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Post n°182 pubblicato il 06 Ottobre 2011 da S_O_T_T_O_V_O_C_E
 

Nei pressi di Fontana di Trevi, per la precisione in vicolo del Puttarello, un traversa di via di San Vincenzo, è visitabile una affascinante area archeologica venuta alla luce , tra il 1999 ed il 2001....

 

 Gli scavi intrapresi per il rinnovamento dell'ex cinema Trevi hanno messo subito in luce murature romane e nel giro di un paio di anni l'area era completamente scavata.
Si entra dentro quello che è la Sala di proiezione “Sala Trevi Alberto Sordi”, affidata al Centro Sperimentale di Cinematografia.

Ed è appunto scavando per la costruzione di questa sala cinematografica che si è per fortuna potuto scoprire un meraviglioso viaggio a ritroso nel tempo, toccando con mano la millenaria stratificazione del centro storico di Roma


Gli scavi hanno riportato alla luce un grande serbatoio di distribuzione dell’antico "acquedotto Vergine", che alimentava (attraverso tubazioni in piombo ancora conservate in posto) le vasche di una lussuosa residenza signorile posta nelle adiacenze. Inoltre hanno scoperto una fonte naturale di acqua sorgiva, proveniente da una potente falda idrica, che sgorga nel sottosuolo filtrando attraverso le antiche murature dell’area archeologica

 

Il primo piano dello scavo corrispondente alla strada romana è dentro l'acqua e sono ben visibili le stratificazioni fatte per elevare il piano dopo l'incendio del periodo di Nerone a insula e quindi poi le successive elevazioni sopra il manto stradale nel medioevo. E' stato possibile distinguere due successive fasi edilizie, databili XII e XIII secolo studiando le murature che riutilizzano materiale di spoglio (in particolare blocchetti di tufo e ricorsi di laterizi).


Scavando nella terrra sono stati rinvenuti reperti datati intorno alla metà del V secolo, molto probabilmente durante il saccheggio dei Vandali di Genserico nell’anno 455, quando la domus fu devastata da un incendio: il pianterreno venne quindi obliterato da un interro (alto circa 4 metri) il cui scavo ha restituito circa 14.000 frammenti di ceramica ed oltre 800 pezzi monetali in bronzo.

Tramite lo studio dei pezzi ritrovati che si è potuto capire l'interramento del sottosuolo nei vari periodi storici.
Certo è che la parte più stupefacente sono i serbatoi dell'acqua, databili in età adrianea (123 d.c.) grande serbatoio idrico, con capacità stimabile in circa 150.000 litri.


Il pavimento e le pareti, di cui fu raddoppiato lo spessore per bilanciare la pressione dell’acqua all’interno, furono rivestiti con uno spesso strato di intonaco idraulico (cocciopesto).
Per le sue particolari caratteristiche il manufatto va quasi certamente identificato con un serbatoio di distribuzione (castellum aquae) dell’Acquedotto Vergine

 

Accanto ai materiali lapidei sono esposti sedici esemplari di anfore da trasporto di produzione africana, databili tra IV e V secolo d.C.


L’ottimo stato di conservazione, l’omogeneità tipologica ed il probabile contenuto (olio) fanno supporre che lo strato di abbandono della domus sia stato realizzato in buona parte con materiale proveniente dallo sgombero di un vicino deposito: esso era forse a servizio di una vicina locanda (popina), situata plausibilmente lungo la fronte sul vicus Caprarius

 

 

Il recente restauro ha permesso di fissarne con precisione la datazione, confermando come la parziale distruzione della domus sia avvenuta nel 455 d.C. Di particolare interesse sono i resti di tessuto ancora aderenti ad una delle monete, probabilmente riferibili al loro contenitore: una semplice borsa di tela, un brano di vita quotidiana drammaticamente interrotto dagli eventi storici.

Il termine “Città dell’Acqua”, usato correntemente per definire l’area archeologica del vicus Caprarius, è dovuto alla presenza dell’elemento che senza dubbio caratterizza maggiormente il sito: in primo luogo l’acqua che sgorga da Fontana di Trevi, la monumentale mostra barocca dell’Acquedotto Vergine nelle cui immediate prossimità si colloca l’area archeologica; in secondo luogo l’acqua sorgiva, proveniente da una potente falda idrica, che sgorga nel sottosuolo filtrando attraverso le antiche murature in opera laterizia dell’area archeologica

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