Messaggi del 04/02/2016
Erano gli anni in cui, investito di una missione superiore dal Nuovo Riformismo, il ministro Berlinguer, al quale io stesso rivolgevo vari biglietti d’incoraggiamento, prese a catapultare una riforma dietro l’altra a valanga su una scuola e su un apparato in continuo orgasmo, anziché mostrare e far discutere il disegno complessivo e dare maggior tempo per l’assimilazione. Sicché né la Scuola né l’Amministrazione avevano la percezione del progetto generale o ne capivano l’ispirazione di fondo. Né il volenteroso ministro aveva vicino qualcuno che avesse il coraggio di fargli qualche buona osservazione: era stata la sua scelta.
Allo stesso modo tutto interno al Governo di sinistra era il patteggiamento che aumentava i finanziamenti alla scuola privata, mentre scarseggiavano per la scuola pubblica, in nome di una pretesca parità.
Ma in compenso la sinistra si convertiva alla meritocrazia, a rischio di provocare l’insurrezione della categoria contro il progetto contrattuale, di ispirazione governativa, di dosare gli aumenti retributivi secondo i meriti, nella presunzione che potessero essere sottoposti a parametri oggettivi di valutazione. Difficile impresa nel mestiere di formatore, dove è più bravo non chi, per acquisire titoli, sfarfalla tra corsi di aggiornamento e seminari, spesso per fuggire dalla scuola, ma chi è più immerso in un impegno silenzioso; chi sa stare più vicino agli alunni, anzi al singolo alunno; dove la valutazione più giusta sarebbe quella soggettiva, ove potessero esprimerla gli alunni stessi.
Solo man mano che le varie tessere della riforma evidenziavano il disegno, divenne chiaro l’obiettivo centrale, l’autonomia didattica e gestionale dei singoli istituti, e fu percepita nell’ambiente ministeriale la sua antica ispirazione punitiva, fondata sul banale pregiudizio che tutto il male della scuola fosse rappresentato dalla sua burocrazia. Topica tipica di chi della burocrazia non ha capito nulla, la riforma instaurava in realtà un burocratismo più arretrato, di stampo feudale.
Coincise con il mio infarto l’ultimo anello del progetto. la riforma dell’Amministrazione Scolastica. Dando la dirigenza ai presidi e sopprimendo tout court provveditori e sovrintendenti, essa coronava il disegno autonomista. Mi faceva pensare all’insofferenza bambinesca del preside verso il superiore.
Col passare dei mesi, io riprendevo intanto una vita quasi normale, fino a non pensare più al mio stato di salute. Ma dovetti rinunciare alla conferma dell’incarico d’insegnamento universitario. Ripresi servizio come sovrintendente il tempo necessario perché il governo di sinistra mi assestasse l’ultima batosta. |
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