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L'altra campana

Itinerario spirituale di un pagano

 

Messaggi del 11/12/2015

SVEGLIARSI POETA - 5

Post n°2048 pubblicato il 11 Dicembre 2015 da anonimo.sabino
 

 

Mi tuffai nel lavoro, conservando soltanto, come impegno extra, i miei versi e la famiglia.

 

“Perché non attivi la cellula del Partito a difesa delle vostre posizioni sindacali?” mi consigliava Antonietta.

 

Ci provai. E di lì a poco le diedi la risposta:

 

“Anche la cellula è di fatto soppressa”. Le cellule ministeriali erano state tutte inglobate in una Sezione Macao Statali (mai saputo cosa significasse quel Macao) e quindi in pochi mesi evirate allo stesso modo del sindacato, privati entrambi della possibilità di gestire le tematiche dei rispettivi servizi; così le burocrazie politiche si appropriavano delle unità di lotta create dai militanti di base, che apparivano sempre più come li definivano gli avversari: utili idioti.

 

L’Ufficio Concorsi aveva una sezione del Contenzioso che il titolare, un certo dottor Moffa, aveva appena lasciato con un arretrato non inferiore a quello che avevo trovato nell’Ufficio Certificati; così che ai ricorrenti “per via gerarchica” veniva predeterminata la beffa giuridica del silenzio-rigetto. Il dottor Fazio, che con una eccezionale progressione di carriera, era diventato ispettore e subito direttore generale, mi fece la proposta che già di per sé valeva il tu:

 

“Ti sarei grato se ti facessi carico del contenzioso dell’Ufficio Concorsi. So che tu puoi farcela”.

 

“E ti assicuro che entro l’anno i duemila ricorsi intonsi saranno smaltiti, a patto che poi mi lasci scegliere la nuova destinazione”. Avevo deciso: avrei trasfuso nel lavoro, fin dove sarebbe stato possibile, il mio impegno politico e sociale.

 

Privato degli strumenti di lotta, frequentai un po’ l’Ufficio Scuola di via delle Botteghe Oscure, per cercare di capire, trovandovi il solito Sciorilli Borelli: una grande anima che perciò non sarebbe mai assurta a livelli superiori a quella squallida stanza, come io non sarei mai diventato direttore generale, vittima sì di una delusione crescente.

 

Già nel congresso del ’72 la maggior parte dei militanti aveva assistito inerte allo sgambetto a Luigi Longo da parte dei sostenitori di Enrico Berlinguer. Non che non fosse la persona giusta o che non auspicassimo tutti una svolta. Non al buio, però, e non senza una discussione aperta sulla crisi dell’esperienza sovietica. La reticenza sull’argomento non era colmata né dallo “strappo” silenzioso né dalla retorica di una “terza via” al socialismo che restava una ipotesi. Mi sentivo come entrato in un’altra Chiesa che si sapeva lontana dalla verità ma era impegnata solo a nasconderlo a se stessa e agli altri.

 

Sì, sentivo che stavo riattraversando una crisi analoga a quella religiosa, con lo spettro della menzogna nel suo orizzonte.

 

 
 
 


 

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