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Messaggi del 13/07/2020
Post n°3173 pubblicato il 13 Luglio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet ASTRONOMIALa tettonica delle placche di ghiaccio su Europa ANDREA DI PIAZZA22 GEN 2018 Alcuni pianeti del nostro Sistema Solare sembrano più simili alla Terra di quanto non lo siano veramente. Un recente studio pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale Journal of Geophysical Research: Planets, confermerebbe infatti la presenza di movimenti tettonici simili a quelli del nostro Pianeta sulla superficie di Europa, il quarto satellite di Giove per dimensioni. Tuttavia, sulla piccola luna, a muoversi non sarebbero porzioni di crosta rocciosa come sulla Terra, ma zolle di ghiaccio. La "tettonica di ghiaccio": come funziona? Per simulare il movimento delle placche di ghiaccio che ricoprono la superficie di Europa, i ricercatori hanno sviluppato un modello fisico-matematico che, con le dovute assunzioni, prende in considera- zione alcuni principali parametri fisici tra cui geometria dei blocchi, densità, porosità e salinità del ghiaccio. In particolare il contenutodi sale giocherebbe un ruolo fondamentale nel movimento del ghiaccio: la densità del ghiaccio aumenta con la sua salinità, blocchi con maggiore contenuto di sale affondano più facilmente e dunque vanno letteralmente in subduzione. La presenza di sale su Europa è confermata dai dati della sonda Galileo. Il debole momento magnetico misurato dalla sonda spaziale è ascrivibile infatti alla presenza di un corpo conduttore al di sotto della superficie di Europa: un grande oceano salato, appunto. L'oceano alimenterebbe inoltre i famosi pennacchi vulcanici osservati dal telescopio spaziale Hubble, che ridistribuirebbero il sale sulla superficie del satellite. C'è vita su Europa? Europa è al centro dell'attenzione della comunità astronomica internazionale perché è uno dei pianeti del nostro Sistema Solare in cui potrebbe essersi sviluppata vita extra-terrestre. In tal senso, i risultati di questo studio hanno delle implicazioni estrema- mente interessanti. La subduzione, portando in profondità il ghiaccio di superficie che è ricco in nutrienti ed ossidanti, sarebbe un veicolo fondamentale per l'ossigena- zione e il sostentamento della vita nell'oceano che si potrebbe nascondere sotto lo strato di ghiaccio superficiale. Ad oggi mancano ancora prove tangibili dell'esistenza di forme di vita su Europa, un'ipotesi che potrebbe essere confermata solo tramite l'esplora- zione diretta dei suoi ambienti. © RIPRODUZIONE RISERVATA |
Post n°3172 pubblicato il 13 Luglio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet La popolazione mondiale e la regola dei due figli Per mantenere stabile la popolazione mondiale dovremmo attenerci tutti alla regola dei due figli, che tuttavia è influenzata da molti fattori che ruotano attorno ai temi dei diritti umani. Forse un giorno vivremo tutti in quartieri come quello di Quarry Bay, a Hong Kong, un'antica area residenziale oggi sovrappopolata, nella zona orientale della città. | RONNIE CHUA | SHUTTERSTOCK L'11 luglio si celebra la Giornata Mondiale della popolazione, istituita dalle Nazioni Unite nel 1989 (quando sulla Terra si contarono 5 miliardi di umani) con l'intento di alimentare e aumentare la consapevolezza del genere umano sulle problematiche del vertiginoso aumento della popolazione mondiale, che al momento segna un +83 milioni di nuovi nati l'anno. Il tema è complesso e meriterebbe più spazio, ma accendendo i riflettori esclusivamente su di un'ipotesi di mantenimento della popolazione ai livelli attuali - "oggi" quasi 8 miliardi, vedi per esempio Population.City - senza puntare né a crescita né a decrescita, ogni coppia dovrebbe, esclusivamente, venire rimpiazzata dai propri figli. È il cosiddetto livello di sostituzione: il numero medio di figli per coppia dovrebbe dunque essere vicino a due. È importante sottolineare che, per questo genere di scenari demografici, il livello di sostituzione non tiene conto dei flussi migratori e, inoltre, il numero a cui si fa generalmente riferimento varia da "molto vicino a 2" per i paesi industrializzati a "2,5-3,3" per i paesi più poveri, perché sono quelli dove la mortalità infantile è più elevata. Facciamo meno figli: dal 2010 al 2019, in Italia il tasso di fecondità è sceso (clic sull'immagine per ingrandirla). | STATISTA ITALIANI POCO PROLIFICI. Il tasso di fecondità totale (abbreviato in TFT, indica il numero medio di figli per ogni donna) in Italia è ben al di sotto del livello di sostituzione stimato per i paesi sviluppati (e forse, complice la crisi economica causata dalla CoViD-19, scenderà ancora): secondo dati ISTAT, nel 2019 si attestava a 1,29, contro la media mondiale di 2,4 figli a coppia. Nel mondo, i più prolifici sono i nigeriani, con una media nel 2017 di 6,49 figli a testa, mentre fanalino di coda gli asiatici, con Hong Kong (1,19), Taiwan (1,13), Macau (0,95) e Singapore (0,83) agli ultimi posti.
Il tasso di fecondità delle diverse regioni italiane: in testa il Trentino Alto Adige, con 1,57 figli per coppia (clic sull'immagine per ingrandirla). | STATISTA L'IMPORTANZA DEL TASSO DI FECONDITÀ. Per uno stato è molto importante tenere traccia del TFT della popolazione: così facendo, riesce a organizzarsi per allocare risorse e (se necessario) disporre nuove strutture. Se, ad esempio, il tasso di fecondità sale improvvisamente a livelli superiori alla media, lo stato dovrà predisporre la costruzione di nuove scuole, o aumentare gli accessi alla scuola pubblica. Questo fu ciò che accadde negli Stati Uniti durante il cosiddetto "baby boom", il boom di nascite al termine della Seconda Guerra Mondiale. Durante questo periodo, il tasso di fecondità raggiunse picchi dello 3,8 - circa il doppio rispetto alla media statunitense del XXI secolo.
Al contrario, un TFT basso porta a un rapido invecchiamento della popolazione (come è il caso dell'Italia) e presuppone maggiori costi, per lo Stato, in termini di pensioni e assistenza sanitaria. |
Post n°3171 pubblicato il 13 Luglio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Un'altra domanda sull'origine della vita Com'è avvenuto il passaggio dalla natura inorganica della Terra dei primordi alla prima, fondamentale scintilla di vita organica? Ecco un'ipotesi.Come si è passati da materia non vivente, inorganica, a vivente? Alcuni aspetti della domanda ricordano un altro famoso dilemma: è nato prima l'uovo o la gallina? | Come è avvenuta l'abiogenesi, ossia l'origine della vita, la trasformazione da materia non vivente (inorganica) a vivente? La questione è di una tale complessità che non deve sorprendere la risposta: non lo sappiamo. E non basta dire che è arrivata da fuori, dallo Spazio, come molti pensano: non è una risposta, perché non fa altro che spostare altrove la domanda. In questo ambito della ricerca gli scienziati sono molto prudenti, cercando di risolvere "a pezzetti" i tanti problemi aperti, e adesso uno di questi frammenti del quadro generale dell'origine della vita sembra aver ricevuto una risposta: una questione che sembrava impossibile sciogliere e che riguarda i peptidi e gli enzimi. L'RNA è stato il primo mattone della vita: molti scienziati condividono questa idea, ma nessuno sa spiegare che cosa è successo dopo, ossia come il mondo dell'RNA sia diventato il mondo di oggi. | VECTORPOCKET / SHUTTERSTOCK Si tratta di una sorta di problema circolare: semplificando molto, i peptidi sono catene di amminoacidi, ossia gli elementi su cui si basa la vita sulla Terra e che formano il tessuto delle proteine; ma per regolare la formazione degli amminoacidi sono necessari gli enzimi, che dipendono dalle proteine... Allora, "chi è arrivato per primo", tra peptidi ed enzimi, visto che gli uni hanno bisogno degli altri per formarsi? Un gruppo di scienziati coordinato da Matthew Powner (dip. di Chimica della University College di Londra) propone una soluzione. Passaggi obbligati. | PEPTIDESCIENCES.COM Per formare gli amminoacidi sono necessari gli amminonitrili (precursori degli amminoacidi): il team di Powner ha dimostrato i peptidi possono essere ottenuti dagli amminonitrili senza passare dalla formazione di amminoacidi: sarebbero sufficienti idrogeno solforato, acqua e un substrato di ferricianuro a fare da ossidante (un ambiente compatibile con quello della Terra delle origini) per ottenere i peptidi partendo da amminonitrili. Saidul Islam, uno degli autori dello studio pubblicato su Nature, afferma che per la prima volta una ricerca «dimostra in modo convincente che i peptidi si possono formare in acqua senza il bisogno di amminoacidi, partendo da condizioni che potrebbero essere state quelle ambientali della Terra primitiva, ricca di vulcani». |
Post n°3170 pubblicato il 13 Luglio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato sull'Internet La vita di 3,5 miliardi di anni fa L'esistenza di forme di vita in untempo così lontano è sempre statamessa in discussione, ma unanuova ricerca togliere ogni dubbio.Le strutture osservate nelle creste nella Dresser Formation (regione di Pilbara, Australia occidentale) sono stromatoliti, ossia tracce fossili di microrganismi (probabilmente cianobatteri) vissuti 3,5 miliardi di Si è sempre molto discusso sulla natura di alcune testimonianze presenti nelle rocce di una regione australiana: segni di vita antichissima oppure "semplici" strutture geologiche? Sembra che la questione sia stata infine risolta: vita antichissima, e ciò significa che 3,5 miliardi di anni fa (l'età di quelle formazioni) esistevano degli organismi viventi le cui "impronte" si sono conservate fino ai nostri giorni.
Un campione di roccia della Dresser Formation composto da stromatoliti. | BAUMGARTNER ET AL., GEOLOGY, 2019 «È emozionante: per la prima volta siamo in grado di dimostrare che le "tracce" osservate nella sequenza di roccia sedimentaria della formazione di Dresser sono realmente stromatoliti, legate alle prime forme di vita terrestre», ha affermato il geologo Raphael Baumgartner, della University of New South Wales (Australia), coordinatore dello studio pubblicato su Geology. Le stromatoliti sono strutture sedimentarie che si osservano in rocce calcaree e che sono il risultato dell'azione di microorganismi fotosintetici, in particolare La certezza che quelle siano stromatoliti (perciò strutture correlate a forme di vita) deriva dal fatto che i ricercatori sono riusciti a mettere in luce tracce di materia organica, grazie a un lavoro molto complesso e delicato. Innanzi tutto hanno prelevato campioni di roccia a una certa profondità, così che fossero i più integri possibile.
Stromatoliti. Queste strutture sedimentarie formate dall'attività di cianobatteri sono tra le più antiche testimonianze della vita sul nostro pianeta. | GEORGETTE DOUWMA/NATURE PICTURE LIBRARY/CONTRASTO Poi hanno sottoposto i campioni alle più sofisticate e avanzate tecniche di analisi: dalla microscopia elettronica a scansione, alla spettroscopia a raggi X, fino alla spettroscopia Raman e alla spettrometria di massa ionica secondaria... una impressionante batteria di metodi e strumenti che hanno infine condotto i ricercatori a una conclusione univoca. SONO STROMATOLITI, senza ombra di dubbio: le analisi hanno rilevato che le strutture sono prevalentemente costituite da pirite (minerale composto da ferro e zolfo) piena di pori nanoscopici, ossia estremamente piccoli; nella pirite sono state evidenziate inclusioni di materiale organico contenente azoto che somigliano a resti di biofilm (una complessa aggregazione di microrganismi che si depositano su una superficie dando origine a una sottilissima pellicola). Sezione di un frammento di roccia di 3,48 miliardi di anni fa, rinvenuto nella Dresser Formation (Pilbara, Australia occidentale): le aree biancastre sarebbero la prova della più antica forma di vita, che si è sviluppata in prossimità di antiche sorgenti calde. Lo studio di cui rendiamo conto in questa pagina conferma le ipotesi (vedi su focus.it) formulate da un altro team di ricercatori della University of New South Wales (Sidney) dove atterrerà ExoMars 2020. Anche su Marte potrebbero esserci state delle stromatoliti. Le condizioni per sostenerle c'erano | NASA «La materia organica che abbiamo trovato conservata all'interno della pirite mostra filamenti eccezionalmente ben conservati, del tutto simili ai resti di biofilm microbici», ha confermato Baumgartner. Si tratta dunque di una "certezza assoluta": le strutture osservate sulla Dresser Formation sono stromatoliti. DALLA TERRA A MARTE. I ricercatori fanno notare come i depositi sulla Dresser hanno all'incirca la stessa età delle rocce più antiche di Marte. Si depositarono in un periodo durante il quale esistevano sorgenti idrotermali che avrebbero potuto dare origine a simili stromatoliti... Se mai dovessimo trovare strutture analoghe sul Pianeta Rosso, adesso sappiamo come studiarle per avere una certezza assoluta sulle loro origini. |
Post n°3169 pubblicato il 13 Luglio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Marte: queste sono tracce di vita? Secondo uno studio recente, alcune strutture osservate dal rover Curiosity della Nasa sarebbero segni di vita fossile marziana. Le foto mostrano una sorta di bastoncini, di dimensioni millimetriche e in apparenza rocciosi: potrebbero essere tracce di vita fossile marziana, sviluppatasi miliardi di anni fa sul Pianeta Rosso. È ancora un'ipotesi, quella avanzata da quattro scienziati, di cui tre italiani, e pubblicata su Geosciences. Ma è potenzialmente rivoluzionaria.
Il rover Curiosity (Nasa) in uno dei suoi celebri selfie | NASA/JPL-CALTECH/MSSS Lo studio ha preso in considerazione alcune immagini, scattate dal rover Curiosity della Nasa, di rocce che molti ipotizzano di natura fluviale, e che dunque potevano sostenere qualche semplice forma di vita. Si trovano nella regione marziana chiamata Vera Rubin Ridge, all'interno del cratere Gale, dove si trova il rover. Secondo la maggior parte degli scienziati, fino a circa 3 miliardi di anni fa, tutta l'area del cratere era immersa nell'acqua, formando un grande lago, all'interno del quale potrebbe essersi sviluppata la vita.
FOSSILI O CRISTALLI? Tra le immagini di Curiosity, i ricercatori - Andrea Baucon e Roberto Cabella dell'Università di Genova, Carlos Neto de Carvalho dell'Università di Lisbona e Fabrizio Felletti dell'Università di Milano - ne hanno selezionate alcune più interessanti, che ritraggono strutture simili a "bastoncini". Per dimensioni (millimetriche), forma e altre caratteristiche, queste strutture assomigliano a qualcosa che si trova anche sulla Terra, i cosiddetti icnofossili, che sono l'impronta lasciata da semplici forme di vita nel suolo in cui si sviluppano. Non mancano le spiegazioni alternative. Come l'erosione legata all'acqua o al vento, che potrebbe aver lasciato in risalto alcune parti di roccia più resistenti rispetto alle altre. Oppure c'è chi sostiene che le strutture osservate possano essere cristalli che si sono formati quando il lago è evaporato.
Un articolo di Gianluca Ranzini sul nuovo Focus (luglio 2020), in edicola e in digitale, racconta di che cosa avremmo bisogno e come dovrebbero essere le nostre basi sul Pianeta Rosso. | FOCUS COME I LOMBRICHI. Baucon, però, difende la sua interpretazione: «Il nostro lavoro è partito studiando gli angoli tra i bastoncini. Un lavoro che ha richiesto l'uso di algoritmi che, partendo dal tipo di lenti usate dal rover, ci ha permesso di ricostruire con precisione le forme e le dimensioni osservate. A questo punto abbiamo potuto escludere una loro disposizione dovuta a normali processi di sedimentazione. Al contrario, le strutture sono perfettamente compatibili con l'ipotesi di un'origine biologica. Ricordano da vicino, per esempio, le gallerie scavate dai lombrichi, che non si intersecano tra loro, così come i "rifugi fossili" che sulla Terra sono stati prodotti da cellule ameboidi microscopiche riunite in masse più grandi, i cosiddetti funghi mucillaginosi». I quattro scienziati sono comunque cauti nel trarre conclusioni definitive. Ammettono di non avere prove assolute, anche se restano convinti della loro interpretazione. E il dibattito sulla vita su Marte rimane aperto più che mai. |
Post n°3168 pubblicato il 13 Luglio 2020 da blogtecaolivelli
Ancora poche notti per vedere la cometa che poi ci saluterà per altri 6000 anni L'incredibile spettacolo astronomicodella cometa Neowise durerà ancorapochi giorni9 Luglio 2020 Condividi su Facebook+ Se non avete ancora avuto l'occasione di ammirare il magnifico spettacolo della cometa Neowise che solca i nostri cieli, non lasciatevi sfuggire l'opportunità nei prossimi giorni: presto il corpo celeste lascerà le vicinanze della Terra e occorreranno migliaia di anni prima di vederla di nuovo da queste parti. A quanto pare, quest'anno si sta rivelando una vera sorpresa dal punto di vista astronomico: nei primi mesi del 2020 abbiamo potuto assistere a diversi eventi spettacolari quali la Superluna di marzo e l'attesissima eclissi della Luna piena del Cervo, ma le meraviglie astrali non sono ancora terminate. In questi giorni, infatti, è possibile ammirare il passaggio della cometa Neowise, che ammanterà la volta celeste con il suo chiarore ancora per qualche tempo. La cometa, il cui nome ufficiale è C/2020 F3, proviene dalla Nube Oort, ai confini del nostro sistema solare, ed è stata scoperta solamente nei mesi scorsi - tuttavia ha già incantato milioni di persone in tutto il mondo. Conosciuta ai più come Neowise, dal nome del satellite della NASA che per primo l'ha avvistata lo scorso 27 marzo 2020, la cometa è già passata accanto al sole sopravvivendo alle sue altissime temperature, e ora è visibile a occhio nudo dal nostro pianeta. Questo incredibile avvenimento sta tenendo tutti gli astrofili e i curiosi appassionati del cielo con gli occhi ben puntati sulla volta celeste: la cometa è infatti in procinto di avvicinarsi sempre di più alla Terra, regalando uno spettacolo davvero affascinante. Dopo alcune recenti "delusioni" in ambito astronomico (le comete Atlas e Swan, molto attese in questo 2020, non hanno offerto una visione nitida del loro passaggio), Neowise splende nell'emisfero settentrionale con la sua coda lunga ben 17 milioni di km, la quale brilla di un intenso color giallo a causa delle polveri che la compongono, in grado di riflettere molto bene la luce del sole. Non a caso, questa è la cometa più luminosa degli ultimi anni. Lo spettacolo, iniziato nei primi giorni di luglio, durerà ancora poco tempo, e se non volete perdervelo dovrete affrettarvi: la prossima volta che passerà nei pressi della Terra sarà infatti non prima di 6000 anni. Come fare per vedere Neowise? Per altri due giorni, la cometa sarà visibile anche a occhio nudo a pochi minuti dall'alba, attorno alle 4 del mattino. Il corpo celeste si trova al momento presso la costellazione dell'Auriga, quindi dovrete dirigere lo sguardo verso nord-est, tenendo come punto di riferimento il pianeta A partire dall'11 luglio, la cometa si sposterà verso nord-ovest e il momento migliore per vederla sarà la sera, tra le 21 e mezzanotte. Secondo gli astronomi, lo spettacolo durerà fino alla fine di luglio: nel periodo compreso tra il 15 e il 23 del mese, Neowise sarà circumpolare dall'Italia e quindi visibile per tutta la notte. Proprio il 23 luglio, la cometa toccherà il punto più vicino alla Terra (a circa 100 milioni di chilometri dal nostro pianeta), e se all'epoca sarà ancora intatta offrirà la sua visuale più bella. In seguito, andrà pian piano scomparendo dai nostri cieli, perdendo intensità sino ai primi giorni di agosto. |
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