Messaggi del 22/10/2015
“Per sei anni le suore mi hanno fatto sgobbare ventiquattr’ore su ventiquattro, nell’assistenza in camerata e nei vari lavori; la giornata settimanale di riposo dovevamo dedicarla alla pulizia della chiesa di Santa Teresa, niente ferie pagate, nessun contributo previdenziale…”
“Una vera pacchia, posso immaginarlo, conoscendo l’ambiente”.
“…E quando ti sposi, chi si sposa, ti licenziano”.
“Anche tu con le scuffie!”
“No, con le tòfe”, precisò sciogliendosi in un sorriso.
“Quelle insomma che per la gloria di Dio ti usano come una candela da accendere davanti all’altare”.
“Quello che mi interesserebbe, adesso, è che paghino i contributi che mi sono dovuti. Non so se puoi…”. E quasi come motivazione della sua determinazione aggiunse: “Sai, io sono una figlia di Giusto: lo conosci, lo volevi con te nella lista per le elezioni comunali…”
Lo conoscevo, infatti: era un compagno intelligente e serio che si definiva “giusto di nome e di fatto” (e Cherubini anche lui di cognome); lavorava a Roma, con una ditta appaltatrice di lavori di manutenzione edilizia; ed era tanto modesto e corretto nel comportamento quanto salace nelle battute. Mi aveva risposto:
“Come consigliere ti servirei poco, non avendo nessuna esperienza di amministrazione; quanto ai voti dei miei parenti, sono già assicurati a sinistra. Metti al mio posto qualcuno che possa distrarre voti dalla destra o dal centro”. E mi segnalò un paio di simpatizzanti che godevano una certa stima. Anche per lui, colpito da vari acciacchi, avevo imbastito la pratica per il riconoscimento della invalidità, in modo da anticipare di qualche anno il pensionamento. Ma gli avevano respinto l’istanza. Dico:
“Eppure le carte stavano in regola”.
“Si vede”, rispose, “che le mie carte sono servite per qualcun altro”.
“Ci penso io a scucire le tasche delle tue tòfe”, dissi ad Antonietta. E assunsi i dati occorrenti.
“L’unica cosa che non mi piace di te”, le dissi provocatoriamente, “è il nome: troppo lungo”.
“Non piace neppure a me”, rispose: “A casa mi chiamano Onne, per fare più presto”.
“Che significa?”
“Niente. Mi chiamano così da quando ero bambina, come Memmo o Mimmo per Domenico”. Antonietta aveva lo stesso umore sereno e frizzante di suo padre. Era di una purezza e di una genuinità che mi ammaliavano. Peccato che non avesse potuto studiare. |
AREA PERSONALE
TAG
CERCA IN QUESTO BLOG
MENU
I MIEI BLOG AMICI
- lo sguardo altrove
- DEBRIS FLOW
- MILIONI DI EURO
- ANGEL & DEVIL
- SENTIMENTI..........
- AVVELENATA...
- ANARCHIA AVVELENATA
- ANCHIOCISONO
- OSTERIA..
- Whats happen?
- il Rimino
- The Lion in Winter
- inequilibrio
- UOMO QUALUNQUE
- Le cose della vita
- MARCO PICCOLO
- profumo di...donna
- CORAGGIO...
- Anima e Mito
- Kremuzio
- un lungo sogno
- *
- rearwindow
- sous le ciel de ...
- DelittiSenzaCastighi
- AMORE E ANARCHIA
- NON E UN BLOG
- miele rose e zenzero
- ANGELO DELLA NOTTE
- Amor Cortese
- LAVOROeSALUTE news
- IM A CRAZY LADY
- Dalle Sbarre
- PASSATO E PRESENTE
- signora_sclerotica
- ...réveil en Italie
- Prof M Di Ubaldo
- miele rose e zenzero
- UNA BLOG PER AMICO
- AL DI LA DEL CIELO
- parole imprigionate
- La vita
- pagliaccio
- Suggestioni effimere
- surfista danime
- Fuori Tema
- Pensieri
- Incursioni
- I due Messia
- Poesie Per Resistere
- Le note dellAnima !
- O.L.I.M.P.O®
- SOULGAME
Inviato da: cassetta2
il 12/07/2020 alle 18:01
Inviato da: anonimo.sabino
il 03/10/2018 alle 18:33
Inviato da: Coralie.fr
il 27/09/2018 alle 16:04
Inviato da: anonimo.sabino
il 20/09/2018 alle 10:58
Inviato da: marimela2009
il 16/09/2018 alle 19:03