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OGGI PARLIAMODI......CINABRIO E DOVE SI TROVA

Post n°183 pubblicato il 09 Ottobre 2011 da mina_1954

 

 

 

 

Il monte Amiata, massiccio della Toscana, un angolo insolito e prezioso di Toscana. Compreso nelle province di Grosseto e Siena, domina dall'alto dei suoi 1738 metri le vallate circostanti (val d'Orcia, val di Paglia), la superba piana della Maremma, le dolci e suggestive colline senesi, la verde depressione del lago di Bolsena.
Mostrando il suo profilo dolce ma austero anche a grande distanza. Nelle giornate serene lo si scorge dalle colline del Chianti, dalla Maremma e da chi viaggia nel mar Tirreno, dai monti laziali, dalle acque tranquille del laghi Trasimeno e Bolsena. Un profilo netto, forte, che emerge, alla stregua di una ciclopica cattedrale, dalla vasta superficie delle dolci colline toscane.

Immerso e inserito nella Toscana classica, con l'Umbria e la Tuscia laziale a due passi, l'Amiata è rimasto per millenni un territorio con proprie autonome prerogative geologiche, storiche e paesaggistiche. Le rigogliose faggete, le rocce dalle forme inconsuete, le ricche e fresche sorgenti, le miniere (oggi relegate a museo) e una stentata agricoltura montana hanno dato a chi vive sulle pendici della montagna la coscienza di un'orgogliosa diversità.

 

 

 

I cicli della storia e dell'arte hanno lambito e variamente interessato nei secoli, l'Amiata. Ma nè gli Etruschi, nè i Romani, nè i Longobardi nè gli imperatori d'occidente, nè le storiche Repubbliche di Siena e di Firenze, nè la vivace modernità della vicina Grosseto, sono mai riusciti ad alterare lo spirito, il carattere, la magia della montagna amiatina, che ha reso simbiotico il rapporto tra natura, paesaggio ed opera dell'uomo.

Nei secoli, l'Amiata ha conosciuto e forgiato un'economia a misura d'uomo e di natura, utilizzando le risorse presenti in varia misura, dai pascoli delle colline e delle valli ai doni della grande foresta montana e ai prodotti di un prezioso artigianato locale, in un percorso di grande respiro sociale, artistico e ambientale. E' lo stesso itinerario che proponiamo in queste pagine, senza tralasciare la comodità rappresentata (per il turista di oggi) dal territorio dell'Amiata, assai vicino e baricentrico rispetto ai grandi centri storico-artistici e paesistici della Toscana e dell'Umbria.

Il monte Amiata è un rilievo di natura vulcanica, in cui l’attività lavica, circa 300.000 anni fa ha sovrapposto rocce eruttive e colate di magma su una base argillosa legata all’evoluzione del corrugamento della catena appenninica risalente all’epoca paleozoica. Il cinabro è un minerale di formazione idrotermale, da cui si ricava il mercurio mediante processi di riscaldamento e condensazione.

 

 

 

CINABRO
Per circa un secolo (1870- 1970) è stata presente, nel territorio dell’Amiata, un' intensa attività di estrazione industriale di cinabro, il solfuro da cui veniva ricavato il mercurio. Da quarant’anni circa, per le motivazioni che più avanti saranno delineate, lo sfruttamento minerario del cinabro è stato completamente abbandonato. A ricordare quelle vicende, nello stesso tempo produttive, economiche e sociali, rimangono oggi due musei evocativi, situati uno ad Abbadia San Salvatore e l’altro a Santa Fiora.

Il monte Amiata è un rilievo di natura vulcanica, in cui l’attività lavica, circa 300.000 anni fa ha sovrapposto rocce eruttive e colate di magma su una base argillosa legata all’evoluzione del corrugamento della catena appenninica risalente all’epoca paleozoica. Il cinabro è un minerale di formazione idrotermale, da cui si ricava il mercurio mediante processi di riscaldamento e condensazione.

Un excursus storico sul cinabro deve partire necessariamente dalla conoscenza e dall’uso che se ne faceva nelle civiltà etrusca e romana, cioè dagli antichi abitatori del territorio amiatino o dei luoghi ad esso contermini. Il cinabro era ricercato sostanzialmente come colorante primario, un rosso vermiglio utilizzato nella tinteggiatura dei muri, dei tessuti e delle terrecotte. E' ormai accertato che anche il prezioso "rosso pompeiano" traeva origine dal raro cinabro raccolto nell'area vesuviana, un territorio vulcanico geologicamente simile a quello amiatino.

Una sicura conoscenza del cinabro è quindi accreditabile sia agli etruschi che ai romani. In queste civiltà il cinabro veniva utilizzato, come detto, essenzialmente come colorante, e forse non ancora indicato come minerale base per ottenere il mercurio. L’escavazione delle pietre cinabrifere avveniva in modo primordiale utilizzando, cosa oramai accertata dai ritrovamenti archeologici, curiose e singolari punte di silice e corna di cervo reperite in alcune miniere.

Difficile invece sostenere che il derivato del cinabro, il mercurio, fosse allora usato ancorchè forse conosciuto. Rimane infatti una grande incertezza di come gli oggetti in oro, reperiti in numero considerevole specie nei siti etruschi, e oggi visibili in alcuni musei archeologici, fossero stati trattati partendo da una materia prima, appunto l’oro, in una forma così depurata che è possibile ottenere allora solo con processi di amalgama, in cui il mercurio è elemento indispensabile. Del resto alcuni autori danno per certo l’utilizzo del mercurio nella Cina e nell’India in tempi antichissimi e significativa è la presenza di gocce di mercurio nelle tombe egizie risalenti al 1500 avanti Cristo.

A completamento dell'esposizione geo-mineraria del territorio amiatino, è qui opportuno ricordare la presenza di altre estrazioni da cave o miniere, di importanza minore, quali la farina fossile a Casteldelpiano e le terre gialle a Bagnoli di Arcidosso.

 

Cencio, Gigi, Nanni e Berto si alzano presto, due ore prima del sole, per zappare un po' di più pel fresco. Caricano nell'asino due corbelli, uno pieno di concime, l'altro co' due barlette d'acqua, quattro ubbidienti, quattro paia di zocculi, quattro paia di carzonacci, mezzo paniere di fette di pulenda, un pò di pane e poco companatico. Si danno da fa', la terra è dura, è un mese che non piove. Una veloce colazione verso l'otto, a mezzogiorno dopo mangiato tentano di fare un riposino, ma è impossibile: le codere, se ti sdrai in terra ti mangiano, le cicale ti rincoglioniscono.

"Riandiamo a zappa' n'antro poco, vor dì che in serata partiremo un pochino prima. Sull'asino ci monteremo un pochino per uno"

Verso le sei i quattro fratelli partono.

"Ci monterò prima io" disse Cencio. "su pe' cheste piagge ci si sta anche maluccio sull'asino....Ci starò fino al bivio di Montegiovi".

"Vor dì che io ci salirò da bivio di Montegiovi al ponte della Pieve" disse Gigi, "tanto è tutto per in giù 'sto tratto di via".

"Allora io ci monterò da ponte della Pieve al paese" disse Nanni, "è il pezzetto più corto..."

"E a me quando mi tocca?" protestò Berto.

"A te ti tocca nella stalla, intanto che mamma finisce di coce la pasta".

 

 

foto e notizie prese dal web modificate da Mina

 

 

CLICCATE QUI PER CHI VOLESSE APPROFONDIRE

LE INFORMAZIONI

(  http://www.webamiata.it/homepage.htm  )

 

(MI SCUSO CON TUTTI PER LE MANCATE RISPOSTE AL POST PRECEDENTE

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RINGRAZIO TUTTI ANCHE QUELLI CHE SONO SOLO

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