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« DONNE E CULTURA INCONTRO SU YUNUS »

DOMENICA 1 APRILE

Post n°50 pubblicato il 30 Marzo 2007 da giornalewolf
 

Domenica 1 aprile alle ore 18,00 presso la sede dell'Associazione Megaris, a Napoli in Vicolo Strettole Fiorentine a Chiaia 54, l'Associazione Bloomsbury presieduta da Clementina Gily, fondatrice e direttrice della rivista on line Giornale Wolf, intavolerà una conversazione sul libro di Muhammad Yunus, Premio Nobel per la Pace 2006, IL BANCHIERE DEI POVERI, edito da Feltrinelli.
Tutti gli interessati sono invitati a parteciparvi, l'ingresso è libero.
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L’incontro di Primavera dell’Associazione Bloomsbury parla di questo libro. Abbiamo comunicato da tempo ai soci che il 1 aprile se ne sarebbe parlato, perché la conversazione prevede che tutti possano intervenire e che quindi si possano informare prima dell’incontro. La scelta del libro di Yunus è motivata da due cose, il fatto che si è parlato troppo poco di questo importante Premio Nobel; l’importanza che nella sua Banca hanno le donne, i poveri tra i poveri. Sono operatori e come destinatari del credito –qui, come anche in altre operazioni internazionali per lo sviluppo e la lotta alla fame,sono state la chiave del successo, per la loro interpretazione dell’amore come cura, che le porta ad investire in progresso invece che in potere personale. Ma è una virtù che va coltivata, e il metodo di Grameen dice come.

La Banca Grameen rappresenta un modello interessante per lo sviluppo delle economie povere, in quanto non concede credito sulla base di garanzie, come fanno tutte le banche, ma di progetti: anche chi non può garantire sulla restituzione del debito, può avere grandi idee. Puntare su questo è cambiare segno alle banche, da istituti per la protezione dei ricchi, a incentivi per il progresso del tenore di vita dei poveri, che divengano molla di sviluppo. Il successo economico di questa banca va considerato, dice Yunus, prima di arrendersi al liberismo sfrenato. Favorire i non abbienti ha il grande vantaggio di poter far molto con poco – il primo esperimento è costato 27 dollari ed ha beneficato un intero villaggio dove la miseria del guadagno di una giornata di lavoro ha consentito con un piccolo investimento di far diventare autonomi i lavoratori e lavoratrici dipendenti.

Il processo fonda nella sua gradualità e lentezza, bisogna capire dove si opera, cosa fare, come crescere senza perdere l’anima. Questo è quel che conta, la metodologia del successo non deve essere sconfitta da quelle contro cui è nata, e che non avevano lo stesso successo. Non ci si deve far fagocitare dalle cosiddette leggi del mercato.

Yunus comincia garantendo il prestito personalmente: tornato nel 1972 dall’America, dove era stato a Boulder ed a Nashville borsista Fulbright, Yunus, dopo aver già visitato Canada e Filippine come boy scout - un’esperienza molto formativa – si era trovato catapultato da Khan a Jobra; la carestia del 1974 ebbe effetti devastanti . Lì imparò dalla gente l’astrattezza delle teorie economiche, che non considerano la vita delle persone. Perciò dall’Università organizzò politiche agricole di successo, capì l’importanza rivoluzionaria del credito, del puntare sui più poveri tra i poveri, le donne.

Il costo della burocrazia gli rivela come si possano realizzare economie risolutive; dal 77 inizia una sperimentazione appoggiandosi alla Banca Janata, solo nel 1983 fonda la Banca Grameen (termine che deriva da villaggio), una volta raccolti 28mila clienti – azionisti, di cui 11mila donne.

Dal primo prestito garantito da sé sino a questo punto, sono stati fatti solo passi che non snaturassero il progetto originale, senza forzare la mano: ben consolidata nel metodo, si espande in 58 paesi, in Europa in Francia, nel 1985 con Clinton arriva in Arkansas, appoggiata anche da Results, organizzazione contro la fame nel mondo. Vi sviluppa una politica verso i disoccupati, per distoglierli dalla fiducia nel sussidio: come le donne del Bangladesh, hanno troppa paura di perdere l’unica paga della loro miseria: la Banca gli insegna a tentare, con il credito gli offre fiducia. Una donne disse – Grameen è stata la mia unica madre, l’unica a darmi fiducia. Dal Bangladesh, paese di sciagure naturali, di eccezionale densità di popolazione (830 abitanti per kmq, 90% di analfabetismo) all’Arkansas ha trapiantato tecnologia dal terzo mondo all’America.

Forza basilare del successo dell’iniziativa è il riscontro dei debiti. La banca del microcredito rimborsa il 98% dei debiti: incredibile per tutte le banche che si fidano solo di chi ha garanzie –poter rimborsare non è volere, non necessariamente. È l’incredibile risultato di una banca che si batte per la conquista di obiettivi sociali, nata dall’insofferenza verso la carità e l’educazione forzata dei poveri – due forme che negano la dignità umana. Ma si costituisce come ente economico attivo, propulsivo di sviluppo, finanziando quel la gente sa e vuole fare. I clienti sono proprietari, chi entra in Grameen ne diventa azionista, ne accetta le leggi, dettate dalla convinzione che ogni uomo è un tesoro inesplorato di illimitate potenzialità: in America si propone per la Banca il nome The Good Faith Fund, la banca della buona fede.

Prestiti diretti, annullamento delle farraginose burocrazie della distribuzione dei fondi che assorbono la quasi totalità degli investimenti: tanto forte è la convinzione che tener fede al modello sia la chiave vincente, che nel 1984 e nel 1995 Yunus rifiuta i cospicui fondi della Banca Mondiale: essa non sapere cosa davvero serve ai poveri dei villaggi.

Quale metodo consente tali risultati? La scoperta della bontà naturale dei poveri? Quale magia esercita Yunus? Tanto stupore ha destato la capacità di non andare in fallimento con queste premesse, che si sono cercate le ragioni più strane – ad esempio, l’autorevolezza di Yunus, professore d’Università venuto dall’America; non è cosa di ogni giorno in un villaggio dove i pavimenti sono in terra battuta, il mangiare un’abitudine per pochi, l’elettricità un mito che si racconta, che un Professore venga ospite in casa.

Certo anche questo avrà contato: ma il libro racconta ad abbondanza quante e quali difficoltà sono state affrontate ogni giorno per vincere resistenze politiche ed incapacità dei futuri clienti; si è costruita una struttura economica consistente partendo da una ricerca universitaria. Yunus ha agito con gli studenti, ragionando su un sistema diverso, pensato per vincere la miseria. Un vero figlio del 68, renitente alle ideologie, marxista ma nemico delle burocrazie, un sessantottino comune che spera in un orizzonte di giustizia. Forse più seguace di Proudhon,che di Marx, crede nel valore morale di ogni uomo, che sempre paura, troppa paura; la fede incrollabile nelle creatività umana suggerisce a Yunus un metodo di svolta.

Non fu il carisma di Yunus il segreto, ma questa convinzione profonda. Basta sentire la descrizione di come cerca le donne nelle campagne e sceglie messaggeri adatti, studentesse, fanciulline, che facciano la spola tra lui, uomo musulmano, e le donne segregate dal purdham nelle case. La ragazza porta il messaggio della possibile soluzione dei problemi economici accettando un credito non usuraio. Il Banchiere sembra un postulante, un venditore ambulante, difficile far capire che non propone affari immorali; in questi harem miserabili., dove la segregazione non si serve di eunuchi ma del costume, le ragazzine possono portare i messaggi del Grande Professore solo perché rispettano le leggi del costume. La prima volta che costui riesce a parlare con le donne per proporre la sua rivoluzione economica è grazie al monsone - la piccola messaggera rischia di ammalarsi a correre tra le case sotto l’acqua della pioggia: ed ecco il miracolo, la conversazione d’affari incomincia, le donne capiscono la chance, ne approfittano, diventano il motore pulsante dell’iniziativa. Annunciano la buona novella, che non è un messaggio spirituale, ma un credito: la possibilità di emanciparsi dagli usurai e di iniziare un’impresa economica.

Il microcredito è l’idea di partire dal più povero tra i poveri – la donna povera – e riconoscerle dignità. Yunus dice che la prima cosa che fa, chi vuole aiutare il Terzo Mondo, è di volergli insegnargli come si fa a non essere poveri: si pensa, se è povero, è perché è incapace. Ma Yunus sa che il potere non è merito: “Il Bangladesh ha 20 milioni di abitanti ma solo una cerchia ristretta di persone – tutte ex compagni di scuola o di università detiene realmente il potere. Il povero non è necessariamente incapace, è solo uno che non ha credito. Qui è la carta vincente, interessare e dare fiducia.

Rivolgersi ai poveri tenendo presente la loro dignità, ne fa individui capaci di progetto; si parte di qui, dalla loro capacità di futuro: sia pure l’idea di acquistare un taxi o un’attrezzatura professionale per la manicure. La Banca Grameen fornisce questo minimo e sottrae la persona alla miseria. E questa è la prima regola.

Seconda regola: non solo il ricco tenta di evadere il saldo del debito, il povero si secca come il ricco di restituire quel che ha preso. La banca gli impone di restituire un caffè al giorno, ma non gli lascia la libertà di dissipare, la restituzione viene curata con riunioni che comprendono attività ginniche e conversazioni varie, sono incontri d’amicizia. Curati e coinvolti, i clienti azionisti entrano nella mentalità giusta e vi vengono mantenuti dal metodo, che fa della Banca una comunità.

Terza regola: la lentezza e l’ascolto. Non si deve insegnare alla gente dove andare, ma ascoltarla. Non arrivare al povero con un superiore bagaglio di sapere ma essere umili. Smetterla di credere che il ricco non è povero perché sa come fare, la ricchezza si eredita. Yunus ha avuto successo perché sa che chi non ha coscienza di sé ha bisogno di incoraggiamento per pensare al futuro, e il credito è la carta vincente.

Da queste tre regole viene il sistema Yunus: dar fiducia, credere nella gente, provvedere alle speranze senza eccedere la loro capacità, costruire con la rete la possibilità di trasformare i loro piccoli progetti in una economia diversa.

Come rendere economico un simile metodo? Annullando gli uffici: l’ufficio centrale della banca è per molto tempo una catapecchia, in cui si raccomanda di non stare più del tempo indispensabile. Tutto il lavoro si sposta dove sono i clienti-azionisti, da trattare in modo personale.

Naturalmente, gli impiegati non sono i soliti che vediamo nelle banche: sono formati nel senso del modello, galvanizzati dalla prospettiva di un lavoro interessante e fruttuoso di risultati sociali. E’ personale che vive un’etica laica come tanta gente vive quella religiosa con lietezza e fiducia: quel che crea il 98% di restituzioni del debito della Banca Grameen è tutto tranne che carisma e miracolo: è frutto di un lavoro di coinvolgimento personale in una comunità che dà fiducia.

Il microcredito non è l’unico modello economico in una società, progettualità istituzionali sono necessarie per lo sviluppo di infrastrutture e autostrade, che di solito sono considerate l’unica dimostrazione di progresso economico, mentre il miglioramento del tenore di vita cui punta Grameen non è meno interessante: comunque gli ultimi progetti, un Trust, un modello di formazione, un progetto per la telefonia cellulare e il conseguente sviluppo di Internet in un paese privo di energia elettrica e rete telefonica: mostrano come il microcredito abbia anche altre potenzialità.

La base è un’etica degna di fede laica, corroborata di conoscenze e pratiche efficaci. Una favola, che ha la sconcertante situazione d’essere vera. Il sistema è difficile, sia perché richiede cultura ed entusiasmo, sia perché mette in crisi le abitudini dell’economia. Basti notare come sia gli impiegati che gli azionisti clienti abbiano un codice morale concordato, scritto in 16 punti, che incitano ad una condotta rispettosa della legalità. La sola condizione del microcredito è la manifestazione d’impegno. La buona fede dimostrata col credito e praticata in spirito comunitario educa a ricambiare la fiducia con una spinta in avanti. Non è una ideologia socialista né liberista, ma una via a parte, esposta a tutte le critiche del potere.

Ma che è un’occasione per riflettere: Yunus è cosciente che il metodo cambia col cambiare dei paesi. Ma i capisaldi, limitare la burocrazia, fidarsi della gente, controllare il percorso che non deragli: sono elementi chiari e fondanti. In una visione che fa dell’eguaglianza un valore, cioè non una imposizione ma un principio generale da perseguire senza egualitarismi – un frutto delle burocraticismo, di un potere che non ha controllo né responsabilità morale.

Una via di sinistra nel progetto ideale, genera un liberalsocialismo invece di un liberismo.

Molto interessante da meditare per i suoi risultati in paesi che stentano a trovare una stabilità economica, come il Mezzogiorno d’Italia, o che non riescono a pensare eticamente l’economia. 

Invece, non c’è stato uno spazio di riflessione paragonabile ad uno qualsiasi degli ultimi scandali. Evidentemente l’attenzione politica valuta di più l’immagine di un membro dell’entourage che la proposta di un premio Nobel. Che stavolta è giunto ad un personaggio davvero eccezionale, che suggerisce argomenti forti, anzi fortissimi, come il controllo democratico contro gli abusi dell’economia e la valutazione di altri modelli di sviluppo. Mohammad Yunus ha dimostrato che seguire criteri etici e passioni non è di necessità un fallimento economico e pratico: è un argomento e una speranza, per chi ha passione politica fuori di personali calcoli di potere.

 

 

 

 

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