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« MITI E VATIGIGI RIVA parte seconda »

GIGI RIVA parte prima

Post n°123 pubblicato il 31 Gennaio 2012 da giginosco
 
Tag: miti

Come si può spiegare, a chi non lo conosce, chi è Gigi Riva? Ci provo.
Un'avvertenza: se scriverò "Gigi Riva" un numero di volte che sembrerà esagerato, non provate nemmeno a pensare che potrei limare il testo, magari sostituendo il nome con "il personaggio in questione", "il protagonista", "il nostro eroe". Qualche pronome, al massimo, di più non si può.
Persino lo storico soprannome "Rombo di Tuono", coniato per lui da Gianni Brera in persona (altro mito, quello, mi sa che lo metto in lista d'attesa per uno dei prossimi post), non ha lo stesso valore evocativo del vero nome, per noi raccoglitori di figurine nati nei primi anni 60.
Già dire, ad esempio, "la sua carriera" o "il suo sinistro" è una forzatura, perché la scrittura corretta è "la carriera di Gigi Riva" e "il sinistro di Gigi Riva".
Né, tantomeno, si può nominarlo con il solo cognome. Non si può.

Gigi Riva nasce a Leggiuno, in provincia di Varese, il 7 novembre 1944.
All'epoca non esistevano le ecografie, ma non ci fu nessun dubbio che sarebbe stato un maschio. Già al sesto mese di gestazione, infatti, il nascituro provava le mosse di karate nella pancia, dicendo "yaaaaa yooooo yaaaaa". Al settimo fischiava quando passava una donna, all'ottavo batteva tutta la parentela nelle gare di rutti. Aveva tanto testosterone addosso che la madre, nel mese precedente il parto, era costretta a radersi due volte al giorno.
All'età di due anni, Gigi Riva cominciò ad andare all'asilo ogni mattina, non senza aver prima accompagnato la madre al lavoro e le sorelle a scuola.
Dopo qualche mese, però, fu beccato mentre fumava una sigaretta e venne sospeso. Pena trasformata in espulsione quando lui rivendicò il proprio diritto alla sigaretta post-copula, e chiamò la supplente bona come testimone.
La madre non aveva la possibilità di pagare qualcuno che lo guardasse mentre lei era al lavoro, e così Gigi Riva iniziò a frequentare l'oratorio. Il parroco, che aveva capito con chi aveva a che fare, forte anche dell'esperienza maturata in quaranta anni di confessioni ad adolescenti, pensò che sarebbe bastato mettergli il bromuro nel latte, per salvaguardare la pace della sua perpetua.
Si sbagliava, in verità, ma la perpetua e le giovani madri dei ragazzi dell'oratorio non glielo dissero mai. Per non mortificarlo, suppongo.
All'oratorio, Gigi Riva giocava a pallone con i bimbi più grandi di lui, che lo mettevano sempre in porta, come normalmente si fa con i più piccoli. Avrebbe potuto lamentarsene, ma non lo fece mai. Che sudassero più che potevano, durante la doccia avrebbero lasciato incustodite madri, zie e sorelle.
A sei anni, però, ottenne di poter battere lui, per la prima volta, una punizione. Mise la palla a terra. Si inginocchiò per allacciarsi le scarpe. Si rialzò. Guardò la palla. Guardò la porta. Nel cortile piombò un silenzio innaturale. Gigi Riva si concentrò, fece tre passi di rincorsa, e calciò di sinistro, con una tale violenza che si sentì il rumore dell'aria spostata dalla gamba. Il pallone passò sotto le gambe del portiere, un giovane prete il cui vestito si alzò come quello di Marilyn sulle grate della metropolitana, colpì il muro di recinzione e, rimbalzando indietro, raddrizzò il sacrestano gobbo, che stava arbitrando la partita.
Lì, tra pianti di gioia e grida al miracolo, venne fuori il secondo grande talento di Gigi Riva (il primo lo avrete già intuito, suppongo): aveva il tritolo nel piede sinistro, ed era Dio che voleva fosse così. Alleluia!

 
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giginosco
giginosco il 04/02/12 alle 17:16 via WEB
Signora mandorla, appena ho un po' di tempo concludo la storia, promesso.
 
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