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Ecoballe, Bertolaso e Procura allo scontro

Post n°828 pubblicato il 25 Febbraio 2009 da angela_n
 

Il sottosegretario si appella al Tribunale: devono essere dissequestrate. Ma i pm danno parere negativo
24 febbraio 2009 - Leandro Del Gaudio

No al dissequestro delle piazzole di falso cdr. No al dissequestro di sei milioni di tonnellate di balle accatastate in sette centri di stoccaggio negli anni dell’emergenza rifiuti in Campania. È il parere negativo alla richiesta del commissariato di dissequestrare piazzole e siti di stoccaggio finiti al centro dell’inchiesta della Procura. Una pagina, trenta righe, un parere negativo che porta la firma dei pm Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo, titolari del processo a carico del gruppo Impregilo e dell’ex commissario antirifiuti Antonio Bassolino, nell’inchiesta coordinata dall’aggiunto Aldo De Chiara. I pm dicono no a qualsiasi intervento manutentivo sulle tonnellate di ecoballe. Il rischio - secondo gli inquirenti - è che si finisca col favorire quegli stessi privati al momento sotto processo per truffa nella gestione dei rifiuti. Sono loro - ragionano i pm - le imprese sotto processo, a doversi fare carico della gestione di «finte ecoballe» e «discariche abusive». Ecco l’affondo della Procura: «No a sperperi di denaro pubblico in sostituzione dei privati».
Ma come nasce il braccio di ferro tra pm e il sottosegretario Guido Bertolaso?
Il caso emerge nel corso del processo che si sta celebrando dinanzi alla quinta penale. In cancelleria arriva una richiesta firmata dal commissariato ad acta colonnello Angelo Pezzella per il sito di stoccaggio di Villa Literno, che chiede il via libera dall’autorità giudiziaria a realizzare una serie di interventi di manutenzione. Scrivono gli uomini di Guido Bertolaso: «Il bene sequestrato necessita di interventi per evitare che lo stesso provochi pregiudizi all’ambiente anche di carattere sanitario». L’istanza punta ad ottenere la «messa in sicurezza delle piazzole di stoccaggio», la «manutenzione di materiali e impianti» accatastati nelle città fantasma dell’immondizia; ma anche a «realizzare piani di cantierizzazione». Richieste bocciate in tronco dalla Procura, chiamata dai giudici ad esprimere un «parere» sull’opportunità di intervenire negli impianti finiti sotto sequestro nel 2007, come frutto della presunta truffa dei rifiuti in Campania. La stessa richiesta è arrivata dai commissari di Capua e Marcianise, ma è logico pensare che venga definita anche dagli altri siti sotto sequestro, tra cui Caivano, Giugliano, Pianordardine e Casalduni. Al termine della richiesta, i commissari affrontano anche la questione economica: ad anticipare i soldi della bonifica dovrebbe essere lo Stato. Ecco la chiosa dei commissari: «La predetta strategia di intervento comporta oneri finanziari rilevanti rispetto a cui gli scriventi, attualmente, non hanno adeguate disponibilità finanziarie. Quindi, si provvederà a chiedere adeguata provvista finanziaria, fatte salve le indispensabili iniziative recuperatorie a carico delle società ex affidatarie del servizio smaltimento dei rifiuti». Ecco la replica dei pm: «Trattasi di siti di balle di falso cdr in sequestro. Per essi la normativa impone la rimozione dei rifiuti, trattandosi di discariche a cielo aperto. Al contrario il Commissariato propone di proseguire esso stesso nella gestione della discarica piuttosto che rimuoverla, attività che nessuna norma di legge consente di sottrarre alle responsabilità dei legittimi proprietari, ossia le ex società affidatarie». Gli inquirenti aggiungono: «Si propone di sperperare denaro pubblico in sostituzione di privati e si pretende di esentarsi di responsabilità prevendendo ipotetiche e dispendiose operazioni di recupero delle spese». La Procura pone una questione di fondo: se le attività di manutenzione spettano ai privati sotto processo perché deve essere lo Stato ad intervenire? «Perché farsi carico di oneri che sono a carico delle imprese affidatarie?», incalzano gli inquirenti. C’è spazio per una chiosa finale, che adombra addirittura l’opportunità di approfondimenti investigativi sulle istanze arrivate in Tribunale: «Emerge un contesto ambiguo e grigio, in cui si vorrebbe sostituire l’ati affidataria nel compiere attività eventualmente spettante solo ad essa».

 
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