Messaggi di Marzo 2019
Post n°2982 pubblicato il 29 Marzo 2019 da namy0000
Tag: amministratore, lenti, marchio, mercato, montature, occhiali, prezzo, produttore, rivenditore, vendita A proposito dei prezzi degli occhiali, di recente il Los Angeles Times ha intervistato E. Dean Butler, fondatore di LensCrafters, la più grande catena di rivenditori di occhiali negli Stati Uniti, che Luxottica comprò nel 1995. Secondo Butler, i prezzi imposti da Luxottica sono totalmente falsati, dato che una montatura di qualità, come potrebbe essere quella di un paio di occhiali firmati Prada, può arrivare a costare al produttore 15 dollari (circa 13 euro) mentre una singola lente circa 1,25 dollari (1,10 euro). Pagare fino a 800 dollari (circa 700 euro), come succede per alcuni occhiali negli Stati Uniti, secondo lui è «una completa fregatura»: il ricarico arriverebbe anche al 1.000 per cento. Il Los Angeles Times ha parlato anche con Charles Dahan, che era uno dei principali fornitori di LensCrafters con la sua azienda, la Custom Optical. Secondo Dahan, quando Luxottica rilevò LensCrafters aumentò la presenza dei marchi di occhiali di sua proprietà nei punti vendita, facendo crollare le vendite di Custom Optical, che nel 2001 ha dovuto chiudere. Ha rischiato di fare la stessa fine anche Oakley, un marchio di occhiali da sole molto popolare tra appassionati di sci e di sport motoristici, il cui principale rivenditore era Sunglass Hut, comprato da Luxottica nel 2001. Dopo l’acquisizione, per non rischiare di fare la fine di Custom Optical, Oakley è stata costretta a farsi comprare da Luxottica. «È così che sono riusciti ad ottenere il controllo di tanti marchi», ha detto Dahan. «Se non fai quello che vogliono loro, ti tagliano fuori». Va detto che le politiche di Luxottica sono quelle che hanno portato l’azienda a un successo e a un potere invidiato e ammirato in tutto il mondo, e a dare al suo fondatore Del Vecchio – insieme al suo carattere intraprendente e autoritario e alla sua formidabile storia di scalata sociale – uno status quasi leggendario nell’imprenditoria mondiale. Perché adesso Luxottica e Essilor litigano Successivamente, in un’intervista a Le Figaro, Del Vecchio ha spiegato che la sua irritazione sarebbe dovuta al fatto che Essilor avrebbe assunto quattro manager, tutti in posizioni chiave, senza che né lui né il consiglio di amministrazione ne venissero informati. Del Vecchio ha accusato in particolare Sagnières di aver rotto il patto firmato nel 2017: «Accetta solo quello che propone lui. […] Fin dalla prima assemblea generale del nuovo gruppo, il 29 novembre, si è comportato come se Essilor avesse rilevato Luxottica». Il giorno dopo l’intervista di Del Vecchio a Le Figaro, è arrivata la risposta di Sagnières, che ha parlato di accuse false da parte del fondatore di Luxottica, accusandolo a sua volta di aver cercato fin dalla prima assemblea del nuovo gruppo di imporre Milleri come nuovo amministratore della società per prendere il controllo del gruppo. «Nonostante le smentite», ha detto Sagnières a proposito di Del Vecchio, «un certo numero di sue mosse riflette di fatto un tentativo di prendere il controllo del nuovo gruppo, senza riconoscere alcun premio agli azionisti». Il confronto sembra attingere a due storie sostanzialmente diverse delle due aziende: più verticistica e competitiva quella italiana, più tradizionale e collettiva quella francese, con una estesa serie di ricadute sulle rispettive culture aziendali. (Il Post, 28 marzo 2019) |
Post n°2981 pubblicato il 24 Marzo 2019 da namy0000
La regola dell'anello debole , Avvenire, Dopo aver pregato in casa sedevo sul divano, quando entra un uomo di magnifico aspetto, in abbigliamento da pastore. Mi saluta e io rispondo al suo saluto. Si mette subito a sedere accanto a me e mi dice: «Sono stato inviato dal più venerabile degli angeli per abitare con te i restanti giorni della mia vita» «Guai ai pastori d’Israele, che pascono se stessi! I pastori non dovrebbero forse pascere il gregge? Vi nutrite di latte, vi rivestite di lana, ammazzate le pecore più grasse, ma non pascolate il gregge» (Ezechiele 34,2-3). Gerusalemme è caduta. Ezechiele, il profeta-sentinella, nella sua terra desolata dell’esilio avvista un gregge disperso per l’incuria dei suoi pastori: «Non avete reso forti le pecore deboli, non avete curato le inferme, non avete fasciato quelle ferite, non avete riportato le disperse. Non siete andati in cerca delle smarrite, ma le avete guidate con crudeltà e violenza. Per colpa del pastore si sono disperse e sono preda di tutte le bestie selvatiche: sono sbandate» (34,4-5). Non sono pastori ma "mercenari" (Gv 10,12), perché sfruttano le pecore più grasse per trarne profitto.
l.bruni@lumsa.it |
Post n°2980 pubblicato il 24 Marzo 2019 da namy0000
È quella che si dice una donna in carriera, Tiziana Bernardi, 60 anni, 40 passati a ricoprire alte cariche nelle maggiori banche, partita come impiegata e approdata alla poltrona di direttore generale di Unicredit, nonché amministratore delegato di una delle più grandi aziende del Gruppo, da lei fondata e capitanata con seimila dipendenti e filiali in tutto il mondo. «Tre anni fa da un giorno all’altro ho dato le dimissioni. Ho lasciato il mondo dei miliardi ma non il mestiere: ora l’impresa che gestisco è ancora più grande e richiede la stessa managerialità, solo che è sperduta nella savana e ha un obiettivo altissimo, cambiare il mondo». Almeno quello intorno al monastero benedettino di Mvimwa, incontrato durante un viaggio avventuroso in Tanzania e diventato la sua sfida imprenditoriale più ambiziosa. Ci accoglie nel salone della sua villa storica, a Cornaredo, dove ha convocato i collaboratori più stretti, com’era solita fare nella sua vita precedente: «Ho scritto un enorme progetto affinché il monastero, che sorge nella regione più arretrata della Tanzania, sia protagonista della trasformazione sociale dei dieci villaggi intorno, abitati da 20mila persone, poi di tutto il distretto di Nkasi (320mila persone), infine dell’intera ragione di Rukwa, un milione e mezzo di abitanti, il 60% dei bambini denutriti e una vita media di 50 anni. Perché un modello che in piccolo ha successo è sempre replicabile in grande», spiega mostrando i contratti già stipulati con università e imprese italiane e straniere, i dati raccolti sul territorio, le strategie e gli obiettivi finali, che vedono anche la fondazione di un’università specializzata in Scienze della nutrizione infantile e in Agraria. Arrivata al monastero di Mvimwa, qualcosa successe. «Io, la persona più razionale del mondo, ebbi una folgorazione. Avevo 55 anni e dovevo ricominciare tutto da capo. Non ero mai stata prima in un monastero, ma quel giorno mi confessai per tre ore con padre Lawrence, oggi per me come un figlio. Lì per lì non capii, tre mesi dopo negoziavo le dimissioni da Unicredit e mi accordavo con l’abate: tu preghi, io lavoro ma mi dai carta bianca». L’obiettivo era alto: combattere la fame, assicurare assistenza sanitaria di base, educare su igiene e nutrizione, creare imprese e posti di lavoro, il tutto mobilitando il monastero per arrivare, con un effetto domino, al Paese. «I novanta missionari benedettini, tutti tanzaniani giovani ed entusiasti, erano fedeli alla regola dell’ora et labora, pregavano e lavoravano... ma la parte “lavoro” era per approssimazione, ci volevo io per fare un piano industriale». L’abate poi lo ha inserito nella regola e ognuno dei novanta monaci oggi è protagonista del cambiamento, coinvolgendo i capi villaggio e via via la popolazione. La parola utopia non è ammessa, «se vogliamo che un altro mondo sia possibile, l’unica cosa da fare è vivere come se già esistesse», spiega Tiziana Bernardi, mostrando le foto dell’ex hotel di lusso da poco acquistato per ospitare la futura università. «Era stato espropriato a un imprenditore inadempiente e io l’ho comprato all’asta a nome del monastero a un prezzo vantaggioso, grazie a un benefattore italiano». Il resto lo ha raggiunto sfruttando i suoi contatti: «Non ho cercato gli amici ma le eccellenze professionali», così oggi come partner ha l’università di Parma, il Campus Biomedico di Roma, il Politecnico di Milano e il Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria), in una logica di reciproco interesse: «Loro aiutano noi, noi diamo ai loro studenti la materia per tesi di laurea e specializzazioni. Alla fine novanta benedettini africani hanno un partenariato che anche la Fao ci invidia». La parola d’ordine è «incidere»: è inutile scavare un pozzo qua e uno là, «ho questo monastero, e con questo ti cambio le sorti di un intero territorio», il tutto (finora) senza bisogno di capitali: medici, studenti, ingegneri, architetti, docenti universitari di varie discipline si sono pagati il viaggio e hanno condotto studi che a loro erano utili e al monastero non sono costati un euro. Ora però i progetti industriali devono partire e la onlus "Golfini Rossi" (l’uniforme dei bambini delle primarie in Africa) è pronta per entrare nella Cooperazione internazionale. «Golfini Rossi nell'organigramma ha scienziati, architetti, chirurghi, nutrizionisti, ricercatori nella trasformazione industriale del cibo, tutti volontari». Un Centro di tecnologia alimentare per la produzione della "pappa di Parma" (cibo iper nutriente, prodotto da start up locali) è già avviato, come l’essiccatore a pannelli solari della portata di 800 chili al giorno che permette di conservare in modo asettico gli alimenti, sotto la guida di un giovane monaco laureando in chimica. Intanto un centinaio di studenti italiani del Campus Biomedico e dell’ateneo di Parma, sotto la guida di medici e professori, censiscono nei villaggi i bambini non registrati all’anagrafe e assistono malati e disabili, che a breve troveranno nel monastero una casa ad hoc, con vitto, alloggio e un lavoro dignitoso, mentre gli studenti di ingegneria bio-medica del Politecnico sono già a Mvimwa per progettare il centro di riabilitazione motoria. «Entro il 2019 sarà rinnovato il dispensario del monastero, attualmente fatiscente ma unico punto di riferimento raggiunto a piedi da migliaia di pazienti – continua Bernardi –. Diventarà un luogo di cura moderno, darà lavoro a molti ed erogherà corsi alle neo mamme su nutrizione e igiene: se forniamo acqua pulita ma poi i secchi sono contaminati a cosa serve?», spiega Bernardi. Il lavoro più grande è dunque culturale, coinvolgere i capi villaggio non è solo un fatto politico: «Ci pensano i monaci, che sono il legame diretto con la popolazione, e le 500 suore formate per intercettare i casi urgenti di denutrizione, in accordo con il vescovo Beatus Urassa». Insomma, non è utopistico pensare che da quel monastero sperduto nella savana, dal quale giunge il giusto grido della famiglia umana, possa essere rilanciata una nuova meravigliosa storia italiana fatta di generosità intellettuale, competenza scientifica e coraggio imprenditoriale. Ora i fondi serviranno, ma lei è tranquilla: «La Provvidenza risponde sempre, attraverso uomini di buona volontà». |
Post n°2979 pubblicato il 23 Marzo 2019 da namy0000
Tag: aspetto, bellezza, donne, dono, estetica, estetista, femminismo, giornalista, moda, modella, reinventarsi, tempo, top model, trucco Due genitori illustri, il giornalista Luigi B. e Giannalisa F., ma affettivamente distanti e inaccudenti, un’adolescenza raminga e poi, grazie al dono della bellezza, una carriera fulminante nella moda negli anni Sessanta, prima top model italiana a finire sulla copertina di Vogue. Benedetta B. ha avuto il grande merito di essersi saputa continuamente reinventare la vita, senza puntare sulla bellezza ma perseguendo valori e battaglie forti. Incurante dell’aspetto estetico, con il volto orgogliosamente solcato dalle rughe e i capelli grigi, a 75 anni continua a posare per campagne di moda. Anche per questo motivo è stata insignita del Premio Victoria, riconoscimento che viene dato da Procter & Gamble alle donne over 50 che hanno avuto il coraggio di reinventarsi e liberarsi dai diktat degli stereotipi, riscrivendo la propria vita. Come ha accolto questo premio? ‹‹Avrei preferito che andasse a tutte le donne selezionate. Al posto della competizione è più interessante che tra le donne ci sia solidarietà, o per usare un bellissimo termine, sorellanza››. Lei ha dichiarato di aver cominciato a capire la vita a 50 anni. Che cosa le è scattato dentro a quell’età? ‹‹Prima di quell’età pensi di avere tanto tempo davanti, anche per rimediare agli errori. Poi cominci a capire che il tempo è prezioso, che ogni giorno conta. Nel processo di maturazione si diventa più selettivi, rallentano i ritmi, si comincia a riflettere, a osservare i dettagli››. Come è stato tornare a posare per un fotografo? ‹‹Fare la modella è come andare a cavallo: anche se è tanto tempo che non lo fai, scopri di essere sempre capace. Io cerco di mettere in primo piano l’oggetto da mostrare, non me stessa, senza trucco, ricorrendo a un’espressione non forzata ma un po’ ironica››. Ha insegnato moda all’università. Che cosa cercava di comunicare nelle sue lezioni? ‹‹Ho insegnato al Politecnico e al Naba di Milano e a Urbino. Il mio obiettivo era far capire che la storia dell’abito è legata alle altre discipline: antropologia, sociologia, arte, economia››. Lei ha militato nel movimento femminista. Crede che abbia ancora senso oggi il femminismo? ‹‹Negli anni Settanta ho lavorato nell’Udi, Unione donne italiane, coordinavo il programma dei corsi delle 150 ore per le donne lavoratrici. Quel lavoro, per me che non avevo neppure finito le superiori, è stata la mia università. E cred che ci sia ancora bisogno di femminismo, perché migliaia di anni di silenzio non si cancellano in un lampo. Per esempio, le donne non possiedono un cognome proprio: anche quello da nubili lo ereditano dal padre, secondo una trasmissione tutta al maschile. Agli uomini viene negata la sensibilità, a un bambino che piange si dice che si comporta come una femminuccia. E così alle donne ancora troppo spesso è negata l’intelligenza››. Come ha cresciuto i suoi quattro figli? ‹‹Di sicuro, al contrario di quello che hanno fatto i miei genitori con me, li ho molto amati, li ho allattati al seno fino ai tre anni, e poi ho lasciato la casa aperta, affinché ci fossero sempre i loro amici››. Che pensa della chirurgia estetica? ‹‹Le donne rifatte mi fanno una tenerezza immensa, vorrei poterle aiutare a pensare ad altri valori. E poi è triste vedere l’angoscia delle donne, la loro insicurezza, sfruttate dai medici››. Che rapporto ha con le sue rughe? ‹‹Non ci bado, mi lavo la faccia neanche mi guardo allo specchio. Ho lasciato che la natura scrivesse sul mio volto. Il tempo ti modifica, ma chi se ne frega, nessuno vuole essere amato perché è bello ma perché è una persona››. Suo figlio Beniamino B. ha girato su di lei il documentario Storia di B. La scomparsa di mia madre. di che cosa si tratta? ‹‹Mio figlio ha sempre avuto un grande amore per me. E ho quindi accettato di farmi riprendere in questa storia, in cui una madre vorrebbe scomparire e non apparire, disprezza l’utilizzo dell’immagine. È stata l’unica pellicola italiana presentata al Sundance film festival (la rassegna di cinema indipendente che si tiene a Park City, nell’Utah, Stati Uniti, e che ha come promotore e mecenate Robert Redford, ndr). Mi sono prestata, perché se non lo avessi fatto sarebbe stato come dire che non avevo stima del suo lavoro, e quindi ho convinto la mia ritrosia. E rinunciare alle proprie prerogative per amore è tipico delle donne›› (FC n. 11 del 17 marzo 2019). |
Post n°2978 pubblicato il 23 Marzo 2019 da namy0000
Tag: biglietto, calciatori, calcio, centri sportivi, discoteca, isole, locale, orari, società, squadra, storia, tempo libero, traguardi, viaggi Ogni uomo ha la sua storia. Diversa e, per tanti aspetti, uguale a quella degli altri uomini. Sacrifici, sofferenze, speranze. Traguardi da raggiungere, delusioni, forza di volontà. C’è chi, caparbio, non si arrende e chi, invece, al primo ostacolo ha già tirato i remi in barca. C’è chi può contare sull'aiuto e il sostegno della famiglia e chi deve fare tutto da solo. Ogni uomo ha la sua storia. Anche Lorenzo Insigne. Nato e vissuto a Frattamaggiore si è unito in matrimonio a Frattaminore, il mio paese. Fin da bambino, Lorenzo, è stato affascinato dal pallone. Giocava proprio bene. La sua carriera è sotto gli occhi di tutti. Insigne è rimasto un giovane semplice e affettuoso, un ragazzo di periferia. Come tutti gli esseri umani ha i suoi pregi e i suoi difetti, ma è e rimane Lorenzo Insigne, calciatore famoso, responsabile delle proprie azioni. In questi giorni, in una retata delle forze dell’ordine, sono finite diverse persone, per lo più giovani. Sono tutti di Frattamaggiore e di Frattaminore. Due di essi sono imparentati con la moglie di Insigne: uno è suo cugino, l’altro, l’ex compagno della sorella. I due, come il resto della banda, erano dediti al traffico di droga. La droga maledetta che ha rovinato e continua a rovinare la vita di tanti ragazzi. Sconcerta sapere che per stare bene, per divertirsi, per passare una serata in allegria, tanta gente ha bisogno di assumere eroina, cocaina o altre sostanze stupefacenti. Come se la vitalità che si sprigiona da un adolescente, un ragazzo, un giovane non bastasse. Ho sempre pensato che droga, alcol, gioco d’azzardo, sesso disordinato, dicono più di quanto possiamo a prima vista immaginare. In fondo è sempre la persona a scegliere. E se, pur conoscendo le conseguenze cui va incontro, sceglie un piacere che prima o poi gli presenterà il conto da pagare, vuol dire che di quel piacere è diventato “dipendente”, cioè prigioniero. Per quel piacere è disposto a dire addio alla propria libertà. E a trascinare nel dolore coloro che gli vogliono bene. C’è da riflettere. Nessun uomo è un’isola. I cuori stanno a grappoli. La tua gioia mi dà gioia, la tua angoscia mi deprime. Bernanos: «Le colpe avvelenano l’aria». Droga, drogati, “droghieri”. Un mondo nel mondo. Un abisso cui non tutti hanno il coraggio di affacciarsi. Fino alla prossima retata. In genere a finire con le manette ai polsi sono i più piccoli, la manovalanza, le ultime ruote del carro, non quelli che hanno le mani in pasto nelle rotte nazionali e internazionali della droga. Nella retata dell’altro giorno, dicevamo, sono finiti anche Raffaele Imperatore Abate e Maurizio Darone. “Tra i coinvolti anche il cognato acquisito del giocatore del Napoli, Lorenzo Insigne” è il sottotitolo di un giornale locale. E se non bastasse, sotto la sua foto, tra, parentesi, è ripetuto, in prima pagina, che costui è il “cognato acquisito”, mentre sotto la foto di Darone si legge, sempre tra parentesi, “cugino acquisito”. Povero Lorenzo. A che servano queste sottolineature, proprio non lo so. O, forse lo so, ma mi viene difficile ammetterlo. Tirare in ballo un giocatore famoso in una storia squallida nella quale è coinvolto l’ex ragazzo della sorella della moglie, o un cugino della stessa, non aggiunge e non toglie niente alla notizia. A noi interessa sapere che le forze dell’ordine agiscono con successo sul nostro territorio. Noi, e lo diciamo senza preamboli, gioiamo quando questi nemici della società vengono arrestati, e speriamo che la punizione inferta li porti a cambiare vita. Noi rimaniamo interdetti quando li rivediamo liberi per le strade a rifare quello che facevano, dopo aver scontato una pena durata troppo poco. A noi dispiace quando la loro disonestà porta danni psicologici, morali, materiali a parenti e amici innocenti, che col lavoro, l’impegno, la caparbietà si sono fatti strada nella vita. Noi avremmo fatto volentieri a meno di sapere che tra gli arrestati ci sono un ex cognato e un cugino della moglie di Insigne. Questa gente ha un nome, un cognome, una faccia. Ai giornali bastano e avanzano per dare la notizia senza danneggiare gli altri. (Avvenire, 22 marzo 2019) |
Inviato da: Penna_Magica
il 08/02/2024 alle 11:19
Inviato da: cassetta2
il 27/12/2023 alle 17:41
Inviato da: cassetta2
il 11/09/2022 alle 12:06
Inviato da: cassetta2
il 31/08/2022 alle 18:17
Inviato da: cassetta2
il 09/05/2022 alle 07:28