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"Confermo i miei atti e rido dei miei castighi. E adesso condannatemi".

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Post N° 382

Post n°382 pubblicato il 16 Dicembre 2007 da 72rosalux72

Leggevo da guido dei segreti di un buon panettone e i commenti competenti su come non far scendere i canditi e l’uvetta verso il basso. Per me fossero tutti in una zona sarebbe meglio, visto che impiego almeno un quarto d’ora a toglierli. Se proprio devo scegliere preferisco il pandoro, ma giusto un paio di morsi perché dopo mi pare di mangiare burro puro. A mio figlio invece il pandoro piace molto, però compro quelli mini, perché aprirne uno grande significa farci colazione per dieci giorni. Non ricordo di aver mai comprato un torrone, i datteri mi fanno abbastanza schifo, le fragole e le ciliegie in inverno lo trovo stupido, quei dolci industriali al gusto tartufòn, coppa del nonno, crema chantilly non mi smuovono manco mezza papilla gustativa.
Al massimo posso comprare un paio di pinocchiate, che non so se ci siano dalle altre parti, comunque sono davvero buone, ma solo quelle al cioccolato.

Non conosco nessuno che la sera del 24 si indebita per fare un cenone di pesce, come ci fanno vedere sui tg, anche perché credo che in umbria una persona su tre non sappia distinguere tra una sogliola e un pescespada.
A dire il vero potrei sostenere che qui non c’è la tradizione del cenone della vigilia, piuttosto quella del pranzo di natale. Oggi abbiamo aiutato mia mamma a fare i cappelletti per il 25; lei ha ancora il tritacarne con la manovella che si aggancia al tavolo e il tritato esce dai buchi e lo devi aiutare con un cucchiaio. Ettore girava e io gli raccontavo che da piccola questo lavoro lo volevo fare solo io, proprio come lui. Ma adesso posso assaggiare e dire se è giusto di sale o se manca un po’ di parmigiano, e mi credono. Quando mi accontentavano da piccola, al mio “ è sciapo!” nessuno correva ad aggiungere il sale, invece oggi mia mamma si è affrettata a farlo.
Poi l’abbiamo ammirata mentre faceva la sfoglia: ecco, una delle cose che non mi riusciranno mai bene, mai bene in quel modo e con quel modo. La rigira intorno al “rasagnolo” con una velocità e delicatezza insieme che mi pare che la sfoglia lo faccia da sola, che lo voglia fare addirittura. Io per rigirarla ci metto cinque minuti, tra pizzichi di farina per l’ansia che si appiccichi e ripensamenti su quanto verrà dura, con tutta quella farina.
La stende in mezzo secondo e ne controlla con occhio clinico la consistenza. Perfetta. Ovviamente non ci sono i buchini che vengono a me e che rattoppo con le dita, ma non c’è nemmeno la più minuscola delle smagliature.
E ora ci si diverte. Dico a mio figlio che da bambina facevo i cerchi di sfoglia con il bicchiere e non con quell’attrezzo dentato – massimo della modernità che si è concessa mia mamma- e così, via alla ricerca di un bicchiere col rotondo adatto.
Inutile dire che mi sono rivista nei gesti di ettore, nel premere con forza il bicchiere, nella volontà che i tondi venissero perfetti. Io intanto mettevo il tritato su quelli già pronti e dopo gli ho insegnato a chiuderli.
Deve sembrare un cappello piccolo, un cappelletto appunto, e attenzione che siano ben chiusi, se no nell’acqua bollente il ripieno se ne va. Giù a ridere di come uno paresse un cilindro, per via del troppo ripieno che avevo messo io, e di un altro che era esattamente una bombetta, visto che il bambino aveva attorcigliato la pasta in sotto.
Mia nonna sistemava i vassoietti di cartone e le buste grandi per il congelatore, e intanto io e la mamma discutevamo del migliore antipasto per il 25. Io farò le frittatine col tartufo, che, modestamente, sono una sicurezza, potrebbero ridare fiato ai morti. Quando mi ritrovo quei tocchetti neri tra le mani mi viene bene tutto. Consideriamo che mio cugino andrà come sempre a norcia, e via di salsicce stagionate, pecorino e un prosciutto che al confronto, chiedo perdono, quello di parma pare sintetico.
Un prosciutto NON può essere dolce e filaccicoso, è la regola.
Bruschette al momento, patè di fegatini di pollo, direi che come antipasto ci siamo.
I cappelletti saranno immersi in parte in un brodo di carne e in parte conditi col sugo d’oca e, al pensiero di quest’ultimo, sì che le papille gustative si smuovono.
Non fremo per il cappone ripieno, ma per il cinghiale col sugo un posticino lo lascerò. Sì, cinghiale.
Poi fosse per me farei il tiramisù, ma pare che al panettone e al pandoro non si possa rinunciare, pure se non è tradizione nostra.

 
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