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L'altra campana

Itinerario spirituale di un pagano

 

Messaggi del 02/09/2015

MADONNA DELLA STRADA - 8

Post n°1975 pubblicato il 02 Settembre 2015 da anonimo.sabino
 

 

Boston 20 luglio 1959 Carissimo Fabio, ho ricevuto la tua cara lettera dove mi ha fatto piacere sentire che ti trovi a casa assieme la tua famiglia. Non so che cosa dirti. Ti ringrazio di tutto cuore per il tuo gentile pensiero di avermi fatto le condoglianze per mamma… Mi dispiace sentire che hai lasciato i tuoi studi da prete: certo tu sai quello che fai e spero che potrai prendere qualche buono impiego…Maria Savini. Grazie che mi hai scritto.

 

Passai a Monteflavio il resto dell’estate decisamente intenzionato a godermi la riconquistata libertà.

 

Oltre alla rete fognante per i cessi in casa, il paese presentava visibili mutamenti. Lo stradone si era allungato su per l’erta che prima era cosparsa di rocce, fino a toccare le case. Ma per salire alla Piazza la via romana doveva aggirare l’altura. E là, non più ai piedi dello stradone, giungeva l’autobus, benché costretto a una laboriosa manovra attorno alla Pilocca per ripartire. Non era molto cambiata la vita della gente, a parte il pendolarismo crescente dei braccianti agricoli passati all’industria. Erano in molti adesso a partire verso gli stabilimenti che proliferavano lungo la Salaria e la Tiburtina; e a tornare sugli autobus strapieni, che appartenevano a una concessionaria privata ed erano quindi assai più cari che confortevoli.

 

Al mio lettino (Vanda non c’era più) la mamma aggiunse a luglio una branda per Franco, uscito anche lui da Tata Giovanni, e una scodella a tavola, per la minestra o il piatto di pasta che ci garantiva la sua pensioncina. Vanda aveva casa in Contrada Pacino e lavorava da avventizia come coadiutrice del marito nell’Ufficio Postale.

 

Ad agosto giunse in villeggiatura Elena, con la sorella Carla e due belle amiche, la bionda Franca e l’atletica Gabriella. Mi era stato riferito che lei aveva avuto qualche piccola storia chiusa negativamente; mentre io e Franco ci ritrovammo automaticamente inseriti nel gruppo dei diplomati del paese, ossia dei “giovani in attesa di prima occupazione”.

 

Elena ed io riallacciammo subito l’antica amicizia e fummo noi a cementare il gruppo degli studenti emeriti con quello delle ragazze forestiere, imperversando chiassosi per tutto il paese. Ci chiamavano ironicamente i Filoni, per indicarci come i corteggiatori delle villeggianti; le quali si attribuirono con spirito l’appellativo le Filone. Bruno di Menicuccia aveva un giradischi quasi funzionante (i pochi dischi convenivano da vari contribuiti) sul quale imparavamo a ballare, prima da Bruno, sopportati dai genitori con generosa condiscendenza, poi in un locale disabitato di Guido il maestro.

 

 
 
 


 

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