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L'altra campana

Itinerario spirituale di un pagano

 

Messaggi del 07/12/2015

SVEGLIARSI POETA - 1

Post n°2044 pubblicato il 07 Dicembre 2015 da anonimo.sabino
 

 

14.SVEGLIARSI POETA

 

Nei brevi passaggi per Cagliari mi accoglieva cordialmente Romano di zio Angelo, che vi si era accasato. Sradicato anche lui, celava il rimpianto dietro gli sforzi di parlarmi in dialetto sabino, come celava il disappunto di non capire più alcune delle locuzioni che io, seduto con loro davanti al camino, proponevo per metterlo in difficoltà:

 

“Io dico che ce ppò” (ossia che la canna fumaria era soggetta ai ribocchi di fumo). Lui rimaneva un po’ spiazzato:

 

“Ah…sì! La Sardegna possiede una umanità straordinaria; mi ci trovo benissimo…” Io insistevo sornione:

 

“Ma ce ppò?”

 

“Guarda, qui non mi manca proprio niente…”

 

“Ma ce ppò?” Finché non si arrendeva:

 

“Mannaggia, cugi’! Dimmi che cosa significa: non me lo ricordo”.

 

Quando tardavo ad addormentarmi, a differenza di Antonietta che conservava il suo sonno da innocente, il mio pensiero vagava per i vicoli e le montagne di Monteflavio. Presero a ronzarmi per la testa detti o aneddoti paesani; in versi, forse per averne letti tanti del Belli in gara con Antonietta; e nel linguaggio che sembrava il più adatto, il semiromanesco parlato dai miei burini. Il poeta che sentivo ridestarsi in me stemperava gli slanci lirici giovanili nell’impegno civile; ma era nemico sia del burocrate che del sindacalista:

 

“Che cazzo ci fai tra i marpioni della burocrazia e della politica?”

 

“Mi guadagno da vivere e cerco di farlo decentemente”, rispondevo a me stesso: “Ti pare poco?”

 

In paese diventai involontariamente nemico di qualche parente, come Santino, figlio di zio Pietro. Non fu il solo a chiedermi un posto di bidello. E, come a tutti, gli risposi che sui posti comunali non avevo autorità, mentre quelli statali andavano a concorso e che i concorsi per bidelli erano bloccati. Non mi credette. E volle dimostrarmi la mia malafede rivelandomi che qualcuno aveva già quel posto assicurato dal dottor De Chiara, al quale lui stesso aveva portato un abbacchio.

 

“Bravo! A lui gli abbacchi e a me gl’insulti”.

 

Il “dottor” De Chiara era un semplice impiegato esecutivo del mio nuovo Ufficio. Quando si dice nemo profeta in patria! Mi limitai a denunciare il suo millantato credito per via gerarchica.

 

“Per questo ho assegnato il settore a lei, dottor De Mico, anche per far cessare quel piccolo traffico”. Il dottor Caiazza ne era al corrente e napoletanamente ci rideva sopra; a insaputa di Santino, che continuava a portarmi il muso.

 

 
 
 


 

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