sono messe a chiacchierare con me raccontandomi di come avevano scambiato un musicista per un ragazzo con andi-càpppp (pronunciato così) – anzi un andi-càpppp “di chiesa” perché stava fermo immobile a fissare qualcosa (atteggiamento mistico evidentemente per loro, ma fuori luogo in contesto musicale quindi di andi-càpppp si trattava)
-
mi hanno raccontato del ricovero in ospedale di una di loro per problemi di memoria… di come il dottore le avesse chiesto di tutto ("Miiii, e  come posso ricordarmi cosa ho fatto da bambina se ho problemi di memoria, ah?!”), e di come la signora avesse detto al dottore. “Dottò, tante cose stupide mi chiede, ma non l’unica importante” – alla richiesta da parte del dottore di essere più precisa la signora aveva precisato. “Non mi chiede se sono felice?”.
E lei lo era felice. E lo è tutt’ora.
Quanto tempo è passato dall’ultima volta che avete sentito dire a qualcuno: “Sono felice!”?
Nel mio caso troppo.
Ed è stato bello sentirlo….
(mi manca la Sicilia…).

La commessa

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Domani si sposa mia cugina (stendiamo un velo pietoso sul fatto che domani mattina ho 4 ore di lezioni – finite le quali devo tornare a casa, cambiarmi e volare al matrimonio…).
Ho dovuto procurarmi un vestito.
Io odio fare shopping.
Posso farlo senza stare male una volta all’anno. E avevo già recentemente dato fondo alle scorte verso dicembre.
Quindi si trattava di trovare un modo rapido e indolore per trovare un vestito adeguato.
Ho puntato un negozio che aveva in vetrina un vestito che mi piaceva.
Sono entrata.
Ho detto la taglia alla commessa alta come un palo telefonico che mi ha guardata dall’alto in basso con il calore di un Kinder Pinguì.
Ho provato il vestito.
Taglia giusta (wow).
Ho detto: “Ok”.
Ho pagato e sono uscita.
Penso di averci messo 15 minuti in tutto.
Credo che la commessa non avesse mai visto una cosa del genere.
Balbettava quando sono uscita, e credo che non si sia ancora ripresa del tutto.
Soddisfazioni della vita.
(e il vestito è davvero bello)

B.

 
 
 

Alla ricerca delle radici

Post n°170 pubblicato il 14 Aprile 2007 da thefairyround

Sabato pomeriggio. Una giornata splendida. E io al computer a lavorare.
Provaci ancora Sam.

 

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E mi concentro sulle cose belle. I fiori. Siamo in primavera – ieri ho messo a posto il balcone (perché anche gli psico-musicisti hanno diritto all’ora d’aria).
Le rose si stanno risvegliando.
La bouganvillea mi ricorda i muri bianchi della Sicilia.
I gerani fanno tanto “casa”.
E poi ho piantato un cespuglio di lavanda. E’ viola e rilassa. Direi che fa proprio per me.
Ora penso, scrivo e ogni tanto mi cade l’occhio sul balcone.

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Guardo le piante, con le loro radici, e ripenso alla Pasqua.
E’ sempre stato il periodo in cui ci si trasferiva in campagna dai nonni, si potavano le rose, si preparava l’orto, si potavano le siepi. I giorni in cui ci si sporcava le mani, e si sorrideva con i capelli davanti agli occhi, sotto il sole, ridendo e cantando canzoni stupide.
E poi tutti a mangiare le verdure fritte con la pastella, e tirare fuori la coperta fatta con i ritagli di stoffe colorate e mettersi sui prati a leggere e mangiare cioccolato.
Ora non è più così.
E mi ritrovo a chiedermi che fine hanno fatto le mie radici.
Per la verità mi sento molto sradicata ora come ora. E dopo le vacanze di Pasqua ancora di più.
Vagavo per quella casa dove i miei si sono conosciuti. Dove io ho imparato a camminare. Dove ho sognato, corso, sperato, pianto, riso.
E mi sentivo così lontana dai quei giorni. Dalla sicurezza quasi implicita di avere il calore di una famiglia (con tutti i suoi lati positivi e negativi) che urla, corre, litiga, discute, ama, intorno a te.
Ora questa famiglia si è come sciolta.
Alcuni sono andati via – e non torneranno. Altri hanno deciso di vivere la loro vita.
Io sono quella “strana”, le cui scelte di vita appaiono incomprensibili (“La viola da gamba! Dio bono sta figliola!” “E bambini nulla... Sicché c’avrà un brutto carattere…” ).
Meglio stare a distanza di sicurezza.
Io sono quella forte. Sono quella con il senso dell’umorismo sempre pronto a colpire.
Sicché me la posso cavare bene da me.
Sicché posso/devo capire tutto. Sono tanto empatica… (faccio la pisicologa dopo tutto… se non capisco tutti io chi dovrebbe capire?!).
Posso capire le bugie, posso capire le fughe, posso capire gli sfoghi, le recriminazioni.
Ma sarà vero?
In realtà quello che davvero non capisco più è dove sono le mie radici.
E mentre mi muovevo in questi spazi un tempo tanto famigliari, e ora tanto diversi, le ricercavo queste radici.

 

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E in un certo senso posso dire di averle ritrovate.
Se per radici intendiamo ciò che ha fatto di me ciò che sono. Ciò che non ho intenzione di negare di essere.
Le mie radici… Sono nella gioia di esplorare i libri di cucina, nel preparare una nuova ricetta con entusiasmo e con amore.
Le mie radici sono tra le righe del pentagramma. Nella gioia di “sentire” la musica – dentro.
Di aver lottato per poter arrivare a farlo. Magari in maniera rapsodica, ma comunque mia.
Le mie radici sono lì… nascoste… ma non scomparse.
Le mie radici sono nei ricordi di quei giorni a ridere sotto il sole.
Nelle lotte che da allora ho dovuto affrontare. Nelle vittorie e nelle sconfitte.
Forse la mia casa è davvero nell’essere “senza casa” come dice la Dickinson….
on l’ho scelta questa condizione, anzi. Ma l’importante è avercela una casa… Un posto dove mettere radici, dove ritrovare noi stessi.

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Comunque se rinasco faccio la giardiniera.

B.

 
 
 

Post N° 169

Post n°169 pubblicato il 08 Aprile 2007 da thefairyround

Su per il Colle della Vita col mio piccolo Fagotto
Se mi accorgo che è ripido -
Se uno Scoraggiamento mi trattiene -
Se il passo appena fatto
Più vecchio sembra della Speranza che lo provocò -
Incontaminato sia dalla colpa
Il Cuore che propose così come il Cuore che accettò
L'essere senza Casa, come Casa -

Emily Dickinson

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Buona Pasqua!

 
 
 

LA FORESTA INCANTATA

Foto "gambistiche" e montaggio di Alessandro Bonini
...grazie Ale! ;-)

 

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