Creato da goblins76 il 23/07/2006

STRISCE BIANCONERE

notizie e commenti sul mondo del calcio e dello sport in generale

 

Juve: non si vede la fine della crisi

Post n°336 pubblicato il 18 Gennaio 2010 da goblins76
 

Dopo l’illusorio successo in Coppa Italia sul Napoli, la Juventus di Ciro Ferrara ritrova il feeling con la sconfitta: l’inguardabile formazione bianconera perde 1-0 sul campo del Chievo collezionando il quinto k.o. nelle ultime 7 gare di campionato. La discesa verso le zone anonime della classifica prosegue senza interruzioni e il quinto posto è una realtà per i torinesi, fermi a quota 33 dal 6 gennaio. Ferrara sfata un altro tabù: il Chievo, dal 2001 ad oggi, non aveva mai battuto la Juventus in una gara di Serie A. Con la nitida vittoria diventano 27 i punti dei veneti che marciano senza patemi verso la salvezza. La squadra di Domenico Di Carlo può sorridere dopo una prestazione incoraggiante: i veneti mettono in campo corsa e schemi. Tutto il contrario rispetto alla Juve che rischia di finire al tappeto prima ancora che gli spettatori prendano posto sugli spalti.

Pronti, via e il Chievo sfiora il gol. Abbruscato, dopo appena 45 secondi, si presenta davanti a Buffon: il portiere, al rientro dopo un mese di stop, salva con un intervento provvidenziale. Dopo il lampo iniziale, il match non decolla: le pessime condizioni del terreno non aiutano le due squadre. La Juve, con l’ultimo arrivato Paolucci in attacco a far coppia con Del Piero, non punge per niente. Il Chievo cerca di sfruttare gli spazi che gli ospiti concedono: al 24’ serve una chiusura provvidenziale chiusura di Melo per fermare Rigoni. La Juve trema al 29’: Chiellini spedisce nella propria porta il pallone crossato da Pinzi, ma l’autogol è cancellato per una spinta di Abbruscato ai danni del difensore bianconero. Il vantaggio dei gialloblu è solo rinviato e arriva, meritato, al 33’. Sardo, contrastato in maniera comica da De Ceglie, può calciare senza problemi da 20 metri: palla all’angolo basso, 1-0.

Chi si aspetta la reazione della Vecchia Signora rimane deluso: in campo c’è solo il Chievo che, senza strafare, va vicino al bis con Luciano che al 43’ non inquadra la porta da posizione defilata. All’intervallo, la prestazione della Juve si riassume con lo zero: niente gol, niente tiri, niente occasioni. L’inizio della ripresa non propone variazioni: nell’area di Sorrentino arriva solo una punizione di Diego al 50’. Al 66’ Del Piero, invisibile per un’ora, regala al portiere gialloblu una punizione soft: Sorrentino compie la prima parata della sua giornata.

La Juve alza la voce solo per protestare contro l’irruenza di Granoche: l’attaccante del Chievo tocca pochi palloni ma in compenso usa molto i gomiti. Stende Grygera e concede il bis con Zebina, prima di rifilare una tacchettata al naso di Cannavaro. Il difensore centrale rimane in campo e al 76’ cerca fortuna nell’area avversaria: Sorrentino non ha problemi e può godersi da spettatore il finale: la Juve, fedele al copione seguito per tutto il giorno, non tira fino al 90’.

A caldo, dopo un incontro negli spogliatoi, Ciro Ferrara è amareggiato. «E’ un periodo negativo, e non voglio trovare degli alibi. Non voglio pensare alle assenze, oggi avevo una rosa ristretta ma chi è andato in campo ha cercato di dare il massimo. Abbiamo subito la rete ma non abbiamo avuto una grandissima reazione, non abbiamo creato occasioni. Nel finale abbiamo provato il tutto per tutto, di sicuro giocare una partita del genere su un campo così non è da serie A. Ma il campo era lo stesso per noi e per loro». Che cosa si può fare per risollevare la squadra? «Ci sono giocatori che non sono in grossa condizioni, ma non ho tante scelte: gli uomini sono contati. Qualcuno avrebbe bisogno di rifiatare, ma in questo momento non ce lo possiamo permettere. Dal punto di vista del morale i ragazzi sono penalizzati». Ferrara non intende però gettare la spugna: «La dirigenza deve valutare la squadra, l’allenatore, ma se il problema è l’allenatore la società me lo verrà a dire. Ma direttamente non mi è mai stato detto, anche se si parla, e si ragiona. In questo momento si prospetta una qualsiasi tipo di valutazione. Io sono convinto che la squadra abbia dei valori che in questo momento non riesce ad esprimere». Secondo Ciro il problema non è il modulo, che può variare ma non troppo dal rombo con Diego dietro le due punte. «In questo momento è giusto fare giocare i giocatori nei ruoli che hanno sempre ricoperto, sarebbe inutile portare Diego sull’esterno e snaturarlo. L’intenzione è dare certezze ai ragazzi e metterli nelle condizioni migliori per esprimersi». La via d’uscita? «Non va bene niente- ragiona Ferrara- se il problema è il tecnico la società lo valuta e giudica ci conseguenza. Ci sono state sette sconfitte, ma cerco di migliorare e di far sentire la fiducia, lavorando sull’autostima. Io ci credo ancora, fortemente».



Il numero uno era al rientro, dopo l’operazione al menisco, e sperava di ritrovarsi dentro una scenografia più accogliente: «L’auspicio era quello di rientrare con una vittoria, e non certo così, ma la prestazione che abbiamo fatto non poteva portarci più in alto». Panorama desolante, insomma: «Quello che si vede - continua nell’analisi il portiere bianconero - è che in trasferta le squadre ben organizzate riescono comunque a creare quattro, cinque occasioni, e ci sta. Ci sta di meno che noi non riusciamo a creare lo stesso, a impensierire i nostri avversari. E quando sei sterile, finisce che gli altri ne approfittano». Ieri l’ha fatto Sardo con un rasoterra tracciato in una foresta di gambe, avvistato troppo tardi da Buffon. Che, al pronti e via, aveva già fatto un mezzo miracolo, stoppando il tiro di Abbruscato, lasciato in terre desolate, in area bianconera però.


Si presenta abbacchiato, arrabbiato e deluso, Giorgio Chiellini, che pigia l’allarme: «Non è vero che non ci sono obiettivi o stimoli - avverte il difensore juventino - perché la verità è che qui rischiamo di stare fuori dalla Champions League». D’altronde, lui è da settimane che lo va dicendo. E non perché non abbia voglia di vincere, o ambizione, solo non vuole andare in giro a raccontar frottole: «Allo scudetto non ci pensiamo già da Natale - aveva detto Chiello - anzi, dobbiamo essere concentrati per qualificarci alla Champions League». La sceneggiatura continua a essere disastrosa, e per essere chiaro, Chiellini non bada troppo alla forma: «A fare figure di m. non piace a nessuno». Fin troppo chiaro. E di farle, i giocatori sono stufi. Però, difende l’allenatore, perché basta accennargli l’argomento dell’esonero che subito ti stoppa: «Cambiare tecnico? In campo ci andiamo noi».

L’impegno non è in discussione, e neppure progetti di ammutinamento: «Da parte di tutti c’è stato il massimo impegno, e anche con il Chievo ce l’abbiamo messa tutta». Si parla, e ci si confronta, ma sul campo tutto pare tragicamente immutabile: «I risultati ci girano contro - continua il difensore - e non riusciamo a creare un’azione. Anche sfortunati, perché neppure ci entra un tiro della domenica. Inutile, facciamo fatica». Il dramma è che il copione è sempre lo stesso. Una vittoria, una sconfitta, e via così. Da settimane. Alla fine diventa pure un tarlo mentale: «Abbiamo sette giorni per recuperare - dice ancora Chiellini - e per azzerare la testa. Però tra la partita di oggi, la vittoria di Parma e la sconfitta con il Milan non c’è differenza: sono tre partite che non tiriamo in porta». Colpa della squadra, dunque, non di altri. Senza troppi alibi, men che meno della contestazione dei tifosi, che anche ieri s’è alzata dalla curva, dal primo minuto: «Dispiace, ma in campo non si sente nemmeno».

 
 
 

Brazzo ci pilota fuori dalla crisi

Post n°335 pubblicato il 06 Gennaio 2010 da goblins76
 

La Juventus conquista a Parma tre punti importanti per la classifica e per il morale. Salihamidzic e poi un’autorete di Castellini, dopo il momentaneo 1-1 di Amoruso, hanno permesso alla squadra di Ferrara di uscire almeno per il momento da un periodo di crisi di risultati. L’unico neo per i bianconeri è rappresentato dall’infortunio di Trezeguet (la cui entità è da valutare) e l’espulsione con conseguente squalifica per Caceres che salterà così la sfida con il Milan.

Guidolin sceglie Biabiany da affiancare ad Amoruso per l’attacco, mentre Ferrara schiera Diego a far da spalla a Trezeguet. I bianconeri passano in vantaggio già dopo 3’ grazie a Salihamidzic, alla seconda marcatura consecutiva. Diego batte un angolo, Chiellini smorza di testa in area e il bosniaco ribadisce in rete alle spalle di Mirante. Il Parma cerca la reazione con Biabiany particolarmente in evidenza, ma Manninger si disimpegna senza problemi, ma nulla può al 25’ quando Legrottaglie si fa anticipare di testa in area da Amoruso che mette alle spalle del portiere austriaco trovando così il pari.

Il gol galvanizza ancora la formazione emiliana che prova a segnare il raddoppio prima con Galloppa e poi con Amoruso. Al 39’, però, è la Juve a passare ancora una volta in vantaggio grazie ad una clamorosa autorete di Castellini: Diego crossa dalla sinistra, Grosso devia leggermente ed il difensore parmense di testa mette alle spalle del proprio portiere. Nella ripresa, è la squadra di Guidolin a cercare con insistenza la via della rete, mentre la Juventus si difende e tenta la carta del contropiede.

Tra gli emiliani al 21’ entra anche Bojinov per Castellini e la pressione dei padroni di casa lascia in dieci la Juve: l’uruguaiano Caceres, infatti, viene espulso al 28’ dall’arbitro Rizzoli per somma di ammonizioni. Ferrara si cautela facendo entrare Grygera per Diego e poco dopo De Ceglie prende il posto di Salihamidzic; dall’altra parte Guidolin tenta il tutto per tutto inserendo il quarto attaccante: Paloschi sostituisce Galloppa ed Amoruso al 40’ sfiora il pari, ma il suo tiro finisce di poco fuori. Il finale è un forcing parmense, ma la difesa della Juve fa un buon lavoro ed i bianconeri tornano a casa con tre punti preziosi.

«Non ero preoccupato per la panchina, ero preoccupato per i problemi da risolvere», Ferrara esordisce così dopo la vittoria esterna sul Parma. «Dobbiamo ritrovare spirito ed entusiasmo dopo le ultime sconfitte - prosegue l'allenatore bianconero -. La sosta forse ci ha aiutato a stemperare le tensioni e oggi abbiamo vinto una gara importante». Contro il Parma la Juve si è schierata con un inedito 4-4-2, con il brasiliano Diego molto avanzato: «Volevamo tenerlo più vicino alla porta del Parma. Non ha tirato ma è stato comunque bravo a creare pericoli», ha concluso Ferrara.

 
 
 

Necessario un vero Direttore generale

Post n°334 pubblicato il 13 Dicembre 2009 da goblins76
 

TORINO, 13 dicembre - A capo di una nottata tutta sbagliata, l’ennesima, diventa priorità la rifondazione. Non la prima dall’anno di disgrazia 2006, ma quella decisiva, netta. Ecco, è il momento di ripartire da zero. O quasi. Troppi i veterani che hanno chiuso o stanno concludendo un ciclo. Troppi gli acquisti rivelatisi sbagliati. La Juve ha investito parecchio sui giovani, ora è il caso di puntare su di loro. E l’allenatore, ora che è evidente il fallimento di Ciro Ferrara, scommessa che sembrava corretta e invece si è rivelata azzardata, dovrà essere più tutelato dal club. E l’unica soluzione è individuare un direttore generale che abbia carta bianca sulla gestione tecnica e che collabori e dia indirizzo ad Alessio Secco (l’operatore di mercato). Vedere lo stesso Secco in panchina a Bari è parso il tentativo di un club che ha chiaro in testa cosa non funzioni, ma non abbia le alternative. Così, nel caos derivato dall’assenza di gioco e risultati, dalla perdita di fiducia, tutti finiscono allo sbando, naufragano.

IL DG - Cosa sia successo dopo l’incoraggiante av­vio di stagione resterà probabilmente nel segreto dello spogliatoio, però è evidente che qualcosa sia cambiato. E che si sia smarrita la strada. Avrebbe potuto perderla anche il Milan, dopo l’inizio sta­gione assai deludente e molto problematico. Ma l’intervento di Galliani a sostegno del progetto tecnico è stato risolutivo. Questo non è avvenuto in casa bianconera. Laddove ieri sera non è basta­to l’orgoglio, né poteva visti gli evidenti problemi di natura tecnica e le incomprensioni. È un pro­blema complesso e composito quello che accompa­gna la Juventus. Che la scorsa estate aveva scelto di investire pesantemente per sfidare l’Inter. Ma non possono essere due giocatori a cambiare il corso. Non c’è più tempo per correggere, è arrivato il momento delle scelte estreme e decise. Da parte della società che avrebbe dovuto prenderle prima (magari sin dal ritorno in A) e invece ha cercato di cambiare poco alla volta. Bruciando solo allenato­ri. Una società che ha bisogno come dell’ossigeno di essere implementata. Da un direttore generale, un uomo esperto, di calcio. Che abbia le conoscen­ze e il carisma per essere ascoltato e rispettato da­gli atleti. E che sia in sintonia con l’allenatore. Ov­vero che scelga lui la via tecnica.
 
L'OMBRA DI BETTEGA - Intanto però potrebbe tornare Roberto Bettega in società anche se Blanc precisa: «La società andrà ad organizzarsi e rinforzarsi quando ci sarà bisogno, ho la capacitù di prendere decisioni in un senso o nell'altro - spiega Blanc -. Anche se ho letto cose diverse credo che come siamo adesso andiamo bene».

 
 
 

Meglio un buon film

Post n°333 pubblicato il 12 Dicembre 2009 da goblins76
 

Il Bari ha sconfitto la Juventus per 3-1 stasera al ’San Nicolà di Bari nell’anticipo serale della 16.ma giornata del campionato di Serie A. I pugliesi, raggiunti al 23’ dal gol bianconero di David Trezeguet dopo il vantaggio ottenuto al 7’ con Riccardo Meggiorini, si sono imposti grazie ai gol di Paulo Vitor Barreto al 44’ su rigore e Sergio Almiron all’81’. Al 68’, sul punteggio di 2-1 per il Bari, Diego ha spedito sopra la traversa il calcio di rigore del possibile pareggio juventino.

Dopo la sconfitta odierna, caduta a quattro giorni dalla traumatica eliminazione dalla Champions League, la Juventus resta terza in classifica a quota 30 punti dietro ad Inter (35) e Milan (31).

 
 
 

Maifredi:" Con questa juve vincerei lo scudetto"

Post n°332 pubblicato il 12 Dicembre 2009 da goblins76
 

 

L’ex allenatore della Juventus Gigi Maifredi, nel corso della trasmissione radiofonica in onda su RADIOERRE2 “Tutti pazzi per la Juve”, ha prima lanciato pesanti frecciate verso il neo-allenatore juventino Ciro Ferrara ed è poi ritornato sul suo passato bianconero, indicando quelli che davvero ritiene come i veri colpevoli di quel fallimento. Alla fine ha voluto dire la sua anche su Calciopoli, da lui definito un “teatrino per far fuori Moggi e Giraudo”.

“Ciro è stato un grandissimo giocatore. Nella mia carriera da allenatore ho provato in tutti i modi ad averlo in squadra ma allenare è un’altra cosa. Lui non era assolutamente pronto per una squadra come la Juventus. Se invece la scelta della società è stata fatta per il futuro è ancora più sbagliato perché alla Juve si gioca solo per vincere e non si può aspettare che uno faccia esperienza a Torino. L’unica analogia che vedo tra questa e la mia Juve è la mancanza alle spalle dell’allenatore di una società esperta e competente. Sulla qualità della rosa non scherziamo invece.
Io al posto di Ferrara sarei già sopra l’Inter ed in testa alla classifica.
Con una squadra con 4/5 di difesa della Nazionale, Sissoko, Camoranesi, Diego, Melo ed il parco attaccanti che la Juve si ritrova io mi metterei a fumare, mi siederei con calma in panchina ed a fine gara chiederei solo con quanti goal di distacco si è vinto..
Il 4-2-3-1 provato in questa stagione è in assoluto il modulo peggiore per questa squadra.
E che dire poi di Del Piero? Lui è un fuoriclasse assoluto ma o lo si fa giocare da seconda punta o bisogna avere il coraggio di mandarlo in panchina. Questa Juve può giocare solo con il 4-3-1-2 o con il 4-4-2 magari mascherato da 4-3-3.”

“Quando nel 1990 fui scelto dalla Juve per allenarla toccai il cielo con un dito. Io sono juventino sin da piccolo e tutt’ora sono rimasto bianconero nel cuore. Purtroppo anche se in quel momento ero il miglior tecnico in grado di allenare la Juve e trasportarla nel cambiamento epocale del passaggio dal gioco a uomo a quello a zona, non mi resi subito conto dell’importanza del ruolo che ricoprivo. Iniziai subito malissimo con la Supercoppa ma non fu solo colpa mia.  Mi venne detto in Società che potevo prepararla senza patemi tanto era un trofeo che non aveva nessun valore. Ed è la che cominciai a capire che qualcosa non andava nella nuova dirigenza appena orfana di un monumento come Boniperti, perché io sapevo che invece la Juve da sempre lottava solo per vincere.
E’ anche vero che sono stato un asino a non accettare il triennale che mi era stato proposto ad inizio stagione, ma alla base del mio licenziamento c’è stato soprattutto il litigio pre-natalizio avuto con la Dirigenza.
Ero ancora furioso per aver gettato al vento il primo posto per colpa di un pareggio casalingo contro il Cagliari, e mi stavo mangiando la squadra quando scopriì che la Società invece di sostenermi stava pensando ad organizzare la festa natalizia. Scrivetelo, è questa la vera causa del litigio, altro che tutte quelle menzogne lette in questi anni.
E poi in quell’anno non fummo per niente tutelati a livello arbitrale, basti ricordare che la fondamentale gara persa contro la Sampdoria fu decisa da un rigore inesistente per fallo presunto di Galia su Mancini.
Noi eravamo una pianta in mezzo alla foresta, per la prima volta nella storia la Juve poteva esser attaccata.
Alla base di tutto questo c’era la mancanza in società di una figura forte come Boniperti, di un tutore come Moggi.
Montezemolo praticamente non c’era mai per i suoi mille impegni in giro: 2 giorni in America, 2 a Zurigo, l’incarico da dirigente in RCS ed inoltre viveva a Roma… Poi dopo la sconfitta di Genova ricordata prima, la stampa di Torino, che si sa bene è in prevalenza di fede granata, iniziò una campagna denigratoria contro di me ed è andata come tutti sapete.
Ma io ho fallito solo la qualificazione alla finale di Coppa delle Coppe ma nonostante questo tutt’ora quando incontro Roberto Baggio ancora si scusa per gli errori di quella sera.  In campionato mi era stato chiesto solo di fare un campionato di transizione…. Se fossi rimasto sulla panchina della Juve l’anno dopo avrei vinto lo scudetto ed avremmo costruito un ciclo di vittorie!”

“Calciopoli? Meglio stendere un velo pietoso su questa vicenda. Ve lo dico, Moggi e Giraudo avevano già comprato Gerrard e Cristiano Ronaldo. Si erano gettate le basi per un dominio bianconero che sarebbe durato almeno 20 anni ed allora hanno dovuto per forza inventarsi uno scandalo che uccidesse una squadra del genere.
E la nuova proprietà Juve ne è stata complice. Ma dove si è visto mai un avvocato difensore che ancora prima di esser giudicato va davanti alla giuria e patteggia una pena congrua?”

 
 
 

Ciro: "Mollare Mai"

Post n°331 pubblicato il 12 Dicembre 2009 da goblins76

TORINO
Ferrara, dopo quanto è successo con il Bayern si sente in bilico?
«No e avverto fortemente la stima e l’apprezzamento della società per il mio lavoro: sono un allenatore alle prime armi e devo crescere. Il problema è che c’è poco tempo».
Dunque non ha mai pensato di dimettersi?
«Non ci penso proprio».
Nonostante le critiche?
«Dopo l’eliminazione dalla Champions League mica potevamo essere elogiati: nel bene e nel male bisogna andare avanti e sopportare le critiche, rifiutando quelle prevenute e cattive. Per il resto ci sta tutto».
Fa un esempio di critica prevenuta e cattiva?
«Chi sa leggere se le vada a riguardare. Qualcosa non torna: anche all’inizio della stagione, quando vincevamo, più del risultato si sottolineavano le occasioni che lasciavamo agli avversari».
Forse era soltanto preveggenza. Quei difetti non sono stati capiti né corretti e vi hanno portato a questo punto.
«Però c’è chi, dopo l’eliminazione, ha criticato costruttivamente e chi va oltre, sul pesante: è un gioco che non mi piace, io sto tranquillo ma prima o poi restituisco tutto al mittente. Il libro nero l’ho già aperto da un po’».
Si sente attaccato come Ranieri l’anno scorso?
«Un’altra domanda».
Con che spirito può ripartire?
«Le persone forti e intelligenti devono reagire quindi siamo tenuti a farlo. Contro il Bayern non abbiamo fatto quanto ci si attendeva: incassiamo le critiche, le mazzate e andiamo avanti. Bisogna avere coraggio senza mettere giù la testa».
Crede che a qualcuno dei suoi martedì sera sia mancato proprio il coraggio?
«Non penso che i miei giocatori avessero paura di sbagliare: non è stato questo il problema. La delusione è stata forte, la sconfitta brucia. Ho detto a loro le stesse cose che ripeto a tutti: dobbiamo crescere».
Tre giorni prima della Coppa, contro l’Inter, si era vista un’altra Juve. Come lo spiega?
«È la dimostrazione che ogni partita fa storia a sé».
La storia con il Bayern è meglio non raccontarla. Non è soprattutto il modo in cui siete stati battuti a rendere grave l’eliminazione europea?
«Uscire sarebbe stato comunque il fastidio più grande: certo, il modo in cui è successo non aiuta a superarlo».
Lei usa molto i concetti di gruppo, di impegno, di motivazione. Dopo ogni sconfitta la ricetta sembra soltanto psicologica. Dunque la tecnica di chi sbaglia passaggi di 2 metri e l’organizzazione tattica che non si è vista in Coppa non contano più?
«Non le ho mai messe in secondo piano però se parla con i giocatori capirà che, oltre al modulo e alle tattiche, danno importanza ad altre cose».
Lei insiste su questo tipo di gioco o cambia?
«Non c’è nessuna revisione tattica. Mi sembra di vivere in un altro mondo: io non cambio modulo così sono tutti contenti. Questi discorsi mi hanno già rotto le scatole, ne avete scritte di cose sul modulo...».
Qui non si discute di formulette ma di come la Juve si allena e di come sta in campo.
«Noi lavoriamo su tecnica, tattica, corsa. Su tutto».
Lavorerete anche sui tanti gol presi su calcio piazzato?
«Per quello ci sono poche scuse e nessun alibi. Non è una questione di modulo o di quanto si corre: lì conta l’attenzione che va migliorata».
Almeno sappiamo che qualcosa non va nel concreto.
«Non ho mai negato che in alcune partite abbiamo incontrato difficoltà a concretizzare in attacco, in altre potevamo fare meglio in difesa. Sono cose che sappiamo».
Non interverrà su alcuni giocatori chiaramente in confusione? A Felipe Melo, ad esempio, non servirebbe una sosta più lunga della giornata di squalifica che lo fermerà con il Bari?
«Non farò niente di specifico. Il momento e la sconfitta ci coinvolgono tutti: i brasiliani non sono più responsabili di quanto lo sia io o gli altri».
Però Melo, Diego e anche Amauri stanno deludendo più degli altri. Come può intervenire?
«Anche loro sanno che devono migliorare. Tutto qui».
Perché ha permesso a Buffon di rinviare ancora l’operazione al ginocchio?
«Perché è un bel gesto. E’ l’ulteriore dimostrazione di quanto sia grande e importante per la squadra: vuole essere vicino ai compagni e alla società».
Però con questo ritardo diventa quasi impossibile che recuperi per il 10 gennaio con il Milan.
«Il rischio ci sarebbe stato anche se si fosse operato mercoledì scorso».
Contro il Bari e il Catania vi giocate l’ultima credibilità?
«Ce la giochiamo tutti i giorni ma restiamo lucidi e sereni: non possiamo andare a Bari carichi di pressione. E se avremo la stessa umiltà che dimostra il Bari faremo bene».
(La Stampa)

 
 
 

Lippi crede nella Juve

Post n°330 pubblicato il 12 Dicembre 2009 da goblins76
 

NAPOLI, 12 dicembre - «La Juve ha tutto quello che le serve per riprendere il suo cammino, nella società, nello staff tecnico e nel parco giocatori». Così Marcello Lippi riguardo al momento che sta attraversando la Juventus. Lippi oggi è a Napoli, all'ospedale Monaldi per partecipare alla festa di Natale, nell'aula magna del nosocomio, organizzata dall'Associazione "Obiettivo Cuore Abc" (Associazione bambini cardiopatici) insieme ai clown di dottor sorriso e alla Fondazione Cannavaro-Ferrara. «Gioca stasera - ha aggiunto Lippi - vediamo cosa farà. Certo, non viene da un periodo felicissimo. Ma Ferrara non ha bisogno di consigli».

«SPALLETTI TORNERA' ANCORA PIU' PREPARATO» - Lippi ha commentato anche l'addio al calcio italiano dell'ex tecnico della Roma Luciano 
Spalletti da ieri sulla panchina dei russi dello Zenit Sampietroburgo. «Se gli allenatori italiani migliori vanno via vuol dire che torneranno più bravi e completi». «Viviamo nell'era della globalizzazione. Prendiamo il caso del calcio inglese - ha spiegato Lippi - i club sono di proprietà russa, araba, americana; gli allenatori sono spagnoli, italiani, portoghesi; in Premier league giocano calciatori di tutto il mondo. È così. Gli allenatori italiani sono molto preparati e sopratutto sono abituati a qualsiasi tipo di pressione come meglio non si potrebbe. Ma, come i calciatori che arrivano in Italia e dall'Italia vanno all'estero l'andazzo è questo. Sono esperienze e culture che si mescolano».

«SI VINCE GRAZIE A MODULI DIVERSI» - Lippi poi ha tracciato un bilancio tecnico dopo la fase a gironi di Champions League: «Non c'è niente di nuovo - ha detto il ct della nazionale - ho notato però una migliore capacità di organizzazione con combinazioni di moduli diversi anche tra squadre delle stesse nazioni. Questo dipende molto da quella mescolanza di cui ho fatto riferimento. Nelle nazionali però si cerca di mantenere la filosofia di appartenenza di ciascuna».

«NO ALL'ESTERO» - Alla domanda se gli piacerebbe allenare all'estero, Lippi ha risposto con un secco no. Infine il tecnico viareggino ha detto che la squadra che finora gli è piaciuta di più è stata il Barcellona.

«BALOTELLI? PARLERO' AL MOMENTO GIUSTO» - «Sarò io che parlerò al momento giusto, e non è questo». Così il ct della nazionale italiana Marcello 
Lippi ha riposto ai giornalisti che gli hanno chiesto se Balotelli sarà convocato o meno in nazionale in vista dei mondiali in Sud Africa. Anche riguardo a Cassano, Lippi ha detto: «Vuoi potete parlare di quello che volete ma sono io che poi parlerò al momento giusto di quello che voglio».
(Tuttosport)

 
 
 

Disfatta

Post n°329 pubblicato il 08 Dicembre 2009 da goblins76
 

La Juventus è stata eliminata dalla Champions League. I bianconeri nell’ultima giornata del Gruppo C sono stati sconfitti per 4-1 dal Bayern Monaco a Torino chiudendo il girone al terzo posto. I tedeschi, andati sotto per effetto del gol di David Trezeguet al 19’, hanno rimontato con i gol del portiere Hans Joerg Butt su rigore al 30’, di Ivica Olic al 52’, Mario Gomez all’83’ e Anatolij Tymoshchuk al 93’. Il Bayern Monaco passa agli ottavi di finale al secondo posto dietro al Bordeaux. Alla Juventus, terza davanti ai modesti israeliani del Maccabi Haifa, sarebbe bastato un pareggio per superare la fase a gironi.

Una sconfitta amara, che palesa enormemente i limiti di questa squadra, lontana parente della juve sbattuta in B ingiustamente dopo 2 scudetti stravinti sul campo.

Oggi, siamo qui a commentare una juve piccola, molto piccola, da ricostruire dalle fondamenta, dirigenti compresi.

 
 
 

Vittoria d'orgoglio

Post n°328 pubblicato il 05 Dicembre 2009 da goblins76
 

Un gol da cineteca di Claudio Marchisio ha consentito alla Juventus di sconfiggere l’Inter per 2-1 e frenare la fuga dei nerazzurri, ora primi in classifica con quattro punti di margine sul Milan e cinque sugli avversari di stasera.

A Torino, nell’anticipo serale della 15esima giornata, la Juventus si è imposta al termine di un match caratterizzato da una tensione evidente, dalle espulsioni del tecnico nerazzurro Josè Mourinho per proteste e del mediano juventino Felipe Melo e da una rissa sfiorata a cinque minuti dal 90’. Sul piano della classifica il match dell’Olimpico ha chiuso un sabato cruciale per la corsa allo scudetto: oltre alla sconfitta patita dalla Juventus l’Inter ha incassato anche il successo del Milan, passato per 3-0 a Milano sulla Sampdoria. Per il tricolore si profila una fuga a tre.

La Juventus ha sbloccato il match al 20’ con un gol di Alessandro Del Piero, riuscito in mischia a deviare il pallone alle spalle del portiere nerazzurro Julio Cesar. Il gol bianconero ha scatenato le proteste del tecnico interista Josè Mourinho, allontanato dall’arbitro Massimiliano Saccani per un applauso sarcastico. Al 26’ il pareggio interista, realizzato da Samuel Etòo con la complicità di una grossolana disattenzione della difesa bianconera. Al 58’ il gol del 2-1 di Marchisio, autore di una vera e propria prodezza. Il centrocampista bianconero ha raccolto sul versante sinistro dell’area interista una respinta di Julio Cesar e con un gesto tecnico notevole ha prima saltato Walter Samuel e poi battuto l’estremo difensore avversario con un tocco mancino.

Al 75’ l’Inter ha reclamato un calcio di rigore per un contatto in area tra il difensore bianconero Martin Caceres e l’attaccante nerazzurro Diego Milito. La tensione del big match del weekend ha dato vita a qualche frangente particolarmente ruvido, soprattutto nel finale. Uno dei contatti di gioco più aspri, nel primo tempo tra l’interista Sulley Muntari e Caceres, si è risolto in un diverbio tra il ghanese e l’uruguaiano e in brevi ma lugubri ’ululatì dalle tribune. Dagli spalti dell’Olimpico di Torino, al 40’, si è levato brevemente il coro «Balotelli figlio di p...». Mario Balotelli, recentemente vittima di cori razzisti da parte di una fetta della tifoseria juventina, è entrato in campo al 60’ al posto di Muntari. Nei primi minuti della ripresa, prima che l’attaccante interista iniziasse il riscaldamento, il pubblico dello stadio di Torino ha coperto con fischi di disapprovazione cori offensivi intonati da un'esigua minoranza di tifosi contro il centravanti dell’Under 21 azzurra.

All’85’ un contatto tra Melo e Balotelli ha scatenato momenti di grande nervosismo. Il centrocampista juventino Mohamed Sissoko è finito a terra in seguito ad un faccia a faccia con l’interista Christian Chivu, mentre il portiere bianconero Gianluigi Buffon e l’interista Thiago Motta sono stati separati dopo essere venuti alle mani. Il momento di tensione si è risolto nell’espulsione di Melo per doppia ammonizione.

 
 
 

Cannavaro crede in Ciro

Post n°327 pubblicato il 02 Dicembre 2009 da goblins76
 

Ferrara troverà una soluzione ai nostri problemi». Fabio Cannavaro, a Londra per l'iniziativa “Lace Up. Save Lives”, lanciata da Nike all’interno del progetto Red del cantante Bono degli U2 per promuovere la lotta all’Aids in Africa, si concede ai microfoni di Sky Sport 24 per un'intervista che verte soprattutto sul prossimo match con l'Inter, che rischia di essere uno spartiacque decisivo per la stagione della Juve. Se i bianconeri vincono, tornerà la calma (e magari anche un po' di entusiasmo). Con un pari rimarrà tutto più o meno come adesso (cioè non molto bene). E in caso di sconfitta meglio non pensarci.

QUALCOSA IN PIU' - Il centrale della Juve, però, di partite così ne ha vissute tante e non si fa prendere dal timore. Anche se non si nasconde i pericoli del match di sabato sera all'Olimpico di Torino: «Stiamo preparando bene la partita - risponde Fabio -. Sappiamo dell'importanza della partita, sappiamo che viene la capolista, che toccherà a noi fare qualcosa in più, viste le ultime due partite».

TRAMONTO - A Cannavaro viene poi chiesto se le voci sul suo declino che si moltiplicano ogni volta che sbaglia una partita gli diano fastidio. Anche a questo il capitano della nazionale sa come reagire: «Ormai ci sono abituato - afferma - perché è così. Perché, quando sei abituato troppo bene, con delle prestazioni importanti, oppure fai qualcosa di importante, appena sbagli o hai un periodo dove, magari, non riesci a esprimerti, oppure ti superano in dribbling una volta, dicono che sei in declino. Però, penso che l’importante è cercare di lavorare sempre, giorno per giorno, ascoltare poco quello che viene da fuori, leggere pochissimo. È normale. Quando non sei tranquillo, quando non ti riescono le cose, ti innervosisci, ti può anche penalizzare. Ma dobbiamo essere tranquilli, ascoltare poco quello che ci viene da fuori, sapere che siamo un gruppo forte e che, comunque, vogliamo avere più continuità».

RAZZISMO - In questi giorni si è parlato molto dei cori razzisti nei confronti di Balotelli. Anche Cannavaro, in quanto napoletano, si è beccato un bel mucchietto di improperi in giro per gli stadi italiani. Analogie con l'attaccante dell'Inter? «Partendo dal presupposto che il razzismo non ci deve essere in una società civile, lo sport deve essere fuori da tutto, perché oggigiorno non è possibile. Sicuramente, non bisogna fraintendere, non bisogna, comunque, fare di ogni erba un fascio e dividere le cose tra gli sfottò e i cori razzisti. Perché, magari, tanti strumentalizzano dei cori di sfottò, come dei cori razzisti. Invece, non è così, a volte».

RIVALITA' - La rivalità tra Juve e Inter è sempre stata fortissima. Dopo Calciopoli è aumentato o diminuito? «Sicuramente dopo Calciopoli è aumentata, visto l’ambiente, visti i due scudetti tolti alla Juve. Penso che alla fine uno deve sapere che la Juve è la società più importante, che sta lavorando per tornare ai suoi livelli. In questo momento, l’Inter ha la convinzione, ha una squadra fortissima, ma noi dobbiamo pensare a casa nostra. Dobbiamo capire che dipende solo da noi, che bisogna andare avanti per la nostra strada».

TECNICO DISCUSSO - Nell'occhio del ciclone, ancora prima della squadra, in questo momento c'è Ciro Ferrara. Un tecnico che una parte della tifoseria considera ancora non all'altezza di un compito così gravoso come guidare la Vecchia Signora. Ma Cannavaro è convinto che il tecnico bianconero abbia tutte le qualità per venire fuori da questa situazione: «Dopo due sconfitte, è sempre difficile analizzare, è sempre difficile parlare. Però, il mister, soprattutto in questi giorni, ha trovato i nodi giusti, ha analizzato bene dove non riusciamo a esprimerci. Però, lo vedo tranquillo, lo vedo sereno, anche perché, preparare queste partite, di solito è sempre più semplice. Cosa penso di Mourinho? Di Ferrara, penso che è un grande allenatore. Per il resto, ripeto, preferisco sempre guardare in casa mia».

 
 
 

Ferrara trema

Post n°326 pubblicato il 30 Novembre 2009 da goblins76
 

Anche una partita di calcio offre almeno due prospettive da cui può essere vista: perciò Ferrara ha colto del match di Cagliari il lato in luce e scarica sull’arbitro, sul destino e su qualunque cosa non abbia attinenza con la Juve le colpe della seconda sconfitta per 2-0 in 4 giorni. Tutti gli altri invece ne hanno scorto la faccia in ombra e pensano che don Ciro abbia assistito a un’altra partita, probabilmente come gli sarebbe piaciuto che fosse.

E’ solo questione di intendersi. Gli occhi di uno contro il giudizio di migliaia. Di solito fa fede la maggioranza, tanto più quando la conforta il risultato. A una settimana dalla sfida con l’Inter e a nove giorni dalla prova della verità con il Bayern, la Juve non poteva stare peggio: ha subìto in Sardegna la terza battuta d’arresto del campionato. Il Palermo, il Napoli, adesso il Cagliari. A Ferrara, uomo del sud, le squadre meridionali costano il pesantissimo distacco dai nerazzurri e minano la tranquillità tuttavia la crisi di gioco non ha un fondamento geografico: le ragioni si scorgono nella mancanza di movimento e di ritmo, nell’opacità della manovra, nella confusione sui ruoli accresciuta da un tecnico alla ricerca dell’erede di Nedved, che butta sulla sinistra ora questo e ora quello. A Bordeaux mise Del Piero, ieri Marchisio, un giocatore completamente diverso.

Gli effetti sono stati simili e negativi. Marchisio, poveraccio, veniva dall’operazione di menisco eppure Ferrara lo ha impiegato nel ruolo in cui occorre più freschezza atletica perché bisogna difendere e attaccare in velocità. Anche Del Piero in Coppa era reduce da uno stop di tre mesi. A meno che don Ciro non sia della vecchissima scuola per cui lo zoppo lo si mette all’ala, la scelta lascia perplessi.

Non è soltanto questione di un uomo nel posto sbagliato. I giocatori fanno la loro parte. Sembrano sfiduciati e poco convinti. La carica di inizio stagione si è spenta. Non avevamo mai visto Cannavaro così statico da farsi saltare quando lo puntavano. Diego ha smarrito il senso del football che possedeva a quintalate nel Werder e nelle prime apparizioni juventine. Il centrocampo, con o senza Felipe Melo che era in tribuna, filtra poco e costruisce male.

Camoranesi è nervoso, Amauri pure. Le ragioni di Ferrara poggiano sul rigore non ottenuto al 25’ della ripresa per una spinta di Pisano su Amauri che hanno visto dalla Corsica. Sarebbe stata l’occasione per pareggiare. Ma il plateale tocco di mano di Caceres su Cossu era forse meno evidente? La realtà è che quando ci si imbatte in De Marco bisogna mettere in preventivo gli errori arbitrali, però non possono diventare l’alibi per giustificare una partita sballata per un’ora e rattoppata nell’ultima parte quando c’è stato l’arrembaggio e sono saltati gli schemi. Il Cagliari è stato più lucido nei tocchi, meglio organizzato, mai in soggezione se non nel finale perché in troppi stavano con il fiato corto. Colpisce che gli avversari della Juve in genere corrano di più e arrivino primi sul pallone. Bisognerà studiarci.

I sardi avevano una bella partenza. Buon palleggio, contrasti efficaci. Ripartivano bene (l’arbitro fermava Jeda lanciato a rete non concedendo il vantaggio) e il gol veniva da una prodezza del brasiliano Nenè, ex capocannoniere in Portogallo. Mai avuto fortuna, la Juve, con i giocatori del Cagliari con quel nome: negli Anni Sessanta ne spedì uno in Sardegna dopo averlo provato per un anno in cui non piacque a Sivori e diventò un fenomenale protagonista dello scudetto rossoblù, stroncando le speranze bianconere. Ieri il Nenè contemporaneo ha azzeccato una sassata nell’angolo sotto il quale stava Buffon: gran rete con qualche dubbio sul portiere. La Juve non arrivava mai a concludere: ogni schema si spegneva con un inutile traversone di Diego o, peggio, Molinaro. E, con l’obbligo di rimontare, nonostante l’ingresso di Del Piero e il cambio di modulo, la ripresa esaltava un paio di contropiede sardi più della pressione juventina. Mischioni in area, Marchetti parava il parabile. Solo dopo il raddoppio di Matri, fuggito con il permesso di Cannavaro nella prateria davanti a Buffon, la Juve aveva due grandi occasioni: Del Piero e Diego le sprecavano ma si era ormai agli sgoccioli. Sono queste le recriminazioni di Ferrara?

Erano dentro lo stesso cinema, il Sant’Elia di Cagliari, ma allenatore e giocatori della Juve devono aver visto film diversi, dalla recensione che ne hanno poi fatto. Sempre di pellicola horror si tratta, nel primo tempo una delle peggiori, ma fa la sua differenza.

Ferrara dice che «la sconfitta è immeritata» e poi cita un rigore non dato su Amauri («Non c’è neppure bisogno di rivederlo»). Per altri «questo è un momento di crisi» (Cannavaro), e se anche rigore fosse, ed era, «abbiamo giocato male, corriamo male e quello che proviamo in allenamento in partita non ci riesce» (Marchisio). La gente sembra pensarla come la squadra, senza risparmiarle per questo la contestazione: ieri una cinquantina di tifosi hanno accolta la truppa a Caselle con toni non proprio concilianti.

Parola a Ciro, allora: «Sono arrabbiato perché questa è una sconfitta che non meritavamo, come invece non avevo detto dopo quelle di Palermo o di Bordeaux. Qui - spiega il tecnico - abbiamo fatto di tutto per pareggiarla, e in alcune occasioni non siamo stati bravi davanti alla porta, in altre sono stati bravi i loro difensori e il loro portiere. In un’altra occasione, né i miei giocatori né quelli del Cagliari hanno responsabilità». Appena uscito dal prato, era stato anche più diretto, sullo spintone ad Amauri, in area: «L’episodio non è dubbio, ma fin troppo chiaro e questi a casa mia sono rigori. Sono 19 partite, in circa sette mesi, che non ci danno un rigore, magari ce ne daranno uno, pure un po’ dubbio, la prossima volta. Ma oggi andiamo a casa con una sconfitta immeritata».

Significa che una sterzatina alla partita l’arbitro l’ha data. In linea di massima, però, assolve la squadra da qualsiasi accusa, come invece non aveva fatto altre volte: «Ai ragazzi non mi sento di rimproverare più di tanto». Neppure nel resoconto più ottimista, però, possono sparire i difetti: «Abbiamo creato poco davanti e abbiamo avuto difficoltà, perché i giocatori deputati alla fase offensiva non riuscivano a trovare profondità. Non riuscivamo a chiudere con gli esterni».

Ricorda fotogrammi diversi, invece, Fabio Cannavaro che ha coraggio e cicatrici per presentarsi in conferenza stampa nonostante la giornataccia, sua e della squadra: «Non siamo riusciti a fare quanto la società e i tifosi si aspettavano - attacca - e questa sconfitta brucia». Polemiche azzerate sull’arbitro: «Ci sono stati degli episodi, ma li lascio guardare agli altri». A preoccuparlo è altro: «Ci manca la traquillità per fare certe cose e dovremmo imporre di più la nostra manovra. E poi non riusciamo a trovare la continuità di gioco e di risultati».

Pensierosi parevano pure gli antichi samurai, come disse Lapo ai tempi della B, Buffon e Del Piero, che a lungo hanno parlottato a bordo del pullman. «Non dobbiamo abbassare la testa - la linea di Cannavaro - andiamo avanti e cerchiamo di superare questo momento di crisi». Per farlo, non si dovrà uscire con le ossa rotte dagli incroci con Inter, sabato sera, e Bayern Monaco, il martedì successivo, vitale per la Champions. «Lì ci giochiamo tutto - avverte Marchisio, al rientro da titolare dopo l’operazione al menisco - sono già le due partite più importanti della stagione. Abbiamo un problema di testa e non siamo tranquilli».

Toccherà a Ciro ridarla, altrimenti s’affaccerebbero ipotesi di sfiducia, pur complicata, visto il piano per il rimpatrio di Marcello Lippi, come direttore tecnico. Sfogliando la lista degli allenatori disponibili, cosa che il club bianconero non ha ancora fatto, l’unico con curriculum e capacità disponibile sarebbe Roberto Mancini. Uno che potrebbe pure accettare la sfida, ma che il popolo bianconero bolla ancora come Nemico, ai tempi della casata interista. Davvero un altro film, per adesso.

 
 
 

Lippi difende le sue scelte

Post n°325 pubblicato il 26 Novembre 2009 da goblins76
 

In tanti dicono che sono testardo e arrogante. Il mio vero difetto è invece la coerenza. Tifosi e giornali sono come i partiti politici. Per la Nazionale ognuno ha il suo candidato. È legittimo, per carità. Ma io seguo con convinzione le mie idee. E quando non do spiegazioni è perchè sono certo che ci costruirebbero su altre polemiche».

Lo ha detto Marcello Lippi, ct della Nazionale, in un’intervista rilasciata ad un settimanale in edicola domani. «So bene che se in Sudafrica perdo mi massacreranno, sono pronto ad avanzare senza paura, anche contro i camion. La faccia - puntualizza Lippi - io ce la metto sempre».
Il 4 dicembre a Città del Capo si svolgerà il sorteggio dei gironi preliminari. L’Italia è testa di serie in un torneo dove si sono qualificate tutte e sette le nazioni vincitrici del Mondiale. «Al di là del valore degli avversari, sarà anche stavolta decisiva la motivazione di gruppo. Nel 2006, alla vigilia della semifinale con la Germania, radunai la squadra sul campo, estrassi un foglietto e dissi: "Oggi niente allenamento. Vi terrò una lezione sull’unità di gruppo. Voi non avete neanche idea di quali livelli potete raggiungere con la compattezza e con la fiducia nelle vostre possibilità". Da ciascuno dei miei giocatori pretendo che metta le sue qualità al servizio dei compagni. È l’unico modo che conosco per costruire una grande squadra».

Il caso Cassano: «Vedo episodi brutti. Gente che cerca di sobillare. A Villafranca faccio entrare una scolaresca nel campo. Inneggiano a Buffon, Pirlo, Cannavaro - spiega Lippi - poi un paio di ragazzini vengono avvicinati da un gruppetto di adulti e cominciano a gridare: Cassano, Cassano. A Cesena una Nazionale sperimentale, senza campioni del mondo, sta mettendo sotto la Svezia. Tutto fila liscio ma a un minuto dalla fine si alza il coro: Cassano, Cassano. A Striscia la notizia si sono addirittura inventati che ce l’ho con Antonio perchè fuori di una discoteca avrebbe preso a cazzotti mio figlio Davide. Quando invece loro due sono sempre andati d’amore e d’accordo. Tutto ciò a me sembra molto squallido. A me dispiace molto per lui proprio perchè è un bravo ragazzo. Ma si è creata una situazione incredibile. Gli manderò gli auguri per il suo matrimonio? Il 19 giugno? Non vorrei essere travisato. Confermo che è un talento. Anche Totti e Del Piero lo sono. Ho sempre detto che tutti hanno il diritto di sperare e sognare. Poi io maturo le mie convinzioni. Se segna tre gol a partita come si fa non portare Totti? Noi ci stimiamo reciprocamente. L’importante, ora, è che giochi con serenità».

Sull’ascolto televisivo della Nazionale, con l’ultima partita che ha visto un calo di spettatori rispetto alla trasmissione di Maria De Filippi, Lippi spiega: «Con la bravura della De Filippi. La verità è che le amichevoli non tirano mai. Appena cominceranno i Mondiali la Nazionale tornerà a non avere concorrenti. Neanche se la stessa sera ci fossero insieme De Filippi, Costanzo e Santoro». Sul sospetto di suscitare antipatie perchè alla fine del Mondiale potrebbe tornerà alla Juventus, il ct azzurro risponde: «Il contratto con la Federcalcio scade il 20 luglio. E' inutile discutere prima il rinnovo perchè tanto se perdo so che non rimango. Se vinco posso invece ottenere condizioni migliori. Con la Juve ho un passato di grandi successi. Mi offrirono di riprenderne la guida quando tornarono in serie A. Ma io mi sentivo in debito con la Nazionale. Nei due anni in cui, dopo Berlino, sono stato volontariamente disoccupato, mi tormentavo con mille dubbi. Chi me l’ha fatto fare a lasciare un gruppo di lavoro così fantastico? A creare problemi alla Federcalcio? Ero corteggiatissimo dai club, che mi offrivano contratti molto più ricchi. Ma ho resistito. "Facciamo tutti il tifo per gli azzurri", ho detto al presidente della Figc Giancarlo Abete alla vigilia degli europei. Avevo voglia di rivivere le magiche sensazioni della Germania. A me interessa principalmente creare le basi psicologiche per una nuova impresa. Pozzo fece una doppietta eccezionale. Ma le due stagioni sono imparagonabili. La sensazione è che questa Nazionale sia meno forte di quattro anni fa? Al contrario, perchè è molto più collaudata. Vincendo a Berlino ha raggiunto un notevole livello di autostima. Uno spirito di gruppo che è stato ben assimilato anche dalle nuove leve. In un Mondiale incide più la forza collettiva del talento di un fuoriclasse».

Il possibile innesto di Amauri, quando in marzo otterrà il passaporto italiano, ha già provocato le rimostranze di Pazzini. «Pazzini oggi ha ragione perchè Amauri non è italiano. Quando lo diventerà, parlerò io e i giudizi cambieranno». Capitolo Balotelli, bersagliato negli stadi da cori. «Non sono sicuro che sia razzismo. E' una corrente di antipatia, ovviamente da condannare, verso un giocatore di grandi qualità e dal temperamento combattente. Brasile e Spagna un gradino sopra l’Italia? Il Brasile è l’avversario numero uno. Anche perchè con Dunga in panchina ha acquistato concretezza. E la Spagna gioca certamente un calcio di qualità. Ma bisogna guardarsi anche dall’Inghilterra, a cui Capello ha restituito grande competitività. Dalla Germania, dall’Olanda, dall’Argentina, dalla Francia».

Lippi commenta l’episodio in Francia-Irlanda, con il mani di Henry. «Una brutta storia. La partita con l’Irlanda non si poteva ripetere perchè non c’è stato errore tecnico. Ma credo che la Federazione francese avrebbe lanciato un messaggio importante se avesse proposto di rifarla». Lippi ricorda la sensazione più forte della notte di Berlino. «Mentre i giocatori ubriachi di felicità trascinano la Coppa verso le tribune, io mi isolo a centrocampo in una pioggia di coriandoli che mi ricorda il Carnevale di Viareggio e mi accendo un bel sigaro. Se lo accenderò anche l’11 luglio a Johannesburg forse mi faranno il monumento? Non mi interessa. Nel nostro mondo c’è l’abitudine di creare personaggi che non corrispondono alla realtà. Per fortuna - conclude Lippi - fra chi mi conosce bene, non ce n’è uno che mi giudichi arrogante o presuntuoso».

(la stampa)

 
 
 

Bordeaux fatal

Post n°324 pubblicato il 26 Novembre 2009 da goblins76
 

Come 24 anni fa la Juve lascia Bordeaux con una sconfitta per 2-0 ma se quella fu una battaglia epica contro una grande avversaria e valse la finale di Coppa dei Campioni, la batosta di ieri mette solo tristezza per una squadra che non riesce a trovarsi. La finale di Champions, se dobbiamo credere alla squadra battuta dai gol di Fernando e di Chamakh, entrambi di testa e nell’area piccola, è più di una chimera: gli juventini sfollano con l’etichetta di una squadra piccina, maldestra, alla ricerca di un modulo e di un gioco, persino antipatica per alcuni interventi da calciatori frustrati, da Camoranesi a Caceres. Il pubblico di Bordeaux non ha apprezzato.

Da salvare c’è solo il fatto che il risultato non pregiudica la permanenza in Coppa: comunque basterà il pareggio contro il Bayern a Torino, impresa praticabile purché i bianconeri non giochino così. In un ipotetico museo degli orrori inseriamo il primo tempo bordolese della Juve che ci sta abituando a questo tipo di spettacoli anche quando ne cava un risultato positivo. L’immagine di Ferrara che sta seduto in panchina per 35’, quasi l’avessero anestetizzato, ma infine schizza a bordo campo allargando le braccia all’ennesimo lancio concettualmente inutile e tecnicamente sbagliato indica come l’esibizione dei bianconeri avesse toccato l’insopportabilità persino per il loro allenatore.

Non ce l’aspettavamo. C’erano le condizioni perché la Juve se la giocasse a briglia sciolta: qualificazione assicurata in caso di vittoria, «chances» intatte anche con una sconfitta, cos’altro si può volere? Invece ha prevalso il Bordeaux che è nel momento peggiore delle ultime due stagioni, battuto in 4 delle ultime sei partite di campionato. Chissà cosa sarebbe successo ad affrontarlo al «top». Buffon al 3’ salvava la porta da una palla avvelenata in area e al 38’ dava ragione a Laurent Blanc, l’allenatore francese che l’aveva indicato come il più pericoloso: il modo con cui ipnotizzava Chamack, ormai solo davanti a lui, attendendone il tiro per neutralizzarlo in tuffo era strepitoso.

Più che i pericoli corsi, indisponeva l’inedia del gioco. C’era Del Piero dal primo minuto: un azzardo viste le sue condizioni dopo tre mesi di assenza e la mezz’ora con l’Udinese. Il peggio era vederlo al posto di Giovinco, all’ala sinistra, in un posto che odia e che ha sempre rifiutato quando poteva battere i pugni sul tavolo. Adesso pure Alex si è fatto più accondiscendente ma il ruolo non gli piace e fatica a interpretarlo. Si sentiva fuori posto, non gli riusciva il numero in attacco e stentava a difendere su Chalmè che alimentava l’azione sulla destra dei francesi, dove Gouffran metteva già in crisi Grosso. Con Camoranesi in una di quelle serate da schiaffi, in cui rischia l’ammonizione a ogni intervento, con Diego mai pervenuto (altro che duetti con i piedi buoni di Del Piero), con Amauri mai servito e Sissoko impreciso in un lancio su due la Juve non esisteva: la testa del solito Chiellini, al 21’, su punizione di Diego era la sola arma che l’avvicinava al gol.

Ferrara finalmente cambiava l’assetto. All’inizio della ripresa metteva Del Piero vicino ad Amauri, Diego stava alle loro spalle e c’era un’ideina di attacco anche se le buone intenzioni venivano punite dalla rete di Fernando: il brasiliano spizzicava di testa un calcio di punizione, tra difensori sorpresi (e con loro Amauri) e Buffon incerto se uscire. Probabilmente il modulo a due punte tornerà ad essere il futuro della Juve con Alex in campo: peccato averci provato quando ormai il capitano aveva finito la benzina. L’ultima sua giocata era la migliore del match: al 20’, metteva la palla a un metro dalla porta vuota ma Diego non arrivava a toccarla e Amauri perdeva l’attimo. Poi entrava l’esordiente Immobile, condizione che la Juve conosce anche troppo bene e che Caceres rappresentava a meraviglia guardando Chamakh saltare indisturbato per il raddoppio in pieno recupero.

 
 
 

Processo plusvalenze: assolta la triade

Post n°323 pubblicato il 24 Novembre 2009 da goblins76
 

TORINO
Assolti «perchè il fatto non sussiste». Luciano Moggi, Antonio Giraudo e Roberto Bettega, i componenti della triade che per un decennio abbondante ha guidato la Juventus fino alla tempesta di calciopoli, esce così dal processo per la gestione finanziaria della società bianconera. Assoluzione anche per la stessa Juventus, imputata in qualità di persona giuridica, che, in caso di eventuali violazioni amministrative, aveva chiesto di patteggiare una pena pecuniaria.

La sentenza, pronunciata oggi a Torino dal gup Dante Cibinel, cancella le accuse di falso in bilancio e ostacolo all’attività degli organi di controllo: in due parole, del «doping amministrativo» innescato, secondo la prima ipotesi degli inquirenti, dalle cosiddette plusvalenze sulla compravendita di calciatori. In fumo anche la tesi della truffa alla Federcalcio (iscrizione ai campionati viziata dalle irregolarità contabili). La procura aveva chiesto tre anni per Moggi e Giraudo, due per Bettega.

Con un tratto di penna Cibinel ha cancellato anni di indagini che portarono gli inquirenti a sentire tutti i giocatori bianconeri, dirigenti e procuratori sportivi in mezza Europa, vagliando acquisti e cessioni di Zidane, Mutu, Maresca, Miccoli e tanti altri. Accolta la tesi della difesa: non si può quantificare in modo scientifico la valutazione di un atleta, non ci furono pagamenti fittizi a intermediari. «L’offensiva basata sul nulla - dicono in una nota congiunta i sei avvocati della triade - che dal 2006 si è abbattuta sulla Juventus per ragioni tutte interne al mondo del calcio riceve costante e radicale smentita dalle verifiche giudiziarie. Le pronunce di una magistratura competente e indipendente restituiscono dignità e onore alla Juventus, ai suoi milioni di tifosi, alle persone che l’hanno amministrata con tanto successo e fedeltà nel corso di ben dodici anni, a tutto il mondo dello sport».

In aula, ad ascoltare la sentenza, c’erano Bettega e Giraudo, che non hanno rilasciato commenti. Da Napoli, impegnato al processo di Calciopoli, ha parlato Moggi: «È una bella soddisfazione. È emerso quello che doveva emergere e cioè che non è successo niente. Mi dispiace solo per quello che è capitato durante la causa».
Il cenno è alle condotte della nuova gestione del club, corredate dalla richiesta di patteggiare. Ma da corso Galileo Ferraris rispondono così: «La Juventus non si è mai dissociata dall’attività difensiva comune. Si era limitata a definire con la procura un congruo ammontare per le violazioni amministrative eventualmente riconosciute. Grazie alla strategia di tutti gli imputati è stata riconosciuta la correttezza del comportamento della Juventus».
La Juventus ha accolto con soddisfazione la sentenza di assoluzione emessa dal Tribunale di Torino in merito al procedimento in corso per falso in bilancio».
Lo afferma la Juventus commentando la sentenza emessa oggi dal Tribunale di Torino nel processo per falso in bilancio che vedeva come imputati gli ex vertici della Juventus, Luciano Moggi, Antonio Giraudo e Roberto Bettega.

L’inchiesta della procura torinese ipotizzava il falso in bilancio legato a delle plusvalenze sulla compravendita dei giocatori. Il giudice ha disposto per i tre l’assoluzione perchè il fatto non sussiste. «Grazie alla strategia difensiva di tutti gli imputati portata avanti in questi anni, è stata infatti riconosciuta la correttezza del comportamento della società. Le perizie depositate dai legali della Juventus - che sostenevano la tesi secondo cui la valutazione dei giocatori non può essere stabilita sulla base di »listini« o di altri parametri non propri del mercato del calcio - e le memorie difensive di tutti gli imputati hanno quindi permesso al giudice Dante Cibinel di assolvere la società e i suoi ex amministratori, Antonio Giraudo, Luciano Moggi e Roberto Bettega, per non aver commesso il fatto», si legge sul sito della societa bianconera.

«Infine, la Juventus precisa che non si è mai dissociata dall’attività difensiva comune a tutti gli imputati, ma si era limitata a definire con la Procura della Repubblica di Torino un congruo ammontare per le violazioni amministrative che fossero eventualmente state riconosciute a suo carico».
 Una vera mazzata per tutti i detrattori della Signora del calcio italiano, tanti, troppi erano convinti che in questo processo sarebbero venute a galla chidssà quali e quante verità nascoste circa il supposto malaffare juventino nel calcio italiano.
Dopo anni di indagini l'unica verità venuta a galla è la totale innocenza degli imputati.
Puliti! e allora ecco comparire le prime vere crepe del processo sportivo targato Calciopoli, che ha tolto 2 scudetti alla società bianconera spedita successivamente in serie B, la verità prima o poi verrà completamente fuori e a giudicare da questa prima sentenza si intuisce anche quale sarà.

 
 
 

Grosso.. magro successo

Post n°322 pubblicato il 23 Novembre 2009 da goblins76
 

La banda del brivido è tornata in azione e anche dopo la sosta del campionato chi accorre a vedere la Juventus lo fa a rischio delle proprie coronarie: chiamatele, se volete, emozioni. La vittoria per 1-0 sull’Udinese, la prima con Del Piero in campo (benché Alex in rodaggio sia entrato dopo il gol di Grosso), non è stata esemplare ma non lo fu neppure quella dell’Inter che a San Siro battè i friulani con una rete nel recupero: sotto questo profilo i bianconeri si tengono sulla rotta dei nerazzurri, per il resto la differenza è ancora palpabile e non saranno i cori idioti e i saltelli contro Balotelli a esorcizzare il «nemico». Al massimo serviranno a far pagare alla Juve una multa e a rischiare la squalifica del campo, anche se il club ha prontamente ricordato ai propri tifosi di essere contro qualunque forma di razzismo. Come risposta, il coro si è alzato più forte.

A parte queste tristezze, la Juve incassa un successo meritato che nel finale ha difeso al solito con troppi patemi e per sua fortuna la botta di Zapata al 48’ è finita tra le mani di Buffon, altrimenti staremmo a raccontare di un’altra prova di immaturità. Se la ripresa è stata accettabile, la Juve del primo tempo era la squadra che qualsiasi fotografo sogna: tutti fermi, non c’era il rischio di scattare un’istantanea mossa. La staticità provocava l’inconveniente di non trovare un’anima libera e ben piazzata cui passare la palla ma nessuno provava a rimediare: persino Diego che nei primi minuti si era ingegnato di danzare tra il centrocampo e l’attacco, si adeguava ai compagni. Era una brutta Juve con Felipe Melo che sbagliava i primi due appoggi (e altri ne avrebbe falliti fino alla sostituzione con Sissoko, la prima fatta da Ferrara con largo anticipo segno che pure lui si è scocciato), Giovinco imprigionato come un pesciolino nella boccia al luna park, Amauri che scuoteva le chiome senza impressionare un attentissimo Zapata.

Gli uomini che decidevano con Diego e Camoranesi l’andamento dell’attacco erano ancora nel torpore della sosta. Non era la peggiore Juve della stagione perché le vette raggiunte a Palermo e con il Napoli sono irripetibili ma l’immagine era scoraggiante: quando dopo una ventina di minuti Del Piero si alzava dalla panchina per scaldarsi, l’applauso non era soltanto di affetto, ma di speranza.

L’Udinese senza lo squalificato Di Natale mancava in attacco ed era un vantaggio per la difesa bianconera che nei primi minuti balbettava, finché Chiellini non tornava al solito standard di sicurezza: i friulani non approfittavano delle situazioni su un terreno scivoloso, l’unico tiro in rete l’avrebbero fatto al 40’, a match fermo per fuorigioco. Si traccheggiava. All’Udinese, che è ai limiti della zona retrocessione nonostante la squadra sia decente e il gioco pure, andava benissimo così; alla Juve decisamente no ma le pecche le permettevano di costruire una sola palla gol al 37’. L’invito di Camoranesi per Amauri era perfetto, il tocco del brasiliano davanti ad Handanovic non valeva la candidatura per i Mondiali: colpiva di stinco e il portiere acchiappava al volo quella mozzarellina.

Il tè caldo degli spogliatoi, ammesso che ci sia ancora chi lo beve, scongelava i bianconeri all’inizio della ripresa. Del Piero stava per calarsi nei panni un po’ troppo prematuri del salvatore della Patria e sostava ai bordi del campo in attesa di sostituire Giovinco quando la Juve infilava finalmente un’azione in movimento: bel lancio di Poulsen a cogliere Caceres in arrivo dalle retrovie sulla destra, cross volante dell’uruguayano (che è migliore di come lo giudicammo all’arrivo) e battuta in rete di Grosso. Quel gol bello, frutto del centrocampista che più si sta ritrovando e dei due terzini fino a quel momento poco convincenti, è la dimostrazione che la Juve, nonostante i difetti, ha giocatori capaci di azzeccare il colpo giusto.

La juve quindi, porta a casa un successo meritatoi, più per la costanza dimostrata nel tenere chiusi gli spazi agli avversari, che per il gioco dimostrato, ben poca cosa a dire il vero. Bene così, a - 5 dall'inter

 

 
 
 

JUVENTUS - LAZIO 2- 1

 

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PRIMO GOAL

Eri poco più di un ragazzo quando ti buttarono dentro al tuo primo campo di calcio di serie A.

In quel momento, quando il Trap ti disse:"Dai, scaldati che tocca a te", tu non sapevi che pensare, un groppo in gola, le gambe che tremavano, ma ti facesti coraggio.

Alzarsi dalla panchina e iniziare il riscaldamento, una corsa verso l'ignoto.

Pensasti a tuo padre, a tua madre, al fratello che ti aveva sempre sostenuto, ai tuoi amici più cari ai quali sarebbe venuto un'infarto nel vederti entrare in campo, ma  dopo c'era solo l'ignoto.

Non sapevi a cosa seresti andato in contro dentro quel campo da calcio, eppure il terreno di gioco l'avevi calpestato migliaia di volte, in quel momento ti sembrava fosse la prima volta che ti capitava di giocare...

Pensare a cosa fare, a come doverlo fare, pianificando tutto nei minimi dettagli, e  poi l'arbitro fischiò…toccava a te.

Baggio ti sorrise e  strizzò l'occhio, Moeller ti guardò impassibile, Ravanelli ti battè il 5..:"e adesso?.....cosa ne sarà di me", ti chiedesti?...Dribbling di Julio Cesar, palla a Marocchi che dà subito a Baggio,il quale lancia la palla in profondità, sui tuoi piedi..Goal..si Goal...non sapevi cosa fosse...gioia, emozione...cuore gonfio di sentimenti che passano veloci confusi nella mente e nell'animo che sembra poter volare

 

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