Messaggi del 23/10/2015
“Però ti esprimi bene. E non sembri una ragazza di paese”.
“Forse perché l’ho lasciato che ero quasi bambina. O perché mi piace leggere”.
“Cosa leggi, di preferenza?”
“Non sono in grado di avere preferenze: leggo tutto quello che capita, libri, riviste, istruzioni mediche. Ad Anzio c’erano solo i libri delle Edizioni Paoline. Mi vergogno di confessare che non ho letto una parola di Marx o di Gramsci”.
“Io non conoscevo neanche i loro nomi. Non devi essere tu a vergognarti”.
“Ce l’avessi una guida e tanti libri tra i quali scegliere!”
Sarei stato una buona guida per lei, se avessi avuto dei libri, anziché prenderli sempre in prestito dalla Biblioteca Alessandrina della Sapienza. Avevo soltanto, buttato lì su una sedia, il mio Giannizzero restituitomi dall’editore.
“Puoi leggerti questo, se vuoi. L’ho scritto io e forse tu sarai la mia unica lettrice”.
“Lo leggerò con molto piacere. E te lo restituirò appena finito”.
“D’accordo. Così avrò l’occasione di rivederti, sempre che tu non voglia venire anche a ballare con noi la domenica”.
“Ci rivedremo anche per sistemare questa faccenda con le monache. O no?”
“Sicuro! Sono un combattente, sai”.
L’invito a venire a ballare con noi l’avevo poi dimenticato. Avevo scritto alla direzione dell’istituto preannunciando una vertenza generale e intimando che fossero versati immediatamente i contributi previdenziali che spettavano ad Antonietta per i suoi anni di lavoro. La vertenza avrebbe avuto buon esito e si sarebbe estesa alle altre ragazze, finché le scuffie di Anzio non rientrarono quasi nella legalità.
A riportarmi un raggio di sole fu il ritorno di quella ragazza che presi anch’io a chiamare Onne. Venne a restituirmi il Giannizzero.
“L’hai letto tutto? Ti è piaciuto?”
“Moltissimo. E’… commovente”.
Mi piacque, quel “commovente”, in luogo di un giudizio più articolato. Non l’aveva turbata il fatto che quel lavoro fosse, oltre alla denuncia di un plagio collettivo, la storia di un tentativo di liberazione, dalla fede alla ragione, dalla paura che schiavizza alla coscienza critica, da una cultura che annienta l’uomo facendone lo zimbello di un Onnipotente onnipresente alla riscoperta di quel paganesimo che lo dichiarava fabbro del suo destino.
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