Messaggi del 03/12/2015
Fu Giustarello ad ammaestrarmi nella coltivazione dell’ulivo, la pianta capace di parlarti e di ascoltare, d’immalinconirsi se la trascuri un poco e di sorriderti per ogni cura che torni a prestarle; fino a imputtanirsi. E Franco mi passò il suo libro di olivicoltura. Quando poi Giusto decise di dividere gli ulivi fra le tre figlie (al maschio toccava per tradizione la casetta paterna), l’olivicoltura diventò l’hobby domenicale e il modo di rigenerarmi settimanalmente respirando tra gli ulivi l’ossigeno dei miei monti e un po’ di cultura montanara. Sempre Onne a corrermi davanti e a farmi da maestra nella raccolta delle olive, nella stacciatura, nella scelta del mulino meno ladro, nella vigilanza al frantoio.
Ma amavamo anche Roma. Le nostre passeggiate, oltre che al Gianicolo e a Villa Sciarra (che Antonietta prediligeva, quando io mi trattenevo in ufficio, per farvi scorrazzare le bambine), ci portavano spesso al centro, fino a che le sue vie non ebbero più segreti per noi.
Davanti alla inquietante statua del frate bruciato vivo a Campo dei Fiori, mentre io le parlavo di Giordano Bruno, Antonietta mi provocava su qualcosa che aveva letto riguardo al nome della Piazza:
“Scommetto che tu pensi che abbia questo nome per il suo attuale mercato di rose e di garofani…”
“E perché, invece?”
“Tu sai che la Chiesa faceva bruciare vivi gli eretici e gli omosessuali…”
“Applicava la legge di Dio, cara Onne: è nella Bibbia la condanna a morte di bestemmiatori e omosessuali”.
“Ma lo sai o no perché la piazza si chiama così e perché gli omosessuali a Roma si chiamano finocchi?”
“Mi arrendo. E scusa l’interruzione”.
“Perché venivano aggiunti fiori di finocchio, per attutire il fetore della carne bruciata; e per questo i romani dicevano, nel sentirlo, che al Campo dei Fiori si arrostiva il finocchio. E’ orribile, vero?”
“E’ ancora più orribile che per la gente fosse diventato uno spettacolo e un fatto su cui celiare”.
Le mete preferite delle passeggiate verso il Centro erano i dintorni del Pantheon e di piazza Navona.
Un giorno all’interno del Pantheon, che ha un’eco di una sonorità particolare, scoppiò il palloncino di Lucilla. Erano gli anni dei bombaroli. Allo scoppio, che vi echeggiò come una bomba, la paura attanagliò tutti i visitatori; e quando il silenzio improvviso della paura fu rotto dall’urlo ritardato di Lucilla per il palloncino perduto, ci fu un accenno di fuggi fuggi da farci ridere poi per tutta la serata. |
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