Messaggi del 05/10/2015
11.ONNE La Federazione romana del partito aveva organizzato una manifestazione politica di zona a Palombara Sabina. Fu per me l’occasione di una forte emozione: essendo il più giovane e istruito segretario di sezione dei dintorni, ero stato incaricato di recarmi a prelevare dalla sua casa ai Castelli il nuovo segretario nazionale del partito, Luigi Longo, che aveva accettato di partecipare. Potevo conoscere il mitico comandante del Corpo dei Volontari della Libertà, braccio armato del Comitato di Liberazione Nazionale, ed essere fotografato al suo fianco nel corso della manifestazione.
Ritrovandomi solo con lui nel sedile posteriore della macchina durante il tragitto, una volta avviato da lui stesso il dialogo, non seppi resistere alla tentazione di provocarlo sul grosso tema che mi stava a cuore: il dialogo con i cattolici sembrava il patto, tutto interno al partito, di non turbare la coscienza dei tre cattolici presenti nella direzione.
“Non vedo chiaro”, gli dissi, “nella strategia del dialogo con i cattolici. E’ giusto dialogare; ma che dialogo è”, gli chiesi, “quello che rinuncia al confronto? Dà l’impressione che esprima un complesso d’inferiorità; e io vedo solo la desistenza unilaterale, da parte della cultura laica, ad attaccare il pregiudizio, gl’interessi clericali, la superstizione; mentre lasciamo che la Chiesa getti merda sul marxismo e ci etichetti come scellerati o giù di lì”.
Il vecchio glorioso partigiano aggrottò le ciglia e ci pensò seriamente. Poi mi rispose, con la pacatezza di una fede incrollabile, che il partito non aveva interesse a un confronto sul tema religioso, perché la religione (lo disse con grande convinzione) sarebbe finita quando fosse finita la fame.
Era un teorema di Marx. O dei marxisti. Ma io sapevo che la religione non frega soltanto chi ha fame. Sapevo anche che il ruolo di tenere in ginocchio le masse, tradizionale ruolo della religione, poteva essere assunto da altre chiese (mass media, si chiamano oggi), ma prescindeva dal fatto che le pance fossero piene o vuote; anche se era pur verace il detto (l’avevo udito da un monsignore) tienili poveri se li vuoi umili. Ero poi convinto che le masse son fatte di singoli e che l’uomo non è libero, anche se satollo, finché non sia liberato dall’irrazionalità e dalla paura, che sono la culla dei pregiudizi, dei tabù, delle ipocrisie e l’alimento, se non la causa, delle stesse ingiustizie sociali.
Ma non mi sembrò il caso di replicare a quello che era, chiaramente, un sincero atto di fede. |
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