Vorrei stare in silenzio, eppure grido: mai errore fu più acre. Un abbraccio speciale ai miei amici, e un abbraccio di benvenuto a tutti coloro che passano di qui. Con grigia dolcezza mai si nega un abbraccio, e con dolcezza lo si fa illuminare.
Sto perdendo i ricordi: i ricordi delle emozioni, le emozioni nei ricordi, forse non ancora i ricordi nelle emozioni: saranno gli ultimi, i più forti, spero. Non ho più memoria per le parole, se mai ne ho avuta, e ora e da sempre non ho presa sui sentimenti: è come il fango che ti scivola da una mano e lo vedi lucido e pensi che non possa fare male e sai che è vita ma ti sfugge velocemente quasi quanto la polvere, che tutti conoscono e provano con il calpestio: ci giocano e ci stanno seri, gli altri, con la polvere e alcuni non lo sanno e molti sì, perché comunque è il loro buon destino. Io intanto mi perdo nella stanchezza rifrangente: si conosce un po’, ma è abbastanza impotente; ma ho una speranza che prima o poi la mia tristezza basti per riempirmi l’animo: di consapevolezza che rifulge, che lo farà morire e poi rifiorire come se fosse successo un niente.
Un abbraccio. Soffocante una sera nervosa. Mai dolcezza, in questo momento. Solo dolcezza per gli amici. Abbracci agli amici. Abbracci.
148. Poesia
Frenesia. Frenesia malattia, ignavia inetta maledicentesi ansia d’avidità di emozioni, di conoscenza mai avuta, e non più tempo che dilatato, perso dimenticato consumato e invissuto, buttato schiantato giù in un baratro vuoto come un sogno sveglio e con le rocce non smussate, prive del loro mare e di ogni loro saggezza di deserto. Cuore batticuore senza cervello mentre la mente pensa e corre lesta ai ragionamenti e ai ricordi, anche finti, perché tutto potrebbe essere, ma non è, e questo dispera e lacera e non graffia e strappa, e non si vuol vedere e non gli si vuol credere e si vuole come dormire: nell’attenzione adrenalinica precipitosa troppo frettolosa, che tutto dimentica apposta ed è dura e crudele e arida ed ha mangiato la sua dignità, che non aveva, l’ha divorata anche nei sogni e non ha più ritegno. Nulla le interessa e nessun amore le basta o le basterebbe: non si conosce, finge di non vedersi, ignora i suoi limiti appositamente, come un mercante che nasconda i soldi. Troppo si ama e troppo si brucia e cercherà di ardere e consumare, per ricavare qualcosa, le sue stesse ceneri: ma esse la tradiranno e, facendola impallidire inorridita e blu, come di ghiaccio, la uccideranno, così potranno sorridere trionfanti, vendette della pace dei veri spiriti.
Torno, benché con poco silenzio, come forse non dovrei. Ma è solo perché vorrei rompere di nuovo il ghiaccio. Chiedo scusa per l'irruzione, per il tono, per l'atmosfera. Un abbraccio, di nuovo, e buona estate. Ed, affettuosamente, un sorriso.
148. Poesia
Poesia frenesia. Frenesia malattia, ignavia inetta maledicentesi ansia d’avidità di emozioni, di conoscenza mai avuta, e non più tempo che dilatato, perso dimenticato consumato e invissuto, buttato schiantato giù in un baratro vuoto come un sogno sveglio e con le rocce non smussate, prive del loro mare e di ogni loro saggezza di deserto. Cuore batticuore senza cervello mentre la mente pensa e corre lesta ai ragionamenti e ai ricordi, anche finti, perché tutto potrebbe essere, ma non è, e questo dispera e lacera e non graffia e strappa, e non si vuol vedere e non gli si vuol credere e si vuole come dormire: nell’attenzione adrenalinica precipitosa troppo frettolosa, che tutto dimentica apposta ed è dura e crudele e arida ed ha mangiato la sua dignità, che non aveva, l’ha divorata anche nei sogni e non ha più ritegno. Nulla le interessa e nessun amore le basta o le basterebbe: non si conosce, finge di non vedersi, ignora i suoi limiti appositamente, come un mercante che nasconda i soldi. Troppo si ama e troppo si brucia e cercherà di ardere e consumare, per ricavare qualcosa, le sue stesse ceneri: ma esse la tradiranno e, facendola impallidire inorridita e blu, come di ghiaccio, la uccideranno, così potranno sorridere trionfanti, vendette della pace dei veri spiriti.
Recente, o forse non troppo recente: è lo stato d'animo che vorrei fosse recente, e che forse in parte lo è. E tolgo il numero. Un abbraccio a tutte le creature, anche a quelle di specie umana. A cui strizzo l'occhio.
Quasi fine di questo primo giorno: il sollievo di te comincia a pervadermi: sento la frescura che mi lenisce l’anima già martellata da altre paure, ben più giustificate. Ti penso già come un sogno, a cui parlare come se parlassi con me stessa: sii orgoglioso di questo privilegio. Penso a te tranquillamente ormai: e così ti potrò raccontare storie magiche create su misura, commissionate dal mio cuore per te. E ti potrò dedicare parole di mare, che mi sembrerebbero non bastare mai; parole di sole, per sempre estive; parole ventose, gonfie di emozioni; parole per me.
Sto bene, ma ora covo tristezza. Eppure non così tanta come in passato, né come per certi versi dovrei. Non abbastanza tristezza. Ma forse è il caffè ancora nelle vene. Un abbraccio a chi passa di qui. In breve silenzio. Un abbraccio.
Inizio a filastrocca
Ti sfaldi, mia vita, come una punta di matita, sotto la lama del tempo, piccola, ma affilata. Il tuo legno si sfoglia in rotondi fiori, che si spezzano solo a guardarli, con le corolle sottili gialle e nere, lucide, o bruno opache, quasi naturali. Con quanta cautela cerco di consumarti piano! Eppure questo è il mio destino: un bel giorno rimanere un moncherino e da me stessa, forse, essere gettata via: dopo aver cancellato ogni mia parola.