Messaggi del 14/10/2015
Mediocre filosofo e stanco poeta, all’Avvocato non difettava il tempo di arzigogolare sui valori astratti della vita, condannato dalla fine degli studi a una esistenza inattiva, senza mezzi di distrazione, senza lavoro, senza amore; uniche risorse la chitarraccia che torturava e il piatto caldo procuratogli dalla pensione di sua madre.
Dai compagni d’università non avevo sentito parlare che di viaggi. Essi viaggiavano con l’LSD, con il treno e magari con l’autostop, ritrovandosi all’estero con amici nuovi e cercandovi nuove esperienze e diversi modi di vivere e di pensare. Se non vi trovavano realmente grosse novità, essi uscivano così dalla dimensione provinciale e tornavano dalla mitica Svezia e dagli altri paesi del Nord Europa con una mentalità più aperta.
Senza un soldo in tasca, io non mi potevo permettere neanche di arrivare a Roma in autostop. Però non ci ero mai entrato, nella dimensione provinciale, essendo vissuto sempre da recluso ma nomade, da un posto all’altro non mio, addirittura fuori dal tempo e dal mondo. Non sentivo quindi tanto il bisogno di aperture quanto di avere una mia casa, in un mio paese capace di darmi da vivere, non in quel borgo sperduto tra i monti, dimenticato da Dio e dagli uomini.
Qua, al natio borgo selvaggio, il viaggio non andava oltre i cori dell’osteria; e dopo l’ultimo coro il giro delle cantine, terminando sempre in quella di Adelmo.
“Ti ricordi, Antonio, quella notte dal Frocetto?”
Fu a un Congresso Provinciale, non ricordo se del PCI o della Lega Braccianti. Dopo aver partecipato come delegati ai lavori di apertura, eravamo andati a trovare i paesani Arduino e Gabriele (avevano rilevato una trattoria in una adiacenza di Campo dei Fiori), anche per chiedere dove pernottare. E vi rimorchiammo una matura battona che, scaricato l’accompagnatore su un autobus, ci menò in una pensione, dar Frocetto. Vi prendemmo due camere, restando d’accordo che dopo un’oretta Antonio sarebbe venuto nella nostra a darmi il cambio.
La poveraccia era esausta e Antonio non arrivava. Ma si sentiva qualche voce alla porta accanto. “Dormiamo, ché il tuo amico deve avere rimediato di meglio”. E mi addormentai.
Al mattino non feci in tempo a chiedergli perché non mi avesse dato il cambio, che Antonio cominciò a bestemmiare e a inveire:
“Bella idea, hai avuto! Così, tu a divertirti e io senza scopare e senza dormire, con quello che cercava continuamente di entrare”.
“Quello chi?”
“Il Frocetto… Bell’amico, sei, bel compagno!”
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