Messaggi del 06/11/2015
Ingegno vivace e aperto, aggiornato nelle letture, dinamico nel lavoro eppure di una esattezza pignola, il dottor D’Asaro era per noi una persona quando andavamo a prendere il caffè e un’altra attorno alla scrivania (dietro ci stava poco): allora diventava il direttore.
Socialista dichiarato e coerente, fuori del lavoro dissertava sulle ragioni dei moti studenteschi e sul Gattopardo; nel lavoro sopprimeva tutti i passaggi che sapevano di letterario ed esigeva assolutamente l’uso dell’impersonale: si ravvisa… si ritiene… si rimette…; correggeva inesorabilmente la “risposta” con il “riscontro”, il “però” con il “peraltro”, perfino “si tratta” con “trattasi”. Fu per me il maestro del perfetto stile burocratico, che peraltro (lo riconosco) avrei sempre usato con piacere negli atti d’ufficio come garanzia di anonimato.
La prima mansione che ebbi fu il profilo dei vice provveditori agli studi. Dai rapporti informativi annuali, integrati da denunce, esposti, encomi e titoli di merito, traevo la scheda delle loro qualità umane e professionali, per consentirne una più rapida e obiettiva valutazione da parte del Consiglio di Amministrazione, che proponeva al Ministro le promozioni sui posti di provveditore annualmente vacanti.
Fu l’esito della prima riunione del Consiglio di Amministrazione a rendermi edotto che il mio coscienzioso lavoro era del tutto inutile: di rado uscivano promossi quelli che sembravano meritarlo. Ma ebbi modo di conoscere così tutti i provveditori agli studi. Un solo vice era comunista dichiarato, Giuseppe Inzerillo di Ferrara, autore di una impegnata Storia dell’istruzione pubblica in Italia.
Di problemi scolastici nemmeno un’ombra riflessa nei nostri uffici. Almeno al piano rialzato di Viale Trastevere la scuola non esisteva. Un po’ come nel P.C.I. e nella CGIL degli anni cinquanta.
I primi stipendi andarono interamente a ripianare i debiti di famiglia, tanto più che Franco non intendeva riprendere un lavoro da meccanico. Ma acquistai un anello di fidanzamento per Antonietta, con un piccolo zaffiro.
Lei aveva di mira un lavoro in uno stabilimento di autoradio sulla via Salaria; e accoglieva con il sorriso dell’amore i miei ritorni settimanali. Dopo aver passato tutta la serata con lei, ero quasi obbligato dai suoi a fermarmi a cena da loro. Il fratello Gilberto, tornato dalla naia, si rivelava un favoloso barzellettiere. Ma al momento del telegiornale Giusto azzittiva anche lui; come la moglie Artemia che, indaffarata nelle faccende, gli chiedeva continuamente spiegazioni:
“Tu non hai frequentato la mia stessa scuola? O stavi sempre in castigo dietro lalavagna?” |
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