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OGGI PARLIAMO DI...........GIOVE

Post n°181 pubblicato il 04 Ottobre 2011 da mina_1954

 

Il nome del borgo di Giove

è all’origine un insediamento romano

sul fiume Tevere che deve probabilmente

il suo nome all’esistenza di un tempio dedicato a Zeus,

divinità alla quale erano consacrati molti colli

ancora prima della divisione etnica tra etruschi e umbri.

Un’altra ipotesi è che il nome derivi dalla volgarizzazione

del latino jugum (“giogo montano”, “passaggio obbligato”,

“vetta” entro due valli) che richiama

le caratteristiche geografiche del luogo.

 

Infatti il paese di Giove non risale

ad un presunto tempio o culto del dio Giove

(nessun tempio vi è mai stato trovato benché

il culto della divinità fosse diffusissimo in tutto il Lazio)

bensì al vocabolo latino "jugum"

nelle carte del Medioevo, viene chiamata Juvo o Jugo

L'etimologia che vorrebbe il nome attuale

derivare da un presunto Jovis (Giove)

è invece da far risalire prettamente

ad una semplice tradizione popolare.

In epoca romana il centro acquisisce

grande importanza grazie al porto fluviale di San Valentino,

sul fiume Tevere e difatti sono frequenti

i reperti archeologici di epoca romana,

da monete a tombe e resti di ville romane.

Come gli altri feudi vicini, Giove fu conteso

tra le nobili famiglie del posto e il papato,

fino ad epoca signorile,

quando il papa dona Giove alla famiglia degli Anguillara.

Nel 1465 la famigli Amerini occupa il castello,

consegnandolo a Paolo II Farnese.

Alla signoria dei Farnese subentra,

nel XVI secolo, quella dei Mattei che fanno erigere

una parte dell'imponente palazzo a pianta quadrata.

Circa le bellezze del paese, la più nota ed interessante,

è sicuramente il Palazzo Ducale unico per la rampa interna

percorribile con le carrozze fino al piano nobile.

Da vedere è anche la Chiesa Parrocchiale, di epoca barocca,

la cui facciata è inquadrata da due campanili simmetrici.

Il centro storico è un classico esempio di impianto medioevale:

una fitta serie di vicoli si intreccia all'interno del perimetro

delimitato dalle mura medievali e caratterizzato

dal sovrapporsi di archi, scale e contrafforti.

Sulla porta di ingresso del borgo è posto

il monogramma di San Bernardino

 

( I H S )
La sigla IHS (o in alfabeto greco ΙΗΣ) compare per la prima volta nel III secolo fra le abbreviazioni utilizzate nei manoscritti greci del Nuovo Testamento, abbreviazioni chiamate oggi Nomina sacra. Essa indica il nome ΙΗΣΟΥΣ ( cioè "Iesous", Gesù, in lingua greca antica e caratteri maiuscoli). In principio, quindi, le lettere H e S erano rispettivamente una eta e una sigma dell'alfabeto greco. La sigla è spesso abbinata a XPS per "Christos"; le due sigle sono costruite in modo analogo, utilizzando le prime due lettere e l'ultima del nome, perciò la S è l'ultima lettera del nome Iesus e non la terza.

San Bernardino durante la sua opera di apostolato evangelizzò

queste terre nei primi anni del XV secolo.

Fuori le mura, la Cappella di San Rocco,

offerta al Santo invocato contro la pestilenza,

ospita affreschi cinquecenteschi

della scuola folignate raffiguranti scene sacre.

E’ dal 1969 sacrario dedicato ai caduti di tutte le guerre.

Luogo di devozione e pellegrinaggio

è la Chiesa della Madonna del Perugino,

le cui pareti sono piene di ex voto donati

per grazie richieste o ricevute.

Sull’immagine della Madonna, dipinta nel 1658,

è ancora visibile una macchia nerastra

a testimonianza dell’offesa prodotta dal gesto

di uno squilibrato e del miracolo

che gli ha ridato la ragione,

motivo della costruzione del luogo di culto.

 

 

Il prodotto del borgo

 Sulle armoniose e soleggiate colline umbre

cresce rigogliosa la vite e l’ulivo che offrono prodotti

di elevata qualità.

Nel bosco funghi, tartufi e asparagi di stagione

si accompagnano al gusto selvatico delle carni del cinghiale,

con cui si preparano i caratteristici piatti

che lasciano i sapori ed il ricordo della nostra terra

Il piatto del borgo

 Il piccione in salmì e ripieno di un composto

fatto di uovo, pane e il fegato dell’animale

è da sempre il piatto preferito dalle famiglie di Giove.

Il piccione in tranci viene servito con pane tostato

e condito del “sughetto” di cottura accompagnato

dal ripieno a fette.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 
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