Messaggi del 14/01/2016
Per aiutare Antonietta a recuperare la serenità cercai di restituire a entrambi le piccole gioie che la cura delle bambine aveva quasi soppresso, come il teatro, l’opera lirica e perfino il cinema. E l’antico rimedio del viaggiare, con qualche soggiorno italiano o estero, inserito come parentesi nell’usuale ossigenazione tra i nostri monti; in modo da non riservare questo privilegio alle nostre figlie, che ne fruivano abitualmente.
“Perché non provi a scrivere la mia storia, tu che scrivi così bene?” mi aveva chiesto Gino durante uno dei suoi annuali rientri. E dopo avermela raccontata al registratore, dandomi anche lettere e documenti, mi forzò a conoscere i luoghi. Organizzò tutto lui.
Da Roma a New York Antonietta effettuò il suo primo volo.
Restammo in America per una quindicina di giorni, ospiti di Gino e Beatrice. Dopo la famosa e monumentale Yale, nei cui pressi abitavano, essi stessi ci accompagnarono in lunghe escursioni da Boston ad Atlantic City. Un soggiorno troppo breve. Ma dal paese che i nostri nonni avevano visto come la patria della democrazia e noi come lo spettro dell’imperialismo restammo abbastanza delusi.
Piatta uniformità del paesaggio collinare della Nuova Inghilterra; vasto labirinto di lunghe strade senza alcun riferimento naturale o monumentale, fiancheggiate a regolare distanza di un acro o due da case di legno tutte similmente carine, tutte chiuse e deserte; i giovani nei college; la gente a lavorare il giorno in città, ossia in quegli accrucchi di torri che spiccano ogni tanto nel piatto orizzonte (salva l’europeistica Boston, tra quelle da noi visitate) e dove la notte si diceva che abitassero solo i negri; la sera a rincoglionirsi davanti alla TV, dopo il duplice incanalamento quotidiano nei capaci budelli autostradali. Pullman carichi di vecchi da scaricare con la loro pensione nella scenografia pacchiana delle città casino. Centri commerciali anch’essi di anonima grandiosità. Patetica, più che retorica, la sfilata patriottica del memorial day. Raro un passante, che non ti lascia più andare quando chiedi una indicazione, incredulo che qualcuno gli abbia potuto rivolgere la parola.
Ripensando poi a quei passanti, mi tornava in mente il Grazie che mi hai scritto della cugina della mamma. Lei era morta, la cara Maria americana, senza lasciare una famiglia e senza conoscere l’amore.
“Che paese triste!” fu il commento della mia Onne. Ero d’accordo:
“E così sta diventando l’Italia, per imitarlo: un paese dove la competizione ha eliminato la piazza, l’osteria e il solicello…”
“Ecco perché vanno facendo le guerre e i loro film parlano sempre di gare”. |
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