Creato da goblins76 il 23/07/2006

STRISCE BIANCONERE

notizie e commenti sul mondo del calcio e dello sport in generale

 

Gli intoccabili

Post n°351 pubblicato il 28 Aprile 2010 da goblins76
 

MILANO, 28 aprile - Una telefonata, l'ennesima prodotta dalla difesa di Luciano Moggi nel processo Calciopoli in corso a Napoli, che fa parte di altri dieci contatti oltre alle 74 chiamate che saranno acquisite dal Tribunale, "scoperti" dal consulente dell'ex dg della Juventus Nicola Penta. Al telefono, dopo il derby Inter-Milan (0-1 con gol di Kakà) del 27 febbraio del 2005, c'è l'allora presidente dei nerazzurri Giacinto Facchetti con l'arbitro che diresse il derby, Massimo De Santis. I due parlano della gara e Facchetti si scusa per non essere passato a salutare il direttore di gara al termine della stessa partita. Oltre a questa chiamata la difesa di Moggi ha prodotto tre telefonate tra il Bologna e l'arbitro De Santis; altre tre tra l'Inter e il designatore arbitrale Bergamo; due tra il Parma e i designatori; e una, infine, della durata di 42 minuti, tra il presidente del Cagliari Cellino e Bergamo.

Questa la trascrizione della chiamata Facchetti-De Santis.
De Santis: "Pronto".
Facchetti: "Massimo? Ciao sono Giacinto".
De Santis: "Oh...Giacinto...".
Facchetti: "Volevo chiamarti ieri però dopo ho avuto un pò di cose....siccome ieri non sono passato dopo la partita, ma non è che fossi...".
De Santis: "No...macchè scherzi..ho capito, ho capito..vabbè là... li solo con la fortuna te la puoi prendere...".
Facchetti: "Era una partita...da pareggio, proprio".
De Santis: "Si da pareggio...".
Facchetti: "Nessuno dei due ha avuto occasioni...".
De Santis: "Io infatti... guarda ero convintissimo che tanto ormai sarebbe finita in pareggio... poi c'è stata quella palla che ha sbattuto sul piede di questo e ha cambiato tutto...".
Facchetti: "È tardato a venire su Emre, sono rimasti li da soli...".
De Santis: "È quello il problema... sì che poi alla fine Kakà neanche ha tirato, voleva fare lo stop...".
Facchetti: "Sì, voleva fare lo stop... vediamo di ripartire".
De Santis: "Sì, di ripartire bene....anche perchè io ho rivisto la partita anche ieri sera... me la sono fatta registrare... come possesso palla, come tutto non c'è stato paragone in campo...".
Facchetti: "Sì, abbiamo avuto possesso palla superiore noi a loro però era proprio da pareggio... nel primo tempo se non sbagliavano un paio di stop si trovavano davanti al portiere...".
De Santis: "Poi c'è stato Dida che ha fatto quella parata sul tiro di Veron... alla fine".
Facchetti: "Era abbastanza centrale...".
De Santis: "Sì però è stato un bel tiro tutto sommato... no mi è dispiaciuto perchè alla fine sai... se perdi la partita perchè gli altri giocano... ormai era per tutti una partita da pereggio...".
Facchetti: "Però ci tenevo a salutarti...". De Santis: "Ma ti ringrazio... ci mancherebbe anche (incomprensibile) è stato gentilissimo... su questo non avere dubbi... non pensare che c'è stato un problema di qualsiasi tipo... va bene... grazie, ciao".
Facchetti: "Grazie ciao...".
De Santis: "In bocca al lupo, ciao".
(Tuttosport)

 

 
 
 

Marchisio ci mette il cuore

Post n°350 pubblicato il 28 Aprile 2010 da goblins76
 

TORINO, 28 aprile - «Domenica è stata una partita da Juve». A dirlo è Claudio Marchisio che ha parlato a Juventus Channel del successo contro il Bari in campionato. Una vittoria che ha riportato un po' di buon umore in casa bianconera dopo l'ultimo periodo assai poco soddisfacente. «Una vittoria simile sarebbe dovuta arrivare anche contro il Siena, quando vincevamo 3-0 o contro il Napoli in casa…È stato un periodo brutto per noi, perché abbiamo rovinato una stagione che invece avrebbe potuto essere molto bella, per la qualità della rosa, per come avevamo iniziato il campionato e il girone di Champions. Ora dobbiamo solo impegnarci e cercare di vincere le ultime tre partite, sperando che accada qualcosa di bello per noi».

«UNA BATOSTA DIETRO L'ALTRA» - La Juventus, nel corso della stagione ha dovuto abbassare più volte l’asticella dei propri obiettivi. Una situazione che ha influito non poco sul morale dei giocatori: «Eravamo nel girone di Champions e puntavamo agli ottavi, invece siamo usciti. In Europa League abbiamo passato il primo turno con l’Ajax e sembrava che si potessero raggiungere dei buoni risultati, invece è arrivata l’eliminazione contro il Fulham…sono state delle batoste che a livello mentale non ci hanno aiutato neanche in campionato e si è visto dai risultati. Dentro di noi, ogni domenica, pur non giocando contro Inter o Milan, c’era una sorta di paura, di blocco psicologico, perché sapevamo che le cose non giravano per il verso giusto. Proprio a causa di questi timori, sono arrivati i brutti risultati. Nell’ultimo periodo, l’uscita dall’Europa League un po’ ci ha aiutato, perché allenandoci con più continuità durante la settimana riusciamo a mettere più benzina nelle gambe e a correre di più la domenica. In questo modo sono arrivate delle vittorie, soprattutto in casa, che ci hanno restituito un po’ di fiducia».

«MONDIALI? CI SPERO» - La rosa della Juventus, secondo Marchisio, è tutt'altro che da buttare: «Sono sempre stato convinto che questa squadra sia fortissima, al livello di Inter, Milan e Roma. È vero, ci siamo mangiati la stagione, ma ci sono giocatori e qualità importanti dalle quali si dovrà ripartire per aprire un ciclo». La stagione di Claudio è comunque stata positiva e ora ha la possibilità di chiuderla alla grande con un Mondiale da protagonista: «Intanto spero di essere tra i convocati e se arriverà questa notizia sarò felicissimo e la condividerò con la mia famiglia, che la sta aspettando quanto me. Se arriverà, ci sarà il mio più grande impegno, sia durante il ritiro che durante il Mondiale per fare bene. Per ora però e fino a quando non arriverà la convocazione però, non ci penso».
(Tuttosport)

 
 
 

Amauri out, dentro Iaquinta

Post n°349 pubblicato il 25 Aprile 2010 da goblins76
 

Tanto per cambiare, Alberto Zaccheroni ha dovuto preparare in emergenza anche il match di oggi contro il Bari, ultima chiamata per le residue speranze di conquistare un posto nella prossima Champions League. Il reparto più in difficoltà stavolta è il centrocampo, privo di Felipe Melo e Sissoko, entrambi squalificati.

La buona notizia è arrivata dopo la rifinitura: Marchisio ha smaltito la contusione al ginocchio sinistro rimediata contro l'Inter e dovrebbe essere regolarmente in campo. Il tecnico sembra orientato a confermare lo stesso modulo di San Siro (4-3-1-2) con Diego dietro a Del Piero e a Iaquinta. Trezeguet non è stato nemmeno convocato (come Caceres, Grygera e Giovinco), mentre Amauri non è al meglio: «Niente di grave - spiega Zac - ma in settimana è stato condizionato dal mal di schiena».

Con ogni probabilità toccherà dunque a Iaquinta portare sulle spalle il peso di un attacco in crisi: tolto Del Piero (7 gol), nel 2010 gli altri tre in campionato hanno prodotto un solo centro, firmato Amauri, nel 3-2 al Genoa del 14 febbraio. «Il rendimento non elevatissimo degli attaccanti dipende dalle condizioni fisiche - chiude il tecnico - Vincenzo arrivava da uno stop di quattro mesi e appena rientrato s'è fermato subito, mentre Amauri s'è fatto male quando aveva raggiunto il top. Dover cambiare sempre formazione, mi riferisco anche al centrocampo, è un problema».

 
 
 

In ricordo di Fortunato

Post n°348 pubblicato il 25 Aprile 2010 da goblins76
 

Il 25 aprile del 1995, a soli 23 anni, Andrea Fortunato si spegneva dopo una dura battaglia contro la leucemia. Sono passati quindici anni da allora, ma il suo ricordo non ha mai abbandonato la Juventus, i suoi tifosi e tutti coloro che ebbero la fortuna di conoscerlo. Tra questi c'è Roberto Bettega, che ha ancora bene in mente tanti momenti condivisi con Andrea: «Una volta - ricorda sul sito internet del club bianconero - ci fermammo nella sala da pranzo di Villar Perosa, dopo cena, a parlare insieme, perchè era un momento non troppo positivo per lui. Pensandoci a posteriori, probabilmente stava già covando la malattia. Ho cercato di rincuorarlo, facendogli capire quanto fosse difficile la nostra piazza, indossare questa maglia. Un'altra volta, si giocava un'amichevole a Tortona e tra il primo e il secondo tempo rimase negli spogliatoi perchè aveva un po' di febbre. Quello fu il campanello d'allarme».

Quando ad Andrea fu diagnosticata la malattia, fu proprio Bettega a comunicarlo alla squadra: «La notizia toccò profondamente tutti. È chiaro che trattandosi di un ragazzo di quell'età, di uno sportivo, si fa fatica a pensare che possa essere colpito da un male così grave. In piccola parte provai la stessa cosa quando avevo vent'anni e forse ero quello che si era trovato più vicino ad una situazione del genere e quindi toccò a me dirlo ai suoi compagni. Sono rimasto molto legato alla famiglia, perchè quelli furono momenti molto difficili e delicati per tutti. Andrea aveva una grande forza, una grande volontà, che credo tutti trovino quando si è costretti ad affrontare certe sfide. Sono sicuro che ce l'abbia messa tutta per provare a vincere la sua, ma purtroppo non è bastato».

La scomparsa di Andrea colpì profondamente tutto il mondo del calcio: «Andrea si ammalò nel pieno della sua giovinezza, del percorso del suo sogno. Il calcio fu sicuramente colpito, anche perchè per fortuna situazioni del genere sono rare in un mondo come il nostro, fatto di atleti. E poi la personalità di Andrea aveva toccato tutti e anche per questo furono in molti a partecipare al dolore per la sua perdita. Sono cose purtroppo tristi, che però rimangono dentro e viene da chiedersi perchè ad esempio io sono stato più fortunato... Viene da chiedersi: perchè lui?».

(Tuttosport)

 
 
 

Si riapre a calciopoli

Post n°347 pubblicato il 22 Aprile 2010 da goblins76
 

 

La procura della Federcalcio ha aperto un'altra indagine su Calciopoli, in riferimento «al nuovo filone di intercettazioni», e chiede al Tribunale di Napoli di acquisire «tutto il materiale probatorio prodotto dalle parti, ogetto di perizia che potrà essere disposta dal Tribunale». Nelle prossime ore, il procuratore Stefano Palazzi invierà formalmente una richiesta al Presidente della nona sezione penale del Tribunale di Napoli Teresa Casoria, avviando così l’indagine con riferimento al nuovo filone di intercettazioni. Le squadre sotto inchiesta sono Inter, Milan, Palermo, Roma Chievo, Livorno e le altre società emerse dalle nuove intercettazioni. Dopo aver letto e studiato le trascrizioni che saranno a disposizione tra fine maggio e inizio giugno, Palazzi e la task force messa in piedi in questi giorni dovrebbe provvedere alle audizioni. A via Allegri sfilata estiva di dirigenti chiamati a rispondere sulle telefonate rimaste nascoste per quattro anni. Moratti, Pradè, Cellino, Campedelli, Spinelli, Spalletti, l' arbitro Ayroldi e tutti i tesserati coinvolti a vario titolo nel nuovo scandalo.

Ricordiamo altresì che incombe su questo procedimento la mannaia anti etica della prescrizione: per la norma sportiva tutti i reati commessi dopo il 30 giugno 2005 sono prescritti, per quanto riguarda i tesserati. Addirittura soli due anni il termine di prescrizione per l'incolpabilità dei club. Nelle scorse settimane, allo scoppio dello scandalo, però il presidente federale Abete aveva chiesto massima chiarezza su quanto accaduto e fatto presente che per una eventuale decisione sull'ipotesi di revoca del titolo 2006, si sarebbe potuto intervenire politicamente in seguito anche «ad una prescrizione motivata». Se Palazzi, infatti, al termine dell'indagine che prenderà vita e velocità in queste settimane, valuterà rilievi di violazioni della norma etica (art.1) nei contatti tra tesserati e designatori o arbitri, all'epoca dei fatti, si potrebbe procedere almeno per la revoca del titolo assegnato all'Inter nel 2006, proprio in virtu dell'asserita (dal commissario straordinario Rossi) completa estraneità dell'Inter a fatti «poco limpidi».

 La credibilità di mio padre non può essere attaccata da quattro barboni, con tutto il rispetto per i barboni». Lo sfogo di Gianfelice Facchetti dopo la pubblicazione delle intercettazioni di telefonate del padre Giacinto nel corso del processo su Calciopoli, è arrivata durante la presentazione a Milano dell'iniziativa 'Un gol per la vità, della Fondazione intitolata all'ex presidente dell'Inter. «Sono giorni di attacchi vili e volgari - ha affermato Gianfelice - quando nel 2006 mio padre morì il suo nome fu iscritto al Famedio di Milano, segno che la memoria di Giacinto Facchetti non è solo nostra ma è condivisa da tutta la città e ora va difesa insieme e con i denti».

IL PARERE - Per il figlio di Giacinto Facchetti, infatti, la pubblicazione delle nuove intercettazioni tra il padre e i designatori arbitrali rappresenta «un estremo tentativo, condotto in modo poco civile, della difesa di un imputato». Gianfelice non ha mai voluto nominare Luciano Moggi, l'ex direttore generale della Juventus finito al centro dello scandalo di Calciopoli e responsabile della diffusione delle nuove intercettazioni, e ha assicurato che d'ora in poi la sua famiglia si trincererà nel silenzio, come gesto di fiducia nella magistratura. «Si stanno raccontando tante barzellette - ha concluso Facchetti junior - per gettare fumo negli occhi in un processo che è più mediatico che giudiziario».

MORATTI - «Bisogna sapere sopportare i veleni, sapersi difendere, sperare che in seguito venga lasciato spazio a cose più vere e che non ci siano segreti nascosti». Lo ha detto il presidente dell'Inter, Massimo Moratti, a margine della presentazione, a Milano, del libro dell'ex calciatore malato di Sla, Stefano Borgonovo.

(Tuttosport)

 

 
 
 

Benitez nei sogni bianconeri

Post n°346 pubblicato il 18 Aprile 2010 da goblins76
 

 

TORINO. La partita per portare Rafa Benitez alla Juve ieri prevedeva un turno in trasferta... Riflet­tori puntati su Liverpool, dove in effetti sono acca­dute parecchie cose. La principale: i Reds hanno un nuovo presidente, Mar­tin
Broughton.
Una figu­ra prettamente tecnica, dalle nostre parti lo defi­niremmo un traghettato­re. Broughton ( che ricopre anche l’incarico di diretto­re generale della British Airways) ha infatti rice­vuto dalla coppia Hicks­Gillet l’incarico di vende­re il Liverpool in tempi brevi. La novità, arrivata nel giorno del suo cin­quantesimo compleanno, ha sciolto ( almeno in par­te) la lingua a Benitez, che nel corso di una con­ferenza stampa - poi in una intervista a Radio Marca - ha detto la sua sul particolarissimo mo­mento del Liverpool e so­prattutto sul suo.

STABILITA’
« Non ho an­cora parlato con il presi­dente, è chiaro che dovre­mo incontrarci presto. La stabilità per un club è im­portante e la presenza di Broughton ci consentirà di andare avanti. Il mio futuro? La situazione in tal senso è più o meno la stessa di sempre, mi con­centro su allenamenti e partite. Ora penso al We­st Ham e all’Atletico Ma­drid. Battendo gli spagno­li avremmo una chance di vincere un trofeo, l’Euro­pa League, mentre in Pre­mier per noi è difficile, perché altri club sono più ricchi, hanno stadi più grandi: basti dire che so­cietà come Chelsea e Manchester possono inve­stire cento milioni nel mercato. Per noi questo è frustrante. Comunque la mia responsabilità consi­ste nel vincere » .

QUEL MESSAGGIO
Sul­l’esito dell’incontro mila­nese tra il suo manager, Manuel Garcia Quilon
con i vertici bianconeri, Rafa Benitez ha glissato: « Inghilterra, Spagna, Ita­lia, ovunque è la stessa storia. C’è troppa gente che dice la sua, siti web, giornali. In questo caso non voglio dire troppo, perché il mio unico compi­to consiste nel migliorare la mia squadra » . In realtà, alle orecchie di chi vuole ascoltare, il messaggio è arrivato.

CONTROCANTO
Altra musica ad ascoltare le parole di Christian Pur­slow,
direttore generale del Liverpool e - questo forse è il dato più interes­sante - grande amico del tecnico spagnolo: « Non ho mai parlato con la diri­genza della Juventus ( che una volta raggiunta l’intesa con il tecnico do­vrà trattarne l’uscita con
in Liverpool) e posso as­sicurare che Rafa ri­marrà con noi. Gli mette­remo a disposizione 20 milioni di sterline per il mercato, anche nel caso in cui il club non avesse trovato un nuovo proprie­tario entro l’estate » . Pa­role forti, pronunciate però da un dirigente che si trova in una posizione di oggettiva debolezza. In realtà le chance di per­manenza di Benitez al Liverpool sono legate a un cambio di proprietà, che però deve maturare in tempi brevi. Altrimen­ti la sua partenza da An­field sarà inevitabile.

LA SITUAZIONE
La Ju­ventus è davvero a un passo dal coronare la sua rincorsa al tecnico spa­gnolo. Tutto sta a non temporeggiare troppo ( in questo preciso momento in casa bianconera c’è una situazione di stallo per vo­lere della proprietà), altri­menti la situazione in In­ghilterra potrebbe mutare e magari potrebbbero mu­tare gli scenari pure a Madrid.

PRANDELLI AZZURRO?

Quanto a Cesare
Prandel­li
- che nelle idee dei ver­tici bianconeri è l’unica vera alternativa a Benitez - ieri è tornata a circolare con insistenza la voce di un arrivo alla guida della Nazionale azzurra dopo il Mondiale. Ipotesi inizial­mente non troppo gradita al tecnico di Orzinuovi, ma quanto è accaduto nel­le ultime settimane - vuoi in casa Fiorentina, vuoi in casa Juventus - potrebbe portarlo effettivamente a rivalutare la situazione.

I RIMPIANTI
Chiosa per Didier Deschamps, che alla guida del Marsiglia è a un passo dal titolo fran­cese. Ieri ai microfoni di
Sky
il tecnico transalpino - ex giocatore nonché ex allenatore bianconero - ha ammesso: « Tornare alla Juventus? Bella doman­da. Diciamo che quando diedi le dimissioni ero molto stanco. Avrei fatto meglio ad aspettare un po’. I dirigenti sono gli stessi di quando me ne an­dai, ma per me la Juve è sempre la Juve... » .

 
 
 

accelerare tutto

Post n°345 pubblicato il 18 Aprile 2010 da goblins76
 

Battere la Juventus, questa Juventus che prima di ie­ri sera aveva perso altre sedici volte, è un po’ come accanirsi contro un bambino seduto sul vasino da notte. Incapaci di difendersi, puniti dall’espulsione banale di Sissoko, i bianconeri hanno tenuto per un’ora e un quar­to poi si sono afflosciati e hanno rischiato di sbracare. Le scene di giubilo sfrenato in tribuna d’onore e sulla pan­china nerazzurra sono giustificabili solo in chiave rincor­sa scudetto, non per altre ragioni, anche perché da Mou­rinho in su e in giù c’è totale consapevolezza del fatto che martedì sera ci sarà bisogno di una prestazione diversa per superare il Barcellona. L’Inter non è più l’invincibi­le armata dell’inverno, forse non è più neppure un’arma­ta. Lo fosse ancora, ieri sera avrebbe stravinto e non im­piegato così tanto tempo per schiodare il risultato.
La sfida di Milano è stata brutta, nervosa, contaminata dal germe maligno di Calciopoli, da un titolo conteso e di­feso a suon di striscioni, dalla rievocazione della memo­ria di Giacinto Facchetti, da odi antichi come la Madu­nina. Del resto, l’unica partita che la Juventus può vin­cere è “fuori” dal campo, perché “dentro” il campo al massimo può suscitare una compassionevole pietas. Ze­bina, Grosso, Sissoko, Melo, Diego eccetera eccetera: quante volte è stato detto, scritto, ripetuto? Troppe e trop­pe volte non c’è stata risposta. Aparte l’invito a lavorare di più, che ormai suscita risolini imbarazzati. Detto ma­le, sarebbe il caso di accelerare le pratiche per la contrat­tualizzazione del nuovo allenatore, giusto per contrasta­re la depressione del popolo che ormai si eccita solo più per il passato remoto...

Settancinque mi­nuti, oltre la metà dei quali giocati in superiorità nume­rica, sono la dimensione temporale dei patimenti in­teristi, cioè quanto gli ex spe­ciali di Mou hanno impiega­to per spezzare la resistenza della Juventus, notoriamen­te friabile come un grissino. Qualche mese fa, il carroar­mato nerazzurro avrebbe stritolato quest’avversario posticcio e sbilenco, non solo per il deficit d’organico ma per una cifra tecnica immen­samente superiore, invece ha dovuto arrancare e sfer­ragliare per raggiungere la vittoria. Ma tant’è e, in fon­do, se il risultato (2-0) legit­tima la gioia, la testa della classifica è stata riconqui­stata almeno per una notte, in attesa dell’esito del derby romano. In chiave Barcello­na, però, molto ci sarà da ri­vedere: la squadra di ieri se­ra non basterà né a San Siro né al Camp Nou; la squadra di ieri sera per un pezz(ett)o è stata alla portata della banda Zaccheroni ed è tutto dire. Con Milano, i biancone­ri sono alla sconfitta numero tredici - 17 in totale - e la cu­ra è sempre la medesima: la­vorare, lavorare, lavorare. Dai, che magari un giorno ‘sta presa in giro finirà.

SOGNOEppure
dopo cinque minuti, i primi cinque di una partita sostanzialmente brutta, il tifoso juventino medio si era illuso che il tem­po fosse tornato indietro di almeno quattro anni, quan­do la gita al Meazza era qua­si una passeggiata di pura goduria commerciale in via Montenapoleone, non una sorta di agguato psicologico a sfondo sportivo. In quel breve lasso di tempo, la Ju­ventus era stata capace di aggredire l’Inter e di creare due palle gol con Iaquinta e Del Piero, di sistemarsi in campo con il piglio di chi vuole vincere, persino con una buona predisposizione alla corsa. Ma trascorsi cin­que minuti e poi altri cinque, l’andazzo è diventato il soli­to andazzo, il centrocampo è ridiventato povero di idee e all’attacco sono venuti a mancare i rifornimenti, amen. In questo modo, ciò che rimane dell’Inter poco alla volta ha saputo e potuto risalire la china, fino alla conclusione violenta di Thia­go Motta (16’) parata da Buffon che ha determinato l’inversione di tendenza. Quando poi Sissoko, pastic­cione e confusionario fin dal­l’inizio, ha ritenuto di farsi cacciare per doppia ammoni­zione, il tifoso bianconero medio ha avuto la percezio­ne quasi tattile che il sogno era svanito e che la realtà sarebbe stata durissima. Percezione comune anche a Del Piero, richiamato in pan­china da Zaccheroni per in­serire Poulsen e salvaguar­dare gli equilibri.

FIACCHEZZA
Era nella condizione, la Juventus, di raccattare qualcosa in più. E senza compiere sforzi titani­ci. La scelta di piazzare Die­go a ridosso delle punte, quindi di rispolverare il rom­bo, poteva premiare non tan­to per una questione di me­riti specifici ma per la fiac­chezza dell’Inter, irriconosci­bile rispetto al passato, ner­vosissima a cominciare dal suo allenatore, incapace di produrre il gioco incisivo che l’aveva proiettata al vertice della classifica. Ovvio che il benefit dell’uomo in più è stato un aiuto non indiffe­rente per scrollarsi di dosso quintali di ruggine. Certo, le fatiche di coppa Italia e la prospettiva di affrontare il Barcellona martedì prossi­mo hanno assorbito la mag­gior parte delle energie men­tali dei nerazzurri, ma sicco­me attualmente la differen­za di valori con la Juventus è enorme, forse abnorme, era lecito aspettarsi qualcosa di più e di meglio. Invece Mai­con per un po’ ha spinto po­co sulla corsia destra nono­stante trovasse un’opposizio­ne tenera da parte di Mar­chisio e Grosso, Sneijder si è acceso a intermittenza, così come Eto’o, per tacere di Pandev, molto discontinuo. Nel mezzo hanno tenuto Cambiasso e Thiago Motta, al quale però converrebbe menare di meno. Un po’ è (anche) colpa sua se la conte­sa spesso ha assunto i con­torni del tafferuglio e se il tafferuglio ha mortificato lo spettacolo: comunque, per evitare che il brasiliano ri­mediasse lo stesso destino di Sissoko, saggiamente Mou lo ha lasciato negli spogliatoi e dato aria a Stankovic.

STRAPOTERELa
ripresa è stata sbilanciatissima per una summa di situazioni ab­bastanza comprensibili. La supremazia nerazzurra è di­ventata strapotere, la Ju­ventus è rinculata di una ventina di metri e solo una cileccata di Eto’o (9’) l’ha sal­vata dalla capitolazione su un contropiede innescato da una palla persa da Diego. E poi ancora Milito (12’) ha vi­sto la sua girata in anticipo su Cannavaro uscire di poco dopo che Maicon si era la­sciato alle spalle Grosso con uno scatto da centometrista, e poi ancora Stankovic ha provato a colpire dalla lun­ga distanza, e poi ancora Mi­lito ha mancato da un metro il tap-in aereo. Balotelli ha sostituito Pandev e Canna­varo ha provato a sorprende­re Julio Cesar su un corner di Diego, note di cronaca al netto del divertimento che non c’è mai stato. Alla mezz’ora, infine, è arrivato il gol di Maicon, in capo a un rinvio svirgolato di Zebina e a un contrasto ridicolo di Amauri, appena entrato al posto di Iaquinta. Ma la Ju­ventus ha molto protestato per la punizione che Dama­to ha fischiato a Chiellini (pure ammonito) per un fal­lo su Stankovic. Caso mai ci fossero stati dei dubbi, la traversa di Balotelli su pu­nizione e il raddoppio di Eto’ o in pieno recupero hanno messo tutti d’accordo.
Tanto rumore per la solita... sconfitta. Che ci sta. Che non fa una piega. Che ri­specchia i valori in campo. La Juve regge finché può, poi ci pensa “Tyson” Maicona man­darla al tappeto, con surrogato di Eto’o. E con il contributo dello sciagurato Momo Sis­soko,
che lascia in dieci i suoi poco dopo la mezz’ora. Alla co­razzata Inter, però, non si può concedere un uomo, men che mai di questi tempi avvelena­ti. C’erano 2006 ragioni per vincere, ma la squadra di
Zac­cheroni
non è in grado di tro­varne nemmeno una. E
Chiel­lini,
fuori di testa, se la prende con il cartellone della televisio­ne: un pugno, e un calcio di rab­bia; un pugno e un calcio di im­potenza (con l’addetto ferito). Questa è la realtà, anche se non vi pare. Anche se non si riesce ad accettarla. Tanto da anticipare la fuga dalla tribu­na, come fa il presidente Jean Claude
Blanc, che si perde il raddoppio nerazzurro.
ANNERITI
L’annata sciagu­rata, dunque, prosegue. E con le ultime quattro gare il sogno Champions sarà difficilissimo da acciuffare. Ci vorrebbe un miracolo, ci vorrebbe un’altra truppa zebrata. Ma è vietato mollare, bisogna provarci fino in fondo. «Mi devo preoccupare di risollevare il morale», con­ferma Zac. Che però non dige­risce l’inferiorità numerica. «Se il secondo giallo l’arbitro l’ha dato, c’era. Ma non ho capito il primo: lo meritava solo Motta
che spingeva. Uno solo ha spin­to, e non è il mio. L’espulsione ha cambiato la partita, noi era­vamo ben dentro. L’avevamo preparata per non dare loro punti di riferimento, con il pos­sesso palla, con i tre davanti a scambiarsi la posizione. Io non parlo mai di arbitri, ma sono per la regola del buon senso, e una partita di questo livello non si condiziona per così poco. Va lasciata giocare il più possi­bile ai giocatori. E Chiellini rin­cara la dose: «Una sconfitta, co­sì non la posso mandare giù. Poi loro saranno anche più for­ti, ma... La prima ammonizio­ne a Momo non esiste al mon­do. Per non dire di
Motta che sullo 0-0 mi ha spogliato. Sono tutti episodi che hanno condi­zionato il match. L’Inter è e re­sta una grande squadra, però è stata agevolata da questi fat­ti ».

SUL RING
Più che un incon­tro, uno scontro. Il motto è: più calci per tutti. Una botta qua, una botta là; una maglia strat­tonata, un gomito alzato. Se questa è la Scala del pallone, dal loggione dovrebbero salire alti i fischi... La Juve ci prova, con un ottimo avvio (sfortuna­to
Iaquinta)
e un finale di tempo rattrappito. Poi ci pensa Momo Sissoko a rompere gli indugi, a rompere l’equilibrio. Fallone su Zanetti e spogliatoi anticipati, per la gioia di Mou­rinho.

Anche Zac, però, alza la voce, interviene, segnala, scuo­te la testa. Benvenuti al mani­comio pallonaro. L’importante è partecipare, non vincere. La gara dei brasiliani:
Felipe Me­lo
e
Diego da una parte,
Lucio, Maicon
e Julio Cesar
dall’altra. Con Thiago Motta nel guado. Baci e abbracci nel tunnel, entrate, giocate colpi bassi sul campo. Melo è grazia­to dall’arbitro, Motta vorrebbe la rissa ogni due secondi. Ma non erano i campioni del fute­bol bailado? Macché, qui si ba­da al sodo, a menare. E i bian­coneri, in inferiorità, la metto­no sull’orgoglio, sull’estempo­raneità delle azioni. Diego, il 28 che vorrebbe diventare 10, pro­va a illuminare la serata: qual­che buon lancio, poco seguito dei compagni. «Diego nel pri­mo tempo - conferma Zacche­roni - è stato il migliore Diego della stagione, dava anche equilibrio. Dispiace sempre to­gliere

Del Piero
ma dovevo
pensare alla squadra».

AZZURRI
Serve il cuore Ju­ve, per sopravvivere. Serve il cuore anche dei campioni del mondo. Capitan Alex ha già chiuso i conti con i nerazzurri. E allora tocca a Buffon, a
Grosso,
a Iaquinta, a Canna­varo.
Fate qualcosa di “gobbo”, altrimenti si rischia. E proprio Fabio, colui che alzò la Coppa verso il cielo di Berlino, veste i panni dell’attaccante aggiun­to. Ci prova di testa, ovviamen­te. E ci mette animo. Pure Su­perGigi non è da meno. Para, che poi è il suo mestiere. E ci tiene a tenere inviolata la por­ta. Un tuffo, uno spavento con

Milito
a due passi, una mano che sventa l’occasione di
Stankovic.
E ancora il Princi­pe. Da infarto. Inter-Juve è co­sì. I forti contro i deboli, con il pari che non si schioda, con i brividi che aumentano di in­tensità. E quando Amauri - il sostituto di Iaquinta - alza la gamba con poca convinzione e si lascia fregare da Maicon, il destino è segnato: gol, partita, incontro. Il resto è Milito man­gia tutto. Un Eto’o che non sba­glia. E una Juve impotente. «Il distacco che c’è dai nerazzurri non si è visto in campo - prova ancora Zac ad alzare il muro ­. E il primo gol l’abbiamo con­cesso, con un nostro attaccan­te che ha sbagliato la pressio­ne. Io ho rammarico non di quanto fatto a San Siro, ma di quanto accaduto precedente­mente. Il nostro problema è la mancanza di salute, questa squadra non si è mai allenata, è mancata la condizione». La chiosa: «Auguri all’Inter per il Barcellona».

Ora non resta che reagire..

Dove eravamo rima­sti con la Juventus e Calciopoli? Al comunicato della scorsa setti­mana e, ancor prima, ad Ales­sandro
Del Piero
che chiedeva la restituzione dei due scudetti. L’udienza di martedì a Napoli ha amplificato le certezze di chi già prima era convinto che i pro­cessi del 2006 fossero stati so­prattutto una manovra anti Ju­ve. Sentimenti, molto probabil­mente, condivisi anche da Jean Claude Blanc che però, sull’ar­gomento, ha preferito parlare con fermezza, certo, ma senza inutile clamore. «Stiamo vigilan­do e monitoriamo la situazione, ma senza infuocare gli animi e senza rilasciare dichiarazioni eclatanti visto che la giustizia sta lavorando. Quindi non mi re­sta che ribadire quello che ab­biamo scritto nel comunicato di una settimana fa. È importante tenere i toni giusti, ma siamo an­che stati chiari, con quel comuni­cato. È necessario dare tempo a chi deve prendere un certo tipo di decisioni ed è fondamentale che la giustizia sia equa per tut­ti ». Juventus vigile e attendista, dunque, anche se in serata, a margine del derby d’Italia a San Siro, è trapelata l’indiscrezione, smentita dal club, che in corso Galileo Ferraris starebbe pren­dendo corpo l’idea di chiedere la revisione dei processi sportivi del 2006 con l’obiettivo di arri­vare alla revoca dello scudetto 2005-06 assegnato a tavolino al­l’Inter. Controcorrente Buffon:
«Calciopoli fa solo male al calcio, sono passati tanti anni, uqello scudetto lo prenda chi lo vuole a me non interessa».

PERCHE’
La domanda più ri­corrente e anche più banale, nel­la sua semplicità, è capire per­ché nel 2006 non sono state pre­se in considerazione tutte le in­tercettazioni. Blanc allarga le braccia: «Ci sono persone a livel­lo giuridico che daranno rispo­ste e forse tra qualche giorno ca­piremo un po’ di più». Ma c’è chi vorrebbe capire subito. Come i tifosi di Italia bianconera che hanno rivolto un appello a John
Elkann,
affinché «chiarisca che cosa è stata Calciopoli. Se un cancro che ha colpito il calcio op­pure solo un cancro che ha colpi­to
Moggie Giraudo.
Dicci chi è stato a voler colpire solo noi. Molti sono convinti che con tuo zio Umberto e tuo nonno Gio­vanni non sarebbe successo nul­la. Ora tocca a te, John. Se non vuoi farlo per i 14 milioni di tifo­si bianconeri, fallo almeno per tuo nonno e tuo zio».

ATTUALE
Il presidente ha scelto il no comment sia su un eventuale incontro con i rappre­sentanti di Benitez («Sul tema allenatori non faccio commenti. E non è mia abitudine dire con chi mi incontro e con chi no») sia sulle eventuali punizioni econo­miche ai giocatori in caso di nuo­ve figuracce («Quello che si dice negli spogliatoi deve rimanere negli spogliatoi. E comunque la linea tra la proprietà e la diri­genza è sempre la stessa»). Ma sulla contestazione dei tifosi, in­vece, ha voluto parlare con de­terminazione: «Non aiutano la squadra, così non si fa. Non è ac­cettabile, queste sono questioni di ordine pubblico. I tifosi juven­tini sono 14 milioni, per tre tifo­si che mettono striscioni ne van­no di mezzo tutti gli altri. Se vo­gliamo aprire gli stadi alle fami­glie, bisogna fare in modo di ave­re comportamenti accettabili».

(Tuttosport 18/04)

 
 
 

Cercasi Juventus disperatamente

Post n°344 pubblicato il 04 Aprile 2010 da goblins76
 

La legge di Murphy, secondo la quale quando pensi di aver toccato il fondo scopri che puoi andare ancora più giù, ha trovato il proprio esempio da manuale nella Juventus: neppure la partita a ciapanò che giocano le rivali per il 4º posto, con il Palermo che ha perso e il Napoli che ha pareggiato, ha spinto i bianconeri a una prestazione decente. La conseguenza è che, invece di acchiappare chi le stava davanti, la Juve è 7ª con buone possibilità di non piazzarsi neppure per la Europa League, che del resto non merita. Le sconfitte ora sono 12, quasi record (15). Ogni volta sentiamo dire che la batosta sarà l’ultima e che si rimedierà con il lavoro: evidentemente i buoni propositi li raccontano a noi ma non se li passano tra di loro perché la sconfitta per 3-0 contro l’Udinese che non aveva mai vinto con tanta larghezza è solo la tappa più recente di un cammino indecoroso. Anche qui, in un posto di piccole soddisfazioni e di grandi paure per la salvezza, i bianconeri sono usciti tra le risate e i cori di scherno, assolutamente annichiliti e ridicoli, e a chi chiede cosa non stia funzionando l’unica risposta seria è: tutto. Sarà per questo che hanno deciso il silenzio stampa. Non hanno più spiegazioni da dare.

E’ una vergogna cominciata dalla rete del cileno Sanchez che ha infoltito i record negativi battuti nella stagione perché non era mai successo che la Juve subisse gol in 19 partite di campionato. Eppure era cominciata benino con Camoranesi e Del Piero che ripescavano brandelli di giocate vecchio stile: nello stadio dove rimediò l’incidente che poteva chiuderne la carriera, Alex si sistemava in una posizione ibrida, virtualmente da seconda punta con Amauri, in realtà alla ricerca di uno spazio vitale e creativo. Al 5’ inventava una mezza rovesciata che picchiava sulla mano di Ferronetti: Rocchi non vedeva o comunque non fischiava il rigore. A parte una punizione, ancora di Del Piero al 24’, respinta da Handanovic con un volo cinematografico, sarebbe rimasta l’unica conclusione pericolosa del primo tempo con gli juventini che presto dovevano rincorrere il pareggio. Al 9’ Di Natale calciava con forza contro il palo e, sulla ribattuta, Sanchez arrivava a battere in porta, più rapido di De Ceglie: impresa non impossibile dal momento che il giovane bianconero restava fermo e impacciato, quasi non sapesse cosa fare.

L’impressione era di una difesa complessivamente sorpresa dall’azione. Un "déjà vu". Il gioco dell’Udinese era più pratico, poteva raggrumarsi, rubare palla e ripartire con traversoni che finivano dietro agli ultimi difensori juventini, in zone vuote dove i friulani potevano lanciarsi in velocità. Un paio di volte il contropiede sfiorava il successo: Zebina fermava quello di Isla e Di Natale che stavano per volare in porta. La Juve era più macchinosa e non solo perché aveva meno spazio in avanti. C’è la tendenza al tocco in eccesso, all’imbottigliamento, alla soluzione cercata nel lancio lungo verso chi è già marcato. Un gioco da paese, facile da contrastare. Mentre si afflosciavano anche Camoranesi e Del Piero (sostituito nella ripresa da Iaquinta tra i fischi del pubblico), mancavano le incursioni dall’esterno, latitava il palleggio.

Il più inguardabile era Sissoko la cui percentuale di passaggi sbagliati era impressionante, per non dire degli interventi fuori tempo o fuori posizione. Uno di questi favoriva l’azione del raddoppio nella ripresa: l’errore di Sissoko a centrocampo permetteva all’Udinese di lanciare Sanchez nel corridoio giusto con la difesa sbilanciata. Manninger riusciva a respingere il tocco del cileno ma restava a terra e Pepe aveva il tempo di controllare e calciare nella porta vuota. Mancava quasi mezz’ora ma se pure si fosse giocato una vita intera la Juve non avrebbe mai rimontato, mettendola in "caciara", tra mischie disperanti e rimbalzi non sfruttati. Con più nitore l’Udinese portava Di Natale al tiro per il 22° gol della stagione. E, per fortuna dei bianconeri, non c’era la voglia di infierire.

Gli unici sorrisi di una nottata da incubo, Alberto Zaccheroni li produce, a fatica, all’uscita dagli spogliatoi, dove l’aspettano decine di persone che non ne dimenticano le imprese alla guida dell’Udinese. Baci e abbracci per quei tre anni indimenticabili e anche per questi tre punti che la Juve lascia a gente affamata di salvezza. Altro Zac non concede, né lui né il resto della triste spedizione, perché le bocche si serrano, come i boccaporti di fronte alla tempesta: «La Juve è in silenzio stampa - informano gli addetti alla comunicazione juventina, depressi pure loro - nessuno dei tesserati, allenatore, giocatori, dirigenti, parlerà. La società chiede scusa ai suoi tifosi». Ha parlato il campo di battaglia, fin troppo chiaramente, anche se una spiegazione ci vorrebbe per un altro crollo indecente: spazzati via da una squadra che ha chiuso con il torello e l’irrisione di tutto lo stadio.

Una volta di più, per seratacce che quest’anno sembrano infinite, la Juve affonda nel peggiore dei modi. S’inabissa senza il presidente Jean-Claude Blanc, rimasto a Torino - dicono - per firmare l’accordo di sponsorizzazione. Poi ha preso altre strade. Mica sarebbe cambiato nulla, sul prato, e la responsabilità della sconfitta è di quelli sul campo, ma quando il discorso s’allarga a un’intera stagione, a volte la forma è sostanza. Sulle tribune, allora, assistono alla disfatta il vice direttore generale Roberto Bettega, che però da inibito non può neppure calarsi negli spogliatoi per fare due versacci o tutte quelle cose che si fanno in questi casi, pur inutili, e il direttore sportivo Alessio Secco.

Non una spiegazione per un’altra disfatta. Lo spogliatoio bianconero resta sigillato per almeno mezz’ora abbondante, poi i giocatori escono alla spicciolata, prima chi non ha visto il campo, poi chi l’ha calpestato per qualche pezzetto di partita, e via via, gli altri. Facce da film horror, va da sé. Si rivedranno tutti martedì, a Vinovo, perché oggi è Pasqua, e domani Pasquetta: vuoi mettere? Decisione della società, anche se qualcuno avrebbe avuto idee differenti, raccontano gli spifferi. Magari sarebbe bastato un solo giorno di riposo, perché allora non c’è differenza tra vittoria e sconfitta, tra fare un buon lavoro e offrire un rendimento indecente. Invece, due giorni di stop, di vacanza: e chissà se tra quelli che avrebbero avuto piani differenti c’è pure Zac, da sempre cultore del lavoro, dell’allenamento. Non glielo si può chiedere, però: silenzio stampa.

Non stanno zitti invece in Inghilterra, beati loro, dove ripetono che Roberto Mancini ha un futuro in bianconero. Pure l’altro ieri il Guardian e il Telegraph ribadivano le possiblità d’addio del tecnico al Manchester City, a fine stagione. E mica solo riprendendo le notizie pubblicate negli ultimi giorni in Italia, ma anche riportando le voci vicine al Mancio: fallisse il quarto posto, se ne andrebbe, di certo. Un’opzione del contratto offre una via d’uscita ad allenatore e club, e i giornali del Regno Unito sono pronti a scommettere che qualcuno, a fine stagione, la userà: anche se vincendo ieri per 6-1 contro il Burnley, il City ha rimesso piede al quarto posto, valido per la prossima Champions. Mancio, però, potrebbe decidere di tornare in Italia lo stesso. Non troppo in silenzio.

 
 
 

Vieri ancora all'attacco dell'Inter

Post n°343 pubblicato il 02 Aprile 2010 da goblins76
 

L'ex giocatore dell'Inter Christian Vieri ha chiesto alla Procura federale della Figc la revoca dello scudetto 2005-2006 della società nerazzurra e l'interdizione dalle cariche societarie per il presidente Massimo Moratti e del vicepresidente Rinaldo Ghelfi. Questo sulla scorta degli atti dell'inchiesta penale milanese sui dossier illeciti in cui Vieri figura parte lesa per una presunta attività di spionaggio ai suoi danni.

L'ACCUSA - Per la vicenda è in corso anche una causa civile nella quale Vieri chiede un maxi-risarcimento a Inter e Telecom. È nell'ambito di questa causa che sono stati acquisiti gli atti dell'inchiesta penale per la quale è in corso a Milano l'udienza preliminare. La richiesta di revoca dello scudetto presentata da Vieri, assistito dall'avvocato Danilo Buongiorno, è basata, a quanto si è saputo, sulla presunta violazione dell'art.18 del Codice di giustizia sportiva che prevede, in caso di «violazione dello Statuto, delle norme federali e di ogni altra disposizione loro applicabili» da parte delle società, anche «la non assegnazione o revoca del titolo di campione d'Italia». La richiesta di interdizione di Moratti e Ghelfi è stata presentata in base all'articolo 19 del Codice sportivo che stabilisce le sanzioni per gli stessi casi a carico dei dirigenti.

LA CAUSA - Bobo Vieri, nei mesi scorsi, ha avviato una causa civile chiedendo un risarcimento di 12 milioni di euro a Telecom e 9 milioni e 250 mila euro all'Inter perchè sarebbe stato controllato indebitamente. Cosa che gli avrebbe causato anche una forte depressione. Tra i documenti acquisiti nella causa anche dei verbali d'interrogatorio resi dall'ex numero uno della security di Telecom, Giuliano Tavaroli, coinvolto nell'inchiesta milanese sui dossier illegali per la quale è in corso l'udienza preliminare davanti al guo Mariolina Panasiti. Tavaroli, dopo il suo arresto, spiegò di aver incontrato Rinaldo Ghelfi, "credo amministratore delegato - mise a verbale - e, brevemente, Moratti". In quella occasione gli sarebbe stato chiesto di "capire quale era l'entourage e le persone che ruotavano intorno a Vieri". Alla domanda se fosse proprio necessario ottenere anche i contatti telefonici di Vieri, Tavaroli rispose: "Eh sì per farlo era necessario quanto meno capire quali erano i suoi contatti". La difesa di Vieri ha depositato, sempre nei mesi scorsi, anche un cd-rom che l'ex segretaria di Adamo Bove, già dirigente della security governance della Telecom morto suicida a Napoli, consegnò alla magistratura.

Il cd documenterebbe tutti i contatti di Vieri fino al 25 giugno 2004.

Ma leggiamo adesso il testo integrale della telefonata tra l'ex designatore Paolo Bergamo e il presidente dell'Inter Massimo Moratti, trascritta insieme a molte altre, che la difesa di Luciano Moggi chiederà di acquisire dalla procura di Napoli come presunta prova di illecito.

 
Bergamo: «Mi sono sentito con Facchetti, Presidente per confermare questo clima di cordialità che naturalmente è una cosa che sappiamo io e lei, però il gruppo ha molto apprezzato il lavoro che noi abbiamo fatto nei confronti di Gabriele e Palanca e quindi ho pensato di farli rientrare in Coppa Italia, uno viene a fare l'Inter e uno fa il Milan...»
Moratti: «Va bene...»
Bergamo: «Volevamo dargli un immagine buona...»
Moratti: «Sì Sì...»
Bergamo: «Mi ha detto Facchetti sì sì sono d'accordo...»
Moratti: «Va bene, mercoledì lo andrò a trovare prima della partita...»
Bergamo: «Questo gli farà piacere...».
Moratti: «Vado a salutarlo...»
Bergamo: «Visto che lì non c'è sorteggio ma c'è designazione a voi ho mandato Gabriele, l'ho fatto accompagnare bene da 2 assistenti molto bravi...»
Moratti: «No no Gabriele è sempre stato un buon arbitro, molto regolare, non ho mai avuto contestazioni...»
Bergamo: «Un saluto vedrà lo riempirà di gioia...»
Moratti: «La ringrazio, mercoledì sono giù se c'è ne bisogno, lo vado a trovare prima della partita...»

 

 

(Tuttosport)

 
 
 

Alla ricerca del timone giusto

Post n°342 pubblicato il 21 Marzo 2010 da goblins76
 

Notizia shock dall’Inghilterra: l’allenatore della Juventus nella prossima stagione potrebbe essere Roberto Mancini. La notizia arriva direttamente dal “Sunday Mirror”, che spiega come nella partita del Craven Cottage, persa 4-1 dalla Juve contro gli inglesi del Fulham negli ottavi di Europa League, il vicedirettore generale Roberto Bettega abbia sfruttato l’opportunità di trovarsi in Inghilterra per incontrare il tecnico di Jesi, attuale manager del Manchester City.

Bettega sembra infatti orientato a non confermare l’attuale allenatore bianconero Alberto Zaccheroni, e avrebbe individuato proprio in Mancini l’ideale sostituto per rilanciarsi nella prossima stagione dopo la deludente annata in corso. L’incontro tra Bettega e Mancini sarebbe stato molto positivo e, aggiunge il tabloid inglese, “sarebbe molto difficile per Roberto dire no alla Juventus. Allenare la Vecchia Signora è il lavoro più ambito nel calcio italiano, è come se arrivassero offerte dal Manchester United in Inghilterra o dal Real Madrid in Spagna”.

Il vero scoglio da superare è il contratto che lega l’ex tecnico dell’Inter al Manchester City. Al suo arrivo a Manchester Mancini firmò per tre stagioni e mezzo, dunque al termine di quest’anno sarà legato allo Sceicco di Abu Dabi, proprietario del club, per altri tre anni. Secondo il “Daily Mirror”, però, al momento della stipula del contratto venne inserita una clausola secondo cui le parti si possono separare di comune accordo alla fine di ogni stagione.

Il nodo da sciogliere sembra quindi essere piuttosto un altro: al momento dell’ingaggio venne promessa a Mancini una campagna acquisti faraonica, da almeno 200 milioni di sterline. Se la proprietà dei Citizens manterrà fede alla parola data, il tecnico italiano difficilmente si muoverà dall’Inghilterra, ma cercherà anzi di portare il suo attuale club ai vertici della Premier League. In caso contrario, l’ipotesi Juventus diventerebbe assolutamente concreta, tantopiù che la dirigenza juventina sembra avere un debole per il tecnico marchigiano.

(newnotizie.it)

 
 
 

Alza la testa.. Juve

Post n°341 pubblicato il 06 Marzo 2010 da goblins76
 

FIRENZE
La Juve riscatta il ko casalingo contro il Palermo e vince al «Franchi» per 2-1 contro la Fiorentina in un altro importante spareggio per l’Europa. I bianconeri riconquistano il quarto posto e attendono domani notizie da Palermo.

La Fiorentina, forse già con la testa al Bayern Monaco, dà vita a una prova piuttosto opaca e non si rende quasi mai veramente pericolosa. Passano appena 2’ e la Juve passa in vantaggio: Candreva fa filtrare il pallone per Diego, in posizione sospetta, il treguartista si ritrova solo davanti a Frey, lo supera e di sinistro insacca. La Fiorentina reagisce e sposta immediatamente il baricentro in avanti.

La squadra di Prandelli gioca bene e in velocità mette in difficoltà la retroguardia bianconera. Gilardino, favorito da un rimpallo al 9’ si trova davanti a Manninger ma il portiere asutriaco è bravo a respingere. La Fiorentina è costretta a spingere, la Juve si copre bene ed è comunque pronta a ripartire quando c’è l’opportunità.

La partita si mantiene bella e giocata a ritmi veloci. Al 32’ la Fiorentina pareggia: lancio dalla propria metà campo di Gobbi a pescare in area Marchionni, l’ex centrocampista bianconero arriva convinto sul pallone, anticipa Manninger, non esente da colpe così come De Ceglie e insacca di testa.

Poi la partita si appiattisce un po’ e il primo tempo si chiude sull’1-1. Ad inizio ripresa Zaccheroni propone Grosso al posto di De Ceglie, che si era anche fatto male in occasione del gol del pari.

La Juve torna in campo con maggiore convinzione e si spinge in avanti; al 6’ Diego ci prova direttamente su punizione, ma Frey non si lascia sorprendere. La spinta di Grosso dà maggiore vivacità alla manovra bianconera. Al 24’ la Juve torna in vantaggio: Sissoko appoggia sulla sinistra per Grosso che in area trova il sinistro vincente da posizione decentrata.

Seguiranno un paio di proteste da parte dei viola, che comunque non sono riusciti a portare  a casa un pareggio possibile, considerando il complesso della gara.

Buona Juventus, la quale dimostra di volere fortemente il quarto posto da Champios.

 
 
 

Il capitano prende per mano la Signora

Post n°340 pubblicato il 14 Febbraio 2010 da goblins76
 

La Juventus sa anche vincere e Zaccheroni si gusta il primo successo (3-2 contro un volitivo Genoa) che ha soprattutto il significato di fare uscire la squadra da un incubo. E ci riesce, in mezzo ai soliti errori, grazie al cuore collettivo e alla grinta del capitano Alex Del Piero che, pur giocando a sprazzi, confeziona prima il 2-1 e poi trasforma il rigore decisivo del 3-2 (concesso un pò generosamente da Mazzoleni) nel giorno in cui sorpassa con 445 presenze il monumento Giampiero Boniperti.

Dal successo di Parma (assolutamente fortuito) del 6 gennaio scorso, si erano accumulate solo delusioni (sconfitta con Milan, Chievo, Roma e pareggi con Lazio e Livorno) e i bianconeri, oltrechè in caduta verticale, sembravano ormai bloccati anche psicologicamente e quello di oggi con il Genoa era diventato un autentico spareggio. Oggi, nonostante il doppio harakiri che la squadra si è di nuovo fatta, alla fine Del Piero e compagni ce l’hanno fatta e i tre punti con i rossoblù sono davvero preziosissimi perchè consentono di portarsi (in attesa del Napoli) a un punto dal quarto posto, anche se non autorizzano per il momento all’ottimismo. Era cominciata come al solito: primo affondo dell’avversario e gol. Ma poco prima c’era stato anche un palo rossoblù a far tremare Buffon.

La Juve ha reagito ed è riuscita a pareggiare con il redivivo Amauri: una rimonta fatta di generosità, ardore e muscoli, non certo di lucidità. È arrivato anche il raddoppio nella ripresa con una azione da cineteca, ma nemmeno sessanta secondi dopo la Signora di quest’anno si confermava: primo crosso avversario e questa volta è Buffon a fare la parte della saponetta. Il secondo pari avrebbe steso anche un toro, ma la Juve di oggi, cui Zaccheroni ha restituito, per ora, autostima e un briciolo di organizzazione di gioco, non si è arresa ed è arrivato il premio, giusto anche se non proprio irresistibile nella fattura, del terzo gol. Papastathopulos lascia un pò troppo il piede su Del Piero in area e Mazzoleni, a due passi, non se la sente di negare un rigore per danno procurato ma rimane il dubbio che l’intervento possa essere cominciato fuori area.

Tra le note positive bianconera, un Caceres formato gigante, un Amauri tornato a tratti pericoloso come ai bei tempi, Marchisio e Candreva in gran spolvero e un Del Piero sotto tono atleticamente ma sempre decisivo. Ma soprattutto la squadra ha dato l’impressione di voler seguire Zaccheroni, perchè si è visto un pressing organizzato, giocate più rapide e brevi, qualche smarcamento in più rispetto al solito, spiccioli di organizzazione più accentuata, con la difesa a tre e Caceres che dinamicamente faceva da pendolo tra un settore e l’altro. Manca ancora Diego, assolutamente evanescente fino al colpo di tacco da campione per il gol di Del Piero. Ma la squadra è ancora troppo vulnerabile dietro: Rossi ha fatto quello che voleva in un fazzoletto per il primo gol e il pari genoano è ancora frutto di una dormita collettiva, anche se Buffon si è distinto per una volta in negativo.

Il Genoa privo di numerosi titolari è sceso in campo per controllare la partita, ma poi, vista la facilità con cui è arrivato al gol, è sembrato crederci. Ha però cominciato male la ripresa, concedendo all’avversario e il secondo pari avrebbe dovuto avvertire la squadra di stare più attenta. Invece si è fatta trovare scoperta sull’affondo di Marchisio e Papastathopulos ha commesso il fallo ingenuo che ha indotto Mazzoleni a fischiare il rigore decisivo.

 
 
 

Plushenko sul podio d'Europa

Post n°339 pubblicato il 22 Gennaio 2010 da goblins76
 

TORINO, 22 gennaio - Al suo già ricchissimo palmares di vittorie, Evgeny Plushenko ne ha aggiunta un’altra prestigiosa. Il pattinatore russo ha vinto la medaglia d’oro ai campionati Europei di pattinaggio artistico in corso di svolgimento a Tallin, in Estonia. Plushenko è un grande appassionato di calcio e tifoso juventino. La scorsa estate ha svolto la preparazione a Pinzolo, a pochi passi dalla sede del ritiro bianconero in Val Rendena, e spesso è stato ospite di Del Piero e compagni. Proprio il capitano gli ha omaggiato la sua maglia autografata e ha più volte assistito alle sue incredibili performance sul ghiaccio. A Evgeny vanno i complimenti di tutta la Juventus per l’ennesima impresa, con la speranza di vederlo presto a Torino, città a cui è molto legato per la vittoria dell’oro ai Giochi Olimpici invernali del 2006.

(tuttosport)

 
 
 

Banda di onesti

Post n°338 pubblicato il 21 Gennaio 2010 da goblins76
 

Non si può sempre vincere: le sconfitte fanno parte integrante dello sport, così come della vita. Si va avanti a momenti, a cicli: sia positivi, che negativi. Quando arrivano i tempi bui, una volta preso atto, non rimane che rimboccarsi le maniche e costruire, poco alla volta, un nuovo "futuro". In quei frangenti a nulla serve buttare all’aria - ogni anno - quello che si è cercato di creare nei mesi precedenti. In casa Juventus, se si vuole finalmente dare corpo ad un "programma" serio, si facciano scelte decise (anche onerose) puntando su persone di spessore (calcistico). Ad ogni livello. E si vada avanti per quella strada, tenendo duro nelle difficoltà. Con i fatti, non solo con le parole dei CDA.
Bettega è rimasto solo al timone di una nave che sta affondando. Il comandante francesce "tridimensionale" (Blanc), dopo averla fatta speronare, è scappato con una scialuppa di salvataggio. Mantenendo onori e lasciando gli oneri a quello "con i capelli bianchi". Quello che sino poco tempo fa veniva isolato a guardare le partite dalle tribune dell’Olimpico e che adesso è stato richiamato per salvare il salvabile. La persona che ha messo la propria faccia in un mese più di quanto abbiano fatto gli altri in tre anni e mezzo. Perché un conto è parlare di bilanci sani, accordi commerciali, progetti e idee sui nuovi Ronaldinho da costruire in casa, un altro è affrontare le telecamere quando sai che dall’altra parte ci sono milioni di tifosi inferociti. Per errori, oltretutto, commessi da altri. I jolly degli esoneri degli allenatori, adesso, stanno terminando.
Secco prende la macchina per andare a Parma e riportare Lanzafame alla casa madre, e torna con una piadina romagnola. Si richiama Paolucci in un contesto ancora tutto da capire: non tanto per le sue qualità, quanto perché - una volta recuperati gli infortunati in quel settore - diventa difficile capirne la sua collocazione. Da decifrare anche la situazione di Iaquinta: (forse) bisognerebbe chiedere lumi allo staff medico. Quello che non apre le raccomandate (e manco se le aspetta) e riesce a trasformare le punture di un’ape (Cannavaro) in altro (doping), scatenando ironie e sospetti da parte di chi non ha (e non avrà mai) in simpatia la Juventus. Nonostante i numerosi tentativi - in quella direzione - dell’attuale dirigenza e della proprietà.
Gennaro Sardo potrà raccontare ai nipotini di aver segnato un goal storico contro quella che una volta era una squadra gloriosa, ma oggi ne è solo un lontano ricordo. Due "buffetti" di Del Piero e Cannavaro (al portiere del Chievo) sono gli unici pericoli portati dai bianconeri in una gara giocata su campo (?) impraticabile. Gara fisica, in cui si è esaltato (troppo) Granoche: tre indizi (Grygera, Cannavaro e Zebina) fanno una prova. Non per l’arbitro Valeri: l’attaccante andava allontanato dal campo. Ci ha pensato Di Carlo, il suo allenatore, ad evitargli guai peggiori. Una cura-Montero gli sarebbe servita da insegnamento più di quanto non avrebbe potuto fare un’espulsione. Commentare le partite dei bianconeri delle ultime settimane diventa un esercizio (quasi) ripetitivo: si imposta un articolo su una sconfitta, si cambiano solo gli attori. E si lascia fisso il nome del migliore tra i peggiori: Chiellini, il futuro capitano. Degno erede dei (suoi) grandi predecessori.
Felipe Melo continua a giocare (e sbagliare) in un ruolo non suo; si sta penalizzando il talento di Marchisio spostandolo in tutte le posizioni del centrocampo; Diego si impegna ma non riesce ad incidere. Con l’arrivo di Candreva (benvenuto) ci si augura di aver trovato il giocatore giusto da "inserire nel posto giusto". Sbrogliando la matassa di incomprensioni tattiche di cui il centrocampo bianconero è pieno. Ci si è dovuti anche concentrare sulla coppa d’Africa per gufare il Mali, nella speranza restituisse Sissoko prima del termine della manifestazione. Operazione riuscita: tifare a favore, di questi tempi, non porta nulla. Fare il contrario, a quanto pare, sì. Ma non è un bel vivere.
John Elkann assiste silenzioso al disarmo dei bianconeri, il fratello Lapo parla ma ne prende le distanze: le macchine e gli occhiali assorbono in toto i loro pensieri. Meglio ascoltare gli inviti dei milioni di sostenitori e lasciare in mano all’ultimo Agnelli rimasto, Andrea, quello che era il giocattolo di famiglia. Non garantirebbe alla Juventus un ritorno immediato alla vittoria: però la passione e l’amore con la quale verrebbe gestita basterebbe ai tifosi per potersi concentrare nuovamente (soltanto) sul calcio giocato. E’ la storia, oltretutto, che parla: il binomio vincente non è "Juventus-Fiat", ma "Juventus-Agnelli". In ricordo di Gianni, l’Avvocato, e per manifestare il loro dissenso per quanto sta accadendo, i tifosi si ritroveranno il 23 gennaio a Torino: chi non riuscirà ad esserci (come il sottoscritto) con il cuore marcerà pacificamente con loro da Piazzale Caio Mario sino sotto la Curva Sud dello stadio Olimpico.
Dopo, inizierà la partita: Juventus-Roma, Ferrara contro Ranieri, il "nuovo" che non ha funzionato contro il "vecchio" che non funzionava. E che si sta fregando le mani: se il sorpasso è cosa già avvenuta, l’allungo potrebbe essere la massima goduria. Nel mezzo, il Napoli: un punticino contro il Palermo in casa è bastato per lasciare la Juventus a quota 33. "Dica trentatré": a Verona non ha risposto nessuno…
Nel posticipo della domenica, il derby di Milano: là dove si deciderà questo scudetto. L’elegante e sorridente Leonardo contro l’arrogante e minaccioso Mourinho. L’allegria del Milan contro il nervosismo dell’Inter, quello scoppiato prima ancora che la partita abbia avuto inizio: c’è da capirli, sono comparsi i veri avversari. La Juventus si è rivelata "l’anti" di se stessa; il Milan, preso a pallonate e umiliato 4-0 nella stracittadina d’andata, si è ripreso sino a diventare una squadra vera. Due attacchi fortissimi a confronto, come quello che potrebbe trovare la stessa Juventus sabato sera: Vucinic, Totti e Toni. Gli ultimi due, già soprannominati "To-To".
"To-to", variante del nome d’arte di Antonio de Curtis, Totò, il principe della risata. Da lunedì scorso (18 gennaio) la "Gazzetta dello Sport" ha iniziato una raccolta intitolata al grande attore di origini napoletane, da poter acquistare in abbinamento al quotidiano. Il primo dvd è intitolato "La Banda degli onesti". Un altro modo, per il giornale rosa, di celebrare i successi dell’Inter…
(tuttojuve.com)

 
 
 

Moggi annuncia il suo ritorno

Post n°337 pubblicato il 20 Gennaio 2010 da goblins76
 

 

Luciano Moggi annuncia il ritorno al calcio nel 2011 una volta scontata la squalifica. E confida che potrebbe anche tornare alla Juve se Agnelli prendesse in mano il comando della società.

ESONERARE FERRARA
- Nella trasmissione "Studio Stadio" condotta da Paola Delli Colli, che vede tra i protagonisti anche l'opinionista Stefano Discreti, Moggi ha parlato anche della situazione Ferrara: «Ormai Ferrara è da esonerare perché è evidente che lo spogliatoio non lo segue più e poi se la Juventus dovesse perdere anche sabato prossimo contro la Roma la crisi diventerebbe irreversibile. Squadra in emergenza infortuni? Vero, ma i soli Diego e Melo in campo costavano quanto tutto il Chievo. Ferrara pagherà per tutti anche perché Secco non conta e non decide nulla. Quindi cosa lo cacci a fare? Non so comunque chi potrà rimpiazzare Ciro in panchina. Comunque il vero responsabile di questo fallimento è Blanc che rappresenta in pieno l'incompetenza di questa nuova società. Ma vi rendete conto che per sbloccare l'affare Paolucci ha dovuto telefonare in prima persona Franzo Grande Stevens al Presidente del Siena? Paolucci, avessi detto Ibrahimovic….  Blanc sarebbe da cacciare all'istante!! In 3 anni hanno buttato 250 milioni di euro. Noi in 12 anni non abbiamo fatto cacciare un soldo alla Proprietà…. La vittoria contro il Napoli di Coppa Italia forse aveva illuso qualcuno che la crisi fosse finita e che con Lanzafame e Paolucci si potesse risalire la china…».

RITORNO CON AGNELLI
- Poi la "bomba": «Nell'estate 2011 finirà la mia squalifica e tornerò nel calcio. Questo a molti da fastidio e spaventa. Un ritorno alla Juve? Non farò mai come Bettega. Con questa dirigenza che ci ha umiliati e che ha cercato in tutti i modi di farci condannare io non voglio avere niente a che fare. Con Andrea Agnelli al comando invece tornerei subito, anche per sdebitarmi con i tifosi juventini che in questi anni mai mi hanno fatto mancare il loro affetto».

CALCIPOLI
- Parla anche del processo Calcipoli: «Al processo di Napoli tirererò fuori un'intercettazione tra Baldini e Mazzini, in cui l'ex dirigente della Roma dice a Mazzini che riuscirà a far cacciare dal calcio Moggi, Giraudo e Galliani ma a lui lo salverà in cambio di una sistemazione per il suo amico Renzo Castagnini (oggi alla Juve...). Franco Baldini è un incapace e si pentirà amaramente di aver detto il falso perché a fine processo lo denuncerò penalmente! Come ho fatto a lavorare con Fabio Capello che ne è amico? Chiedetelo al tecnico dell'Inghilterra. Io non ho mai chiesto niente di Baldini a nessuno...».

INTER
- Un affondo anche all'Inter: «Con la distruzione della Juventus del 2006, ormai il potere è tutto a Milano. Le squadre milanesi continueranno a dominare in Italia per tanti altri anni, soprattutto l'Inter che più di tutte ha tratto beneficio da Calciopoli. Quest'anno l'Inter senza Ibrahimovic ha più difficoltà ad andare in rete, ma resta comunque la più forte di un campionato mediocre».

 
 
 

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PRIMO GOAL

Eri poco più di un ragazzo quando ti buttarono dentro al tuo primo campo di calcio di serie A.

In quel momento, quando il Trap ti disse:"Dai, scaldati che tocca a te", tu non sapevi che pensare, un groppo in gola, le gambe che tremavano, ma ti facesti coraggio.

Alzarsi dalla panchina e iniziare il riscaldamento, una corsa verso l'ignoto.

Pensasti a tuo padre, a tua madre, al fratello che ti aveva sempre sostenuto, ai tuoi amici più cari ai quali sarebbe venuto un'infarto nel vederti entrare in campo, ma  dopo c'era solo l'ignoto.

Non sapevi a cosa seresti andato in contro dentro quel campo da calcio, eppure il terreno di gioco l'avevi calpestato migliaia di volte, in quel momento ti sembrava fosse la prima volta che ti capitava di giocare...

Pensare a cosa fare, a come doverlo fare, pianificando tutto nei minimi dettagli, e  poi l'arbitro fischiò…toccava a te.

Baggio ti sorrise e  strizzò l'occhio, Moeller ti guardò impassibile, Ravanelli ti battè il 5..:"e adesso?.....cosa ne sarà di me", ti chiedesti?...Dribbling di Julio Cesar, palla a Marocchi che dà subito a Baggio,il quale lancia la palla in profondità, sui tuoi piedi..Goal..si Goal...non sapevi cosa fosse...gioia, emozione...cuore gonfio di sentimenti che passano veloci confusi nella mente e nell'animo che sembra poter volare

 

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