Messaggi del 09/12/2015
L’ultimo mio contributo dato alla Federazione fu in un gruppo di studio coordinato da Nino Zugaro per la riforma della dirigenza. Anche là sostenevo il criterio della specificità professionale, della quale i provveditori agli studi (come altrove i soprintendenti alle Belle Arti), rappresentavano, per una felice intuizione risorgimentale, un significativo precedente. Il motivo per cui nei provveditorati, a differenza che al Ministero, si lavorava sodo era l’individuazione di un preciso responsabile.
“E un buon provveditore non s’improvvisa, né basta, senza una buona preparazione, l’esperienza di una vita”.
Lavori inutili, perché fummo scavalcati da una legge calata dall’alto, che prefigurava il dirigente buono per qualunque servizio e assumibile anche dall’esterno (ossia dagli uffici di partito o di sindacato, in gara a occupare sempre più lo Stato). Nemmeno l’opinione pubblica si lasciò ingannare da quella figura di falso manager capace di dirigere servizi che non conosceva; e lo chiamò volgarmente superburocrate.
La scuola intanto viveva una crisi dalla quale cercava di uscire rigenerata: la spinta sociale che dalla scuola selettiva aveva portato alla scuola di massa chiedeva ora un nuovo sistema scolastico che garantisse autonomia, democrazia e partecipazione. Il ministro Malfatti, un democristiano sabino, facendosi assistere da un consesso di “saggi”, rispose emanando quei Decreti Delegati che nel 1974 istituirono gli Organi Collegiali. Alla loro gestazione non poté partecipare la rappresentanza dell’Amministrazione Scolastica, perché il nostro sindacato era stato… soppresso.
Soppresso dalla sua Confederazione: incredibile ma vero. La Federstatali, preoccupata che posizioni analoghe alle nostre, assunte da altri settori, mettessero a repentaglio la sua sopravvivenza e l’equilibrio di poltrone che vi si era stabilizzato, soppresse i sindacati nazionali di settore, accusandoli di essere portatori di spinte “settoriali e quindi corporative”; e li fagocitò nelle sue sezioni provinciali. Una specie di golpe silenzioso del quale nessuno sembrò accorgersi, all’esterno del sindacato. Così tutte le organizzazioni, dai finanziari alle guardie forestali, si ritrovarono unite alle sezioni provinciali di altre; ma completamente avulse dai problemi dei rispettivi servizi pubblici nazionali. Dove in compenso era lasciato campo libero ai già forti sindacati autonomi che erano dichiaratamente portatori di interessi settoriali.
“Di che cosa avete parlato nella sezione provinciale?” chiedevo ad Anna Filippini, la più disponibile di noi. Rispondeva ammiccando:
“Di pulizia dei cessi e di scale antincendio”. |
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