Messaggi del 02/07/2015
7. CAMINO MONFERRATO Camino 1-XI-1955 Cara mamma… La mia nuova dimora è proprio il castello che hai visto in cartolina, con tanto di torre e di merli e di ponte levatoio… In fondo, a valle, si stende sterminata la Pianura Padana che specialmente in questi luoghi, fra Vercelli e Novara, è ricchissima di grandi distese di riso: in molti terreni piantano il riso dopo aver mietuto il grano, e ad ottobre seminano ancora grano… Il Po scorre ai piedi di questa altura…Qui siamo una masnada di settanta giovanotti e non c’è davvero pericolo che ci sorprenda la malinconia!… Invece era tanta, la malinconia; benché a Camino avessimo ritrovato un residuo dei grandi di Pescia, che ci avevano preceduto: Campanello, Zagaria, Incitti, Vitone,Grazioli. La pena che nascondevo a mia madre era soffocata solo dagli impegni di un programma che condensava in quattro anni sia il triennio del corso di filosofia scolastica che i tre anni del liceo classico. Ciò nonostante, non mi sembrava vero ritrovarmi finalmente tra i libri, più che tra i vecchi compagni; e cominciai subito a leggerne tanti, del programma e fuori programma. Mi piaceva anche la filosofia, benché quella che studiavamo fosse astratta e uggiosa… scolastica. Più ancora mi è sempre piaciuta la storia, quella vera, che riscopri soltanto se sei capace di spogliare la storiografia dagli interessi dei narratori e dal mito; e dimorare in quel castello era già un rivivere storia vera. A differenza degli altri che conoscevo, per non parlare del Castello di Pescia, che di castello conservava quasi soltanto la cinta dell’orto pensile, il castello di Camino Monferrato era intatto, interamente in laterizi; e l’ultima marchesa Scarampi, nonostante gli elevati costi di manutenzione, l’aveva conservato perfettamente funzionale, prima di regalarlo, quasi, ai Padri Somaschi. A questi, per recuperare subito la spesa, era bastato vendere gran parte dell’armeria e tagliare alcune piante del grande parco che occupa la pacina del colle; mentre a mezzogiorno restava ai religiosi una tenuta degradante per larghi terrazzi, seminati a grano e granturco e guarniti dai filari di una pregiata vigna di barbera. Il castello dominava il paese di Camino, poche case per poche centinaia di abitanti emancipati dall’antica servitù feudale, e la sottostante pianura padana, là dove costeggia il Po fra Trino Vercellese e Pontestura. |
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