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Sonnambulismo ingrato

Post n°330 pubblicato il 16 Ottobre 2013 da viburnorosso
 

 

La sera, per conciliare il sonno, bisognerebbe dedicarsi ad attività che non eccitino l’intelletto e non stimolino l’attenzione, ma predispongano al tepore accogliente del letto.
Per esempio va benissimo un bagno caldo, una tisana alla camomilla, o la visione distratta dal divano di casa di un documentario sulla foca monaca del Mediterraneo, plaid sulle spalle e gatto sulle ginocchia.

Sicuramente meno indicato è invece passare le ultime ore della giornata a inserire e classificare dati in un foglio excel, ché poi si rischiano sogni numerici  e multifattoriali.
Sempre poi che non si venga assaliti dal risveglio notturno, condanna di ogni insonne professionista, in grado di trasformare il dolce talamo in un letto di spine.

Stanotte il risveglio per esempio aveva le sembianze ingombranti di un bambino coi ricci in testa e l’aria spaventata, che implorava asilo nel lettone.  
Non mi sono messa ad indagare i  motivi della richiesta, ho ricacciato le obiezioni logiche sotto le coperte e ho fatto spazio al supplice, riprendendo rapidamente a riordinare ragionamenti onirici prima in base alla colonna B e poi a quella C, ovviamente dopo aver spuntato la casellina “dati con intestazioni”.

L’ho fregato, ho pensato rivolta al risveglio.
Ma non avevo fatto i conti con l’attività motoria notturna del mio ospite.
Dovete sapere che il Gufetto sul letto non si limita a dormirci, lui il letto lo cavalca come una brughiera, lo scala come una parete rocciosa, ci nuovta dentro stile delfino. Per poi cercare riposo alle sue fatiche addosso alla sottoscritta, gomito dentro un occhio, ginocchio contro la scapola.

A questo si aggiunge la sua avversione per coperte, lenzuola, piumino, e qualunque oggetto possa garantire durante il riposo notturno la conservazione della temperatura corporea. La sua antipatia è così radicata, che deve ogni volta darmi dimostrazione pratica dei vantaggi dell’ipotermia notturna!

Dormire in queste condizioni è un’impresa disperata, e infatti ho passato buona parte della notte sveglia, come testimoniava la lancetta dell’orologio, prima sulle quattro, poi sulle cinque e poi sulle cinque e mezza. Ho saltato quella delle sei perché ad un certo punto credo di essermi appisolata.
Durante l’unica breve mezzora di incoscienza della mia nottata ho sognato che volavo a bordo di un aereo di linea,  ad una fermata saliva un tizio che reclamava il suo posto, costringendomi ad alzarmi. Io mi lamentavo della folla dell’ora di punta e allora uno steward gentile con la divisa della RyanAir mi faceva segno di seguirlo e mi portava su un aereo semivuoto, che atterrava dopo pochi istanti di volo come un ascensore. Io mi compiacevo col pilota per la sua abilità di guida.
Fine del sogno, lancetta sulle sei e quarantacinque.
Del resto sognarsi la compassione del personale della compagnia aerea irlandese è un evidente segno di profondo disagio onirico.

L’unico pensiero consolante, guardando quell’angioletto ricciuto che mi dormiva accanto, è stato che almeno avevo sacrificato le mie ore di sonno per una giusta causa, ché tutti ricordiamo quanto possano essere stati angoscianti certi incubi notturni della nostra infanzia.

Allora l’ho chiamato teneramente per risvegliarlo, affinché il passaggio dal sonno alla veglia fosse graduale e non traumatico.
Lui ha aperto gli occhi incispati, si è guardato attorno perplesso, e poi ha esclamato:

“Ma perché mi hai portato nel tuo letto? Lo sai che dormo molto più comodo nel mio!”

 

 
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