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L'altra campana

Itinerario spirituale di un pagano

 

Messaggi del 04/12/2015

TRASTEVERE - 15

Post n°2043 pubblicato il 04 Dicembre 2015 da anonimo.sabino
 

 

Il lavoro d’ufficio era talmente squallido e monotono che non gli permisi mai di varcare l’uscio di casa. Finite le sei ore di lavoro, che per gli statali erano condensate nella mattinata (il lavoro straordinario era facoltativo e limitatissimo, a titolo di concessione), dedicavo il resto della giornata agli affetti familiari, ai miei studi e, in quegli anni, al sindacato.

 

Nell’Ufficio Concorsi non c’era da spremersi le meningi, nei quattro anni dal ’71 al ’74 che vi passai; tanto meno quando dai certificati fui trasferito alla organizzazione dei concorsi per il personale non docente, che erano bloccati per legge.

 

Nel frattempo mi erano stati conferiti, come a tutti i direttivi e a molti ragionieri, due incarichi di revisore dei conti di istituti ad amministrazione autonoma in sedi poco comode lasciate da altri, prima nell’istituto tecnico di Castrovillari, poi anche ad Augusta. Erano per noi ministeriali gli unici approcci diretti con la scuola; ed erano viaggi periodici che mi distraevano e mi regalavano nuove gradite conoscenze. Altre occasioni di viaggio mi davano le prove degli esami di maturità e i concorsi decentrati. Approfittavo dell’obbligo di consegna personale dei plichi sigillati nelle mani del Provveditore per fare i primi voli in aereo, a Catania, a Palermo, a Cagliari.

 

Ma più viaggiavo, più gradivo il ritorno a Roma, dove per i viali del Gianicolo o per il parco di Villa Sciarra vedevo le nostre bambine crescere e sgambettare, sotto l’occhio sempre vigile di Antonietta e quello severo dei busti garibaldini; e le ritraevo con la cinepresa. Spesso portavamo con noi anche Sonia, la figlia di Paris; sempre Ottavia di Vanda, nel periodo di collegio al Casaletto.

 

Non ero riuscito a distogliere mia sorella dal proposito di “internare” Ottavia dopo la terza media, piuttosto che farla viaggiare per Tivoli:

 

“Non è mica una prigione come la tua!”

 

Non lo era. Ma tutte le volte che andavo a prelevarla per farle passare il fine settimana con noi, ben consapevole della gioia che le davo, la nostra roscetta era lì ad attendermi; e riconoscendo prima ancora che arrivassi la voce roca della mia vecchia carretta, mi correva incontro a precipizio; tanto che una volta fece tutte le scale ruzzoloni.

 

“Ti sei fatta male?”

 

“No no, sto benissimo. Avevo solo paura di non vederti arrivare”.

 

 
 
 


 

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