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Post n°564 pubblicato il 23 Aprile 2009 da Eva_8
 

PROVOCAZIONI Lo scrittore Jean-Louis Fournier ha scelto l'ironia per raccontare i due figli portatori di handicap. Due "spiritelli", "uccellini arruffati", li definisce nel suo libro. Un modo spiazzante di affrontare la sofferenza

di Fabio Gambaro
 
Sono fiero che siano diventati gli eroi di un libro, anche se non erano destinati a esserlo". Jean-Louis Fournier sta parlando di Mathieu e Thomas, i due figli gravemente handicappati che hanno impresso alla sua esistenza una traiettoria drammatica, trasformandola in una lunga e faticosa battaglia. Descritti come "marionette disarticolate", "uccellini arruffati", "spiritelli" con la testa "piena di paglia" e il corpo informe, i due sono gli imprevedibili e spiazzanti protagonisti di Où on va papa? (Stock), libro carico di amara e affettuosa autoironia che lo scrittore ha dedicato loro, ottenendo uno strepitoso successo. La storia infatti ha conquistato immediatamente il pubblico francese, diventando uno dei più clamorosi fenomeni editoriali degli ultimi tempi. Con quasi cinquecentomila copie vendute, il libro, che ha anche vinto il Prix Femina, è in testa alle classifiche da oltre venti settimane ed è in corso di traduzione in tutto il mondo (in Italia Dove andiamo papà?, pubblicato da Rizzoli dieci giorni fa). "Dato che la natura è stata dura con i miei figli, volevo che almeno la letteratura fosse generosa nei loro confronti", racconta Fournier, accogliendoci nella sua bella casa con giardino, nascosta in un quartiere di Parigi che sembra un villaggio di campagna. "Mathieu e Thomas non hanno avuto una vita sociale, intellettuale o affettiva. In un certo senso, ho voluto risarcirli attraverso la scrittura, facendoli conoscere agli altri. Oggi molte persone mi chiedono loro notizie. Sarà simbolico, ma è pur sempre qualcosa". In passato lo scrittore - viso da Geppetto stralunato, capelli d'argento e occhialini tondi sul naso - non aveva mai parlato dei suoi figli, forse per vergogna o perché insofferente alla compassione altrui. Un giorno però ha trovato la forza di mettersi davanti al computer per raccontare con leggerezza la loro storia tragica, il loro universo impenetrabile e la vita quotidiana che spesso si trasforma in commedia dell'assurdo. Come quando Thomas ripete centinaia di volte l'unica frase che è capace di dire. "Dove andiamo, papà?". Pagina dopo pagina, Fournier evoca le tappe della loro vita e contemporaneamente mette a nudo i propri sentimenti. Con onestà disarmante racconta i sensi di colpa e di sconfitta, l'orgoglio ferito e la sua frustrazione di padre impotente di fronte a quei due figli "non come gli altri". Insomma, una realtà triste e drammatica che però paradossalmente non dà luogo a un libro cupo o patetico. Al contrario, Où on va papà? è lieve, miracolosamente in equilibrio sul filo dell'ironia. Fournier, infatti, non sopporta le facce da funerale e preferisce il sorriso, osando l'impossibile: ridere di sé e dei propri figli: "Nella nostra società, di fronte a una disgrazia o a un problema, occorre mostrarsi tristi e disperati. Chi non lo fa, è sospettato d'essere una persona senza cuore. In realtà quando soffriamo abbiamo maggior bisogno di ridere". Soffrire, amare e scrivere Anche così si spiega il successo di un libro che "non è né triste né lacrimevole. Il lettore non vi trova nulla di ciò che normalmente si aspetterebbe da un padre che parla dei figli debilitati da un gravissimo ritardo fisico e mentale", sottolinea Fournier, le cui pagine, prive di compiacimento esibizionistico, sono a tratti esilaranti. "Chi non frequenta i portatori di handicap si sente in imbarazzo di fronte a loro e non sa come comportarsi. Non osa ridere dei loro comportamenti sorprendenti. Chi li frequenta, invece, sa che possono essere molto divertenti, anche se in maniera inconsapevole. Perché il loro è surrealismo involontario". Ma Dove andiamo papà? sembra essere riuscito a liberare i lettori da questa paura. "Le sue pagine mi hanno autorizzato a ridere delle mie disgrazie", gli ha scritto senza tanti giri di parole una lettrice nella stessa situazione. Senza dimenticare che proprio l'approccio ironico spinge il lettore a guardare con altri occhi i portatori di handicap e più in generale i deboli e i diversi, invitandolo a riflettere sulla loro condizione emarginata all'interno di una società ossessionata dal culto della performance. E che avesse centrato l'obiettivo, Fournier se n'è reso conto quando ha presentato il volume ai librai. All'inizio se ne stavano zitti e seri, ma poi, vedendo che lo scrittore si prendeva gioco di sé e dei suoi drammi, hanno iniziato a sorridere. "Si sono resi conto che potevano ridere, senza che ciò significasse mortificare i miei figli. Come ho fatto io tante volte; di fronte alle loro stravaganze mi è capitato spesso di scoppiare a ridere, ma non certo per umiliarli. Al contrario, era un modo d'essere vicino a loro. Una forma di tenerezza. Ridere è una cosa bellissima e importante". A Fournier è sempre piaciuto ridere e scherzare. Soprattutto delle cose serie e delle sfortune che gli sono capitate nella vita. Prima dell'enorme successo di Où on va papa?, aveva avuto una lunga carriera di regista e documentarista per la televisione, a cui ha affiancato la produzione di cartoni animati e soprattutto la pubblicazione di libri sempre caratterizzati da una pungente ironia. Il primo, una ventina d'anni fa, fu una grammatica impertinente per "far ridere gli studenti che da sempre soffrono di fronte alle regole della lingua". Da allora ne sono seguiti altri, quasi tutti improntati allo stesso principio dissacrante. Come ha scritto il Nouvel Observateur, Fournier "appartiene alla famiglia dei melanconici allegri e degli adepti dell'humour nero". Ha dissacrato l'aritmetica, la vecchiaia e le regole della buona educazione, affrontando anche temi più personali e drammatici, fin dal libro nel quale ha raccontato in maniera impertinente il dramma di suo padre alcolizzato. "In fondo, ho scritto tutti i miei libri solo per prepararmi a Dove andiamo papà?", confessa oggi. "Avevo bisogno di affinare lo stile ironico e autoironico che mi ha permesso di affrontare il dramma di Mathieu e Thomas". Oggi Mathieu non c'è più, è morto durante un'operazione delicata. Thomas, che ormai ha quarant'anni, vive invece in un centro specializzato. Dopo di loro, Fournier ha avuto una terza figlia che gode di ottima salute. E a poco a poco la sua vita è diventata più tranquilla. "Avere due figli handicappati a due anni di distanza l'uno dall'altro è come vivere due volte un terremoto. Per anni ho passato quasi tutto il mio tempo a risolvere un'infinità di problemi materiali, organizzativi ed economici. Non avevo il tempo per scrivere e nemmeno ci pensavo. E poi, se all'epoca avessi scritto un libro, sarebbe stato un libro terribile, nel quale avrei maledetto i miei figli e rimproverato loro di aver distrutto la mia vita". Per rievocare il suo dramma, ha dovuto lasciar passare gli anni e prendere le distanze. "Non volevo essere patetico, ma nemmeno apparire cinico. Scrivendo ho scoperto quanto ero attaccato a Mathieu e Thomas, quanto li amavo e quanto mi hanno dato con la loro umanità così diversa da quella cui siamo abituati. Ho capito che l'ironia era un modo per nascondere il mio dolore. In realtà, più che dei miei figli, mi prendo gioco delle mie reazioni e delle mie emozioni". Debolezze e superuomini Il successo del libro ha proiettato Fournier sulla scena pubblica. Oltre che nelle librerie, oggi viene invitato in ospedali e centri specializzati. Inviti a cui però spesso si sottrae, rifiutando il ruolo dell'esperto. "Non mi sono interessato dell'handicap. È l'handicap che si è interessato a me", dice sorridendo, aggiungendo che vorrebbe soltanto contribuire a cambiare lo sguardo della società sui portatori di handicap. "Queste persone diverse dalle altre svolgono un ruolo sociale e ricordano alla società che non esistono solo i superuomini. Se così fosse, sarebbe una società intollerabile", ammonisce. E conclude: "I portatori di handicap ci ricordano che esistono debolezze che domandano solidarietà, che i forti devono preoccuparsi dei più deboli, perché non tutti possono essere vincitori e primi della classe". (Da La Repubblica delle donne)
Ecco una persona che ha impostato il suo rapporto con i figli come me.
Ed ha avuto l'ottima idea e la capacità di tirarci fuori un libro.
Anche io ho affrontato la vita diversa di Lalla con molta ironia. Ridere e sorridere per sdrammatizzare o semplicemente perchè si scaricano delle tensioni che accumuliamo in tante situazioni che ci fanno soffrire, è un modo positivo di stare con i figli, senza disperarsi o colpevolizzarsi anche se come dice l'autore si ironizza per nascondere il dolore.
Probabilmente col passare del tempo ci si rende conto che il figlio disabile ci aiuta a reimpostare le nostre scale dei valori. Tutti i nostri progetti saltano, niente è uguale a prima e si va avanti  in continuo adattamento.
Pensavo al titolo che avrei potuto dare al mio libro:   "Prrrrrrrrrrrrrrrrrr!" è la pernacchia che Lalla fa per esprimere parere negativo o anche per prenderci decisamente per i fondelli quando le stiamo intorno e le facciamo domande che la scocciano.
Anche Lalla  si rivolge a noi con ironia e credo che questa sia una bella compensazione, per lei che si toglie lo sfizio di mandarci a quel paese quando vuole e per noi che quando scherziamo sappiamo che saremo facilmente corrisposti.
Leggerò quanto prima questo libro, vorrei che lo facessero in tanti come sta succedendo in francia. Si parla tanto di barriere, si insiste su quelle culturali, ma qui da noi sono grandi pure quelle architettoniche. Una risata servirà ad abbattere il muro del pietismo e della paura?
Eva                      
                         Lalla che ride
 
      Come si fa a non essere fieri di una risata come questa? 
 
 
 
 
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la cerchiam tutte le sere

su venitela a vedere!

Vola e accende le stelline

tremolanti e birichine.

Non si stanca, non si ferma

finchè tutto il paradiso

non  risplende del suo viso. 

Principessa scendi giu!

qui nei nostri cuori vuoti,

sentiremo quel calore

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e vedremo il tuo sorriso

che ci dice ogni momento:

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sotto al grande firmamento…..

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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