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Miles Davis Mirko Boscolo io

Post n°26 pubblicato il 28 Febbraio 2010 da hesse_f
 

Trovare delle immagini inedite di Miles Davis non è certamente cosa da poco. Una esposizione sul geniale trombettista americano ci frullava in mente già da diverso tempo. Nei nostri archivi possedevamo già delle immagini di Carlo Verri, fotografo storico italiano, che proprio quest’anno ha presentato un bel libro, “Jazz from A to Z” (Mediane Editrice) con centinaia di immagini di jazz raccolte nel corso degli anni. Poi, durante la stesura della nostra mostra “Il Jazz dagli anni ’60 ad oggi”, abbiamo avuto la fortuna di ricevere dall’amico Jan Persson, fotografo danese che già negli anni ’60 era attivo sulla scena di Copenaghen, diverse immagini spettacolari di Miles.
Non avremmo però potuto sperare di trovare, semidimenticate in uno studio fotografico di un amico a Bollate, l’inestimabile raccolta di diapositive di Mirko Boscolo, uno fra i più importanti fotografi storici del jazz in Italia.
Amico di Giordano Minora, nostro socio e “scopritore” di questo tesoro, e dello stesso Carlo Verri, Mirko da più di quindici anni si è allontanato dalla scena della Fotografia Jazz per ritirarsi su qualche isola dei carabi a seguire un altro amore: il vento ed il mare.

testo da:   http//www.euritmica.it/site/


miles davis parigi 1990 mirko boscolo

miles davis - parigi 1990 - mirko boscolo

miles davis

mirko boscolo
io

jazz foto vita

Mirko Boscolo foto di a.b.


Mirko Boscolo nato a Chioggia, nel 1952. Fin da piccolo ama il mare e la forza dei suoi venti. Le immagini del mare - catturate nel ricordo - e la musica del vento sono alla base del suo occhio artistico e del suo amore per il jazz. Da giovane Boscolo ha frequentato i maggiori festival jazz europei e nord americani, dove ha conosciuto i musicisti e l'ambiente del backstage. Unire l'amore per il jazz alla passione per la fotografia è stata un'evoluzione naturale. Nel 1976 si diploma allaScuola Umanitaria di Milano e si avvia a una brillante carriera di fotografo. Le sue fotografie vengono ripetutamente pubblicate. Molte delle sue immagini, in grado di catturare il cuore e l'anima dei musicisti, sono leggendarie: appaiono su copertine di dischi, riviste e in varie grandi      esposizioni. La capacità di Boscolo di cogliere l'attimo – lo rende un grande della fotografia jazz. Dopo un periodo sabbatico durato 15 anni, durante i quale ha girato il mondo in barca a vela, ritorna
ora ai suoi primi amori: il JAZZ e la
FOTOGRAFIA.

 

                                                                                 a.b. foto di Mirko Boscolo.


testo da:

http://www.euritmica.it/site/index.php?id=88,292,0,0,1,0

PS: ..per la teoria detta anche "Del mondo piccolo" o, familiarmente, da me e da ..pochi altri " Dei 6 GRADI"( di separazione).....

a.b.


 
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L'inventore di favole

Post n°25 pubblicato il 25 Febbraio 2010 da hesse_f
 

L'inventore di favole





Non ho mai rincorso una carriera. Durante l’università sono passata indifferentemente tra i lavori più diversi. Le pulizie, al pomeriggio, con la mia migliore amica in un locale che, a pensarci ora, sembrava più una sede di partito, che un posto per rilassarsi e ascoltare musica. La correttrice di bozze, l’archivista in Tribunale, la segretaria di un cancelliere in Pretura. Accettavo qualsiasi lavoro, considerandoli più esperienze di vita che sostanza per un eventuale curriculum; ma di uno in particolare, ancora adesso, sono grata alla casualità, che me lo propose. Se fossi nata negli Stati Uniti, dove questa professione è apprezzata e diffusa, sulla mia carta d’identità per qualche anno ci sarebbe stato scritto fact checker. Ancor oggi, invece, non so, come lo si potrebbe scrivere su un documento italiano, perchè, nonostante tanti lamentino la mancanza, nelle redazioni, di chi controlla la veridicità di fatti e notizie, non mi sembra che questo ruolo sia stato, da noi, ufficializzato. In seguito cominciai a scrivere io stessa ma i primi tempi dovevo solo fare verifiche. Lo facevo con attenzione e scrupolo, e non mi accontentavo di una sola fonte. Se proprio non era possibile fare confronti, cercavo di stabilire con altre ricerche,l’attendibilità dell’autore. A volte era faticoso e snervante, anche perché non esisteva Google, o qualche altra scappatoia del genere. Ogni ricerca presupponeva pagine e pagine di libri, enciclopedie, saggi, biografie che, fino alla fine della documentazione, restavano aperti alla pagina necessaria, impilandosi l'uno sull’altro. Qualche anno fa uscì un film, tratto da una storia vera: “L’inventore di favole”. Il giovane Stephen Glass diventa negli anni 90, uno dei giornalisti freelance più interessanti d’america. E’ brillante, arguto, originale, apprezzato da tutti al The New Republic, uno dei più premiati magazines americani, fino al giorno in cui si scopre che, alcune delle storie, da lui raccontate con tanto di fonti di riferimento, sono del tutto inventate. Viene chiaramente licenziato e indagato per falso giornalistico. Ho sempre letto le notizie sui giornali accompagnando ogni frase da grossi punti interrogativi e accendo la tv con sospetto. Certo è più facile che legga in modo rilassato Sofri che Belpietro ma ormai la sfiducia fa parte del mio DNA al punto che, se al mattino compero una brioche e un giornale è più facile che, se sento puzza di bruciato, non annusi, istintivamente, il sacchetto del panettiere.


Qualche giorno fa parlando con un amico ci chiedevamo

" Saranno andati davvero sulla Luna?"

a.b.



 

 
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GIURO, NON C'ERA CAMPO

Post n°24 pubblicato il 24 Febbraio 2010 da hesse_f
 

Giuro,
non c'era campo!


Andy Wharol

Mi hanno chiesto il cellulare.

Che strano modo di dire. Qualcuno con poca familiarità per la nostra lingua, potrebbe essere tratto in inganno, estrarlo di tasca e cederlo al richiedente. Ora che ci penso, forse era proprio il mio cellulare che volevano. A chi può interessare il mio numero di telefono?

Comunque io, al momento, l’avevo intesa diversamente e, rimesso il cellulare in borsa, non ho dato il numero, lasciando  le cose come stavano..

Ma, una domanda, soprattutto se viene ripetuta, esige risposta.

E così ..34030300000, "la sventurata rispose".

Apparentemente al punto d’inizio, chi mi conosce bene sa, che, quando si tratta dei miei telefonini, si rischia di essere anche ad un passo da quello di rottura.

Ho un pessimo rapporto con i cellulari, e,

se non voglio perdere un amico, prima ancora che l’amicizia abbia posto le basi, devo spiegare, da subito, che, tutto quello che accadrà d’ora in avanti tra me e l'incauto aspirante conversatore, sarà il risultato di un processo indipendente dalla mia volontà.

Tutte quelle scuse che si sono dovute inventare, per uno strumento che, ogni giorno di più, diventava indispensabile ma anche invasivo, nel mio caso sono vere.

Dove vivo io non c’è campo. Tim,vodafone, wind, 3, le ho provate tutte e quando dico, “il cellulare non prendeva”, che nell’accezione comune sta per “ero in tutt’altre faccende affaccendata e non volevo interrompere solo per rispondere a te!”, per quel che riguarda me, vuol dire veramente, non c'era linea. Insomma, io sono quell’1% che completa la statistica coi 99 che s'inventano di tutto per non interrompere quel che stanno facendo

Sarò anche stupida, poco portata per la tecnologia e sfigata con i cellulari, ma le pubblicità le vedo anch’io, e, queste nuove parole che sanno di ricerca, di studio,di nuovi risultati, mi ispiravano proprio: Quadri/Tri/ Dual Band....GSM-UMTS-HSCSD-GPRS-EDGE-WCDMA-HSDPA....

Qualcuna che andrà bene per me ci sarà di certo. Sono una che nella vita si accontenta e soprattutto non volevo spendere una cifra per una cosa che , diciamocelo chiaro, non avevo la minima idea di cosa fosse. Ma, mia madre, che mi rimpinzava di proverbi quanto di agrumi in inverno, diceva sempre “chi più spende meglio spende” e così non me la sento di optare per il prodotto più sfigato e scelgo quella che i latini definivano “ l’aurea mediocritas” , cioè la condizione intermedia.

Ma passato, presente, futuro, saggezza classica e popolare, niente possono quando gli dei sono avversi. Il risultato è sempre lo stesso e il mio nuovo cellulare a giorni prende benissimo,e, a giorni, non squilla nemmeno se mi metto sul campanile della chiesa, o se formo una catena umana che arriva da casa mia direttamente al ripetitore Tim.

Dulcis in fundo ho comperato un Nokia,"bello e dannato". Infatti, come nel film di Gus Van Sant è narcolettico.

Non l' ho scoperto subito, naturalmente.

Dapprima ho pensato ai soliti problemi di campo, ma leggendo una rivista di computer ho trovato pagine intere di persone come me, fortunate proprietarie del cellulare che dorme, che incazzate, chiedevano un rimedio. In effetti il giornale suggeriva di riportarlo al negozio e lì , consapevoli del difetto del telefono lo avrebbero “resettato” risolvendo il problema. Non l'ho mai fatto, così, mi tengo il mio telefono dormiente.

Ora sapete tutto.

Quello che non so io invece è se riuscirà questa nuova amicizia a reggere alla dura prova del mio Nokia N....Quad-band GSM/EDGE/ UMTS/HSDPA …....Tim?

 

Questo post è dedicato a te, Carlo. E' una vecchia amicizia la nostra e tu lo sai che è vero.
Non c'era campo l'altra sera, ma ti richiamerò..ciao


a.b.

Lou Reed

New York Telephone Conversation

 
video isaac8399

 
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ho paura di pollicino

Post n°23 pubblicato il 20 Febbraio 2010 da hesse_f
 

Post n°180 pubblicato                                                             il 03Marzo 2009

da hesse_f

 

Tag: PARLODI ME

HO PAURA DI POLLICINO

 

 

 

 

Nessuno mi ha mai raccontato fiabe, l’ho già detto. E’ probabile che, nel corso degli anni, qualcuno/a mi abbia rifilato delle favole, ma questa, credo, sia tutta un’altra storia.

Incuriosita e tratta in inganno dal titolo, “ Sei più bravo di un ragazzino di 5a (elementare)?”, qualche giorno fa ho sperato, nel chiuso delle mura domestiche, di pareggiare finalmente i conti con tutti i quiz del mondo che, dai rischiatutto ai pacchi, mi hanno sempre relegata al ruolo di perdente. Non cercavo una rivincita pubblica e non lo avrei raccontato ad anima viva. Volevo solo una  piccolavittoria.  Una di quelle che riaggiustano un po’ la bilancia atuo favore, paragonabile forse al barare in un solitario di carte. Nonvai per il sottile, non ti scegli sfide con  campioni mondiali di scacchi o insegnanti di filosofia, ti basta qualcuno che sappia parlare e scrivere.Nel senso di  “formulare con voce una risposta” e “vergare lettere, anche incerte, su una lavagna”, per cui deve aver frequentato almeno la scuola elementare.

Sa scrivere e sa parlare. Come me. Ci batteremo ad armi pari. Il fatto che abbia meno della metà, della metà, della metà ( ...!) dei miei anni, gioca solo a suo favore: è fresco di studi.

La prima domanda mi mette in crisi proprio per la lacuna che ho evidenziato nell’incipit. “In quale racconto si muove il personaggio con gli stivali delle sette leghe?”. Penso naturalmente al “Gatto con gli stivali “, fiaba di cui conosco solo il titolo e scopro invece che si tratta di “ Pollicino”.

Una cosa così o la sai o nonla sai. Mica ci puoi arrivare con il ragionamento.

M’incuriosiscoe mi metto al pc cercando un sunto della fiaba.

Dopo qualche minuto mi scopro aggrappata alla sedia e intimorita al minimo scricchiolio. Alzo lo sguardo in un'occhiata d'insieme che mi confermi di essere di fronte al Pollicino classico, e non,come si usa adesso, alla sua versione horror, poliziesca oaddirittura.... hard. Pur sapendo che la curiosità, di continuo attizzata, può diventare nemica del sonno, se non domata a stretto giro di pagina, resto perplessa dalle soluzioni trovate per questi rapidi stravolgimenti e da come non si guardi troppo per il sottile pur di arrivare al conclusivo “....evissero tutti felici e contenti”. Leggevo di uno sceneggiato TVtratto da un libro, in cui la storia viene accelerata e quindi conclusa grazie ad un terremoto.  2, 3, anche 5 cattivi, fatti morire in un colpo solo. Più semplice di così……

Per la mia mente, di adulta cresciuta senza fiabe, è comunque più facile giustificare un provvidenziale anche se azzardato terremoto che un infanticidio, ma diverso deve essere nel mondo delle favole se, come niente fosse il Lupo mangia la nonna di Cappuccetto Rosso e Pollicino per salvare la propria vita e quella dei fratelli lascia che si compia un efferato pluriomicidio. L’orco, infatti, uccide le 7 adorate figlie al posto dei 7 Pollicino&Co. Si tratterà, immagino, non solo di punti di vista, ma di favorevoli e consolidati riscontri sul campo, se nelle fiabe, per portar fuori il narratore da intrighi, intoppi e ingarbugliamenti vari, si adottano, quasi sempre, risvolti così cruenti.

Insomma, abbandonati dai genitori in un bosco, scampati con l’astuzia alle mani di un  Hannibal Lecter che se li voleva mangiare, scelgono di far morire sette bimbe, con la sola colpa di essere figlie dell'orco, al loro posto e, dopo questo e un po' d'altro, Pollicino e i 6 fratelli, tornano, pure arricchiti, dai genitori fedifraghi come se niente fosse. Con la parola fine, e senza il ricorso a 7 bravi psicoterapeuti, inizia per la famiglia una vita piena di ricchezza, felicità e contentezza.

Questa la storia.

Questii miei interrogativi.

1)E la morale??

2)Davverouno riesce a dormire dopo aver sentito questo racconto?



CaroRousseau,

oralo so.

Non sono i bimbi a nascere cattivi, lo diventano per le storie portatrici di incubi e di soluzioni indecenti che sono costretti a sorbirsi. Un amico con due nipotine di 3 e 6 anni ha definito qualche giorno fa il “vero mobbing, quello tra  i bambini!!”  D'altronde,poveri fanciulli, se l’ultimo pensiero della sera  è “O io o lui????” “ O noi Pollicini o le Orchette??”,per tanto che la notte porti consiglio, mi sveglierò al mattino con la ferma intenzione di non cedere, non trattare e di non abbassare mai la guardia.

Nonsi sa mai cosa ci può essere nella testa di un altro!!! e poi...

chissà con che fiaba si è addormentato, quello/a, la sera prima??!!….”



Buonanotte, caro Jean-Jacques.

Notteanche a te, Giovanni.



CIAO MANXOS...TI HO VISTO....

a.b


 

 
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I facebooked your mom!

Post n°22 pubblicato il 20 Febbraio 2010 da hesse_f
 

I Facebooked

your mom!

(uno)




Ci sono entrata per amore e, si sa, l 'amore ti porta ad essere incosciente. Ma, appena entrata, pur certa di aver suonato il campanello ad una porta di Torino, mi sono trovata nel bar del mio paese. All'improvviso i sei gradi di separazione tra me e il mondo che, pur essendo un numero molto piccolo è ancora rassicurante, diventavano 2, 3 al massimo. Potevo arrivare a Bill Gates come alla bibliotecaria del paese, in un paio di mosse. Ma io, non li sopporto entrambi, e così dopo un breve momento di riflessione e di raccoglimento, atto dovuto quando stai per lasciare un mondo, mi sono suicidata.

 

Si dice così, ho letto da qualche parte, in gergo, il cancellarsi dal social network più popolato del pianeta, al cui sito si collegano ogni giorno il 50% degli iscritti che, solo in Italia, sono circa 10 milioni. Non ho ben capito se il suicido avvenga in senso figurato o reale visto che per iscriversi a questa piattaforma bastano 2 minuti, per togliersi definitivamente parecchi di più.

 

Solo negli ultimi tempi e solo dopo che in America si erano costituite  diverse class actions, sembra che, senza suicidarti per davvero, puoi lasciarti alle spalle tutto, in un paio di settimane.

 

La mail vi arriva subito ma...non illudetevi se siete entrati in circolo ci vorrà un po' prima che le vostre tracce si perdano.

 

Come per qualsiasi droga che si rispetti del resto......

 

continua....

 


 

PS: sempre che non siate interessati a“ FIRMA PER TOGLIERE I CETRIOLI DAI PANINI DI MCDONALDS”.

 

In quel caso rivolgetevi a Carletto.

 

Ha una pagina su Facebook..

NATURALMENTE                        

 

a.b

 
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Pavese, Alice non lo, sa io e De Gregori

Post n°21 pubblicato il 18 Febbraio 2010 da hesse_f
 

 

 Alice non lo sa

e

Pavese

io e De Gregori


“E Cesare perduto nella pioggia sta aspettando da sei ore il suo amore, ballerina.
E rimane lì a bagnarsi ancora un po' e il tram di mezzanotte se ne va..ma tutto questo Alice non lo sa”.

 

Avrò avuto 17..18 anni quando m’intrufolai nel camerino di Francesco DeGregori.

Non volevo un autografo, figurarsi!!Volevo discutere con lui "dell’ermetismo delle sue canzoni che era, a mio (illustre!)parere di troppo difficile comprensione per le masse. Ancora adesso riesco a sentire il terrore che mi chiudeva la gola e interrompeva ogni tanto lo scorrere di quegli sproloqui che mi venivano fuori come un riflesso incondizionato. Lui, molto gentilmente, si sedette vicino a me e cercò di spiegarmi le motivazioni della sua scelta, con calma e tranquillità, non innervosendosi nemmeno di fronte alle domande più volutamente provocatorie. In seguito scoprii che il “Cesare perduto nella pioggia…..” di “Alice “ del 1973 era Cesare Pavese.

L’episodio per chi, come me, ama Pavese è abbastanza conosciuto anche perché è raccontato da Davide Lajolo ne “Il vizio assurdo”.

Pavese nel1925 si invaghì di Pucci, una cantante-ballerina che lavorava al caffè concerto “la Meridiana”. Dopo aver frequentato il locale per qualche tempo e aver scambiato con la ragazza parecchi sguardi e qualche parola, una sera Pavese si fece coraggio e le chiese un appuntamento. Pucci accettò e l’incontro fu stabilito per le sei (pm) del giorno seguente. Pavese si presentò all’appuntamento, naturalmente, in anticipo. Le sei, le sette, le otto, passarono anche le 11 e cominciò a piovere, della ragazza nemmeno l’ombra, ma Pavese non se ne andò, restò ancora li “perduto nella pioggia” fino a mezzanotte. Il giorno successivo venne a sapere che Pucci aveva lasciato il locale puntuale alle sei dalla porta sul retro, dove era attesa da un altro spasimante, “meno insistente e più fortunato di lui” riporta Lajolo, che chiude l’episodio raccontandoci come l’autore fu costretto a tre mesi di letto per una pleurite presa in quella notte di pioggia.


“Non si ricordano i giorni, si ricordano gli attimi”, Cesare Pavese Il mestiere di vivere.

a.b.

 
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UN GIORNO PERFETTO >prova -you tube-

Post n°19 pubblicato il 17 Febbraio 2010 da hesse_f
 

Perfect day

 

Oh, it's such a perfect day..

a.b.

 
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NIGUARDA

Post n°18 pubblicato il 17 Febbraio 2010 da hesse_f
 

Messaggio N°98
08-03-2007 - 20:47
 

NIGUARDA


Se tutto va per il meglio, per caso, per capacità, per fortuna, si prendono il merito e ti aggiungono alla “loro letteratura” raccontandol’ impresa con quel linguaggio che sa di meritata vittoria sul campo.

Se qualcosa non va per il verso giusto, sempre per caso,per incapacità o per sfortuna diventi solo un numero “Il letto 25”.
Se le cose poi si ingarbugliano e loro stessi non sanno più come dipanare una matassa che, passata in troppe mani, ha trasformato un filo liscio e scorrevole in un groviglio di nodi, cercano soltanto di scaricarti,così da sottrarsi ad ogni responsabilità.
Forse si potrebbe anche riprendere quel gomitolo e cercare di riavvolgerlo con la cautela che merita, ma quello stafilococco che si è trovato nel posto sbagliato a due giorni dalla tua dimissione, ha ingarbugliato le carte.
Ha messo a rischio tutto, tirando dei dadi che fino a quel momento per puro caso ti erano stati favorevoli.
Per adesso non mi va di scrivere altro.
Non so ancora che piega far prendere a questa storia che non è per niente conclusa………Spesso mi sento impotente, ma la mia impotenza non mi frena e non mi fa girare lo sguardo, non mi convince che è meglio non vedere per poter proseguire.
L’ ho guardato in faccia il sudiciume, l ’ho fotografato e so di voler dare un nome e un cognome ai responsabili di tutto questo.
 Si, perché solo un folle o un giocatore che ama il rischio metterebbe un cardiopatico in un reparto di medicina generale come il “Carati –Rizzi” del Niguarda. 

a.b.

  
 
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CASALINGAPERCASO E LE ALTRE..MICA SCEMA LA RAGAZZA

Post n°17 pubblicato il 16 Febbraio 2010 da hesse_f

Messaggio N°126
29-11-2007 - 16:24

Mica scema la ragazza!

Casalingapercaso e le altre

Se c’è una cosa che mi rende felice del mio blog è che ogni volta che entro e guardo le visite i nick al femminile in genere superano quelli al maschile.

Se c’è una cosa che mi rende infelice del mio blog è che questi nick al femminile non parlano.

E pensare che sono nick scelti con cura, hanno quasi il dono della parola e ti svelano da soli chi c’è dietro. Spesso strappano un sorriso,casalingapercaso, whos e famiglia, oppure, come animafragile, o persainunsogno e senzatemai condensano una storia  in due o tre parole. Insomma, l’estro e la creatività  la fanno da padroni nella scelta delle donne.

Il mio blog ha un anno e qualcosa, ma per metà tempo è rimasto chiuso,quindi se guardo i visitatori posso essere soddisfatta, a meno che, e il dubbio mi è venuto, per mia fortuna/sfortuna, sia collocato ad uno strano crocevia della rete per cui tutti capitano dentro per sbaglio. In tal caso mi converrebbe sfruttare la situazione, aprire un chiosco e  “tirarci su soldi”.

Un po’ ci credo un po’ non ci credo, ma, dentro di me spero che la spiegazione sia un’altra.  Un giorno ho scritto “il fatto che parecchie donne passino, mi fa pensare di aver trovato la chiave giusta”, il giorno dopo però ho pensato "forse la chiave è della misura giusta ed entra nella serratura, però, c’è qualcosa di sbagliato, perchè non apre la porta”.

Cicci,coscienza e alterego di colui che sta in quel di Genova,(Spettachearrivo) direbbe “Ma in realtà cosa vuoi dire? Dov’è che vuoi andare a parare?”.
Il problema è che io stessa non lo so. Dentro ho un disagio vago, come quando entro nel blog di un uomo e trovo tutte donne, sempre e solo donne, come se andassero li tutti i giorni per sistemargli l’appartamento. Da me passano e se ne vanno. Là, invece, lasciano tracce, cucinando pensieri che sistemano con sollecitudine sulla tavola preparata con cura. Io non voglio pasti, anzi fermatevi pure a fumare e lasciate i posacenere pieni delle vostre parole, li svuoterò io, prendendo con attenzione ogni vostra sillaba.

Un po’ sto barando perché in fondo so bene perché da me ci si comporta così e so anche che dal punto di vista strutturale il mio blog è sbagliato. Tanks me l’ha detto più volte: post più brevi, argomenti un po‘ più ruffiani e attuali. Del resto blogdelgiorno lo sono stata quando ho parlato di sesso.  Ma io sono recidiva “voglio farcela con le mie forze” e persevero sia nella lunghezza del post sia con i miei argomenti che sono sempre obsoleti, polverosi e per niente stuzzicanti.  E poi, diciamolo, quel mio rispondere fuori tempo massimo, di certo non alimenta il dibattito.

Quante volte l’abbiamo detto che un blog è un po’ come una casa??!!

Se così è, io mi devo comportare da ospite e devo imparare a ricevere, facendo sentire a proprio agio i visitatori e alimentando una discussione gradevole, un po’ come durante una cena a casa tua insomma.

Uff le donne non mi parlano, gli uomini non mi filano.

Manu, ( whos) mi sa che il fascino di un tempo è svanito e c’è bisogno di un serio e urgente restiling ….aspettami che vengo da te e mi spieghi la storia dei 7 kili persi in tre mesi e della ginnastica facciale così almeno il blog mi serve a qualcosa.

 

Casalingapercaso, con una sintesi perfetta ha scritto "Ci sono donne che il subire ce l'hanno nel dna. Me ne sono resa conto nel tempo. Gli piace lamentarsi, piangersi addosso, la condizione della vittima e se sfuggono dal marito prepotente, finiscono con l'amante prepotente, perché essere vittime, avere la solidarietà, la commiserazione altrui è vitale. Se poi questa commiserazione viene da un maschio, è il nirvana. Qui nel blog è lo stesso. Ho provato ad applicare la mia filosofia di vita 'Alza le chiappe e datti una mossa' ad un paio di bloggers che nn fanno altro che lamentarsi, ma ho visto che lamentarsi è fondamentale, per farsi consolare e, soprattutto, per cuccare (ammettiamolo). Una donna forte nn suscita il senso di protezione del maschio, anzi, rischia di dover essere protettiva con lui. Le lacrime, anche quelle a comando, sono l'arma di seduzione maggiore che le donne hanno, anche nel blog".

Mica scema la ragazza!!! Parafrasando....

a.b.

Li trovate qui:

                    Casalingapercaso: http://blog.libero.it

                     SpettaCheArrivo  : http://blog.libero.it

 
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HO CONOSCIUTO ALDA MERINI

Post n°16 pubblicato il 14 Febbraio 2010 da hesse_f
 

Ho conosciuto Alda Merini...



Ho conosciuto Alda Merini. Sedeva per ore, al tavolino del bar.. in Brera, senza attirare l’attenzione. Nemmeno quella di Camilla Cederna che entrava e usciva elegantemente, lasciando dietro sé profumo di cultura, superiorità e autorevolezza. Del resto, già nel ’48, il direttore de“L’Europeo”, Arrigo Benedetti, aveva affidato proprio a lei il compito di rimettere in sesto Gianfranco Fusco, arrivato a Milano coi pantaloni tenuti su da un fil di ferro, i sandali sfasciati e i denti persi in un passato da pugile. Intuitiva, coraggiosa e decisa, con abilità e determinazione aveva riaggiustato e rinnovato lo scrittore da capo a piedi, dentiera compresa. Un giorno, la giornalista, che aveva praticamente costretto alle dimissioni il presidente G. Leone, qualche mese prima della scadenza naturale del mandato, scoprendo che avevo letto quasi tutti i suoi libri, mi chiese se gradissi una dedica. Pur non particolarmente interessata ad una firma veloce sotto al mio nome, accettai, considerando ineducato un diniego. Anche quel giorno in tailleur, si sedette comodamente e, lasciandomi sorpresa, scrisse su ogni libro parole soppesate e personalizzate a seconda del volume o dei miei commenti a fine testo. Parole, spazi e punteggiatura calibrati e misurati, come i suoi gioielli o i suoi capelli che non ricordo di aver visto una volta un centimetro più corti o più lunghi. Camilla Cederna era sempre…..uguale a se stessa. Anche Tino Carraro….passava di lì. Un uomo d’altri tempi. Cortese un po’ burbero, scambiava qualche parola solo sul tempo. Mio marito sorvolava su Carraro e la Cederna, ma sedeva spesso al tavolino con quella signora, che raccontava una storia strana. Alda parlava di un manicomio, di infermieri che la legavano, di psichiatri, di un amore doloroso e intanto scriveva su tovagliolini di carta e su foglietti che poi lasciava lì. Sono una poetessa diceva. Ma nella confusione di quei suoi discorsi a volte contraddittori, a volte incomprensibili, non era facile prenderla sul serio. Era una donna modesta, ma non dimessa e un’accanita fumatrice. Gli abiti, a volte un po’ eccentrici, le labbra rosse e un ombretto vistoso, la facevano somigliare a quelle vecchie signore che per bellezza o per ricchezza erano state una volta molto ammirate e corteggiate. Ci passava parecchio tempo al tavolino, ma mai ad osservare il viavai, era sempre assorta…in se stessa. A volte raccontava la sua storia alla tazza di caffè davanti a lei. Anni dopo cominciai a vederla in tv e il suo nome iniziò a circolare. Cercata e apprezzata poetessa, tra le più grandi del 900 italiano dicevano, aveva scritto parole in libertà su carta stropicciata e spesso gettata nel pattume come sillabe senza valore. Pensieri di una donna di mezza età, un po’ pazza e a volte non troppo sobria…

Mi piacerebbe poter dire, oggi, millantando sensibilità e lungimiranza, che “avevo intuito….”, ma non è vero.

Mio marito, a differenza, serbava quei fogli, a volte solo sporcati da segni incomprensibili, come un bene prezioso, un caro ricordo, conservandoli in una cartella….

a.b.



 
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FORSE IL MIO BISOGNO DI UN BLOG E' DIVERSO DAL VOSTRO

Post n°15 pubblicato il 11 Febbraio 2010 da hesse_f

Messaggio N°116
03-11-2007 - 21:06

con tutto l'affetto che posso

Forse.......

il mio bisogno di un blog è diverso dal vostro



Dennis Stock

Forse il mio bisogno di un blog è diverso dal vostro.      
Che   parliate di amori, di rami o di funghi c’è in ogni vostra riga lo stesso trasporto. Ogni giorno imbocco la strada maestra e vi accompagno nel vostro percorso, lasciandovi ognuno ad un  indirizzo diverso, e ogni fermata è ricca di esperienze, riflessioni, verifiche.  Tutti nelle valigie portate i vostri momenti più importanti, quelli di vita e quelli dell’anima. Nel viaggio ascolto parole sentite, vissute, frasi che se anche uscite di getto hanno macerato  dentro di voi e non hanno più bisogno di attesa. La naturalezza con cui le porgete ne è la miglior testimonianza. Il mio viaggio invece  è contorto, complicato, e non ho valigie con me. Le mie parole stanno sottobraccio come un giornale, che si trova ogni giorno davanti a casa tirato come nei film americani, da un ragazzo in bicicletta. A volte le frasi sono chiare, leggibili, a volte la pioggia le ha mischiate e  sono solo un disegno scomposto, a volte il tiro è insicuro e le consegna nel posto sbagliato.  Forse il mio bisogno di un blog è diverso dal vostro. Voi riempite le pagine bianche così come riempite la vita, la vostra  e le nostre….e….io invece …..non so proprio perché….                             

a.b                                                                                

 
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E NESSUNO SE NE ACCORGE ..MAI

Post n°14 pubblicato il 11 Febbraio 2010 da hesse_f
 

Messaggio N°128
06-12-2007 - 11:15

E NESSUNO SE NE ACCORGE

..MAI

                                              Frida Kahlo 1938-39


Qualche giorno fa un ragazzo ha tentato il suicidio. 30 anni circa e per me che lo incrociavo in auto e lo vedevo seduto al bar in mezzo agli altri, è stata una sorpresa, e, mi chiedo se la reazione dei suoi amici al suo gesto sia stata di stupore o di rassegnata attesa. Nel paese dove abito, nonostante vi sia nata, non conosco quasi nessuno. Ho vissuto tanti anni a Milano e conto di tornarci, quindi vivo questa situazione come un intermezzo che suonerà per poco, a cui non serve partecipare.

Non ho mai amato, per di più, queste tre case che non riescono a nascondere il verde che sta ovunque d’attorno. E’ un paese agricolo e, se adesso questa frase vuole dire poco, quando io ero ragazzina era una realtà che ne scandiva l’andamento e le stagioni. Un po’ come il sabato del villaggio senza più donzellette che “ornava(no)……al dì di festa il petto e il crine”. L’uomo lavorava. Il lavoro era quello fuori casa, e le donne, che spesso crescevano 3, 4 figli, più il marito che, in un certo senso, era il più bambino di tutti, erano le “regine del focolare”. Si parlava poco a quei tempi e le parole si consumavano quasi tutte nei rari momenti d’incontro. I giovani a cui si doveva prestare attenzione ancora non c’erano, a quel tempo si era ragazzi, “usi a obbedir, tacendo”.  Non era per noi è vero, ma a noi si adattava bene. Come si adattavano anche le vesti dei fratelli maggiori.

Tre mesi fa un altro ragazzo si è suicidato, non lo conoscevo ma so che era molto più giovane, 15 o 16 anni.

Stiamo parlando di un paese di 1200 abitanti, frazione compresa. Di quelli che un tempo venivano definiti a misura d’uomo.

E’ pur vero che la mente di ogni ragazzo è sfiorata, prima o poi, da questo pensiero infausto e che io stessa con quelle parole dei “Promessi Sposi” con cui aprivo il mio diario di adolescente, gridavo un disagio che nessuno era disposto a sentire. Il mio scontro, però, coinvolgeva soggetti ben definiti. Nel mio isolamento, nella fragilità e nel potere di un adulto di manipolare il bisogno di appoggio di un giovane, per quel che riguardava me il discorso vedeva di fronte due precise entità. Io e la mia famiglia. Credo invece che ora il discorso vada ampliato e che il rispetto negato alla sensibilità di questi giovani più fragili non sia solo quello di una famiglia che non riesce a leggere la disperazione che ogni giorno aggiunge parole ad un diario interiore che resterà per sempre sconosciuto, ma di una società che, questa sì, per davvero, veicola aspirazioni, desideri, che, lasciati crescere da soli, mangiano un’anima che non avrebbe bisogno di modelli ma soltanto di attenzione e ascolto.

"Vi son de' momenti in cui l'animo particolarmente de' giovani, è disposto in maniera che ogni poco d'istanza basta a ottenerne ogni cosa che abbia un'apparenza di bene e di sacrifizio: come un fiore appena sbocciato s'abbandona mollemente sul suo fragile stelo, pronto a concedere le sue fragranze alla prim'aria che gli aliti punto d'intorno. Questi momenti, che si dovrebbero dagli altri ammirare con timido rispetto, son quelli appunto che l'astuzia interessata spia attentamente e coglie di volo, per legare una volontà che non si guarda".  Alessandro Manzoni

a.b.

 
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a.b.

 
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Dio salvi la regina, Giovanni e Ferdy

Post n°13 pubblicato il 09 Febbraio 2010 da hesse_f
 

Messaggio N°122
12-11-2007 - 20:28

DIO SALVI LA REGINA, GIOVANNI E FERDY

Man Ray. Photograph of Mary Reynolds and Marcel Duchamp


Troppe donne sono convinte di poter cambiare il loro uomo. Forse anche il contrario, ma in linea di massima questa è una istanza prettamente femminile. Da subito, vi prego, abbandonate l’idea di trasformare persin le sfumature. Quelle che, spuntano dal mare, e che sembrano nuvole leggere appoggiate sull’acqua, pronte a dissolversi al primo alito di vento, sono invece punte di iceberg, dure e resistenti ad ogni assalto. L’occhio non avvezzo, viene ingannato da scalfitture o graffi che, immagina, resti di attacchi precedenti, e non sono, invece, che tacche di vittorie conseguite. Non lo insegnano le nonne, non lo imparano le mamme e non lo capiscono le figlie e le zie suggeriscono “Prima l’anello al dito poi quei piccoli aggiustamenti di cui Ferdinando ha proprio bisogno. Del resto se ti è riuscito con Giovanni, che cane più ottuso non c’ è, che proprio non ascoltava nessuno, e adesso, già alla prima sillaba, corre obbediente, lasciando tutti di stucco, perché non dovrebbe essere possibile con Ferdy? Giovanni poi, nemmeno parla, mentre Ferdy il dono della parola ce l’ha. Se non riesci, troveremo un buon corso anche per lui. Magari nella stessa zona di quello di Giovanni. Li lasci giù tutti e due e intanto, ti fai un giro tranquilla”.

 

Nessuno cambi me; io non voglio cambiare nessuno, mariti, amanti, amici o fratelli che siano.

Dio salvi la regina, Giovanni e Ferdy da queste donne…….

 

 

A.B.

 
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Non ho mai avuto un cane. Giovanni era il nostro gatto, ha vissuto con noi per quasi 20 anni.

a.b.

 
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LA BANCA O L'AMANTE

Post n°12 pubblicato il 07 Febbraio 2010 da hesse_f
 

La Banca o l'Amante?

Un mio amico si sta separando. Qualche mese per conoscersi, 2 anni di fidanzamento e 2 di matrimonio, di cui l’ultimo, un inferno in terra. Lei 38 anni lui 41….mica due ragazzini! Naturalmente la loro era un’unione a 3. Lui, lei e la banca.. e i problemi all’inizio camuffati da “ periodo di assestamento”,  si sono poi rivelati per quello che in realtà erano: i soldi. O meglio, la mancanza di soldi. Come per uno scherzo del destino dopo qualche mese la cifra del mutuo magicamente cambia: gli zeri restano intatti ma, la prima cifra si capovolge. Il 6 diventa 9, e quel rovesciamento ribalta anche l’equilibrio della coppia. Ci si unisce in matrimonio per vari motivi e non sempre l’amore sta a primo posto. Forse a 18 anni mi sarei sposata, se qualcuno mi avesse voluto, per andarmene di casa e accorciare le giornate dell’ultimo anno di liceo che ricordo di 96 ore, simili a quelle di un carcerato in regime 41 bis. Ma io mi sarei anche aggregata ad un circo di passaggio, di quelli scalcagnati che giravano 30/40 anni fa nei paesini di provincia, sempre che mi avessero preso, visto che sarei stata più un peso che un affare. In caso di matrimonio, comunque, in quegli anni non esisteva “l’obbligo” di passare dalla casa natia ad una di proprietà, come invece avviene ora per quasi ( dove vivo io ..non c’è “quasi” l ’ho scritto per scrupolo ) tutti i giovani che, prima delle nozze invece di accendere una candela, visto l’aria che tira nell’aumento dei divorzi, accendono un mutuo, incuranti di instaurare con la banca un legame che si prospetta, statistiche alla mano, molto più lungo della durata dei loro matrimoni. Sono spaventati al pensiero di percorrere 25, 30 anni di vita insieme alla persona che amano di più al mondo, ma non disdegnano  di camminare mano nella mano con il proprio istituto bancario per 40 o anche 50 anni.   La lunghezza del rapporto dipende dall’offerta ormai sempre più “generosa” delle banche che, fino al crac dell’altroieri, senza incertezza alcuna, erano disposte ad arrivare con noi alle nozze d’argento, d’oro, di platino…. per cui c’è un calo della nuzialità ma uno stretto intreccio e un incremento  tra sposalizi e acquisto dell’appartamento. Qui entriamo in quegli spazi per me non frequentabili. Sarà che ho da sempre un pessimo rapporto con le banche, le assicurazioni e tutte le istituzioni affini…e invece ho un ottimo rapporto con le persone che mi sono scelta nella vita ma, a mio parere ci si avvicina con troppa leggerezza a quello che ormai è considerato il terzo componente della vita di coppia: la banca. Forse era meno pericoloso il vecchio “disponibile, fidato e discreto amante”.  Che sia il caso di tornare indietro?

A.B.

 

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a.b.

 
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SAYED AGHA

Post n°11 pubblicato il 06 Febbraio 2010 da hesse_f
 

Messaggio N°102                                                                              31-03-2007


Sayed Agha


Era un lavoro come un altro il suo, giusto per mantenere la moglie e quel figlio che sarebbe nato fra tre mesi.
Nella maggior parte dei casi nemmeno riusciva a parlare con le persone che scorrazzava nei posti più impensati. Verrebbe da dire insensati perché a volte i giornalisti o i fotografi vanno dove non dovrebbero andare.
D’altra parte in questo paese, dilaniato dalla guerra, quali sono i posti giusti da visitare, da vedere, o semplicemente, in cui vivere?
Scrivevano, in altre lingue, storie che lui non avrebbe mai letto e niente sapevano della sua vita. Sayed non faceva altro che guidare e il giornalista quel lunedì voleva andare nella zona di Nad Ali, insieme al suo interprete, per intervistare dei capi talebani.
Strade polverose, difficili da battere e pericolose anche; un tragitto comune in cui 
ognuno è preso dai propri pensieri: un bambino che nascerà tra poco, un articolo che vorrebbe scrivere al più presto.
Sayed, Ajmal, Mastrogiacomo l’autista, l’interprete e il giornalista vengono fatti prigionieri e i pensieri e le speranze ora diventano comuni. Anche le colpe sembrano le stesse: sono spie dei nemici, collusi con chi la vuole far da padrone nella terra che lo ha visto nascere. E le loro mogli, sono mogli di spie e i figli, figli di spie.
Sayed viene soffocato con una sciarpa e poi decapitato davanti a Mastrogiacomo che verrà invece rilasciato. La sorte di Ajmal non è ancora chiarita ma Sayed, lui è morto solo perché faceva l’autista, e guidava perché voleva un figlio, una speranza, una parvenza di normalità, in un paese che ha poco di normale se le boccette di shampoo possono essere scambiate per “laser usati per indirizzare attacchi aerei su posizioni dei talebani”.

Da noi era “l’autista di Mastrogiacomo” e pochi conoscevano il suo nome, ma nel suo paese, per la sua famiglia e per gli amici si chiamava solo e semplicemente Sayed Agha.

A.

  
 
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a.b.



 
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GNANCA NA BUSIA

Post n°10 pubblicato il 04 Febbraio 2010 da hesse_f
 

Messaggio N 83                                                                                            19-12-2006


"Gnanca na busia"

 


 

Il 5 gennaio 1985 è una data storica per Pieve Santo Stefano forse più del giorno in cui, in un settembre ancora caldo del 1984, Saverio Tutino propone a Mario Seri di creare una banca della memoria che si basi su testi autobiografici. Viene costituito un Archivio civico di diari, memorie, epistolari e si decide di dare vita al “Premio nazionale per inediti”. Ma è il 5 gennaio che arriva il primo diario. Tra le telefonate di verifica e i primi articoli a livello nazionale cominciano a pervenire pagine scritte fitte, calligrafie spesso insicure ma parole sempre sincere. “Gnanca na busia” nemmeno una bugia, è il titolo che viene dato alla pubblicazione del libro di Clelia Marchi una donna di 72 anni che un giorno arriva a Pieve portando sotto il braccio, orgogliosa, un lenzuolo fitto fitto di parole. E’ la sua storia, e per cominciarla ha incollato sulla tela tre immagini così da correre lì, con lo sguardo, nei momenti di pausa, come a cercare nuova linfa. La foto del marito,il sacro cuore in centro e il suo ritratto all’altro lato. Diventa famosa, Clelia, per il suo diario-lenzuolo e le riviste, i quotidiani e la tv si impossessano della sua storia e si parla dei diari di Pieve SantoStefano. Poi torna il silenzio su queste persone ma nel momento che i riflettori si accendono, li illuminano per davvero, a volte anche troppo, per le verità raccontate.

Le storie sono spesso dure, violente, soprattutto quelle al femminile. Le donne che affidano a questo quaderno segreto il loro sforzo continuo di tenere alta la testa per non soccombere,scrivono quasi per necessità, con l’illusione che questo diario sia in realtà un amico/a ,sempre disponibile ad ascoltarle. Luisa T. vive a Borgo Flora, in provincia di Latina, e la sua storia inizia così: ”Caro quaderno, ti accorgerai subito che sono un po’ tocca”. Parole semplici, pensieri a volte troppo lunghi che ti sospendono in un momento di incomprensione che si chiarisce, quasi magicamente, con il punto finale. Ha vinto il premio nel 90 Luisa ma non ha il coraggio di andarlo a ritirare, ha paura.Teme i riflettori che illuminerebbero la sua vita, facendo luce sulle sue giornate a fianco di un marito violento e prevaricatore. Vive come in una prigione e solo dopo 4 anni arriva a Pieve una telefonata di Luisa T. “Sono scappata, arrivo a prendermi il premio”. Adesso le luci possono accendersi anche per lei e io sono convinta che un po’ di coraggio glielo abbia dato anche questa vittoria. Il rendersi conto di valere e di  interessare a qualcuno. Quante volte Luisa avrebbe voluto raccontare la propria giornata al marito. Le sarebbe bastato un dialogo fatto di polli, conigli, lavori domestici, non avrebbe mai osato sperare in un interesse per la sua anima, ma l'espressione del marito le ha fermato, ogni volta, le parole sulle labbra. Se nemmeno lui l ’ascolta, a chi mai potrebbe importare di lei? Non è così e quel premio testimonia che non solo qualcuno è interessato a lei, ma che addirittura ogni giorno, ogni ora della sua vita, che, chi le stava vicino ha barattato volentieri con serate solitarie, hanno tenuto compagnia a tanti sconosciuti/e che da ogni parte d’Italia le scrivono, ora, parole affettuose, incoraggiandola a proseguire nel sentiero disagevole ma alla fine premiante della consapevolezza.

 

A.

Li trovate qui: 

 

 http://www.archiviodiari.it/

 

  

 

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a.b.

 
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LA STANZA DEL BUCO

Post n°9 pubblicato il 02 Febbraio 2010 da hesse_f
 

LA STANZA DEL BUCO

 

 

le informazioni date dalle tv sono un disastro, pensa che qualche giorno fa una mia paziente parlando dei suoi figli mi ha detto – ma si dottore al giorno d’oggi se vuoi provare l’eroina basta che vai li e te la danno-“ Il “li “ di cui parlava la signora al medico è la stanza del buco di cui si è molto discusso qualche tempo fa. E’ vero che spesso capiamo le cose come vogliamo, interpretando liberamente le informazioni che ci vengono date e dimostrando un impegno minimo per comprenderne il significato reale. Che non ci sforziamo affatto per fornire un’ autentica lettura alla notizia, come ci si fermasse a metà, solo il primo processo mentale, quello dell’ascolto, viene eseguito correttamente, quello successivo poi, che è quello che in realtà dovrebbe portarci alla comprensione chiarificatrice dell’informazione si perde nella stanchezza, nella noia, nella presunzione di conoscere già l’argomento. Se a questa nostra carenza si aggiunge il fatto che alcune notizie vengono date consapevolmente in modo tendenzioso o deliberatamente falso non ci si stupisca poi del risultato ingarbugliato. Così la stanza del consumo adottata da tempo in Spagna, Germania, Svizzera e in alcuni paesi europei da quasi 20 anni diventa da noi la stanza del buco dove ci trovi l’eroina gratis, magari presentata in invitanti confezioni regalo. Massimo Barra, presidente della Croce Rossa Italiana, in un’intervista, diceva di aver potuto constatare in diversi paesi la funzionalità di queste narcosale arrivando alla conclusione che ”In una visione pragmatica, è sicuramente meglio tenere sotto controllo queste persone. Meglio drogarsi vicino ad un camper della Croce Rossa che in uno scantinato o in un bagno, col rischio di morire”. Da sempre sono convinta che è meglio cercare di evitare l’emarginazione, perché solo portando allo scoperto i problemi si può sperare in una soluzione. Infatti preferisco affrontare questo discorso da un’angolazione pratica più che morale. Don Ciotti, uno che queste situazioni le vive ogni giorno sul campo, afferma che è sempre meglio avvicinare le persone piuttosto che abbandonarle al loro destino e che di sicuro ci sono più probabilità di aiutare qualcuno a togliersi da quel mondo interagendo con lui piuttosto che con un atteggiamento di chiusura. Chi compera eroina spende in genere fino all’ultimo centesimo per l’acquisto della dose, ritrovandosi poi senza un euro per “la spada” e così ecco il passaggio di siringhe, le condizioni di sporcizia, e la possibilità di contrarre malattie come l’aids, l’epatite b e c che diventano poi anche un costo sociale. Inoltre la vicinanza di un organico, che in molti paesi europei è costituito da volontari oltre che da personale qualificato ovvierebbe anche al pericolo di overdose con il pronto intervento. Sempre analizzando il problema solo dal punto di vista della riduzione del danno e non da quello etico vorrei fare un passo avanti e considerare la situazione di Zurigo, città in cui l’eroina viene distribuita a carico del servizio sanitario nazionale. Da 11 anni va avanti il progetto di somministrazione controllata di eroina, e,il risultato di una ricerca dell’università di Zurigo, ci mostra una realtà notevolmente migliorata. Il numero degli eroinomani è diminuito dell’82 per cento, nel 1990 ce n’erano 850 nuovi , nel 2002 erano calati a 150. Un 10 per cento passa poi ad altre sostanze come il metadone venduto in farmacia dietro presentazione della ricetta medica.

Le narcosale non sono dei ghetti, dove rinchiudere un problema che disturba la nostra vista e non sono nemmeno i luoghi dove, come ho raccontato nell’esperienza di Zurigo, si sperimenta la distribuzione controllata di eroina. Non ci devono essere ricatti né giudizi di alcun tipo verso chi si avvicina a queste strutture, consapevoli del fatto di ovviare in questo modo solo ad un ulteriore abbandono di un soggetto che spesso è già al limite della discriminazione e dell’emarginazione. Ho insistito fino a qui nel voler differenziare il giudizio morale da quello che io considero un problema pratico, perché sono convinta che, anche chi non la pensa come me, che considero la libera scelta sempre e ovunque, la condizione necessaria perché ogni uomo possa essere chiamato tale, possa dare, di queste esperienze ormai supercollaudate nei paesi più pragmatici, un giudizio positivo.


Oggi scopro girando in rete che Morgan usa coca e la cosa, non mi tocca minimamente.

Morgan è un adulto..quindi, dal mio punto di vista, libero di usare quello che vuole.

a.b.

 

 

 
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Travaglio, Briatore, il povero Calò io e mio marito

Post n°8 pubblicato il 31 Gennaio 2010 da hesse_f
 

 Travaglio, Briatore e il povero Calo'

io e..

Ci sono almeno un paio di persone a cui firmerei un foglio in bianco senza nemmeno chiedere a cosa ho messo  in calce il mio nome,  pur non conoscendole personalmente. Sempre delle stesse, quasi per partito  preso, ne condivido le idee e le proposte. Una è Adriano Sofri l’altra è Marco Travaglio. Oggi però mi è capitato di leggere un articolo di Travaglio e ancora adesso, dopo ore, sto riflettendo sulle sue parole senza riuscire a prendere una posizione. Dopo un’analisi sul Natale ormai ridotto e una bagarre di acquisti spesso inutili, il giornalista passa ad analizzare la beneficenza firmata Briatore e devolta ad una famiglia di Cinisello Balsamo. I Calò, che hanno 11 filgi e uno sfratto in corso, approdano, non so in che modo a "Porta a Porta"suscitando l'interesse del nostro Flavio, che di sera si stende, come un comune mortale, su un divano, della sua villa, a guardare Bruno Vespa.   E’ una storia toccante e Briatore decide che quest’anno sarà lui ad arrampicarsi, di rosso vestito, alla corda penzolante di una della finestre di casa Calò. Sarà lui l’artefice del miracolo della notte di Natale. Ma, e qui comincia la critica di Travaglio, mica mette mano, in segreto, al portafoglio mandando, senza clamore, un segretario a portare una busta priva di  mittente ai 13 di Cinisello Balsamo. No, Briatore non fa niente senza un’adeguata esposizione mediatica, e neanche di tasca sua, a quanto pare! Prende il telefono e organizza una megafesta a Milano invitando i nomi più assidui delle riviste patinate. Ecco fatto. Un po’ di famosi mischiati ai saranno famosi con una punta di siamo stati famosi formano un cocktail che, lui sa bene, vorrebbe essere gustato da parecchi rotocalchi. Così vende l’esclusiva delle foto, famiglia  Calò, frastornata e adeguatamente commossa, compresa,  a “Chi” un settimanale della Mondadori che le pubblicherà. Tutto a posto e tutti contenti dunque? Tutti, tranne il solito Marco Travaglio. Briatore si trasforma nel più astuto  dei Babbi Natale e  i Calò tornano a casa  con un bel regalo, ma cosa c’entra Travaglio? Sul fatto che la beneficenza si fa ma non si dice, concordo, naturalmente, col giornalista che porta ad esempio Totò. Si racconta che l’attore napoletano  uscisse la sera con l’autista per infilare 100.000 lire sotto la porta di una famiglia a caso dei quartieri poveri di Napoli. Senza clamore   e senza lasciare alcuna traccia di sè alleviava la misera vita di qualcuno. La difficoltà per me nasce nel comprendere del tutto la tesi della seconda parte del suo articolo: quella di Briatore & C, sostiene Travaglio, è beneficenza fasulla perché, detta in parole povere, non viene messa mano al portafoglio e  quindi la famiglia Calò dovrebbe restituire i soldi. Condivido che possa non essere vera beneficenza ma, fossi mamma e papà Calò, me la sentirei di tornare all’altro ieri in quella disperazione fatta di 11 figli che da un giorno all’altro potrei non saper dove far dormire????

...  mio marito

Mi ci sto ancora arrovellando, quando mio marito mi dice: “Pensa che bello se il sig. Calò avesse preso l’assegno del sig. Briatore e gliel’ avesse restituito così, gentilmente, quasi con affetto e senza rancore per la differenza della classe sociale, semplicemente come farebbe un vero uomo ad un uomo ( in un un’epoca dove di uomini e donne veri non ce ne sono mica tanti….). Assegno con lettera di accompagnamento relativa:

“Oggi, fredda e nuvolosa giornata ciniselliana, del mese di Gennaio dell’Anno Domini 2007  siamo qui riuniti io e la mia numerosissima famiglia, seduti alcuni al tavolo della cucina e sul divano altri,  lo stesso che usiamo anche come salotto buono, buono, beh, di buono c’è poco qui da noi….comunque, noi Calò, abbiamo preso una decisione e non le dico dopo quante e quali discussioni, sono emozionato perfino a scriverlo, ma mi sorregge la forza per cui lei mi ha fatto sentire un povero cretino solo al pensiero di rifiutare la sua offerta. Nessuno mi ha mai fatto sentire così male prima e così forte adesso tanto che la pregherei senza CHE S’OFFENDESSE A RIPREDERSI, LEI E I SUOI AMICI LA GENEROSA OFFERTA, che è solo strumento a beneficio della sua pubblica immagine ben amministrata della sua bravissima, degnissima PR. ….

Dunque, rimando tutto al mittente e cioè al suo commercialista, di sicuro addetto a risolverle queste incombenze modeste, anche se i miei figli, i più grandi, non condividono questa scelta mia, di mia moglie e dei miei figli più piccoli (ahhh, i bambini!).

Tanti saluti e buon proseguimento di anno nuovo.”Che poetica incomparabile, qui e adesso, nell’epoca in cui tutti, cani e poveri porcelli inclusi, hanno un prezzo (basta fissarlo, dicono i Briatore) un sig. Calò qualsiasi compisse un gesto simile..altro che il pelide Achille o l’eroico Comandante Nobile!! 
Altro che i martiri cristiani....bravo Travaglio, uomo trascendente, che non ci hai abbandonati neppure sta volta.  

A. 

                         

 

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a.b. 

 

 
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E' proprio tutta colpa mia?

Post n°7 pubblicato il 30 Gennaio 2010 da hesse_f
 

Messaggio N°91
19-01-2007 - 15:57
       E' proprio tutta colpa mia???


Se fossi cattolica e mi stessi confessando, per le cose che penso non mi darebbero l'assoluzione. Sto guardando immagini di guerra. Un uomo morto su una barella in un ospedale in Somalia. L'articolo descrive la situazione sempre più drammatica di questa gente e io leggendo parole come "mancano cibo, luce, acqua" resto immobile, ferma,nessun battito accelerato. Osservo questa gente seduta per strada, tra case bruciate e catapecchie invivibili, come guardassi un film di cui immagino un set montato e comparse che tra un po' si cambieranno le vesti lerce per tornare alla normalità. Un bimbo dagli occhi scuri e grandi, come tanti bambini del mondo, e soldati che tengono ben saldi i fucili nelle loro mani, come in ogni paese di guerra. La didascalia però dice che quel bimbo è ben diverso dagli altri fanciulli, si chiama Ade ed è un bambino soldato. Giro le pagine,sangue sul viso di un ferito e la vendita di Khat, al mercato. E' un'anfetamina che toglie la fame, la chiamano la coca dei poveri perché da una sensazione di invincibilità.
Resto ferma, sono abituata a queste immagini.
L’alibi è pronto e non siedo da sola al banco degli imputati.
In fondo è il dolore che vedo ogni giorno equamente diviso tra film eTg, lo stesso sangue, la stessa violenza che si mischia senza imbarazzo ai sorrisi perfetti delle famiglie Star e Mentadent. Dove finisce la finzione? Dove comincia la realtà? Leggevo,giorni fa, di un criminologo di Los Angeles che poneva il problema delle giurie che, durante i processi, si aspettano presentate in aula,prove testimoniali che si basino sui sistemi che vedono in tv. Così anche per me. Se accredito le immagini di guerra e dolore, devo credere anche alla signora Barilla che aspettando il marito, si perde nei ricordi guardando con trasporto un farfalla dipasta.
In caso contrario devo negare entrambe e la realtà è da definire.

Ma sarà proprio tutta colpa mia?
Sarò davvero così insensibile?

A.

2010

a.b.

 
 
Inviato da: hesse_fTrackback: 84 -Commenti: 18

 
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Hug shirt

Post n°6 pubblicato il 29 Gennaio 2010 da hesse_f
 

Messaggio N°84
21-12-2006 - 11:27

 

Con euro 14.99 x20....

vi abbraccio tutti!!!

immagine

 

 

"Ti abbraccio, anzi, mi tieni tra le tue braccia?? Ti vi bi." Nessun innamorato, niente patemi d’animo, sofferenze, gelosie, solo l’affetto di una cara amica. Ma Carla, (SenzaTe) abita troppo lontano per poterla abbracciare. Questo fino a ieri. Stamani passando da thanksgodisfriday vengo a sapere dell’esistenza di una maglietta che una volta indossata ti stringe con l’intensità, il calore, la durata che a distanza qualcuno sta immaginando per te. Chiarisco. Se anch’io indosso una sorellina della maglietta che, a proposito ha pure un nome, si chiama Hug Shirt, basta che mi stringa e l’altra persona sente il mio abbraccio con l’energia che io ho impresso al mio gesto. Se invece non posseggo la maglietta, basta che dia indicazione del tipo di abbraccio che voglio generare al mio cellulare e tramite un sms e poi un bluetooth verrà trasmesso al destinatario. La maglietta ha dei sensori che si possono spostare a seconda delle nostre preferenze così che il nostro abbraccio sia riprodotto fedelmente. Ne ho già prenotate 20 cari amici. Cominciate quindi a trovare una spiegazione valida per eventuali mariti, mogli,amanti, fidanzati per il rossore che salirà istantaneo alle vostre guance (tranne che a Manxos avvezzo a ben altro essendo un cancro) quando io pensando a uno di voi proverò  l’immediato bisogno di mandarvi un abbraccio.Nei vari articoli che ho letto lo chiamavano ancora virtuale, ma non so se il vostro partner, vedendovi avvampare all’improvviso, sarà disposto ad intenderlo ancora così.

I 20 di cui parlo erano i miei blogamici.

Tu, giovanni, non c'eri ancora, quindi l'ultima maglietta ..è   per te.

a.b.

 




 

 
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