Messaggi del 16/11/2015
13.TRASTEVERE 1°maggio 1968. Nel concerto festoso dei moti sessantottini e della “Primavera di Praga” il nostro matrimonio, il giorno della festa dei lavoratori. Antonietta, cattolica convinta, non volle rinunciare alla cerimonia tradizionale. Per me era folclore. Quando il corteo nuziale, risalendo la Via Larga sotto la cinepresa di Sabatini (ma era il regalo di nozze destinatomi dagli amici del Ministero), si affacciò sulla piazza, dagli altoparlanti che vi erano stati disposti per la festa del 1° maggio fu salutato, anziché da una marcia nuziale, al canto di Bandiera rossa. Don Giuseppe non lo gradì; per questo o con questo pretesto ci privò del sermoncino e non accettò l’invito al pranzo di nozze fra i circa trecento commensali. In compenso zio Annibale, zio Angelo e suo figlio Quinto, ora ristoratore nei pressi del Palazzaccio, si alternarono a improvvisare ottave augurali; zio Alfredo recitò la satira dell’avvocato e tra una portata e l’altra si levarono i cori del più bel folclore monteflaviese. Breve e felice viaggio di nozze di una decina di giorni tra Costa Amalfitana e isole, alloggiando nella decorosa Salerno in un’accogliente pensione familiare. Al ritorno ci stabilimmo a Roma, in una umile casa che la sora Nella ci aveva trovato in affitto a Trastevere. Snobbato dai ministeriali, colonizzatori del più civettuolo Monteverde, il popolare quartiere romano diventò il nostro nido. Antonietta, che nell’ammobiliarlo aveva dato fondo ai suoi sudati risparmi, si sentì subito a suo agio, vi partorì le due figlie e s’innamorò dei dialoghi romaneschi da finestra a finestra del cortile, del merlo parlante nostro dirimpettaio, delle battute di sor Umberto, il vecchio macellaio di san Callisto, e della caciara di Piazza San Cosimato, mercato rionale. Sempre assetata di conoscenza, nel tempo libero divorava i tre volumi dei sonetti di Gioacchino Belli, segnalandomi quelli più tosti. Il mio stipendio era inferiore a quello di un lavoratore dei mezzi pubblici di trasporto e un terzo se ne andava per l’affitto di casa. Ma fui felicissimo che Antonietta, rimasta subito incinta, abbandonasse la ricerca di un nuovo lavoro. La volevo tutta per me e per la nostra casa. Era una sposa felice e una donna di casa perfetta, rivelandosi anche un’ottima cuoca e un’avveduta acquirente, conoscitrice dei tagli di carne come delle scarpe di buona pelle. Dovevamo ingegnarci; e accontentarci. E anche al paese, per passarvi il fine settimana, avevamo preso in affitto per quattro soldi una casetta ammobiliata. |
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