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Gli americani, da bambinoni quali sono, parlano di "tempesta perfetta", "nevicata perfetta", per esaltare fatti meteorologici di cui solo loro sembrano avere il copyright: un modo come un altro per reagire, nei confronti della vecchia Europa, alla propria oggettiva mancanza di memoria storica. Come dire: "Voi avete avuto il Rinascimento, ma tornadi e uragani come da noi ve li sognate!". Chi si contenta, gode.
Tutto questo per dire che l'aggettivo calza, invece, perfettamente per La Mandragola che è stata definita, appunto, "la commedia perfetta". Non si può parlare di originalità assoluta perchè, in ogni forma d'arte e anche nel teatro, ogni opera è un innesto sull'esperienza passata di nuovi elementi che i tempi, la società, la genialità dell'autore riescono ad inserire, talvolta con un approccio morbido, talvolta dirompente e rivoluzionario. Sicuramente Machiavelli, da questo punto di vista, è debitore nei confronti del Boccaccio e del suo Decamerone, per lo stile, gli argomenti, il modo un po' burlesco e caustico di raccontare. L'assoluta particolarità della Mandragola è invece la costruzione, lo sviluppo e la conclusione della vicenda e la rappresentazione dei personaggi che sono tutti effettivamente tali, con grandi complessità; nessuno di loro è un semplice figurante, un accessorio della storia. Fra i personaggi principali mi piace, per il lato più comico, Messer Nicia, il marito gabbato. Anche la rappresentazione di Fra'Timoteo è veramente spietata e dimostra come la Fede possa cedere il passo, grazie a complicati ragionamenti filosofici e pratici, all'amore per il denaro. Il meno articolato è forse Callimaco, il giovane innamorato. Un discorso a parte meritano Ligurio e Madonna Lucrezia. Chi si aspetta dal primo soltanto uno squallido parassita, tutto dedito a realizzare il proprio tornaconto, si trova invece davanti un uomo che, come Ulisse, riesce con la propria astuzia a dipanare una vicenda molto complicata. Da un certo momento in poi la sfida e non il denaro lo rende determinato a raggiungere l'obbiettivo. Madonna Lucrezia, infine, è una donna che si trova costretta dalle circostanze e dalle pressioni esterne ad accettare quello che mai avrebbe di per sè accettato. E' tutto suo il finale, un vero e proprio riscatto, che esprime, in pieno '500, la presa di coscienza di una donna moderna.
La mia presa di coscienza, invece, della modernità della Mandragola, è avvenuta all'inizio degli anni '80, quando ho visto la messa in scena di Mario Missiroli per il Teatro Stabile di Torino, a cui si riferisce questa foto.
Una realizzazione con scenografie ultramoderne, colonne e capitelli stilizzati e cadenti, abiti di scena di primo '900. Eppure il testo non perdeva una virgola del suo significato e del suo fascino senza tempo.
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