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Sono al mondo per esistere. Finora ho solo vissuto, non mi sembra poco...
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La Resa, La Rabbia
Post n°96 pubblicato il 22 Gennaio 2010 da annaxxxxx
"Me compare Giacomeeeeeeto, el gaveva un bel galeeeeeeeeeeeeeeto..." "..e non hai pietà tu di me" Quante volte l’avrò visto? Io dico almeno 4 o 5. Una storia diversa dai suoi primi lavori marcatamente generazionali. Qui si parla di sentimenti e valori, del conflitto tra il desiderio d’amore e d’amare e la voglia di libertà. Questa scena e la sua frase finale mi rimane come una frustata dolceamara, acuta rabbiosa e sincera fino all’autosacrificio. Michele, tu non accetti le tue debolezze e imperfezioni, non vuoi vedere la diversità tra ciò che vorresti essere e quello che lo specchio e la vita ti mettono davanti. Lotti per affermare un’immagine astratta che hai dentro, non ti concedi deroghe o cali di tensione, l’amore dev’essere Amore, gli amici devono essere Amici. Chi tra le coppie di tua conoscenza si comporta male, si separa o si tradisce, viene meno a quell’immagine, alla guerra contro l’Imperfezione non può essere perdonato. Michele uccide chi svende così il rigore nelle idee e l’impegno morale. In realtà l’eccessiva severità gli fa ammazzare per primo se stesso, un giovane professore solo e solitario alla disperata ricerca di una persona con cui dividere la vita. Nella scena Michele ha la testa troppo invasa dall’autocritica impietosa e dalla tortura dell’amore tormentato per Bianca. Qualunque inciampo nella realtà è insopportabile, la tangente che va a intersecare “l’asse delle X in un punto detto Omega” è come pelle strappata a brandelli, una sofferenza lancinante, una lama nel fegato. La frase con cui supplica lo studente interrogato è e rimane un colpo di genio, esprime la resa rabbiosa e quindi non definitiva alle noiose esigenze della vita, mentre il cuore è altrove a soffrire. Il ragazzo alla lavagna diventa carnefice, le sue parole insopportabili pugnali, la sua presenza e la sua richiesta dolorose molestie. E allora la resa, la richiesta di clemenza, il rimprovero arreso che comincia con quella congiunzione che sottintende una mareggiata devastante nell’anima, eventi che l’hanno visto soccombere impotente alla cattiveria del mondo e alla sua colpevole difettosità. “E non hai pietà tu di me”, è una supplica, quasi a dire “non chiedermi di farcela ad essere qui perché adesso non posso”. Caro Michele, com'è dolce e puro il tuo rigore morale. |
Inviato da: cassetta2
il 21/07/2020 alle 11:33
Inviato da: latynloko
il 28/06/2015 alle 00:00
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il 17/02/2013 alle 19:47
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il 01/02/2013 alle 17:44
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