Un blog creato da molinaro il 04/06/2007

Carlo Molinaro

Pensieri sparsi, poesie e qualsiasi cosa

 
 
 
 
 
 

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Pap'unto

Post n°513 pubblicato il 27 Dicembre 2008 da molinaro
Foto di molinaro

Stamattina mi sono fatto un giro per Chiavari, qui vicino al posto dove sto passando qualche giorno di mare, e davanti al duomo (un cattedralone barocco massiccio) ho visto una cosa strana (immagine in altro a destra): sotto la statua di papa GP2 (l’hanno eretta dopo una visita del sullodato alla locale diocesi) qualcuno ha accumulato un bel numero di bottiglie di plastica piene d’acqua. In un primo momento ho pensato a uno scherzo goliardico, tipo quando a Torino pitturavano di rosso i capezzoli della statua di donna nuda che rappresenta la Dora Riparia, in piazza C.L.N. (da un po’ di anni non lo fanno più, peccato; e non ditemi che potrei farlo io, sono ormai troppo vecchio per quei giochi; e poi sono giochi di gruppo, un gruppetto fa casino e uno pittura: farmi beccare da solo di notte col pennello in mano a dipingere di rosso le tette della Dora mi pare eccessivo).

Ma poi ho pensato che non poteva essere uno scherzo goliardico: proprio lì davanti al duomo, in un viavai di beghine e pretacchioni, le avrebbero tolte in un amen, le bottiglie di plastica di uno scherzo goliardico. E allora? Mi sono avvicinato, e ho notato che su alcune bottiglie (solo su alcune) c’erano biglietti incollati che, fra una citazione evangelica e un bacio perugina, spiegavano la nobile causa che aveva portato alla posa delle bottiglie, una specie di pia manifestazione di protesta legata a un fatto di cronaca di cui si è recentemente parlato (troppo) sui giornali. Un dramma privato e personale su cui si è montata una speculazione pettegola e nauseante. Alla quale non voglio contribuire: perciò non scriverò qui di che cosa si tratta.

Ho trovato la pia manifestazione infinitamente volgare, proprio un ridurre la pietà a plastica, a paccottiglia. Ma forse non è strano: la Chiesa ha inventato la vendita dei gadget secoli e secoli prima dei pubblicitari moderni: immaginette di madonne, cistifellee di santi, schegge di croce, asciugamani vari e piume d’arcangeli, un tanto al chilo. No, in effetti non è strano. Ma infinitamente volgare sì, lo è.

Poi certo giornali e telegiornali, anche sedicenti «laici», fanno la loro parte, con il loro sensazionalismo e la ricerca dello scoop che prevale sempre sulla ricerca di uno scopo (e prevale anche sulla ricerca in generale: ricerca di verità, di lucidità, di analisi: tutta roba che non fa cassetta). Guardate, io non sono contrario al parlare delle persone, le persone sono l’argomento più bello e importante, è naturale che se ne parli, e pazienza se anche si scade a volte nel pettegolezzo, è pur sempre meglio che il silenzio tombale di certe censure. Ma c’è modo e modo.

Fra amici parlare di persone, di conoscenze comuni, è persino piacevole, e talvolta aiuta a medicare certe distanze. Ricordo una canzone di Ivan Graziani, se non sbaglio, che a un certo punto, riferendosi a una ragazza che è andata via, dice con dolore: «e non c’è più nessuno che mi parli ancora un po’ di lei, ancora un po’ di lei». Che canzone era? C’entrava Firenze, mi pare. La parola può essere un conforto.

Se una ragazza è lontana e/o non mi caga neanche di striscio mentre io la desidero, sono contento se mi parlano di lei, persino se me ne parlano male. Di una di cui m’ero molto innamorato, recentemente, mi son sentito dire, da persone diverse, che è troia, falsa, commediante, traditrice, e poi che ha la figa unta, e persino che ha i peli sui capezzoli. Un bel 100% di notazioni negative, eppure a me piaceva sentir parlare di lei, era meglio che niente, e ogni «notizia» che sentivo la trasformavo (e la trasformo tuttora) in qualcosa di amabile: perché (parafrasando scherzosamente un verso di una poesia di un amico) questo è il compito dell’innamorato: trasformare in bellezza ogni dettaglio di lei.

Fra l’altro, quella dei peli doveva essere una considerazione fisica reale di qualcuno che aveva potuto condurre osservazioni sul campo (reali o millantate che fossero), ma di sicuro la figa unta è una metafora. Ho indagato meticolosamente diversi repertori dialettali e gergali (in psichiatria il fenomeno è noto come sindrome ossessiva del filologo innamorato, e io mi sono laureato in linguistica e filologia), ho interrogato amici di diverse regioni, ho persino sollevato la questione in un forum, ma il senso e l’origine precisa della locuzione avere la figa unta non l’ho chiarito pienamente. Sì, certo, vuol dire probabilmente la solita cosa generica negativa, quella là, quella vecchia e ben nota e noiosa, a cui ho accennato spesso e in particolare recentemente qui nel messaggio n. 506, ma ha sfumature che mi restano misteriose. Anche perché a me farebbe invece pensare a qualcosa di positivo, a un buon funzionamento (una «macchina bene oliata») o, più nello specifico, a un amore ben fatto e ben gradito (unta, cioè ben lubrificata, cioè bagnata, cioè felice – la figa).

Insomma, ho divagato un po’, ma era per dire che non sono contrario a che si parli delle persone, e se le persone sono famose è logico che ne parlino anche i mass media, e va bene pure qualche moderato gossip, ma invece montare speculazioni politiche e religiose su casi dolorosi è una porcata, una grande porcata, una faccenda sporca, e non credano di lavarla con l’acqua delle bottiglie di plastica. I politici e i religiosi, e con loro molti giornalisti, sono unti in un altro senso, sono untuosi. Già. Ma il papa è unto dal Signore, o questa cosa è riservata al presidente del Consiglio? Boh. Certi papi e certi presidenti li manderei tutti a quel paese. Un paese lontano, possibilmente.

Ma oggi qui sul mare c’è stato un bellissimo tramonto, e questo è un dono per tutti da parte di Dio, chiunque egli sia: nessuna religione lo conosce: chi dice di conoscerlo è, sempre, un millantatore. E chi fa regole e leggi in suo nome è, sempre, un violento. Buona serata!

 
 
 
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