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Un mondo nuovo

Come creare un mondo nuovo

 

Messaggi del 24/01/2021

65 anni insieme

FC n. 4 del 24 gennaio 2021

HO VISSUTO 65 ANNI INSIEME CON UNA DONNA MERAVIGLIOSA

Vorrei condividere una mia dolorosa, recente esperienza. Ho vissuto 65 anni con una donna meravigliosa. Avevo sempre pregato il Signore di farmi morire prima di lei, forse per sottrarmi all’immenso dolore che sarebbe conseguito se le cose fossero andate diversamente. Vivevamo con lei all’unisono, d’amore e d’accordo. Ma le cose non sono andate come io desideravo e il mese scorso lei è tornata alla casa del Padre, lasciandomi su questa terra. Ovviamente il dolore è stato immenso, proporzionale al nostro amore. Io ho avuto un moto di ira contro Dio che me l’aveva tolta, togliendomi così la cosa più bella della vita. Poi ho riflettuto: era la malattia insieme con l’età avanzata a portarsela via, e non potevo attribuire a Dio direttamente il triste evento. Ho capito di aver peccato contro Dio e mi sono confessato. Il sacerdote è stato comprensivo e ha attribuito il mio peccato al particolare stato emotivo che stavo vivendo. Ora mi sento rasserenato e preferisco non pensare al vuoto della mia vita, ma ai tanti begli anni vissuti insieme. – Camillo B. - Genova

 
 
 

La prima ad arrivare e l'ultima ad andare a casa

Testimonianza di vita ai tempi del Coronavirus nell’Istituto don Carlo Gnocchi di Milano

Tutto è iniziato la mattina del 10 marzo 2020. Qualche avvisaglia vi era stata nei giorni precedenti, in quanto lo spostamento da una camera all’altra di alcuni nostri ragazzi non era passato inosservato. Nemmeno a uno “distratto” come me.  Quella mattina, intorno alle 11, piombano in reparto dottori, infermieri, ambulanza, personale sanitario, tutto bardato con camici, guanti, mascherine. Sembrava di essere sul set di Grey’s Anatomy. Ma era tutto vero. Un nostro ragazzo veniva trasportato in ospedale perché positivo al virus. Da giorni in Italia sentivamo parlare del Coronavirus con le notizie dalla Cina. Ma forse mai avremmo immaginato che questo “male” improvviso ci invadesse così rapidamente da lasciare l’Italia e noi impreparati. Forse anche la Fondazione Don Gnocchi, seppur all’avanguardia, è stata colta di sorpresa e un po’ impreparata.

Ho visto subito l’impegno di tutti i vertici del centro Santa Maria Nascente, ogni giorno, in ogni momento. Non ci hanno mai lasciato soli. Momenti di confronto e aggiornamento quasi quotidiani. Attenzione e cura della nostra persona con tutte le accortezze necessarie. Grazie al loro fondamentale apporto e alla serenità che ci hanno trasmesso, sono rimasto in “campo” per tutto questo periodo, offrendo la mia disponibilità a coprire turni o fare ore in più vista la cospicua assenza dei miei colleghi colpiti dal virus. In 32 anni di servizio, mai avevo vissuto una situazione simile che da tragica si è trasformata, per me in un’esperienza che mi ha completamente trasformato, nonostante la mia non più giovane età.

Ho vissuto due mesi “incredibili” con l’entusiasmo di un ragazzino. Incredibili non per le difficoltà, ma per il clima che si è creato tra noi vecchi e nuovi operatori. Abbiamo accolto colleghi provenienti da altre sedi o assunti per l’emergenza e li abbiamo fatti sentire a casa, da subito. Non c’era il tempo di “insegnare” il mestiere! Subito in “trincea” ad aiutarli a conoscere i nostri ragazzi e le loro esigenze in fretta, senza perdere tempo. Ne è nata una sintonia straordinaria vissuta con “gioia” in alcuni momenti. La fatica dei doppi turni, della poca conoscenza di luoghi nuovi e persone non ha frenato la voglia di conoscersi e vivere insieme questo momento. Condividere pranzi o cene, dormire nella stessa stanza perché non c’era il tempo di rientrare a casa tra un turno e l’altro, fare due chiacchiere sulle proprie esperienze, raccontarsi o semplicemente conoscersi e, quando serviva, farsi forza a vicenda è stato davvero gratificante.

Un’esperienza “incredibile” anche quella con i colleghi di sempre. In questo periodo, anche tra noi “vecchi”, si è passati dal semplice e scontato “ciao” a instaurare un rapporto di affetto e amicizia. Cogliere, anche da più giovane o dall’ultimo arrivato, insegnamenti e complicità emotive è davvero “tanta roba”. Forse non ce ne siamo accorti, ma abbiamo creato una “famiglia”, esattamente ciò di cui i nostri ragazzi avevano bisogno. Giorni e giorni chiusi in camera senza poter “vivere” la loro quotidianità è stato ed è per loro un grande sacrificio, unito al dolore per un compagno di vita che se n’è andato. Ma noi eravamo lì in trincea a combattere questa battaglia e vincerla. Non li abbiamo lasciati soli. Noi tutti, indipendentemente dal ruolo ricoperto. Ciascuno secondo le proprie competenze.

Appunto, competenze. Non puoi superare questi drammatici momenti o questa esperienza se non c’è qualcuno che ti guida, ti sprona, ti incoraggia, si preoccupa di te. Qualcuno (o meglio qualcuna nel nostro caso) che in questa situazione di piena emergenza è stata capace di mettere in gioco tutta la sua umanità e competenza: la prima ad arrivare e l’ultima ad andare a casa, o meglio, a riposare nelle stanze messe a disposizione dalla Fondazione ogni giorno, sino allo svenimento. Merita davvero un grazie.

Questa esperienza “incredibile” mi ha cambiato dentro. È cresciuta la fiducia e l’autostima. Sono tornato indietro con il tempo, al 1988, quando 24enne ho iniziato il mio cammino professionale in Fondazione. Un ragazzino pieno di entusiasmo che, con l’avanzare dell’età, ho un po’ perso per strada. Oggi ho ritrovato e riscoperto quell’entusiasmo. Ed è incredibile quanto un’esperienza come questa, dove la paura di un possibile contagio ti toglie serenità e certezze, in me ha risvegliato tutto ciò che davo ormai per scontato: la sensibilità nel nostro lavoro quotidiano al servizio dei ragazzi affidati alle tue cure; il coraggio e la capacità di adeguarsi a una situazione difficile dei nostri ragazzi. Sono degli eroi e il loro esempio è un ricordo e un insegnamento di vita che non dimenticherò.

In questi mesi ho imparato come, a volte, sia sufficiente cogliere lo sguardo di chi ti sta accanto condividendo un percorso non solo lavorativo, ma anche di amicizia; come a volte è sufficiente incrociare lo sguardo di un tuo ragazzo/a che, seppur senza voce, è lì a dirti tutto il suo grazie perché sei lì con lui, non lo hai lasciato solo. Il momento di emergenza che abbiamo vissuto ha cambiato i nostri rapporti, il modo di lavorare. Ogni giorno sto più “attento”, non solo alle misure sanitarie, ma a quello che c’è, ai nostri ragazzi, alle loro domande e al loro bisogno, innanzitutto di conforto. Questo maledetto Coronavirus avrei potuto e potrei ancora prenderlo in qualsiasi luogo e momento. Ma chi è rinchiuso da settimane in una camera ha bisogno anche di me. Oggi più di ieri. – Antonio Spinelli, Operatore socio sanitario fondazione don Carlo Gnocchi – Santa Maria Nascente – Milano (FC n. 4 del 24 gennaio 2021)

 
 
 

Cara Costituzione

2021, Avvenire 21 gennaio

Bologna. Il cardinale Zuppi scrive alla Costituzione: aiutaci a scegliere la direzione

 

Cara Costituzione, Sento proprio il bisogno di scriverti una lettera, anzitutto per ringraziarti di quello che rappresenti da tanto tempo per tutti noi. Hai quasi 75 anni, ma li porti benissimo! Ti voglio chiedere aiuto, perché siamo in un momento difficile e quando l’Italia, la nostra patria, ha problemi, sento che abbiamo bisogno di te per ricordare da dove veniamo e per scegliere da che parte andare. E poi che cosa ci serve litigare quando si deve costruire? Come cristiano la luce della mia vita è Dio, che si è manifestato in Gesù. E’ una luce bellissima perché luce di un amore, esigente e umanissimo, che mi aiuta a vedere la storia dove Dio, che è amore, si manifesta. Mi insegna ad amare ogni persona, perché ognuno è importante. Mi chiede di farlo senza interessi perché l’unico interesse dell’amore è l’amore stesso, quindi gratuitamente, senza convenienze personali, in maniera universale. Fratelli tutti! E questo, in un mondo che si è fatto piccolo e con tanti cuori troppo ristretti perché pieni di paura e soli. Penso ci sia bisogno di questa luce, anche nelle Istituzioni, perché dona speranza, rende largo e umano il cuore, insegna a guardare al bene di tutti perché così ciascuno trova anche il suo. Stiamo vivendo un periodo difficile. Dopo tanti mesi siamo ancora nella tempesta del COVID. Qualcuno non ne può più. Molti non ci sono più. All’inizio tanti pensavano non fosse niente, altri erano sicuri che si risolvesse subito tanto da continuare come se il virus non esistesse, altri credevano che dopo un breve sforzo sarebbe finito, senza perseveranza e impegno costante. Quanta sofferenza, visibile e quanta nascosta nel profondo dell’animo delle persone! Quanti non abbiamo potuto salutare nel loro ultimo viaggio! Che ferita non averlo potuto fare! Sai, molti di quelli che ci hanno lasciato sono proprio quelli che hanno votato per i tuoi padri. Anche per loro ti chiedo di aiutarci. Quando penso a come ti hanno voluta, mi commuovo, perché i padri costituenti sono stati proprio bravi! Erano diversissimi, avversari, con idee molto distanti eppure si misero d’accordo su quello che conta e su cui tutti - tutti - volevano costruire il nostro Paese. Vorrei che anche noi facessimo così, a cominciare da quelli che sono dove tu sei nata. C’era tanta sofferenza: c’era stata la guerra, la lotta contro il nazismo e il fascismo e si era combattuta una vera e propria guerra fratricida. Certo. Non c’è paragone tra come era ridotta l’Italia allora e come è oggi! Tutto era distrutto, molte erano le divisioni e le ferite. Eppure c’era tanta speranza. Adesso ce n’è di meno, qualche volta penso – e non sai quanto mi dispiace! – davvero poca. Non si può vivere senza speranza! Quando sei nata c’erano tanti bambini e ragazzi, quelli che ora sono i nostri genitori e nonni. Vorrei che ci regalassi tanta speranza e tanti figli, tutti figli nostri anche quelli di chi viene da lontano, perché se abbiamo figli possiamo sperare, altrimenti ci ritroviamo contenti solo nel mantenere avidamente quello che abbiamo, e questo proprio non basta e in realtà non ci fa nemmeno stare bene. Cara Costituzione, tu ci ricordi che non è possibile star bene da soli perché possiamo star bene solo assieme. Tu ci ricordi che dobbiamo imparare che c’è un limite nell’esercizio del potere e che i diritti sono sempre collegati a delle responsabilità collettive: non va bene che la persona - che tu ritieni così importante, che tu difendi e di cui vuoi il riscatto da ogni umiliazione - si pensi in maniera isolata e autosufficiente. I diritti impongono dei doveri. Ognuno è da te chiamato a pensarsi, progettarsi e immaginarsi sempre insieme agli altri. Tu, infatti, chiedi a tutti di mettere le proprie capacità a servizio della fraternità, perché la società come tu la pensi non è un insieme di isole, ma una comunità tra persone, tra le nazioni e tra i popoli. Fondamentale l’art. 2 in cui parli dei diritti inalienabili dell’uomo, di ogni uomo non solo dei cittadini e dei doveri inderogabili di solidarietà. Ci ricordi (art. 4) il dovere, per ogni cittadino, di impegnarsi in attività che contribuiscano al progresso sociale e civile. Si tratta di due dei “principi fondamentali”, che fanno parte del volto e dell’anima della Repubblica. Per te la libertà (e tu sapevi bene cosa significava non averla e combatti contro ogni totalitarismo, non solo ideologico, ma anche economico, militare o giudiziale) non è mai solo libertà da qualcosa ma per qualcosa. Nell’art. 4 affermi infatti che “ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta (quindi in piena libertà di risposta alla propria vocazione), una attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”, trasformando così tutte le “libertà da” - elencate soprattutto, ma non solo, dall’art. 13 all’art. 25 - “in libertà per”. Certo, purtroppo per questo la fratellanza è rimasta spesso indietro, perché senza essere liberi per qualcosa e per gli altri abbiamo finito per costruire una libertà distorta, che tradisce la vera uguaglianza. Tu ci dici che siamo uguali (art. 3), ma non è una enunciazione vaga, perché ci dici anche che uno dei compiti primari dello Stato è rimuovere gli ostacoli nella vita delle persone e del loro sviluppo esistenziale e civile (artt. da 35 a 38 e poi 41 e 42). In sostanza ci dai il fondamento di una società basata su una vera fratellanza ed eguaglianza e non solo una fredda e impersonale imparzialità. Cara Costituzione, abbiamo tanto bisogno di serietà e i tuoi padri ce lo ricordano. Spero proprio che noi tutti - a partire dai politici - sappiamo far tesoro di quello che impariamo dalle nostre sofferenze, cercando quanto ci unisce e mettendo da parte gli interessi di parte, scusa il gioco di parole. Abbiamo bisogno di vero “amore politico”! Tu ci rammenti che non possiamo derogare dai doveri della solidarietà (art.2) che sono intrecciati con i diritti. Questi esistono e si sviluppano (insieme alla personalità) nei gruppi sociali intermedi tra l’individuo e lo Stato: la famiglia, prima di tutto, ma anche le associazioni e i gruppi sociali, religiosi, ecc. Per te l’unità prevale davvero sul conflitto (artt. 10 e 11). La stessa salute va curata - altro che vivere come viene: siamo davvero responsabili gli uni degli altri! (art. 32) - perché la salute non è solo un fondamentale diritto dell’individuo, ma interesse dell’intera collettività. Questo non vale solamente per difenderci meglio dai contagi o per gestire in maniera più efficiente il sistema sanitario, ma perché l’attenzione alla salute di tutti e di ciascuno è uno dei presupposti basilari di una vera cittadinanza attiva. Insomma: star bene anche per potersi impegnare per gli altri e quindi per tutti. Anche per questo (art. 35) la Repubblica “cura” (che bel verbo, invece di “tutela” o “garantisce”) non solo la formazione, ma anche “l’elevazione” professionale dei lavoratori. Questo significa dare una visione umanizzante del lavoro e del contributo che ci si aspetta dai lavoratori. Tu dici una cosa bellissima: (art. 36) il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro; e aggiungi che questa retribuzione deve essere “in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Per te il lavoro è collegato allo sviluppo umano. Io vorrei che dopo la crisi della pandemia si smettesse di praticare il precariato, il caporalato e il lavoro nero, e che ci potessimo impegnare nel mettere in regola i lavoratori, dando continuità e stabilità alla vita delle persone. Certo a qualcuno conviene avere la possibilità di non “sistemare” i lavoratori, ma come si fa a vivere e a progettare la vita senza sicurezze e senza sufficienti garanzie di futuro? Come non pensare anche a tutti coloro che sono in seria difficoltà e rischiano di perdere il lavoro in questo tempo di pandemia e in quello del dopo pandemia, quando emergeranno anche i problemi adesso sommersi! Ecco, per questo abbiamo bisogno di lavoro, di chi lo crea, non specula e di garantire equità e opportunità a tutti. Non c’è dignità della vita senza lavoro. Spero che tu ci possa aiutare a non aspettare sempre qualche bonus e a smettere di speculare. Cara Costituzione, incoraggiaci a costruire, ad essere imprenditori che rischiano per sé e per gli altri mettendo in gioco tutta la nostra capacità e dedizione, sapendo che si tratta del futuro delle persone. Insieme, imprenditori e lavoratori. Tu (art. 41) garantisci la libertà dell’iniziativa economica, ma dicendoci che tale iniziativa “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana” e aggiungi che la legge deve preoccuparsi affinché “l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”. Papa Francesco ce lo ha ricordato più volte parlando della proprietà privata. Qualcuno si è spaventato, tradendo un pregiudizio oppure manifestando di volere per sé quello che, invece, deve servire per il bene di tutti, perché solo così si giustifica e si conserva. Tu (art. 42) stabilisci che “la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”. Insomma, siamo per davvero sulla stessa barca! Facciamo ancora tanta fatica a capirlo, ma è proprio così! Per questo aggiungi (art. 45) che lavorare insieme è importante riconoscendo la “funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità”. Quanto è utile che tu ci ricordi che solo insieme ne veniamo fuori, che chi resta indietro non lo possiamo abbandonare e che siamo chiamati come cittadini responsabili a lavorare per dare a tutti delle opportunità concrete. L’ascensore sociale non può restare guasto, perché altrimenti quelli che si trovano più in basso non riescono a rialzarsi, in quanto sono senza possibilità reali di riscatto e progresso. E così non solo non è giusto, ma ci depriva di ogni vero futuro! Per questo ci ricordi quanto è importante riunirsi, parlare, discutere, confrontarsi. Tu ci garantisci (art. 18) il “diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione…”, questo lo sottolinei non solo perché nessuno lo limiti ma perché è importante custodire ed incoraggiare la vita sociale e comunitaria. Hai voluto garantire espressamente un diritto fondamentale per la formazione della personalità (non era di per sé necessario, perché rientrava comunque nelle libertà già in altre norme genericamente riconosciute, ma tu hai voluto sottolinearlo con forza e decisione). Ma ci ricordi che la casa comune significa diritti e doveri e che è importante partecipare tutti. A te i furbi, furbetti, di vario genere proprio non vanno giù! Adesso che abbiamo tanti problemi come si fa a essere furbi, speculare per sé invece di aiutarsi (art. 53)? Perché poi ci rimettono i più deboli, quelli che non ce la fanno, i poveri, vecchi e nuovi. “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”. Insomma, bisogna pagare le tasse e perché nessuno si lamenti che non serve, anzi, rubi (in tanti modi perché non pagarle significa togliere agli altri!) hai chiesto (art. 54) a tutti i cittadini il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. E anche che “i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge”. Oggi direi con correttezza esemplare, anche perché ne va della fiducia degli altri nella cosa di tutti! Ecco come si fa a vivere bene assieme. Come in famiglia. “Infatti, la nostra società vince quando ogni persona, ogni gruppo sociale, si sente veramente a casa. In una famiglia, i genitori, i nonni, i bambini sono di casa; nessuno è escluso. Se uno ha una difficoltà, anche grave, anche quando ‘se l’è cercata’, gli altri vengono in suo aiuto, lo sostengono; il suo dolore è di tutti. […] Nelle famiglie, tutti contribuiscono al progetto comune, tutti lavorano per il bene comune, ma senza annullare l’individuo; al contrario, lo sostengono, lo promuovono. Litigano, ma c’è qualcosa che non si smuove: quel legame familiare. I litigi di famiglia dopo sono riconciliazioni. Le gioie e i dolori di ciascuno sono fatti propri da tutti. Questo sì è essere famiglia! Se potessimo riuscire a vedere l’avversario politico o il vicino di casa con gli stessi occhi con cui vediamo i bambini, le mogli, i mariti, i padri e le madri. Che bello sarebbe!” (FT 230). È solo pensando alla famiglia e all’intera famiglia umana che ci può essere la pace (FT 141). “La vera qualità dei diversi Paesi del mondo si misura da questa capacità di pensare non solo come Paese, ma anche come famiglia umana, e questo si dimostra specialmente nei periodi critici”. La pandemia ci ha coinvolto tutti, in tutto il mondo. Quanto vorrei che crescesse il sogno di ricercare il bene di tutti nella stanza del mondo dove viviamo assieme e dove possiamo riconoscerci “Fratelli tutti”. A proposito. La famiglia (art. 29) è riconosciuta come “società naturale”, perché volevi sottolineare che la famiglia è una realtà umana precedente lo Stato e in qualche modo realtà autonoma da questo, perciò usi il bellissimo termine “riconosciuta”. Parola che utilizzi poche volte e sempre per diritti o realtà la cui esistenza è appunto “riconosciuta” e non originata dallo Stato, come per i diritti inalienabili dell’uomo (art. 2) in cui ci ricordi che l’educazione, la casa e il lavoro sono indispensabili per vivere. In questo quadro ci inviti anche ad essere accoglienti e ospitali. Nella nostra storia ci hanno accolto e ora noi non accogliamo? Forse dobbiamo ricordarci che dobbiamo agevolare “con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi” e sottolinei che bisogna avere particolare riguardo alle famiglie numerose (art. 31). Non dobbiamo finalmente mettere in pratica questa tua indicazione di proteggere “la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”? E’ così sconfortante non vedere bambini e senza bambini c’è meno speranza e cresce la paura. Cosa ci richiede proteggere la maternità? Un’ultima preoccupazione. Tu ricordi che la pace va difesa ad ogni costo (art. 11). Tu sei nata dopo la guerra. Avevi nel cuore l’Europa unita perché avevi visto la tragedia della divisione. Senza questa eredità rischiamo di rendere di nuovo i confini dei muri e motivo di inimicizia, mentre sono ponti, unione con l’altro Paese. Solo insieme abbiamo futuro! Abbiamo tanto da fare in un mondo che è bagnato dal sangue nei tanti pezzi della guerra mondiale! E se, come affermi solennemente, ripudiamo la guerra, dobbiamo cercare di trasformare le armi in progetti di pace, come Papa Francesco - grande sognatore e realista come te - ha chiesto. “Con il denaro che si impiega nelle armi e in altre spese militari costituiamo un Fondo mondiale per eliminare finalmente la fame e per lo sviluppo dei Paesi più poveri, così che i loro abitanti non ricorrano a soluzioni violente o ingannevoli e non siano costretti ad abbandonare i loro Paesi per cercare una vita più dignitosa” (FT 262). Ripudiare la guerra vuol dire costruire la pace praticando il dialogo per arrivare ad abolire la guerra! La pace e la stabilità internazionali non possono essere fondate su un falso senso di sicurezza, sulla minaccia di una distruzione reciproca o di totale annientamento. “L’obiettivo finale dell’eliminazione totale delle armi nucleari diventa sia una sfida sia un imperativo morale e umanitario”, scrive Papa Francesco senza mezzi termini. Grazie. Cara Costituzione, ascoltando te già sto meglio perché mi trasmetti tanta fiducia e tanta serietà per la nostra casa comune. Se ce ne è poca anch’io devo fare la mia parte! Proprio come tu vuoi. + Matteo

 
 
 

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