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Notizia notiziona: chiude la baracca scuola

Post n°230 pubblicato il 18 Ottobre 2008 da ditz

I giornali murati come strisce di cemento su una frase, una polemica gretta e meschina sugli insegnanti. Oppure pagine e pagine d'avorio mite sull'intervento dello stato fin dento l'anima del liberismo. L'ennesimo ossimoro. L'ennesima pigliata per il culo, meglio. Indulgenze a colpi di gossip frenano borse in picchiate come caccia bombardieri su città occidentali collassate dentro un urlo firmato. Piano piano risale dal mezzo della prima pagina una notizia come un sussurro di liberazione.

Docenti ribelli alla minstra. E anche le famiglie. E le Regioni.

La scuola bla. E poi bla bla. Una volta, il voto invece. Il grembiule, lo so. E via così. Fino all'ultimo licenziamento? Di chi, poi? Un-mio-amico-dice-ancora-che-lavoriamo-poco. Pensa ai prof di educazione fisica, forse. O di religione.

Quelli che pensano che i docenti non siano all'altezza forse dimenticano che medici ingegneri manager avvocati dentisti bancari ginecologi pediatri oculisti notai politici: NEMMENO LORO! Non hanno idea. Se un docente non sa spiegare ha il buongusto di aprire il libro, servirsi dell'aiutino. Se un medico sbaglia, che aiutino ci sarà?

La bellezza è che il precariato l'avevano voluto loro. E col tempo anche noi c'eravamo adattati a quella logica di stanziamenti instabili. Un anno e via. Un anno e via. Un anno e via. Le case in provincia si somigliano tutte. Le strade pure. La statale. Sempre dritta. Li taglia in due i paesini. Sembrano tante comari intorno a un pettegolezzo. Spropoli, un pugno a sproposito di case che si guardano di sbieco e poi la strada deraglia verso una pianura densa di celeste. Mare.

Il bello è che a fare i pendolari s'impara tanto. E presto. Viaggi in mezzo a  giacche verdi di ferrovieri entrati in ferrovia con quale mezzo? che esibiscono foto-riconoscimento. Sembri uno di loro, da come ti muovi sul treno. Dalla disinvoltura della postura ciondolante e lenta. Uno di loro. Ma in borghese.

Poi arrivi e il vociare della carrozza è già lontano. Ti si prospetta l'altra macchia fragorosa. La classe. I primi tempi che non sei allenato, QUELLI Sì CHE SONO TEMPI DURI e tutto costa troppo in termini di SILENZIO, ALLORA LA FINIAMO? VIENI INTERROGATO COSì VEDIAMO SE LA FINISCI UNA BUONA VOLTA!

Poi passa. Passa che deve passare. E basta. Non c'è cazzo. Una cosa buona è quando sei saltato da docente supplente a docente per un anno. Lì è già tanto. Sempre che sei vivo. L'hai superata, bene o male. Certo, i segni restano. C'è gente che in classe ha finito per giocare al gioco di Italia 1. Tutti nascosti sotto la cattedra. Un due tre: il prof grida: Italiaaaaaa? e tutti sbucano da laggiù col loro Uno spaccatimpani.

Chi s'inventa film. Canzoni. I più temerari osano ridere in classe. Se sei al triennio, con quelli più grandicelli, finisce che pensano che non hai voglia peggio di loro o che sei strano perché non urli come un forsennato e allora finisce che si schiantano sul banco. L'ultimo anno vale anche la regola dell'interrogazione rimandata causa festeggiamento 18esimo anno di vita. Vince l'inedia, di solito, al'ultimo anno.

Aspettano che passi. Nei loro occhi leggi tutta la paziente e contenuta voglia di fuuuuuuuugaaaaaaaa!!!

Fugggire. Se bastasse un verbo per i ragazzi dell'ultimo anno: FUGGIRE.  Oppure: EVADERE.

L'anno in cui le programmazioni dovrebbero indicare tra i contenuti non tanto la poesia tra Otto e Novecento. Casomai, l'uscita anticipata dalle 13,30 alle 12,40. La verifica sì che sarebbe una soddisfazione. Oppure i dieci minuti d'intervallo. O i quattro minuti d'assedio alla cattedra per ritardare il solenne eloquio.

La pigrizia del bradipo: questo è la classe.

Tu li invogli con appassionata arringa e i loro occhi emettono un sinestetico vaffanculo. Tu vai sul sicuro con qualche giocata ad arte, per esempio buttarla sul personale, azzardare un "mia moglie...". Lì, come per trasalimento, s'inaugura il new deal del rapporto tra insegnante e alunno.

Dura poco.

Al ritorno a casa i docenti di solito devono aprire la valvola di sfogo. Scaricano a mille la loro giornata affannandosi in commenti improperi risatine isteriche.

Detta così: è proprio un lavoro di mmerda.

In compenso, però... c'è chi ti porta una cosa scritta, chi ti pone una domanda intelligente e non per metterti alla prova, chi avanza una risposta fuori schema.

Ma la notizia notiziona è un'altra. Quella finale, schematica, numerica, da equazione, da lezioncina a pappardella, dalla ministra frittella: fine della scuola.

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Commenti al Post:
estrella.del.sur
estrella.del.sur il 20/10/08 alle 09:19 via WEB
Eppure, io mi ricordo soprattutto di quegl'insegnanti che erano calmi e tranquilli e ogni tanto la buttavano sul personale. Quelli che amavano il loro lavoro e si vedeva. I miei prof di lettere, ad esempio... Vale la pena, in fondo, per quei pochi che pongono una domanda intelligente, per quei pochi ti portano una cosa scritta, una cosa fuori schema. No?
 
 
ditz
ditz il 22/10/08 alle 09:32 via WEB
Te li ricordi perché erano l'eccezione a una regola stantìa. Sì, vale la pena.
 
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