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Come il Granoturco

Post n°74 pubblicato il 28 Ottobre 2009 da annaxxxxx

“Eppure il granoturco, che ha scelto di essere giallo, non si domanda niente, non ricorda...” 

Essere se stessi. In teoria niente di più facile, no ? Certo chi ti vede da fuori non si fa dubbi sul fatto che tu possa essere altro da ciò che si trova davanti, sei l’oggetto della sua esperienza. Ma spesso, nel segreto della notte e della solitudine, a molti, forse a tutti, viene il sospetto e si agita il tormento dell’essere diversi da se', dell’essere altro, del non essere se stessi. Eppure ciascuno è identificato inevitabilmente da un mucchio di ossa, carne, cartilagini, liquami ed escrementi, il tutto unito da una coscienza di se', da una sensazione che si chiama essere ciò che sei, di venire da qualcosa, da qualcuno e pure di andare addirittura da qualche altra parte. Però l'affanno e il desiderio, a volte inspiegabili, s’insinuano nelle nostre giornate scombinando le carte, pretendendo altro, reclamando soddisfazione, esigendo la realizzazione. Qualcosa chiede che finiscano i tanti problemi, le difficoltà di relazione ed azione si estinguano e la vita diventi il fiore profumato che tutti possano ammirare e NOI finalmente attuare con infinito compiacimento. E’ l’esperienza di tutti, forse è l’esperienza dell’essere vivi.

Ci formiamo negli anni, una serie di agenzie dopo la famiglia si incarica d'insegnarci chi siamo e come dobbiamo esserlo. La nostra casa si alza assorbendo i colpi di chi ha il compito di dettarne dimensioni e forme. Ci ritroviamo adulti alla ricerca della nostra libertà e realizzazione, non avendo potuto scegliere se evitare insegnamenti o indirizzi che forse hanno manipolato la nostra faccia facendola diventare quella che portiamo in giro. Il tormento lavora anche a nostra insaputa e ormai puoi agire solo negativamente o per farlo terminare.

Ed ecco che un giorno strano, ha appena finito di piovere e non fai caso a ciò che pensi, all’improvviso viene da chissà dove l’idea pazza che la fatica della libertà che ti fa tanto penare, la domanda interiore non richiesta che spinge a tante azioni e a più indesiderate conseguenze, tutto ciò che ti muove come una corrente interna alle tue stesse ossa, forse non appartiene alla sfera della tua propria realizzazione, magari è solo un conflitto indotto ed esterno alla sostanza della tua vera LIBERTA'. Si affaccia alla mente che la libertà di essere se stessi non sia una guerra per sconfiggere difficoltà esterne, ma solo la costruzione di una pace che significa cessazione di tutte le azioni e reazioni interne indesiderate, di lontana e sospetta provenienza.  Il dubbio lasciato sedimentare riesce a trasformarsi in una bellissima farfalla e dice ad alta voce il motto di Nietzsche: “Werde der du bist” – “Divieni ciò che sei”. Tutto si completa in una sensazione e diventa via via certezza. Diventare ciò che si è, un’azione che non vuole sforzo ma chiede piuttosto la nostra resa totale, la “rassegnazione infinita”. In questo modo e comprendendo che non abbiamo altra scelta, qualunque cosa ciò significhi e qualunque ne sia il prezzo, in quest’unico modo vivere (FORSE!) diventa facile e morire un salto sull’altra sponda del torrente, spensierato.  OOOOOppppp – la' !

 
 
 
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