Creato da namy0000 il 04/04/2010

Un mondo nuovo

Come creare un mondo nuovo

 

Messaggi di Marzo 2019

Giù le mani dai bambini

Post n°2977 pubblicato il 22 Marzo 2019 da namy0000
 

Ci ho provato tante volte ma proprio non ci riesco a immaginarti, piccolo innocente, tra le mani di un adulto che conosci, di cui ti fidi, che ami, e che intende esercitare su di te atti di violenza sessuale. Non riesco a immaginarti 'prima', non riesco a immaginarti 'dopo'. Quando nessun gioco ti diverte più, il ricordo non ti lascia tregua, la mente vaga per conto proprio. Non riesco a immaginare la fatica che dovrai affrontare per riconciliarti con la vita, per ritrovare fiducia in te stesso. Dobbiamo tutti fare uno sforzo in più. A coloro che hanno il dono della fede lo chiede Dio.

Agli uomini di buona volontà, la loro umanità. Per amore di giustizia, per amore dei bambini, per non smarrire la nostra dignità. Perché ai più forti sia strappata la possibilità di scialare a danno dei più deboli; perché tanti bambini non diventino carne da macello nelle grinfie di certi adulti, malati, viziosi, egoisti, strafottenti. Perché possiamo, finalmente, provare un senso di ribrezzo e di vergogna per i bambini violentati, stuprati, offesi, umiliati, uccisi. Tutti, non solo per quelli di casa nostra. Occorre alzare la voce per gridare al mondo il nostro 'no' deciso, totale, ai crimini della pedofilia e alla pedopornografia. Papa Francesco, gli episcopati del mondo, la Chiesa cattolica tutta hanno preso atto che per anni fratelli consacrati hanno fatto male ai bambini. È stato doloroso, sconcertante, mortificante.

Pubblicamente molti si sono vergognati, hanno chiesto perdono, hanno ammesso le responsabilità. Ma, soprattutto, la Chiesa è corsa ai ripari. E gli altri? Che cosa fanno, gli altri? Il mondo della pedofilia e ancora di più quello della pedopornografia sono difficili da indagare. Proprio perché ci sono di mezzo i bambini e, tante volte, addirittura i neonati. I pedofili sono scaltri come serpenti, si coalizzano, si camuffano, fanno rete. Mentono. Minacciano. Diversi per età, professione, stato economico, nazionalità, sono accomunati dall’interesse morboso per i bambini. Purtroppo, sovente, li troviamo nelle loro stesse case. Accade che siano gli stessi genitori a farne scempio o a cederli ai pervertiti. La cronaca di questi anni ci ha fatto conoscere storie da far accapponare la pelle. Ci siamo scandalizzati, e abbiamo fatto bene.

Guai a noi se questi scempi dovessero spingerci in quella zona grigia dell’abitudine e dell’indifferenza, dove più niente riesce a farci stare male. Noi vogliamo stare male; noi vogliamo sapere. Noi non abbiamo paura di perdere la fame, il sonno, la tranquillità. Noi vogliamo metterci la faccia. Perciò dobbiamo superare la semplice denuncia. Non possiamo più permettere che le nostre omissioni, paure, prese di posizione ideologiche facciano – pur senza volerlo – un piacere ai pedofili. Loro vogliono essere dimenticati, e per farlo intorbidano le acque. Distrazione di massa.

A noi non interessa il colore della pelle dei bambini stuprati, non ci interessa sapere se il turismo sessuale nei Paesi poveri sia fatto da pedofili veri o da gente in cerca di nuove emozioni. Noi pretendiamo leggi severe e pene certe per chi sbaglia, ma anche soluzioni concrete per chi chiede di essere aiutato. Riconosciamo di essere ignoranti in materia. Tante cose le sappiamo solo per sentito dire. È giunto il tempo di impegnarci di più e meglio… Con parresìa, voglia di combattere e tanta umiltà. Per amore dei bambini. Perché nessun piccolo abbia più a soffrire per soddisfare gli insopportabili piaceri di certi adulti. E perché nessun adulto si nasconda più dietro i paraventi costruiti da professione, vocazione, parentela, patologia, per allungare le mani sui bambini…(Avvenire, 21 marzo 2019)

 
 
 

Il coraggio di cambiare

Post n°2976 pubblicato il 20 Marzo 2019 da namy0000
 

È vero che molti di noi impegnati nel recupero dei ragazzi con problemi ci siamo resi disponibili ad aiutarli ma, soprattutto, a cercare di capirli per poi, si spera, trovare vie alternative di uscita. Ma l’iniziativa “Fuori bosco”, un forum del Corriere della Sera che il 5 marzo scorso ha riunito alla Stazione di Milano-Rogoredo istituzioni, esperti e associazioni, ha offerto un’ulteriore occasione per convincerci che l’emergenza droga non solo non è spenta, ma sta assumendo aspetti molto più preoccupanti di decenni fa.

Una massa di giovanissimi “tranquillamente” (fregandosene di tutti, anche di me che avevo fatto un salto nel bosco, per incontrarli) riempie imperterrita il parco di Rogoredo ed esce con la “spesa”. Qualcuno l’abbiamo convinto, forse ridirottato a scuola e al lavoro. Anche in Exodus è venuto qualcuno, ma è durato poco.

Mi faccio due domande: la prima, forse la più facile, riguarda il migliaio di ragazzi salvati, meglio, più che salvati, convinti a uscire: ce la faranno? La seconda, che credo si facciano altri nostri colleghi, riguarda i metodi: quali nuove modalità sarà possibile mettere in atto affinché le fatiche di tutti, e i tempi di recupero, divengano tempi forti, nuovi, attraenti e costanti? Questa folla che compare, scompare, si muove in pochi secondi, è totalmente diversa da quella degli anni passati, da quella dei sottopassi e da quella che noi educatori abbiamo conosciuto e aiutato.

Mi meraviglia positivamente l’impegno che l’intera città di Milano, la stampa, le forze dell’ordine, le comunità di recupero stanno dimostrando.

Ho chiamato a raccolta tutti i miei responsabili, proprio a seguito dei fatti e confrontandoci abbiamo capito che quanto andava bene ieri non è ripetibile. Stiamo mettendo in piedi laboratori di arte, di musica, di agricoltura e abbiamo ripreso “carovane” molto impegnative (3 mesi, 4.000 chilometri in mountain bike, notti tra le cime eccetera) perché ragazzi adolescenti, senza sponde genitoriali e amicali, non è possibile chiuderli in una comunità o metterli subito “a regime”.

Vedremo se qualcosa nascerà e se avremo noi educatori, per primi, il coraggio di cambiare e, nonostante tutto, di sperare (Antonio Mazzi, FC n. 11 del 17 marzo 2019).

 
 
 

Una domenica

Post n°2975 pubblicato il 20 Marzo 2019 da namy0000
 

Una domenica, assistendo all’omelia di un giovane prete di passaggio, ho avvertito più volte l’impulso di uscire di chiesa, ho cercato di reprimerlo, ma alla fine me ne sono andata veramente…

Se ripenso ai pensieri espressi in quell’omelia, mi sento ancora ribollire il sangue nelle vene. Come è possibile asserire che tutti i musulmani, senza eccezione, sono delinquenti e terroristi, che i buddisti sono persone deplorevoli e che nemmeno Gandhi è degno di essere ricordato.

Ho sempre saputo che il cristianesimo si basa sull’amore verso il prossimo, sull’accoglienza e il rispetto degli altri, non sulla cultura dell’odio nei confronti del diverso o di chi non la pensa come noi. Papa Francesco ha incontrato e dialogato con i più importanti rappresentanti delle religioni monoteiste con l’intento di far cessare lo scontro tra civiltà e religioni diverse. Possibile che quel sacerdote non se ne ricordi?

Satana, Satana e poi ancora Satana; quante volte l’ho sentito nominare in quell’omelia! Satana è in questo, Satana è in quello…

Non un accenno sulla misericordia e sul perdono di Dio, solo e soltanto un continuo insistere sui tremendi e inesorabili castighi che ci aspettano.

Perché tanto astio da parte di un ministro di Dio? Una persona che dovrebbe incoraggiare e non deprimere i fedeli, che dovrebbe incitare, ma anche infondere speranza e non inculcare paura e terrore. Forse quel prete ha voluto provocarci, scuotere le nostre coscienze offuscate spesso da una fede pallida, poco vissuta? Perché, però, sparare a zero contro tutti, perfino contro persone che hanno ottenuto il premio Nobel per la pace?

Più ci penso e più quel sacerdote mi è sembrato un uomo che ha voluto riversare su di noi la sua frustrazione e noi, noi fedeli avremmo dovuto restarcene tutti fermi nei banchi per santificare fino in fondo il giorno di festa e, nello stesso tempo cercare di capire quel prete mai visto prima e ch difficilmente scorderemo… - Floriana

Cara Floriana, sono rimasto colpito e sconcertato dal tuo racconto. Tanto più considerando che si trattava di un prete giovane. Stando a quanto dici, noto un’arroganza incredibile nelle sue parole, oltre a un incitamento all’odio indegno di un ministro di Dio…

La tua lettera mi ha fatto anche riflettere sull’omelia. Ho pensato a quanta sopportazione noi preti costringiamo talvolta i fedeli. E mi sono riletto la parte del terzo capitolo dell’Evangelii gaudium dedicata proprio all’omelia. Papa Francesco ricorda che: ‹‹molti sono i reclami in relazione a questo importante ministero››. I fedeli e gli stessi ministri ordinati ‹‹molte volte soffrono, gli uni ad ascoltare e gli altri a predicare. È triste che sia così››. Eppure, spiega subito dopo, ‹‹l’omelia può essere realmente un’intensa e felice esperienza dello Spirito, un confortante incontro con la Parola, una fonte costante di rinnovamento e di crescita››…

Come fare una buona omelia secondo papa Francesco. Egli insiste molto sulla preparazione, ma poi usa una bellissima immagine per spiegare come si deve predicare: ‹‹La Chiesa è madre e predica al popolo come una madre che parla a suo figlio, sapendo che il figlio ha fiducia che tutto quanto gli viene insegnato sarà per il suo bene perché sa di essere amato››. Anche la lingua deve essere quella materna, perché così il cuore si dispone ad ascoltare meglio. E ‹‹questa lingua è una tonalità che trasmette coraggio, respiro, forza, impulso››. Questo ambito materno-ecclesiale, continua il papa, ‹‹si deve favorire e coltivare mediante la vicinanza cordiale del predicatore, il calore del suo tono di voce, la mansuetudine dello stile delle sue frasi, la gioia dei suoi gesti››. E conclude con una bellissima espressione: ‹‹Anche nei casi in cui l’omelia risulti un po’ noiosa, se si percepisce questo spirito materno-ecclesiale, sarà sempre feconda, come i noiosi consigli di una madre danno frutto con il tempo nel cuore dei figli››.

Il secondo accenno riguarda l’ardore del cuore, che deve nascere dall’omelia. ‹‹La predicazione puramente moralista o indottrinante, e anche quella che si trasforma in una lezione di esegesi, riducono questa comunicazione tra i cuori che si dà nell’omelia››. Non si tratta, allora, di comunicare verità astratte o freddi sillogismi, ma la bellezza ‹‹traboccante delle meraviglie di Dio››.

Come raggiungere questo obiettivo? Con un linguaggio positivo, che ‹‹non dice tanto quello che non si deve fare ma piuttosto propone quello che possiamo fare meglio. In ogni caso, se indica qualcosa di negativo, cerca sempre di mostrare anche un valore positivo che attragga››. Infine, conclude il Papa, ‹‹una predicazione positiva offre sempre speranza, orienta verso il futuro, non ci lascia prigionieri della negatività›› (Lettera pubblicata da FC n. 11 del 17 marzo 2019).Una domenica

 
 
 

La barriera

Post n°2974 pubblicato il 19 Marzo 2019 da namy0000
 

“L’oggetto d’amore e il nemico hanno qualcosa in comune. Meno ne sappiamo, più è facile proiettare su di loro tutte le nostre fantasie.

Io credo fermamente che si debba parlare con tutti. Questo non vuol dire che il nemico non esista, non sono così ingenuo, ma parlare con chiunque significa imparare qualcosa e renderti conto che le tu fantasie spesso non sono molto precise. Più ti avvicini al mostro, più vedi che il mostro somiglia moltissimo a te…..

Dopo il cimitero, andiamo in un ristorante a Gerusalemme dove lei paga il conto, contro la mia volontà, e io capisco che la vera barriera tra noi non sono le sue opinioni politiche. Sì, penso ancora che gli insediamenti siano un ostacolo alla pace, ma ci sono molti altri ostacoli. Secondo me gli insediamenti sono ingiusti, ma probabilmente dobbiamo affrontare una moltitudine di ingiustizie ancora più urgenti in questo mondo.

La barriera che ci divide è più sostanziale e va oltre la religione. Per me, il mondo e l’umanità sono fondamentalmente rotti, e non c’è modo di superare questa rottura, non esiste una vera guarigione, non ci sarà un futuro con un mondo intero e non rotto, non esiste una soluzione messianica, né per la politica né per la vita religiosa. Per me, l’accettazione di questa rottura, della tragedia e dell’incertezza, è fondamentalmente ironica: sai di camminare sulle sabbie mobili, e riconoscendo l’imperfezione di tutti i tentativi di dare un senso alla vita, accetti che i tuoi stessi tentativi possano essere sbagliati o infruttuosi. La commedia umana non è solo sanguinosa ma anche ironica, e riconoscendo il buffone in te stesso non provi più disprezzo per il comportamento buffonesco degli altri. E riesci a vivere con questa rottura, riesci perfino a viverci bene…

Il cliché umanitario che si debba amare il genere umano è abbastanza screditato. Ma come puoi avere a cuore le persone intorno a te se ti rifiuti di avere a cuore gli individui che non appartengono alla tua tribù, al tuo gruppo, al tuo stato, come puoi tenerci se credi che il mostro sia sempre l’altro, come puoi tenerci se non capisci che il nemico vive anche dentro di te? Se accetti il concetto di noi contro loro, della guerra perpetua, non hai a cuore le persone e basta”. (Arnon Grunberg, scrittore olandese, A settler sister on the West Bank, Internazionale, n. 1297 del 8 marzo 2019)

 
 
 

L'oggetto d'amore

Post n°2973 pubblicato il 18 Marzo 2019 da namy0000
 

“L’oggetto d’amore e il nemico hanno qualcosa in comune. Meno ne sappiamo, più è facile proiettare su di loro tutte le nostre fantasie.

Io credo fermamente che si debba parlare con tutti. Questo non vuol dire che il nemico non esista, non sono così ingenuo, ma parlare con chiunque significa imparare qualcosa e renderti conto che le tue fantasie spesso non sono molto precise. Più ti avvicini al mostro, più vedi che il mostro somiglia moltissimo a te”. (Internazionale, n. 1297 del 8 marzo 2019)

 
 
 

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