Messaggi del 03/02/2016
Nel più attrezzato ospedale intitolato a San Filippo Neri, dove fui successivamente ricoverato per l’intervento chirurgico, la domanda che tutti mi rivolgevano era chi fosse il mio cardiologo. Ne compresi il motivo quando mi vidi sempre posposto all’ultimo arrivato, quando non mi rinviavano al giorno seguente, per le analisi, per l’ecocardiogramma, per la coronarografia, per l’angioplastica. Non contava nemmeno chi fossi, ma che santo patrono avessi.
Presso il Tribunale di Perugia, dove la prima udienza del mio processo coincise con il mio secondo ricovero, dopo quello per la coronarografia, per l’intervento di angioplastica, fui dichiarato contumace, perché l’udienza era convocata per il mattino, il ricovero per il pomeriggio. Dovevo essere proprio un tipaccio, per quei magistrati. O come si permetteva un vile infarto di interferire con l’azione della casta togata?
Un imprenditore catanese che occupava il letto di fronte mi diceva:
“Possibile che una personalità come lei non trovi una raccomandazione?”
“Odio le raccomandazioni. E non dovrebbero servire”.
“Non dovrebbero. Ma pensa che la mafia stia solo in Sicilia?”
“La Sicilia avrà la sua parte di responsabilità. Ma so bene che dovunque ci sia una sfera di potere c’è un giro mafioso; è un fenomeno culturale, strettamente connesso con la nostra religione: il padrino dal santo patrono, la raccomandazione dall’intercessione, la consorteria dalla chiesa, la Chiesa stessa Stato nello Stato. Sì, negli ospedali come nei tribunali e negli uffici pubblici, c’è bisogno di un santo protettore”.
“In effetti è questa la nostra cultura religiosa. E siamo tutti cristiani”.
“Cristiano ci sarà lei”, risposi. Lui la prese a ridere.
I giudici di Perugia no. Mi vidi condannato senza avere mai capito (e non credo che lo capissero loro) di che cosa fossi accusato. Poiché un residuo di pudore li indusse ad applicare la remissione della pena e delle spese, oltre alla non menzione, mi rifiutai di autorizzare il ricorso in appello contro un evidente insulto arrecatomi per partito preso.
Mi bastava non vedere più una toga per tutto il tempo che mi restava da vivere. E mi bastavano due infarti.
Superai la convalescenza dall’infarto. E mi furono teneramente vicine le mie donne. Specialmente Antonietta:
“Non fare scherzi! Non rinuncerò a te così presto. Magari ti farò imbalsamare, per non lasciarti andare”. |
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