Messaggi del 22/06/2015
Post n°1928 pubblicato il 22 Giugno 2015 da anonimo.sabino
Fu proprio in quel crogiuolo che nel cardellino della Madonna si ridestò il lupo affamato di verità e di giustizia. Cominciai a chiedermi perché debbano essere in conflitto il mondo che Dio ci regala per poco e quello che ci promette per sempre; se non sia più logico che Dio doni la vita eterna a chi si dimostri riconoscente e degno della vita temporanea avuta per breve tempo in godimento. E l’orfanello che aveva ancora la nostalgia di un padre cominciò a chiedersi come fosse possibile che il Padre più buono si sciroppasse il suo olocausto, anziché prendere a calci in culo un figlio che non andava a realizzare la vita da lui donata, ma stava lì a morire inginocchiato ai suoi piedi; e che padre potesse essere e che bontà infinita un dio che godeva delle sue pene. C’era anche a Somasca un Padre Rettore, che però vedevamo di rado, perché si occupava esclusivamente dell’amministrazione. E c’erano altri vecchi padri che celebravano e confessavano nel santuario. Ma l’unico nostro superiore effettivo era il Padre Maestro; era lui a gestire la nostra vita e i nostri stessi pensieri, dato che nel corso dell’anno dovevamo decidere, sia pure provvisoriamente, se avevamo o no la vocazione religiosa. Il Padre Arrigoni ci convocava lui stesso, a uno a uno, più volte nella settimana; e ci spiava dappertutto; leggeva le lettere in partenza e in arrivo; contava quante volte andavamo al cesso. Sapeva tutto di ognuno di noi; e ci correggeva infliggendo penitenze. Era lui, il Padre Arrigoni, a guidarci nelle lunghe meditazioni in cappella quando veniva a mancare il teologo appositamente convocato; e sempre lui ci propinava le ammonizioni in sala; le une e le altre per ore e ore, sia nella mattinata che al pomeriggio. Al centro di tutte la rinuncia e il sacrificio come strumenti di santificazione. Alla santità dovevamo tendere, senza tuttavia la presunzione di arrivarci. E io, che avevo accettato la reclusione per conquistarmi il diritto di studiare, mi domandavo se fosse proprio necessario perdere un anno a cercare di correggere (mi ci misi di buzzo buono) la voce di Zappone, che era stonato come un campanaccio; tutti quegli esercizi spirituali, secondo la mia logica, erano pur conciliabili con l’attività di studio; sarebbero stati anzi arricchiti dal confronto con l’impegno concreto… Ma mi rendevo anche conto che al termine di ognuna di quelle giornate, inutili per noi, vivendole da religiosi avevamo regalato una vittoria alla Chiesa, diventando insensibilmente sempre più frati; o fratelli che dir si voglia. |
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