Messaggi del 03/11/2015
Prima con il Movimento Studentesco, ora con il partito, continuavo a partecipare alle manifestazioni per la pace nel Vietnam; e finita la manifestazione ufficiale autorizzata, che il partito ci stesse o no, andavo con il corteo dei giovani a Via Veneto, sotto l’ambasciata americana, a inneggiare a Fidel Castro e Che Guevara e a urlare “Johnson boia” e “Yankee go home”. Anche lo scontrarsi con la polizia era una fase obbligatoria del rituale. Durante una di quelle manifestazioni avevo assistito una ragazza di nome Ernestina, investita da un carosello. Ora a volte avevo con me Antonietta; e al ricordo di quell’incidente per la prima volta ebbi paura, per lei.
La ventata libertaria degli anni sessanta spirava sia sulla politica che sul costume: era come uno scuotersi di dosso tutta la ragnatela di catene di cui i secoli passati ci avevano avvolto. Il nostro amore significava anche questo. Lo sentivamo e ne eravamo felici.
“Se ti vedessero qui le tue tofe…”
“Mai più. Non mi vedranno mai più, se non in chiesa”.
Conservava la sua fede religiosa e frequentava anche le funzioni. Né io pretendevo che percorresse il mio stesso itinerario, visto che la pietas rientrava tra i valori che aveva deciso di rispettare come scelte di vita. Altrettanto sentimentale era la sua adesione al PCI; e dissentiva dalla incompatibilità tra le due fedi proclamata dalle gerarchie cattoliche.
Fu lei che mi aiutò ad allestire un autobus di livarole da portare a Napoli, dove il partito rispondeva alle istanze sociali di uguaglianza uomo-donna con una manifestazione nazionale per la promozione di una legge sulla parità. Fu una giornata bellissima; per Napoli, per il suo sole e perché era bello sentirmi quasi femminista; unico maschio con me il roscio e giovanissimo Mimmo, il solo capellone di Monteflavio, morto qualche mese dopo in un incidente stradale.
E giunse settembre. Il 16 settembre l’assunzione di servizio nel sospirato lavoro. Dovevo stabilirmi a Roma. Proprio a Viale Glorioso, adiacente al Ministero, era finito Paris di zia Angelina, a fare il portiere di un condominio. Fu felice che l’avessi ricercato.
“Finché non arriverà l’inverno, ti puoi arrangiare qui, se ti accontenti”, mi disse. E mi allestì una branda nei locali seminterrati, dove si trovava anche il suo bagno, già adibiti a lavatoio del condominio. “Nel frattempo cercheremo un’affittacamere, per quando avrai cominciato a riscuotere i tuoi stipendi”.
Stetti così come in pensione da lui per un paio di mesi, facendo casa e bottega con il Ministero. |
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