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Montale e la volpe. Conversazione con M. L. Spaziani di D. Fasoli

Post n°97 pubblicato il 02 Giugno 2007 da scrittocolpevole
 

 
Maria Luisa Spaziani e Eugenio Montale

Montale e la volpe. Conversazione con Maria Luisa Spaziani
di Doriano Fasoli

“Pubblicherò presto un libro di ricordi dal titolo Montale e la Volpe”- ci annuncia Maria Luisa Spaziani (considerata all'unanimità tra i maggiori poeti viventi) - “dove per la curiosità dei nostri lettori racconto ‘com’è andata davvero questa storia’. Stupirà molto vedere certi lati sconosciuti del nostro maggiore poeta che molti continuano a vedere burbero come un monumento”. Aggiunge la poetessa, con la consueta affabilità: “è un libro umoristico che forse sarebbe piaciuto a Montale stesso. Ma naturalmente c’è anche molta tenerezza per quello che Montale è stato per me, per gli anni di vita e di lavoro comune. E lo si vede in amicizia, in contrasto e  in prospettiva  con alcuni grandi della sua epoca che è ancora la nostra”.
Presto vedrà la luce anche un Meridiano Mondadori dedicato all'opera di Maria Luisa Spaziani e curatore ne sarà il critico Paolo Lagazzi.

 

Dopo “La traversata dell’oasi”, il suo romanzo d’amore in versi, come nasce la “La luna è già alta”, la nuova raccolta poetica pubblicata or ora da Mondadori?

Difficile chiamarla “nuova raccolta” perché non riesco a vedere una linea spartiacque, una soluzione di continuità fra le tante poesie che ho scritto nei decenni e dalle quali piuttosto, per usare un neologismo di moda, “vengo scritta”. Non c’è mai niente di volontario nei miei libri, poesia, racconti, teatro. Vado a briglia sciolta, non nel senso della velocità, ma del libero abbandono alla fantasia, alle sue associazioni di idee, alle sinapsi. In una delle poesie di La luna è già alta, il cavallo (la penna) mi porta qua e là senza una meta precisa per strade e boschi, e talvolta volge il capo a guardarmi: “Dove andiamo, signora?”

 

Cosa vuol dire per lei il tempo del ‘postamore’, come ha voluto intitolare una sezione di questo libro?

I soliti studiosi americani che con l’intelligenza scientifica delle loro ricerche sul cervello alla lunga taglieranno troppe penne a fantasie, sogni e leggende, dicono che la curva alta dell’innamoramento e dell’amore dura circa tre anni. Certe porzioni della materia celebrale cambiano colore, pare… Per me la storia della Traversata dell’oasi è durata sette anni, compreso il “postamore”, ossia la fase discendente, una sezione appunto di La luna è già alta. Non è un discorso di negazione del passato, ma si apre ad altri paesaggi, ad altre suggestioni e a temi anche sociali o anche umoristici come del resto avveniva nel libro precedente. La memoria delle nostre emozioni è tenacissima, ricorda “il calor bianco” e ci tiene a ricordarci che negli anni precedenti non abbiamo affatto scherzato.

 

Come definirebbe la sua poesia?

Una grande e continua avventura nei regni più diversi della mente, un intermediario musicale e figurato atto a creare un dialogo, un ponte verso tutti gli esseri umani soprattutto con quelli che hanno le stesse emozioni ma non trovano le parole. Possibilmente anche con chi ci seguirà nel tempo.

 

E come si conciliano quella sua vena sotterraneamente teatrale o almeno dialogica nel verso, la sua ironia e il suo gusto dell’aforisma con importanti e classici temi come “il mare” e “l’amore”?

Il mare e l’amore sono insieme realtà e metafora, nessun poeta al mondo ne ha fatto a meno, sono il pane quotidiano della poesia che vuole esprimere dei limiti definibili e insieme l’infinito desiderio. L’ironia è un elemento vitale dell’intelligenza e della fantasia, dà una scossa al lettore come un cambiamento di ritmo nel verso, crea i necessari contrasti con ciò che è prevedibile perché è già stato detto. L’aforisma, pensiero e ironia concentrati, è una delle massime sfide: concentrare in tre righe o addirittura in una battuta una situazione  o un paradosso per approfondire i quali il romanzo o la filosofia impiegherebbero molto tempo. È indispensabile “l’effetto sorpresa”.

 

In un’impresa monotematica del genere, quasi una sfida ai grandi poeti d’amore a cominciare da Shakespeare, non c’è l’agguato della ripetitività?

C’è nei poeti falliti, in chi si è nutrito soltanto di letteratura. L’amore è una miniera infinita di metafore perché ha radici profonde e diverse in ogni psiche umana, in ogni cultura. Posso citarle due miei versi?

 

La fiamma non fu uguale a un’altra fiamma,
dicono, mai, dall’aurora dei tempi
.

 

Lei ha tradotto una ventina di libri da varie lingue, in prosa e in poesia.  È un “lavoro” parallelo o quasi sovrapponibile a quello della creazione?

Qualche volta è un lavoro parallelo che bisogna fare con rispetto e coscienza, certo, ma che non sempre “ci succhia l’anima”. Altre volte è una vera e propria creazione. Bisogna che quell’autore straniero diventi un poeta italiano con i suoi ritmi, i suoi colori e perfino con i silenzi nascosti tra le parole. Così credo di aver tradotto o traghettato il teatro di Racine, la poesia di Ronsard e i canti d’amore  ( usciti sei mesi fa a Milano) di Marceline Desborde-Valmore, uno dei grandi poeti dell’800. In prosa ho avuto la fortuna di tradurre Marguerite Yourcenar  e Michel Tournier, e un classico difficilissimo che mi ha drogata per tre anni, Madame Bovary.

 

Che ricordo conserva di Elémire Zolla, il grande studioso che lei sposò nel 1958?

Come i paesaggi si inazzurrano di lontano, così la mia vita con Elémire, se la ripenso oggi, sfuma un po’ nella leggenda. Saranno stati splendidi in quel modo i nostri amori ventenni, come lo dice la “memoria involontaria”? Certo sì, ma è disperante non riuscire a ritrovarne l’esatto profumo, l’esatta luce. Restano tanti ricordi anche raccontabili a parole, certo,  e alcuni libri suoi  e miei insieme, i veri figli che non abbiamo avuto.

 

Doriano Fasoli

Fonte: http://www.riflessioni.it/conversazioni_fasoli/maria_luisa_spaziani_2007.htm 

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Il comitato dei curatori è composto da: Mimmo Aloise, Alfredo Bruni, Romilda Ciardullo, Salvatore Genovese, Gianni Mazzei, Paolo Pellicano.
 

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